Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Reazioni a pensieri che cambiano inaspettatamente la propria cultura

> di Vito J. Ceravolo*

Introduzione

In data 2 febbraio 2020 apro un confronto virtuale in merito alla mia filosofia sul forum on-line di Riflessioni.it, sezione Tematiche filosofiche. Il titolo del confronto è “Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica”. Il risultato è un dialogo su più fronti che intitolo “reazioni a pensieri che cambiano inaspettatamente la propria cultura”. In data 21 febbraio, scandagliate le domande preliminari sul tema, chiudo il confronto: coinvolti 12 utenti tutti apparenti dietro un nickname, a parte me col mio nome di battesimo. Di seguito riporto il gioco, successivamente la sintesi del confronto nelle mie sole risposte, corrette, unite e separate fino a formare i temi qui presenti (e tralasciandone alcuni). Temi che costoro hanno aperto e indirizzato e che ringrazio per gli spunti che vi vengo a mostrare; senz’altra bibliografia se non le loro voci e gli articoli legati al seguente gioco.

Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

«Ridersela della filosofia
significa filosofare per davvero»
Pascal

Questo è un gioco che invita a confrontarsi con possibilità che esulano dai normali standard filosofici, logici e linguistici. Possibilità che mettono a prova le abilità di pensiero. La sfida è questa: la costruzione di un nuovo paradigma filosofico o lo stralcio delle sue possibilità.

Quello che qui propongo sono dunque i tratti generali di un diverso modo di condurre il pensiero. Tali tratti possono essere approfonditi e verificati negli articoli (gratuiti) a cui viene associato ogni passaggio di questa sintesi. Ma partiamo dall’inizio:

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Filosofia e dilemma. Intervista a Claudio Tugnoli

> di Paolo Calabrò

Claudio Tugnoli nasce a Budrio (Bologna) nel 1953. Autore di numerosi saggi e articoli di argomento storico/filosofico, ha appena dato alle stampe Filosofia e dilemma, (ed. Mimesis).

 

Che cos’è il dilemma? E perché dovremmo occuparcene “con filosofia”?

Il dilemma è uno degli strumenti di confutazione più potenti, a cavallo tra logica e retorica; la sua efficacia dipende dalla pretesa di ridurre a due (o a tre, comunque a un numero ristretto e definito) le possibilità che abbiamo in campo nelle più diverse situazioni della vita pubblica e privata. Il dilemma che mette con le spalle al muro, che non lascia via di scampo, si basa per lo più sulla falsa dicotomia. Ad esempio se diciamo: “O con me o contro di me”, rappresentiamo la realtà del rapporto con il prossimo ricorrendo a una semplificazione che è anche una falsificazione. Esiste quasi sempre una terza via, la possibilità di passare tra le corna del dilemma. Il dilemma presenta invece le due alternative come escludentesi ed esaustive, come se fossero reciprocamente contraddittorie. E invece per lo più le due alternative sono contrarie e, come sa ogni bravo studente di logica, i contrari ammettono il medio. Ammettere il medio significa ampliare indefinitamente il campo delle possibilità, che il dilemma invece, nell’intenzione di chi lo costruisce e lo usa, pretende di ridurre a due soltanto. Il dilemma è in sostanza, per lo più, una scorciatoia per averla vinta sull’avversario di turno, ma al tempo stesso rivendica una dignità cognitiva che di solito non possiede, dal momento che, come ho già detto, è un abile falsificatore della realtà, tranne poche eccezioni. Ad esempio la dicotomia “La porta è aperta o chiusa” rispecchia uno stato di cose oggettivo, perché in effetti abbiamo soltanto due possibilità, che sono esaustive e non ammettono vie di mezzo. Ma le due alternative esclusive possono considerarsi autenticamente esaustive anche in ragionamenti più complessi. Ad esempio potremmo osservare che abbiamo a che fare con macchine sempre più intelligenti, sempre più uman… oidi e umani sempre più simili a macchine passive, obbedienti all’imperativo dell’efficienza, della velocità e del profitto. E’ questa la svolta? Se l’obiettivo fosse quello di creare esseri umani intellettualmente e moralmente migliori di quelli in carne ed ossa, perché non investire nell’educazione e nella formazione di questi ultimi? Se invece l’obiettivo fosse quello di sostituire l’uomo nei lavori ripetitivi, purtroppo si dovrà ammettere che qualsiasi attività anche intellettuale può essere standardizzata e resa ripetitiva proprio attraverso l’automazione… Non è un circolo vizioso? È la possibilità di sostituire l’operatore umano con una macchina che decide se quel lavoro è ripetitivo?

