«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot
Abstract: This study characterizes the intuition as a form of intelligence and uses it to access the reality itself. Combine the intuitive vision with ecstasy, speaks of it as supersensible, frees it from the sensible. Uses it to contemplate the whole, the things, the self. Tells of it the wisdom and the form, finishing between East and West, God and the states of consciousness.
Qual è lo stato dell’arte dell’intuito? Ne riportiamo alcuni dei più importanti capitoli e ne ricomponiamo altri con lievi tratteggi di originalità per coerentizzarne il quadro generale. Il nostro non è un irriflessivo inventario di ciò che c’è, ma un florilegio filosofico in cui vengono incastonate le sole gemme del pensiero umano che s’addomesticano a questo dominio: il paradigma di accesso intelligibile all’in sé e percettivo al fenomeno.
Per quanto possibile miriamo a che il lettore si senta a casa, a luoghi in cui possa esclamare “niente di nuovo al fronte!”, lasciandoci la simpatia d’aver composto un discorso altrimenti ancora troppo frammentato fra le varie discipline, demarcato gli argomenti propri dell’intuito.
Siamo al cuore del p.d.n.c., la contraddizione: cosa contraddice? cosa è contraddetto? Sopra cui l’intensa luce di Severino: «Il senso autentico della distinzione tra contraddizione (contraddirsi) e contenuto della contraddizione: è [chiamare] tale contenuto “contraddittorietà”».1 La Sua distinzione ci richiama alla forma della contraddizione, il contraddirsi, e al contenuto della contraddizione, la contraddittorietà:
Il contraddirsi è la forma della contraddizione. La forma universale con cui si configura il contraddirsi è l’enunciato 1∧¬1;
La contraddittorietà è il contenuto della contraddizione. Il contenuto sensibile/misurabile con cui si configura la contraddittorietà è la qualità/quantità nulla.
La forma del contraddirsi non ha pertanto contenuto poiché indica una contraddittorietà, cioè un contenuto nullo, quindi non indica alcun contenuto e nessun contenuto è riferibile a un enunciato contraddittorio 1∧¬1. Con Severino: il contenuto di una contraddizione (la contraddittorietà) è assolutamente inesistente,2 esiste invece la forma della contraddizione (il contraddirsi). Riecheggia Berto: «[il contraddirsi] è proprietà di enunciati – o magari di sensi di enunciati, o dei pensieri che questi enunciati esprimono ecc. Il mondo (con i suoi abitanti non linguistici e non mentali), invece, non sarebbe il tipo di cosa che può essere contraddittoria»3.
Abstract: We calculate the principle of non contradiction (p.d.n.c.) and subsequently we demonstrate it. We map his theory and shift the attention of all the logics to the p.d.n.c. Exactly, with this proof, we want to contain in a single rigor, within the p.d.n.c., all the classic and non classical logics, to conclude that all the logics are given by the p.d.n.c.
Keywords: Principle of non contradiction; Mathematics; Logic; Philosophy.
Simboli speciali: > Sfumatura (Uso questo simbolo non solo per identificare l’ambiguità della Fuzzy, ma anche uniformemente le altre sfumature che incontriamo o che potremmo incontrare e che forse non si costruiscono come la Fuzzy); u Ogni numero; * Relazione; d Determinazione o Dimostrazione.
Ho sottaciuto il concetto biologico dalle sopra analisi, limitandomi ai due estremi fisica e psiche: la biologia, cognitivamente, si frappone fra fisica e psiche nell’evoluzione “fisica-biologia-psiche”. Il passaggio da fisica a biologia è il DNA, il passaggio da biologia a psiche è il cervello. Cinque caratteristiche fisiche che prese collettivamente potrebbero identificare un essere vivente sono: riproduzione; crescita (sviluppo); adattamento; risposta; trasformazione di energia. Due caratteristiche biologiche che prese collettivamente potrebbero identificare un essere psichico sono: disposizione; intenzione.
Abstract: Questa ipotesi annovera fisica e psiche come scienze distinte da una relativa autonomia l’una sull’altra. Studia i principi e leggi generali che regolano l’attività fisica e la vita mentale in genere. Attraversa alcune delle problematiche più importanti sul confronto mente-corpo.
