- Introduzione alla contraddizione

Siamo al cuore del p.d.n.c., la contraddizione: cosa contraddice? cosa è contraddetto? Sopra cui l’intensa luce di Severino: «Il senso autentico della distinzione tra contraddizione (contraddirsi) e contenuto della contraddizione: è [chiamare] tale contenuto “contraddittorietà”».1 La Sua distinzione ci richiama alla forma della contraddizione, il contraddirsi, e al contenuto della contraddizione, la contraddittorietà:
- Il contraddirsi è la forma della contraddizione. La forma universale con cui si configura il contraddirsi è l’enunciato 1∧¬1;
- La contraddittorietà è il contenuto della contraddizione. Il contenuto sensibile/misurabile con cui si configura la contraddittorietà è la qualità/quantità nulla.
La forma del contraddirsi non ha pertanto contenuto poiché indica una contraddittorietà, cioè un contenuto nullo, quindi non indica alcun contenuto e nessun contenuto è riferibile a un enunciato contraddittorio 1∧¬1. Con Severino: il contenuto di una contraddizione (la contraddittorietà) è assolutamente inesistente,2 esiste invece la forma della contraddizione (il contraddirsi). Riecheggia Berto: «[il contraddirsi] è proprietà di enunciati – o magari di sensi di enunciati, o dei pensieri che questi enunciati esprimono ecc. Il mondo (con i suoi abitanti non linguistici e non mentali), invece, non sarebbe il tipo di cosa che può essere contraddittoria»3.
Abbiamo appena affermato la contraddizione come forma senza contenuto: esistono forme senza contenuto, e contenuti inesistenti per forme contraddittorie. Aleggia lo spettro della logica libera, di forme esistenti ma senza contenuto (es. Pegaso; L’attuale Re di Francia; √–1), di enunciati dichiarativi non denotanti, dove l’enunciato P vale per x e x non è reale ma forse possibile o solo immaginario o addirittura inimmaginabile (es. iperreale) o impossibile; in cui la forma P si distingue dal contenuto x. In particolare, qua, la forma della contraddizione, il contraddirsi P, è distinta dal contenuto della contraddizione, la contraddittorietà x: la prima può accadere, il secondo no.
Qualsivoglia formulazione contraddittoria non ha quindi contenuto; perché contraddicendosi il suo contenuto effettivamente non si pone, è negato. Si pone però la sua forma, che esiste e accade, ed è vera quanto il suono e i segni delle sue enunciazioni, che ti colpiscono e orientano nel vivere. E tutto questo indipendentemente dal fatto che tali formulazioni si riferiscano a contenuti di conoscenza veri o non veri. Al più, dove sbagliate, al massimo ci muori. Su Severino: è possibile contraddirsi nelle forme, del discorso e della conoscenza (contraddirsi epistemologico). Tuttavia è impossibile che esista un contenuto contraddittorio, giacché senza valore (contraddittorietà ontologica).
Ripeto: la contraddizione ontologica non è concretamente possibile, è senza contenuto; è invece possibile il contraddirsi epistemologico, e quindi di riflesso è possibile determinare la forma che vincola la contraddizione a non potersi mai concretizzare. Acciocché qualcuno non indichi un contenuto reale o possibile per la forma “rotondo non rotondo” (1∧¬1) o l’impossibile enunciazione della forma ivi enunciata. Acciocché racconta il vero il p.d.n.c.:
- La contraddizione universale è una coppia di negativi in forma collettiva congiunta 1∧¬1;
- La coerenza universale è una coppia di negativi in forma distribuita disgiunta 1∨¬1.
- Introduzione alla negazione
Siamo al braccio di ferro della contraddizione p.d.n.c.: come si contraddice?
La procedura p.d.n.c. impedente il realizzarsi della contraddizione, è la negazione. La contraddizione infatti nega che il contenuto con forma contraddittoria possa accadere, gli attribuisce valore nullo, cioè non attribuisce alcun valore al contenuto di un contraddirsi, del quale nega il reificarsi. La negazione è quindi una particolare procedura del p.d.n.c. che interviene negli atti di contraddizione a negare la possibilità del contenuto contraddittorio. Si marca segnatamente, per ogni A, la distinzione fra negativo ¬A e negazione A–A:
- Il negativo ¬A è lo stato estrinseco all’affermato A ed è il suo reciproco porsi. Pervade il p.d.n.c.;
- La negazione A–A è una procedura intrinseca al negante –A, il suo unilaterale togliere A. Pervade i processi di contraddizione del p.d.n.c. e altri suoi conti ma non tutti.