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Gangbang. Lo spirito della poesia in un libro Controluna di Luca Ormelli

> di Daniele Baron e Paolo Calabrò

Luca Ormelli nasce a Padova nel 1974. Dopo gli studi in Filosofia presso la locale Università vagabonda di impiego in impiego. Attualmente lavora come analista informatico. ‘Gangbang’ è la sua prima pubblicazione poetica. Alcuni suoi inediti erano già apparsi in rete.

 

Parla dei trent’anni come di una frontiera: in che senso?

La frontiera tra la giovinezza, la spensieratezza per definizione e l’età adulta. Ritenere che una società edonistica e rivolta al consumo quale l’attuale favorisca la maturazione di idee proprie, autonome – non intendo ‘originali’ – è ingenuo oltreché anacronistico. E all’anacronismo preferisco di gran lunga l’inattualità.

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I cancelli dell’acqua. Saggi su Zygmunt Bauman in un volume a cura di Riccardo Mazzeo

> di Paolo Calabrò

Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo

Riccardo Mazzeo – editor, scrittore e traduttore – è il maggior esperto del pensiero del pensiero di Zygmunt Bauman in Italia. Nel corso dell’amicizia personale ultradecennale con il sociologo di Leeds, ha conosciuto senza intermediazioni tanto l’uomo quanto il pensatore e ciò l’ha portato a scrivere ben 2 libri a quattro mani: Conversazioni sull’educazione (Erickson, 2011) ed Elogio della letteratura (Einaudi, 2017). Oggi presenta un’antologia di scritti su Bauman dei maggiori studiosi italiani (da Mauro Magatti a Sabina Curti, da Maria Caterina Federici a Benedetto Vecchi) da lui curata per i tipi di Franco Angeli, dal titolo Zygmunt Bauman. I cancelli dell’acqua. L’abbiamo intervistato.

Un nuovo libro su Bauman: come nasce l’idea e in cosa consiste la sua specificità?

Nasce da un invito della coordinatrice del Festival della Sociologia di Narni, Maria Caterina Federici: l’anno scorso vi partecipai in ottobre, per presentare Elogio della letteratura, e accolsi con gioia la sua proposta di curare un numero monografico della loro rivista. La specificità del volume risiede nel fatto che in Italia è stato pubblicato moltissimo di Bauman ma quasi nulla su di lui; visti i miei rapporti di amicizia con gli altri suoi amici, decisi di esortarli a offrire un loro saggio, trattando ciascuno un aspetto differente – per esempio Daniele Francesconi, il direttore del Festivalfilosofia, dove Bauman era ospite fisso, ha parlato di Bauman nel rapporto diretto con il suo uditorio; Benedetto Vecchi, che aveva studiato approfonditamente anche l’opera di Bauman antecedente al suo successo planetario, ha rintracciato le sorgenti da cui sarebbero zampillate le sue opere più famose ecc.

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Oltre lo scientismo. «Il Condominio» intervista Paolo Calabrò

> di Domenico Romano

Quale ruolo ricopre nella nostra società la filosofia?

A questa domanda ha risposto recentemente Emanuele Severino: essenzialmente tutto quello che si muove al livello più alto – le culture, gli Stati-nazione, le religioni, l’economia – e che decide il destino dei più, si colloca nell’ambito della filosofia occidentale di matrice greca. Per me, in più, la filosofia rappresenta un monito: a pensare con la propria testa, sempre, comunque, irrinunciabilmente. Facendo propria l’esortazione di Bellet: “Sii discepolo di tutti, ma non fare di nessuno un maestro”. Ovvero: ascolta tutto e tutti, ma sii sempre tu a decidere.

Quanto è difficile oggi pensare con la propria testa?

