Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Principio di non contraddizione, matematica e teoria (parte prima)

Abstract: We calculate the principle of non contradiction (p.d.n.c.) and subsequently we demonstrate it. We map his theory and shift the attention of all the logics to the p.d.n.c. Exactly, with this proof, we want to contain in a single rigor, within the p.d.n.c., all the classic and non classical logics, to conclude that all the logics are given by the p.d.n.c.

Keywords: Principle of non contradiction; Mathematics; Logic; Philosophy.

Simboli speciali:
> Sfumatura (Uso questo simbolo non solo per identificare l’ambiguità della Fuzzy, ma anche uniformemente le altre sfumature che incontriamo o che potremmo incontrare e che forse non si costruiscono come la Fuzzy);
u Ogni numero;
* Relazione;
d Determinazione o Dimostrazione.

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Fisica e Psiche. Una teoria preliminare e strumenti di lavoro (2/2)

> di Vito j. Ceravolo

16. Biologia fra fisica e psiche

Ho sottaciuto il concetto biologico dalle sopra analisi, limitandomi ai due estremi fisica e psiche: la biologia, cognitivamente, si frappone fra fisica e psiche nell’evoluzione “fisica-biologia-psiche”. Il passaggio da fisica a biologia è il DNA, il passaggio da biologia a psiche è il cervello. Cinque caratteristiche fisiche che prese collettivamente potrebbero identificare un essere vivente sono: riproduzione; crescita (sviluppo); adattamento; risposta; trasformazione di energia. Due caratteristiche biologiche che prese collettivamente potrebbero identificare un essere psichico sono: disposizione; intenzione.

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Agamben, Platone e Aristotele. La Teologia, il Paradigma e il Sacro

> di Bruna, Stefania Massari*

Abstract: Abstract: The resumption of agambenian studies with their specific character, on the one hand “meditating” and on the other demanding thought and concreteness about today, in our historical moment, characterized by those economic-political “devices” that do not allow structurally or do not favor the dynamism of thinking, is extremely useful, especially when the author dwells on those specific categories functional to increase the intelligibility of human and social phenomena. The author of this paper constantly verifies how productive is dwelling with a deeper look at the texts of Giorgio Agamben, also for the hermeneutic of the fundamental philosophical concepts of the classical era.

Key-word: Agambenian studies, Economic-political devices, Dynamism of thinking.

 

Sommario: La ripresa degli studi agambeniani con il loro specifico carattere, da un lato “meditante” e dall’altro esigente pensiero e concretezza sull’oggi, nel nostro momento storico caratterizzato da quei “dispositivi” economico-politici che non consentono strutturalmente o non favoriscono il dinamismo del pensare, risulta estremamente utile, soprattutto quando l’autore si sofferma su quelle specifiche categorie funzionali ad aumentare l’intelligibilità dei fenomeni umani e sociali. L’autrice di questo articolo verifica costantemente quanto sia produttivo soffermarsi con uno sguardo più profondo sui testi di Giorgio Agamben, anche per l’ermeneutica dei concetti filosofici fondamentali dell’epoca classica.

Parole chiave: Studi agambeniani, Dispositivi economico-politici, Dinamismo del pensare.

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Unificazione generale della logica, classica e non-classica

>di Vito j. Ceravolo*

Introduzione

Facciamo una passeggiata su modi originali di condurre il pensiero. La meta è giungere dove la logica classica e quella non-classica si fondono sotto il principio di non contraddizione. Quindi il loro ricondursi al medesimo assioma, il medesimo rigore a cui rispondere e, più in là, la loro possibilità di dimostrazione. Proseguiamo col trattare alcuni aspetti della verità, del linguaggio, della matematica e dell’esistenza atti a stabilizzare alcune logiche (sfumata, paraconsistente, intuizionistica, mereologica, libera, quantistica) sotto questo tertium non datur. Chiudiamo col dettaglio del codice logico.

L’articolo è un’introduzione al processo di unificazione logica, un’illustrazione dei suoi elementi portanti.