Principio di Negazione
La negazione A–A è composta dall’affermato A e dal negante –A. Il numero negazione di A, il negante, è quell’elemento dell’insieme negativo ¬A che sommato ad A dà risultato 0, ovvero –A. Il risultato della negazione di A, la negazione A–A, è sempre uguale a 0; così la contraddizione della negazione è ¬0.
Facciamone dialettica: il negativus affermarsi di un oggetto con l’altro, assieme al soggettivo negarsi qua per affermarsi là, a volte può attivare vere e proprie procedure intrinseche di negazione di qualcosa, di annientamento, di negatio. Universalmente ciò avviene nelle contraddizioni; naturalmente ciò avviene anche in altre occasioni, come le rimozioni psichiche, le guerre, etc.
La negazione di qualcosa letteralmente preclude l’essere di quella cosa, lo toglie, lo annienta, è toglimento. Il negativo di qualcosa, invece, afferma per inverso ciò che quel qualcosa non è, lo pone, lo magnifica, è ponimento. E mentre la negazione di un posto lo cancella dai posti in cui andare, il negativo di un posto, invece, ancora permette, in date circostanze di “mancanza”, un’idea dialettica di trasformazione da ciò che si è a ciò che manca.
Negatio e Negativus, insomma, il primo è negazione diretta di qualcosa e riguarda qualcosa, il secondo è affermazione indiretta di tutto il resto e riguarda ogni cosa. Ripeto: qua i processi dialettici sono guidati eminentemente dal negativo, cioè dal porsi reciproco di una posizione con l’altra, dal loro magnificarsi; e nel mentre di tale magnificante affermarsi reciproco, a volte, casi particolari di negazione e annientamento, come d’altronde anche di bene etc. Nell’affermare dialettico dell’aufheben.4
- I sottoinsiemi del p.d.n.c.
Dal piano universale dei negativi si danno le seguenti opposizioni naturali, le seguenti forme interne del p.d.n.c.:
Logica binaria
1∨0
Con due valori, 100% 1 o 100% 0;
Logica sfumata
1>0
Con più valori, es. 70% 1 e 30% 0;
Logica sovrapposta
1∧0
Con valori sovrapposti, 100% 1 e 100% 0;
Logica paradossale
¬1∧¬0
Senza valori, 0% 1 e 0% 0;
Logica disambiguante
1∧0>¬1∧¬0
Con valori sospesi, es. 50% 1 e 20% 0;
etc.
Ognuna di queste logiche e loro combinazioni formatta numeri differenti fino a contenerli tutti. Con questa matematica, pertanto, contiamo nel p.d.n.c. ogni possibile logica, classica e non classica, in modo affidabile per ogni tipo di dominio (finito, infinito, dicibile, indicibile etc), inviolabilmente all’infinito, giacché ogni affermazione e negazione è già contenuta nel suo valore.
Questo ambito di sottoinsiemi lo chiamo “B”. B identifica uno dei sottoinsieme di ¬A, è un’ulteriore determinazione diversa di A già implicita però in ¬A. Quindi non è un terzo valore oltre i due A∨¬A, bensì è un terzo valore, quarto, quinto… già incluso in ¬A.
Da questi diversi piani, benché nessun contenuto possa darsi contraddittorio (vero e non vero assieme), tuttavia non gli è formalmente vietato darsi sovrapposto (vero e falso assieme), o binario (vero o falso), o sfumato (fra il vero e il falso), o disambiguante (fra sovrapposizioni e paradossi) etc.
S’apre il dialetheismo5: se qualcosa è arancio allora non è non arancio A∨¬A, il che però non esclude possa essere assieme arancio e blu A∧B, o in altre forme tutte necessariamente includenti il suo essere anche arancio. Così non è contraddittorio neppure che una particella si trovi in più posti contemporaneamente, mentre è contraddittorio si trovi in quel posto e non si trovi in quel posto. E allora non è contraddittorio neppure che stia io simultaneamente in più posti, per esempio “saggio” e “ignorante” assieme, mentre sarebbe contraddittorio se fossi saggio e non saggio. E se fossi invece né saggio ¬1 né ignorante ¬0? Questo è paradossale per me che lo chiedo, ma chiedeteglielo a una pietra: non è saggio né ignorante se di principio non può sapere. Più semplicemente: una cosa grigia è forse contraddittoria solo perché è una via di mezzo fra bianco 1 e nero 0? Certo che no, ma certo sarebbe contraddittoria se fosse una via di mezzo fra bianco e non bianco, o bianco e non bianco assieme, o né bianco né non bianco. E via discorrendo.