Capitoli: 1. Esperimento mentale della Mente disincarnata. 2. Realizzabilità multipla della psiche. 3. Teoria della mente. 4. Antiriduzionismo psicofisico. 5. Principi di riduzione. 6. Oggetto fisico e psichico. 7. Esperienza fisica e psichica. 8. Oggetti oltre l’osservazione. 9. Causalità psicofisica. 10. Nature fisiche e motivi psichici. 11. Moto fisico e psichico. 12. Conseguenze e funzioni psicofisiche. 13. Input-Output psicofisici. 14. Linguaggio psicofisico. 15. Comportamenti psicofisici. 16. Biologia fra fisica e psiche. 17. Funzionalità psico-animate. 18. Artifici fra fisica e psiche. 19. Processore psicofisico. 20. Scienza fisica e psichica. 21. Universo fisico e psichico. 22. Statuto del cervello e della mente. 23. Correlazione psicofisica. 24. Modello fisico-psichico. 25. Cervello fra res extensa e res cogitans. 26. L’emergere della psiche dalla fisica. 27. Lampada di Aladino.
Abstract: This is the exposition of a theory that runs through the most important contemporary theories on the subject of perception.
Capitoli: 1. L’oggetto. 2. L’apparire dell’oggetto. 3. Le possibilità causali dell’oggetto. 4. Percepire l’oggetto. 5. Diagramma di percezione. 6. Fisica della percezione. 7. Coscienza della percezione. 8. Algebra della percezione. 9. Quantità e qualità. 10. L’origine delle quantità e delle qualità. 11. Gli oggetti apparenti della percezione. 12. Allucinazione e realtà. 13. I casi percettivi. 14. Dati sensoriali. 15. L’empirica dei dati sensoriali. 16. L’oggetto sparisce se non lo guardo? 17. L’oggetto a fondo di ogni percezione. 18. L’oggetto in propria misura soggettiva. 19. Percezione mediata e indiretta. 20. L’evoluzioni dei sensi e delle misure. 21. Evoluzione della percezione. 22. Messaggi fenomenici. 23. Fenomenologia della percezione.
1. L’oggetto
Partiamo col definire uno degli oggetti della nostra trattazione, l’oggetto della percezione:
1. L’oggetto in sé – noumeno – esiste nell’insieme sovrapposto di tutte le sue possibilità (es. Il gatto di Schrödinger, nella scatola in sé, è sia vivo che morto). È solo quando entra in una relazione (es. Si apre la scatola) che appare in una delle sue possibilità, relativamente a come viene relazionato.
L’altra questione su cui interrogarsi è da cosa è mossa la sincronicità? Prendiamo in studio questi due argomenti, rispettivamente una sintesi naturale (fisica) e una citazione psichica (spirito):
Fra due sistemi è entanglement quantistico (intreccio) dove le proprietà di uno sono completamente correlate con le proprietà dell’altro. Così i sistemi in entangled rappresentano una sola entità, tale che se si separano non vengono descritti come sistemi distinti ma come unico sistema; poiché, al cambiar di alcuni stati di uno, come lo spin o la polarizzazione, cambia istantaneamente l’altro, indipendentemente dalla loro separazione spaziale. Esempio: nel mondo quantistico causa un fenomeno entanglement (intreccio) lo sdoppiamento di un singolo fotone che passa simultaneamente in due fenditure, uscendone, dietro le fenditure, intrecciati nello spazio e nel tempo, con interferenze che raggiungo posizioni ben precise tramite un passaggio di informazione “non-locale” As⇒Bs.
«Trovai [in merito alla magia] una spiegazione illuminante nel sesto libro del Naturalia di Avicenna, in cui si dice che è insita nell’animo umano una certa proprietà di cambiare le cose […]; precisamente [ciò accade] quando l’anima è trascinata a un grande eccesso di amore o di odio. Se quindi l’anima di un uomo cade in preda a un grande eccesso di una qualche passione […], si può stabilire sperimentalmente che l’eccesso costringe [magicamente As⇒Bs] le cose e le cambia nella direzione verso cui tende.» Alberto Magno, De mirabilibus mundiContinua a leggere →
Poiché ho visto molti [esempi] in cui persone non implicate venivano influenzate, ho inventato la parola “sincronicità” come termine per coprire questi fenomeni, cioè cose che accadono nello stesso momento in quanto espressione dello stesso contenuto temporale.