Critica filosofica: questa filosofia succede alla post-verità della nientità per mostrare la verità dell’entità, sia dell’in sé che del fenomeno, cioè la possibilità di accesso a verità universali e personali. In questo senso le forme si annoverano fra gli elementi capitali; e benché sovente la filosofia post-verità neghi la formalità per lasciar spazio al libero spirito, a questa si ricorda tosti come lo spirito, sia quel che sia (a=a), non ha certo il contenuto della materia, e di come pure la libertà esiste per date condizioni. Ossia anche i filosofi post-verità assumono forme nei loro discorsi, alcune addirittura ricorsive: non di meno farò io in questa breve passeggiata, benché qui il sottofondo filosofico sia di verità e senso, quindi scevro da contraddizioni formali e materiali. Continua a leggere


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La Dottrina delle Idee e il processo di formazione del pensiero

 > di Roberta Rio e Francesco Alessandrini*

Al centro di questo nostro contributo collochiamo il concetto platonico di idea, intimamente connesso al concetto di scienza. Per Platone la scienza è per sua natura perfetta e come tale l’oggetto del suo indagare non possono essere le cose del mondo, apprese attraverso i sensi e come tali imperfette e mutabili: le esperienze sensoriali sono di fatto soggettive.

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Da Aristotele a Ricoeur, storia di una giustizia dal volto umano

>di Piergiacomo Severini

 

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La società contemporanea vive nella diffidenza e nel sospetto che la sua storia, progressivamente votatasi al dominio individuale, ha lasciato germogliare. Viviamo in una realtà che ci richiama continuamente ai nostri doveri, che esercita diritti, sempre pronta a giudicare quanto viene fatto, analizzando nel dettaglio ogni passaggio del nostro operato. In tutto questo ragionamento, giudicare è la parola chiave; il verbo giudicare è esatto, definitivo, presuppone una certa distanza dall’oggetto preso in esame. Giudicare è effettivamente il verbo che descrive al meglio la condotta dell’uomo tipo di oggi: se a dominare è il timore, la paura che l’altro possa prevaricarmi, usarmi, oggettivarmi, l’unico rimedio a disposizione è il ricorso a leggi severe che tutelino i miei spazi, le mie libertà, le mie ragioni; una tutela in cui l’altro minaccioso viene a sua volta oggettivato, come minaccia senza volto né cuore. Il mondo si trasforma in un immenso tribunale, in cui ogni sentimento va rimesso in riga, ogni richiesta implicita non correttamente formalizzata viene condannata, ogni desiderio spontaneo deve fare i conti col diritto dell’altro, non con la sua comprensione. Giudicare, ancora, è il termine più azzeccato, perché alla vicinanza del riconoscimento si preferisce il distacco che appiattisce l’identità dell’altro ad un numero di diritti e doveri da rispettare. Questo perché, nel regno del sospetto, non ci si può concedere il lusso di aprirsi alla persona che si ha di fronte, è più vitale tenere alta la guardia e stare pronti ad evitare ogni attacco, per ricadere sempre in piedi.

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Il dilemma di Jørgensen. Tre questioni chiave

> di Alessandro Pizzo*

 

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Abstract

Sin dalla sua prima formulazione, il dilemma di Jørgensen affronta il problema della razionalità delle enunciazioni imperative, di per sé non vero – funzionali. Il dilemma attiva tre questioni distinte, ma non anche irrelate, le quali vengono qui discusse. Le conclusioni riassumono il campo delle questioni attive e il senso generale del discorso jørgensiano.

Parole chiave: dilemma di Jørgensen; divisionismo; imperativi; logica delle norme.

Sommario

1. Cos’è davvero il dilemma di Jørgensen?; 2. Prima questione: divisionismo e problematiche morali; 3. Seconda questione: enunciazioni imperative e logica, 4. Terza questione: rischiarare il buio oltre la siepe. 5. Conclusioni

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Happy different. Un saggio iQdB di Alessandra Peluso

> di Paolo Calabrò

Da una quarantina d’anni assistiamo – nell’ambito delle scienze che più coinvolgono l’uomo in prima persona: la filosofia, la psicanalisi, la sociologia – a un interessante spostamento dell’asse della discussione, che dall’astratto-speculativo viaggia sempre più spesso verso il pragmatico-esistenziale. Da diverse decadi, infatti, la filosofia ha cominciato a recuperare la lezione della Grecia antica Continua a leggere


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Filosofia, scienza e pseudoscienza nella crisi della conoscenza contemporanea

> di Davide Di Tullio*

È la troppa cultura che porta all’ignoranza,
perché se la cultura non è sorretta dalla fede,
a un certo punto gli uomini vedono solo
la matematica delle cose.
E l’armonia di questa matematica diventa
il suo Dio, e dimentica che Dio ha creato
questa matematica e questa armonia

Giovannino Guareschi, Filosofia spicciola

Abstract
L’odierna tecnocrazia è osteggiata da un rigurgito antiscientista, fenomeno sicuramente inquietante, ma non privo di una qualche giustificazione. Non si vuole qui imbastire l’apologia delle tendenze antiscientifiche che stanno prendendo sempre più piede nelle comunità iper-informate dei paesi più avanzati; piuttosto si tenterà di tracciare il quadro di una tendenza che rischia di minare la fiducia verso il fondamento stesso dell’essere umano: la ragione. Si cercherà, dunque, di comprendere il rapporto che intercorre tra scienza e filosofia oggi; si tenterà, inoltre di inquadrare il fenomeno delle pseudoscienze e definire le cause della crisi della conoscenza.