Siamo appena entrati nelle forme interne del p.d.n.c., nel vortice delle opposizioni naturali fra A e B dove non sempre uno è vero e l’altro falso, perché potrebbero invece essere un po’ veri e un po’ falsi, né veri né falsi etc.
Questa è natura, ed è diverso da come succede nell’universo dei negativi, senza però contraddirsi, poiché la natura A=B non viola l’universo A≠¬A, ma legati, in dipendenza, su piani diversi: come in un quadrato aristotelico, con la coppia di negativi negli angoli universali, con la coppia di opposti negli angoli naturali.
- Introduzione alle opposizioni
Diversamente dall’universo dei negativi, nel mondo naturale delle opposizioni, la matematica p.d.n.c. si estende specificatamente all’intero spettro delle identità n: da quelle reali a quelle immaginarie, iperreali, etc6 (Es. Sole=Sole; Severino=Severino; √2=√2; “Questa frase è falsa”=“Questa frase è falsa”). E quivi:
- La forma può essere determinata 1∨0, sfumata 1>0, sovrapposta 1∧0, paradossale ¬1∧¬0, etc. La forma è ciò che figura il contenuto, e la forma simbolica con cui si configura il contenuto è l’enunciato;
- Il contenuto può essere finito, molteplice, senza fine, nullo, etc. Il contenuto è ciò che si figura dentro forme, e il contenuto sensibile/misurabile che si configura in forme è la qualità/quantità.
Due esempi. Dentro una forma binaria può apparire un contenuto, è una forma con possibile contenuto. Dentro una forma paradossale non può apparire alcun contenuto, è una forma senza contenuto.
- Calcolo delle forme del p.d.n.c.
Le logiche interne del p.d.n.c. le contiamo con le seguenti operazioni.7
Nota: in questo piano delle opposizioni naturali, non usiamo il calcolo dei negativi universali A∨¬A ma quello delle opposizioni naturali A–A. Forse, per cogliere l’immediatezza del concetto, potete sostituire i seguenti termini “non si contraddice” con “è vero”.
N.B. Dettaglio calcoli in appendice*
Conteggio binario
A=A ∨ A–A=A–A → A=1∨0
Se A non si contraddice (A=A) o non si contraddice la sua negazione (A–A=A–A), allora A è 1 o 0;
Conteggio paradossale
A≠A ∧ A–A≠A–A → A=¬1∧¬0
Se A si contraddice (A≠A) e si contraddice anche la sua negazione (A–A≠A–A), allora A è né 1 né 0;
Conteggio sovrapposto
A=A ∧ A–A=A–A → A=1∧0
Se A non si contraddice (A=A) e non si contraddice la sua negazione (A–A=A–A), allora A è sovrapposto su 1 e 0;
Conteggio sfumato
A<1 ∧ A–A≠A–A → A=1>0
Se A è minore di 1 e la sua negazione si contraddice (A–A≠A–A), allora A è sfumato fra 1 e 0;
etc.
Questi conteggi sono in grado di anticipare, con mere operazioni di addizione e sottrazione di forme, se qualcosa ha carattere binario, sfumato, sovrapposto, paradossale, disambiguante, etc. Eppur nessuna di queste forme è in grado di anticipare se il suo contenuto è certamente vero: la materia, il sensibile, il contenuto della forma, non è prevedibile con certezza da questi calcoli, in cui a volte il contenuto resta di principio incerto sino al suo concreto rilevamento.
Ne risulta che la proposizione non ci permette di dire che è vera a priori senza verificarne il riferimento o accettarne il presupposto. La proposizione è invece ciò su cui possiamo dire a priori che è “vera o non vera”.