Non più che in passato, lo si dica subito per sgombrare il campo da facili nostalgie o da scontate (quanto inconsistenti) condanne del presente tout court, sia che si voglia parlare della tecnologia, sia che ci si voglia riferire alla presunta ignoranza dei giovani studenti. C’è sempre stata una certa tendenza a soffocare il pensiero personale: penso al modello militarista, acefalo per eccellenza, ma anche a quello di una certa religione basata su prassi inveterate (e sovente sbagliate) anziché sulla maturazione e sul percorso del singolo. Tendenza di oggi come di ieri, dunque: ieri la vita era più dura e non pensare costituiva quasi un bisogno per i più; oggi è più leggera, e media-videogiochi-e-sale-bingo fanno di tutto per evitare che ci si dedichi a pensare sul serio. Insomma, pensare è sempre stato faticoso. C’è poi un altro aspetto, quello della responsabilità: se il non pensare ha funzionato tanto bene per millenni, soprattutto in ambito religioso, è anche perché è più comodo: a valle di un errore, magari bello grosso, è consolatorio dirsi: “Me lo aveva detto il prete”. Poi, con una confessioncina a buon mercato, ci si lava la coscienza.

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L’amore oltre le stelle. Intervista a Vito Mancuso su scienza e filosofia

> di Paolo Calabrò

Lei parla di amore chiamando in causa la scienza e le sue acquisizioni teoriche, dalla biologia alla meccanica quantistica. In che modo – e in che misura – è possibile farlo?

Ancor prima di essere un sentimento, l’amore è la manifestazione di una tendenza intrinseca all’essere stesso. Partiamo dall’immagine tradizionale dell’amore che gli antichi ci hanno trasmesso nella figura del dio Eros o Cupido che scaglia la freccia: è certamente un’immagine poetica – la si è sempre trattata così – ma è realmente solo questo? Perché la mente ha sentito (e continua a sentirlo: l’immagine è tutt’altro che desueta) il bisogno di rappresentare il darsi dell’amore attraverso l’immagine della freccia? È chiaro: perché la sente congruente, efficace, adeguata a esprimere il fenomeno fisico dell’innamoramento. L’innamoramento è di fatto un fenomeno fisico, che può essere pensato – come ho approfondito nel mio ultimo libro (Io amo. Piccola filosofia dell’amore, ed. Garzanti, N.d.R.) – come un’onda, proprio del tipo di cui parla anche la fisica. La definizione di “onda” data dai manuali di fisica è “perturbazione che si diffonde nello spazio trasmettendo energia ma non materia”. Penso che chiunque sia stato innamorato abbia vissuto su di sé l’esperienza di una “perturbazione”, che si è mossa dentro di lui spostando energia ma non materia. È effettivamente possibile, a mio avviso, stabilire un parallelo tra l’innamoramento e l’onda elettromagnetica; non è forse vero che il soggetto colpito dalla “perturbazione” si trasformi in un vero e proprio pezzo di ferro per il quale l’altro – o l’altra – non è né più né meno che… un grande magnete, che lo attrae irresistibilmente? L’amore è un fenomeno cosmico che investe tanto gli umani quanto ogni altro aspetto della realtà. E la cosa più sorprendente è che lo fa secondo modalità tutt’affatto simili.

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La bestia dentro di noi. Intervista ad Adriano Zamperini su società e violenza


Preferisce parlare di “violenza” anziché di “aggressività”. Perché?

Essendo uno psicologo, la mia scelta potrà apparire ancora più strana. Dopotutto, proprio la psicologia ha contribuito alla fortuna del concetto di “aggressività”: è facile notare come nel lessico scientifico occupi un posto di primo piano. Anche nelle nostre conversazioni quotidiane, il termine “aggressivo” è usato per descrivere un numero infinito di comportamenti con cui singoli o gruppi cercano di raggiungere i propri scopi e interessi gli uni contro gli altri. Così, possiamo dire che un bullo, un soldato, un politico, un atleta, un partner e così via siano aggressivi. Ma aggressività è un “termine sfortunato”: è soggetto a innumerevoli dispute semantiche, tali da rendere evidente che siamo in presenza di un concetto interpretativo piuttosto che descrittivo. Inoltre, a me pare che molti psicologi (e non solo) siano caduti nella trappola di credere che una moltitudine di comportamenti assai diversi siano riconducibili a un’unica categoria “naturale”, l’aggressività appunto. Proprio analizzando criticamente un simile convincimento, sono giunto alla conclusione che l’aggressività è veramente un concetto-valigia, ci si può infilare di tutto e di più, e quindi mi sembra scientificamente poco spendibile per comprendere e spiegare la varie e mutevoli forme della conflittualità umana. Per questo motivo preferisco il ricorso al concetto di violenza. Non che questo concetto sia privo di ambiguità, tutt’altro; ma rigettando l’alveo “naturale” dove si fa accasare la nozione di aggressività, il ricorso al concetto di violenza costringe a fare i conti con queste ambiguità, rendendole esplicite.