Cosa si intende per “scienza”? Nel corso della storia a questo termine sono stati attribuiti funzioni ed ambiti che la scienza moderna qualificherebbe come pre-scientifici o semplicemente non-scientifici. Sono i criteri che la scienza moderna ha assunto per autodefinirsi che consentono di compiere quell’opera di discernimento tra quanti, tra gli atti del conoscere, possono definirsi propriamente scientifici e quanti no. In questo senso, accoglieremo la formula di Lucio Russo che conferisce l’attributo di “scientifico” alle teorie a) le cui «affermazioni non riguardano oggetti concreti ma enti teorici specifici», b) hanno «una struttura rigorosamente deduttiva» e c) le cui «applicazioni al mondo reale sono basate su regole di corrispondenza tra gli enti della teoria e gli oggetti concreti» (Russo, 2014, pp. 33-34). Alla luce di tale definizione, le teorie filosofiche non possono ritenersi “scientifiche”, venendo meno i presupposti espressi nei punti a) e c). Continua a leggere


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Leggerezza. Un nuovo saggio Mursia di Laura Campanello

> di Paolo Calabrò

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«Siamo passati dalla cieca fiducia del positivismo del 1800, che ambiva a diradare o annullare le tenebre dell’incertezza e che si prefiggeva di vincere le sofferenze umane, alla sensazione di essere impotenti e preoccupati di fronte alla totale incertezza e imprevedibilità delle cose e del mondo: siamo passati dal futuro percepito e raccontato come una promessa, al futuro temuto e visto come una minaccia. […] Nel nostro attuale momento storico possiamo dire che la leggerezza sia un’esigenza». Continua a leggere


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Immagini della vis veritatis: forza e pericolo nella metaforologia blumenberghiana

> di Giorgio Astone*

Hans-Blumenberg-Lubbeck

Abstract

In this article we’ll analyze some of the ‘methaphorogical’ processes, illustrated by the German philosopher Hans Blumenberg in his work “Paradigmen zu einer Metaphorologie” (1960). Particularly, in the first chapter we’ll step into the concept of “Truth” and its power in the metaphoric sense of “light”, “revelation” and “human labour”; the second will concern two of the most important paradigmatical shifts at the threshold of modernity: from an organicistic view to a mechanicistic one, and from the Tolemaic astronomic organization to the Copernican model. In the end of the essay, there’ll be a general presentation of Blumenberg’s hermeneutic method of philosophical research. Continua a leggere


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La natura-sostrato nel I libro della Fisica di Aristotele: per un confronto con la filosofia eleatica e con Platone

> di Gaetano Grisolia*

Premessa

Il presente articolo ripropone, in chiave storico filosofica, alcuni dei passi più significativi della teoria dei princìpi discussa da Aristotele nel primo libro della Fisica.
Si corre spesso il rischio di rileggere i princìpi della scienza aristotelica alla luce della filosofia moderna e contemporanea.
Non è questo l’obiettivo del lavoro bensì un’analisi appropriata della filosofia di Aristotele in rapporto alle dottrine dei suoi predecessori.

Il confronto con la filosofia eleatica

Per comprendere il ruolo assunto dal confronto con l’eleatismo occorre anzitutto soffermarci sulla nozione stessa di Fisica. Qual è l’oggetto della Fisica?

La φύσις non è altro che la natura, vale a dire l’ambito eterogeneo di quegli oggetti la cui caratteristica intrinseca è quella di essere soggetti al divenire e al cambiamento.

«Riteniamo – scrive Aristotele – di conoscere ciascuna cosa, quando ne riconosciamo le cause prime e i principi primi […]. E’ perciò chiaro che anche per la scienza della natura si deve anzitutto cercare di stabilire ciò che concerne i principi». [1] Conosciamo autenticamente qualcosa solamente nella misura in cui ne conosciamo i principi, solo quando ne determiniamo un fondamento. Se principio degli oggetti della natura è il divenire per rendere questi ultimi oggetto di una scienza possibile, occorrerà interrogarsi proprio sulla natura del divenire. Ed è proprio nell’ambito di tali considerazioni che si inserisce il confronto con la posizione eleatica, la quale nega, per l’appunto, il divenire; e ciò, potremmo dire, da un duplice punto di vista. Continua a leggere