- Introduzione all’incontraddittorietà
Il nostro conto distingue fra l’impossibile contraddizione del dicere et non dicere 1∧¬1, e il possibile contrario del dicere contra 1∧0; secondo queste differenze:
- La contraddizione 1∧¬1 ammette ogni termine, da essa esplode qualsiasi contenuto, risultando matematicamente nulla, si risolve in nulla, affermando il nulla come mancanza, togliendosi perché in sé contraddittoria;
- Il contrario 1∧0 ammette termini intermedi fra gli opposti. Cioè, aristotelicamente, dall’opposizione bianco-nero si danno scale di grigio, risultando matematicamente qualcosa, si risolve in qualcosa, affermando l’essere come presenza, ponendosi perché in sé non contraddittorio.
Ebbene, la forma contraddittoria 1∧¬1 di A nega che A possa porsi. Il p.d.n.c. impedisce la contraddizione, che infatti non ha modo di essere pensata concretamente e di costituire originariamente il mondo; diversamente dagli opposti, i contrari, i diversi, gli uguali, gli identici, le cui relazioni sono invece ciò che muove il mondo.8
Il fondamento, pertanto, per noi, non è la contraddizione, indi non esiste punto in cui l’assoluto essere e l’assoluto non essere coincidono, nessun passaggio, alcun limite, in assoluto. Relativamente invece, che non è l’assoluto, ogni essere passa dal limite della propria identità all’altra come in un fiume eracliteo, e in ogni nuova relativa identità è sempre identico a se stesso, benché diverso da ciò che era prima e che sarà, in un hegelliano togliersi conservando(aufheben, il passaggio da un determinazione a un’altra): l’immobilità è la condizione del passaggio da un fisso all’altro. Nel contempo è la condizione per cui qualcosa si conserva nel passaggio, per cui qualcosa resta seppur un po’ diversa da prima, per cui tutto si trasforma e niente si distrugge.
Il p.d.n.c. però non sembra poterci dire molto sul fondamento. Infatti la forma del p.d.n.c., per il suo passaggio da 1 a ¬1, in tesi 1 e antitesi ¬1 e sintesi ¬¬1, non sembra immediatamente idonea a trattare ciò che non cambia, neppure a trattare l’intera serie infinita delle determinazioni. In questo senso, avendo in oggetto il p.d.n.c., rallentiamo le parole sul fondamento.
- Dimostrazione del p.d.n.c.
Principio di dimostrazione:
A 1∨¬1 → 1d A=1∨¬1
Se A è 1 o non 1, allora con 1 posso dimostrare se A è 1 o non 1.
Es. Se la torta è gialla o non gialla, allora col giallo posso dimostrare se la torta è gialla o non gialla; Con la dimostrazione posso dimostrare che qualcosa è dimostrabile o non dimostrabile.
La dimostrazione del p.d.n.c. è la prova effettiva che con 1 posso dimostrare che A è 1 o no: acciocché il predicato è attribuito all’oggetto, l’oggetto ha o non ha un’istanza di quella proprietà, e la proprietà di riflesso può essere usata per misurare la sua presenza o la sua mancanza in quell’oggetto.
A questa prova, nulla di esperibile e immaginabile sfugge, solo il Teorema di Gödel potrebbe provarci, anche perché il principio di dimostrazione tenta a completezza il suo Teorema:
Se la dimostrazione del p.d.n.c. è 1 che è interno al p.d.n.c. stesso, allora esso è dimostrabile completamente tramite i suoi assiomi, senza uscire da sé.
Certo follia aspettarsi che un oggetto così piccolo possa sfidare l’incompletezza di Gödel. Savio sarebbe sostenerlo con altri meccanismi formali.9
- Dimostrazione delle forme del p.d.n.c.
Discorsi di dimostrazione:
Dimostrazione binaria
Dimostrare A come 1∨0 (valore di verità) significa determinarlo in un numero finito di passaggi, in un punto in cui A è dimostrabile finitamente 1 o 0;
Dimostrazione sfumata
Dimostrare A come 1>0 (valore sfumato) significa determinarlo in un numero intermedio di passaggi, in un grado in cui A è dimostrabile mediamente fra 1 e 0;
Dimostrazione sovrapposta
Dimostrare A come 1∧0 (valore sovrapposto) significa determinarlo in un numero probabile di passaggi, in una nuvola in cui A è dimostrabile su probabilità 1 e 0;
Dimostrazione paradossale
Dimostrare A come ¬1∧¬0 (valore paradossale) significa non poterlo determinare pur in un numero infinito di passaggi, significa parlare di un sistema in cui A è dimostrabile infinitamente né 1 né 0;
etc.