Jung
Introduzione e modello causale generale
Partendo dalle intuizioni junghiane sulla sincronicità, l’articolo mira a introdurre un modello causale locale e non-locale per i casi sia naturali che psichici (cap. 1-3), per poi descrivere i caratteri, moventi e misure della sincronicità (causalità non locale) da entrambi i punti di vista natura-psiche (cap. 4-6), per in fine giungere a una definizione di scienza psichica e naturale (cap. 7-9). Per compiere ciò il concetto di causa diviene cruciale, per cui vale la pena chiarire il modello causale entro cui muoviamo il nostro intento:
A⇒B A causa ⇒ l’effetto B.
Questa inferenza può manifestarsi in disparate guise; per esempio tramite una delle seguenti connessioni causali:
Connessione costante 1. causa necessaria (A→B) «A è il presupposto di B» dove se A causa sempre B allora A presuppone B. 2. causa sufficiente (B→A) «B è il presupposto di A» dove se B non ha altre cause oltre A, ovvero ¬A⇒¬B, allora B presuppone A;
Connessione probabile 1. causa uno-molti (A⇒B∨C) «A può essere il presupposto di B» dove se A può causare B o C allora A può non presupporre B. 2. causa molti-uno (A∨C⇒B) «B può essere il presupposto di A» dove se anche C può causare B disgiuntamente da A allora B può presupporsi senza A. In queste connessioni probabili, davanti a una probabilità di B da A maggiore di una probabilità di B senza A, «PA(B) > P(B)» [1], non sappiamo ancora se è A il presupposto di B, potendo B causarsi anche senza A ma da C. Inversamente, davanti a una probabilità di B da A minore di quella di B senza A, «PA(B) < P(B)», non sappiamo ancora se non è A il presupposto B, potendolo causare. Quando però la probabilità più bassa è talmente improbabile da non capitare mai, in tal caso, a livello probabilistico, diciamo che l’altra è la probabilità causale “certa”.
Per riassumere in una sola forma le suddette connessioni costanti e probabili della causa, diciamo che:
A⇒B se P(B)=A A causa B se A è probabilità P di B.
Uso questa generalizzazione perché, a ben vedere, non dice se la probabilità fra A e B è certa «PA(B)=1» oppure probabile «PA(B)=0<1», indi neanche se è una causa uno-a-uno «A⇒B» o uno-a-molti «A⇒B∨C». Non dice neppure se la causa è necessaria «A→B», sufficiente «B→C» o entrambe «A↔B». Men che meno dice se B accade in un tempo t simultaneo all’accadere di A, «At⇒Bt», o successivo «At⇒Bt’», né se A e B accadono in uno spazio s più o meno a contatto «As⇒Bs’» o a distanza «As⇒Bs». Pertanto non dice neppure se si tratta del motore immobile aristotelico (causa prima) o della causa relativa, dell’abitudine humeana o della speranza matematica, di una comune fiducia o di una condizione logica-deduttiva inevitabile. Semplicemente dice che, affermando «A⇒B se P(B)=A» si ammettono i detti casi causali e loro combinazioni.
Di seguito il detto modello generale della causa.
«A⇒B → P(B)=A» può manifestarsi nelle seguenti forme e combinazioni:
PA(B)=1 → Causa costante, certezza;
PA(B)=0<1 → Causa probabile, incertezza;
A→B → Causa necessaria, se A allora B;
B→A → Causa sufficiente, se B allora A;
A↔B → Causa necessaria e sufficiente;
At⇒Bt → Causa simultanea, nello stesso tempo;
At⇒Bt’ → Causa successiva, in tempi diversi;
As⇒Bs’ → Causa a contatto, in spazi diversi;
As⇒Bs → Causa a distanza, nello stesso spazio;
A∨C⇒B → Causa molti-uno, campo di possibilità;
A⇒B∨C → Causa uno-molti, campo di possibilità;
A⇒B → Causa uno-a-uno, campo deterministico.
Da questa raccolta, per parlare della sincronicità ci interessiamo in particolare alla causa a contatto e a distanza. Ma partiamo dall’inizio.
Hegel dice: «non puoi togliere l’universale alla parola» come non le puoi togliere il particolare. Allora con “muro” posso parlare di quel particolare muro oppure di tutti i muri, a seconda del contesto linguistico in cui rapporto la parola.
[15] Il linguaggio ha la possibilità di accedere sia a descrizioni particolari che a descrizioni universali tramite la medesima parola posta in rapporti diversi.