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“Filosofia e nuovi sentieri” incontra Stefano Garroni

Il professor Stefano Garroni ha rilasciato gentilmente al nostro Pietro Piro un’intervista pubblicata su YouTube.

 

Di seguito un profilo bio-bibliografico dell’autore:

Stefano Garroni è nato nel 1939. Appena laureato svolse attività di assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica diretta, nell’ordine dai professori U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nello stesso tempo però collaborava a “L’Unità”, “Paese Sera” e “Riforma della scuola”. Con l’esplosione del ’68 anche in Italia, lasciò il PCI e partecipò alle vicende della Sinistra extraparlamentare, continuando l’attività di studioso di Marx con l’organizzazione di seminari, in particolare sui Grundrisse e sulla Critica dell’economia politica. Nel 1973, vinto l’apposito concorso, entrò a far parte del Centro di pensiero Antico del CNR, diretto dal prof. G. Giannantoni. Ha svolto presso il CNR gran parte delle sue ricerche in ambito filosofico. I suoi primi lavori sono stati dedicati alla comprensione del pensiero di Sigmund Freud. Nel 1983 pubblica: Su Freud e la morale; nel 1984 Sul perturbante; nel 1988 escono i Quaderni freudiani. Dagli anni ’90 comincia a collaborare con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, volgendo i suoi studi a temi più propriamente filosofici. Nel 1991 pubblica Tra Cartesio e Hume. Grazie a competenze filologiche si dedica all’attività di traduttore e curatore di opere di teorici del marxismo come: Hans Heinz Holz, Sconfitta e futuro del socialismo (1994) e la cura di classici della filosofia e del marxismo (Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, (1994); Engels cento anni dopo, (1995); Charles de Brosses (in collaborazione con A. Ciattini) Sul culto degli dei feticci o Parallelo dell’antica religione egiziana con la religione attuale della Nigrizia, (2000); Karl Marx, L’attualità de La questione ebraica (2002); Mao Zedong, Scritti filosofici (2009). Una parte considerevole del suo impegno filosofico è stato dedicato alla Dialettica. Nel 1994 pubblica: Tracciati dialettici: note di politica e di cultura; nel 1997 Dialettica e differenza; nel 2000 Dialettica e socialità. Al marxismo e alla sua comprensione ha dedicato importanti monografie. Del 1994 è Su marxismo e stagnazione, il più recente è Letture marxiste di Hegel del 2013. In questo lavoro individua nella figura del filosofo tedesco Hans Heinz Holz (1927 – 2011) colui che ha saputo liberare l’interpretazione di Hegel (e di Kant) da consolidati pregiudizi e diffidenze. Secondo Garroni, Holz si fa portatore di una lettura di Marx innovatrice, nella misura in cui rimanda ad una “rilettura” della filosofia classica tedesca ed a una corretta, puntuale filologia marxiana. Garroni è attento studioso di Wittgenstein e collabora da dieci anni alla rivista teorica cubana “Marx Ahora”. Ha partecipato a diversi corsi o seminari sul marxismo e la Dialettica a Cuba e in Brasile. E’ inoltre uno degli animatori del collettivo di formazione marxista “Maurizio Franceschini” che pubblica giornalmente degli audio di filosofia su Marx, Engels, Lenin, Trotsky, Stalin, Wittgenstein, Feuerbach, Proudhon, Aristotele, Platone ed altro ancora.