In quanto dimostrabile da altro, il p.d.n.c. non è principio di tutti i principi, stimandosi almeno dal principio di identità per essere il principio che è. Questo calcolo esula dal principio di identità, il quale, checché ne dicano, a me risulta rispondere immediatamente a calcoli di altro tipo (A=A), diversi da quelli mediati dal p.d.n.c. (A 1∨¬1); un altro saggio, un altro tipo di intelligenza.
- Calcolo negativo del p.d.n.c.
Concludiamo contando il p.d.n.c. in regressione. Dal suo conteggio negativo sorgono le seguenti logiche.
Se A è B o ¬B sotto il medesimo rapporto, allora, per regressione:
Principio di Varietà (soggettivo)
A è B e ¬B sotto rapporti diversi ove A*B≠A*C
In taluni casi il risultato di A varia a seconda di chi, B o C, lo relaziona. In questi casi, il risultato del rapporto con A è relativo al soggetto e indivisibile da esso;
Principio di Permanenza (oggettivo)
A è B sotto tutti i rapporti ove A*B=A*C
In taluni casi il risultato di A è uguale per ogni distinto B e C. In questi casi, il risultato del rapporto con A è lo stesso per ogni distinto soggetto;
Principio di Regioni (intersoggettivo)
A è B sotto alcuni rapporti ove A*B=A*C≠A*D
In taluni casi il risultato di A è uguale per certi B e C ma diverso per altri D. In questi casi, il risultato del rapporto con A è lo stesso per alcuni ma non per tutti.
Dall’inverso del p.d.n.c., quindi, contiamo il principio di varietà dei soggetti, il principio di permanenza degli oggetti, il principio di regioni intersoggettive. Matematicamente il conteggio avviene così:
- Il principio di varietà si conta classicamente;
- Il principio di permanenza si conta con A infinito, per cui i numeri B e C si riducono a unità iperreali senza differenze nel risultato coll’infinito, oltre la matematica classica;
- Il principio di regione si conta attribuendo a B e C differenze iperreali per le quali non cambia il loro risultato con A, diversamente da D.
Logicamente, il p.d.n.c. ha una forma asimmetrica di per sé dividente, il suo conteggio inverso ha una forma simmetrica di per sé unificante. Matteo Blanco parla di bi-logica afferente contemporaneamente al modo asimmetrico e a quello simmetrico. Cosicché la stessa realtà sia trattabile, da un lato, come divisibile e formata da parti (per p.d.n.c.), dall’altro lato come fosse una e indivisibile (per principio di permanenza e di varietà).
Mi sembra evocativo concludere parafrasandone gli occhi: il p.d.n.c. è segno di ragioni analizzabili e divisibili, per inverso è segno di sintetizzante e unificante amore.
*APPENDICE CONTEGGIO FORME cap. 15.
Conteggio Binario
Se affermando 1 di A esso A non si contraddice allora A è 1 |
A=1 A=A A=1 |
o | ∨ |
se affermando la negazione di A essa A–A non si contraddice allora la negazione A–A è 0 |
A–A A–A=A–A A–A=0 |
Conclusione: | |
Se affermando 1 di A esso non si contraddice o non si contraddice la sua negazione allora A è 1 o 0 |
A=1 A=A ∨ A–A=A–A → A=1∨0 |
Codice: A=A ∨ A–A=A–A → A=1∨0 |
Conteggio Paradossale
Se affermando 1 di A esso A si contraddice allora A è ¬1 |
A=1 A≠A A=¬1 |
e | ∧ |
se affermando la negazione di A essa A–A si contraddice allora la negazione A–A è ¬0 |
A–A A–A≠A–A A–A=¬0 |
Conclusione: | |
Se affermando 1 di A esso si contraddice e si contraddice la sua negazione allora A è ¬1 e ¬0 | A=1 A≠A ∧ A–A≠A–A → A=¬1∧¬0 |
Codice: A≠A ∧ A–A≠A–A → A=¬1∧¬0 |
Conteggio Sovrapposto
Se affermando 1 di A esso A non si contraddice allora A è 1 |
A=1 A=A A=1 |
e | ∧ |
se affermando la negazione di A essa A–A non si contraddice allora la negazione A–A è 0 |
A–A A–A=A–A A–A=0 |
Conclusione: | |
Se affermando 1 di A esso non si contraddice e non si contraddice la sua negazione allora A è 1 e 0 |
A=1 A=A ∧ A–A=A–A → A=1∧0 |
Codice: A=A ∧ A–A=A–A → A=1∧0 |
Conteggio Sfumato
Se affermando A esso A è minore di 1 allora A è <1 | A=A A<1 A<1 |
e | ∧ |
se affermando la negazione di A essa A–A si contraddice allora la negazione A–A è ¬0 | A–A A–A≠A–A A–A=¬0 |
Conclusione: | |
Se affermando A esso è minore di 1 e si contraddice la sua negazione allora A è sfumato fra 1 e 0 | A=A A<1 ∧ A–A≠A–A → A=1>0 |
Codice: A<1 ∧ A–A≠A–A → A=1>0 |
Note:
1 E. Severino, Fondamento della contraddizione, Milano, Adelphi, 2005, 21. Si noti che ho afferito il concetto di “forma” al contraddirsi di Severino.