Esempi:
“Io” indica universalmente i suoi soggetti mittenti, particolarmente ne indica uno;
“Questo” indica universalmente l’oggetto vicino a chi lo indica, particolarmente indica quel particolare oggetto vicino a quel particolare indicatore;
“Qui” indica universalmente il luogo preciso e vicino indicato dal mittente del “qui”, particolarmente indica quel particolare luogo preciso e vicino indicato da quel particolare mittente del “qui”;
“Adesso” indica universalmente i tempi presenti, particolarmente indica il presente di qualcuno.
Abbiamo preso questi esempi da Wittgenstein (n.410) non solo per detrarlo dal suo scetticismo, ma per mostrare come l’universalità della parola è possibile anche dove la stessa, per essere appresa senza vacuità, oltre al (I) contesto linguistico in cui viene emessa e al (II) significato convenzionale che ne deriva,[1] necessità anche di elementi extralinguistici. Questi ultimi casi sono le espressioni deittiche (o indicali) che richiedono anche di (III) sapere chi le emette, come per gli indicali puri (es. “io”, “mio”), o di (IV) avere un gesto ostensivo di riferimento, come per i dimostrativi puri (es. “questo”, “là”), o di conoscere lo spazio-tempo di emissione (es. “oggi”).[2]
In generale diciamo che tutte le parole per essere apprese senza vacuità necessitano di essere rilevate nel contesto linguistico che ne determina il significato convenzionale, alcune parole necessitano anche di un contesto extralinguistico, cioè di sapere chi le emette o lo spazio-tempo di emissione o un gesto ostensivo di riferimento.
«Si potrebbe fissare un prezzo per i pensieri.
Alcuni costano molto altri meno.
E con che cosa si pagano i pensieri?
Io credo così: con il coraggio.»
Wittgenstein
Introduzione (cfr. Mondo 2016, Dieci argomenti di filosofia 2017)
Poniamo la ragione come in sé (noumeno). Essa invisibile risponde alle caratteristiche proprie del noumeno[1]: «non percepibile, sovrasensibile, non misurabile fisicamente in maniera diretta, solo intelligibile». Essa è il mondo metafisico, non rilevabile dalle scienze naturali se non nelle sue conseguenze fisiche, appunto perché le precede. Un concetto metafisico ben lungi da quello aspramente contestato, senza duplicazioni di realtà, ma con un’unica realtà costituita da un ordine sovrasensibile e corrispettivo ordine sensibile.
La ragione in sé (noumeno) delle cose non è da confondersi con la razionalità umana (pensiero) che è invece lo strumento astratto di accesso a questo mondo astratto esclusivamente intelligibile della ragione. Abbiamo quindi questo in sé, la ragione, e lo strumento per accedervi, la razionalità. Come in sé la ragione ha il carattere dell’universalità, quindi della costante universale uguale indipendentemente da chi la emette e riceve, una verità di ragione uguale per ogni. Su questo sfondo concettuale delineiamo il nostro fine linguistico: osserviamo come le differenze fenomeniche dei linguaggi non alterano le ragioni in sé che comunicano.
Facciamo una passeggiata su modi originali di condurre il pensiero. La meta è giungere dove la logica classica e quella non-classica si fondono sotto il principio di non contraddizione. Quindi il loro ricondursi al medesimo assioma, il medesimo rigore a cui rispondere e, più in là, la loro possibilità di dimostrazione. Proseguiamo col trattare alcuni aspetti della verità, del linguaggio, della matematica e dell’esistenza atti a stabilizzare alcune logiche (sfumata, paraconsistente, intuizionistica, mereologica, libera, quantistica) sotto questo tertium non datur. Chiudiamo col dettaglio del codice logico.
L’articolo è un’introduzione al processo di unificazione logica, un’illustrazione dei suoi elementi portanti.
Critica filosofica: questa filosofia succede alla post-verità della nientità per mostrare la verità dell’entità, sia dell’in sé che del fenomeno, cioè la possibilità di accesso a verità universali e personali. In questo senso le forme si annoverano fra gli elementi capitali; e benché sovente la filosofia post-verità neghi la formalità per lasciar spazio al libero spirito, a questa si ricorda tosti come lo spirito, siaquel che sia (a=a), non ha certo il contenuto della materia, e di come pure la libertà esiste per date condizioni. Ossia anche i filosofi post-verità assumono forme nei loro discorsi, alcune addirittura ricorsive: non di meno farò io in questa breve passeggiata, benché qui il sottofondo filosofico sia di verità e senso, quindi scevro da contraddizioni formali e materiali. Continua a leggere →