2 Ibidem: «il contenuto della contraddizione è assolutamente inesistente, ossia è nulla, ma […] non afferma certo l’inesistenza e l’esser nulla della contraddizione, cioè del contraddirsi».
3 F. Berto, Teorie dell’assurdo. I rivali del principio di Non-Contraddizione, Roma, Carocci, 2006, 24.
4 Dialettica. Questa modifica del processo dialettico, da negazione ad affermazione, da annientamento a magnificazione, si riferisce al sapere che da Aristotele ha trasvalutato il “negativo” da affermazione inversa di ciò che è, quindi ponimento, a negazione diretta di qualcosa, quindi toglimento. Bisogna risalire a Platone per una restituzione del negativo al suo valore di affermazione di alterità; e noi a piè di pagina di Platone. Mi sembra infatti che la negazione riferita al negativo logico, sia un atto matematicamente improprio: se tutti gli altri n negassero il 5, l’intera retta dei numeri collasserebbe senza più identità. E avendo questo lavoro forme matematiche, assumo l’affermazione del negativus come motore principe della dialettica.
5 Il dialeteismo è la tesi secondo cui una singola proposizione può essere sia vera che falsa nello stesso tempo. Ricordo che la sovrapposizione vero-falso qui non rientra direttamente nelle contraddizioni, diversamente dalla congiunzione universale “vero non vero”.
6 Tommaso d’Aquino, De Veritate, q. 5 a. 2-7:«è dal fatto che le cose prodotte hanno una certa natura per cui hanno un essere determinato, ne segue che sono distinte [dai loro negativi]». Oltre le entità naturali di San Tommaso, determinate in materia e forma, il nostro discorso si rivolge all’intera gamma delle identità. L’identità si determina formalmente per autoriflessione A=A, indipendentemente da quale che sia il suo contenuto, quindi può comprendere anche contenuti non determinati, come ad esempio la forma √–1 che ha un contenuto immaginario, per quanto anche l’immaginario contribuisca a posizionare la realtà.
7 Le precedenti pubblicazioni in merito a questo conto erano compiute col numero negativo ¬A invece che, come per questo saggio, col numero negazione A–A. Possiate sostituire la mia approssimazione passata con questa maggiore precisione di calcolo; umilmente come i calcoli di Einstein perfezionarono le ipotesi di Newton.
8 G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, tr.it. di V. Verra, Torino, Utet, 1981, 321: «Ciò che muove il mondo in generale è la contraddizione, ed è ridicolo dire che la contraddizione non può venire pensata». In questo passo Hegel si riferisce essenzialmente alla sovrapposizione fra gli opposti vero falso, la quale, abbiamo visto, è pensabile, mentre la nostra contraddizione si riferisce a vero non vero e risulta impensabile.
9 Per l’interesse ai Teoremi di Coerenza e Incompletezza di Gödel, si noti che in cap. 15 del presente saggio, il «Conteggio paradossale» permette di anticipare formalmente gli indicibili gödelliani, mentre la prossima «Dimostrazione paradossale» (cap. 18) ne racconta l’impossibilità infinita. Per una più estesa trattazione dei paradossi, rimando al mio Teoremi di Coerenza e Completezza.