Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Vincent Van Gogh, il Veggente

> di Daniele Baron

Chi fu Vincent Van Gogh? Un artista visionario o un povero pazzo? Perché è diventato così importante per la nostra cultura? Per una semplice suggestione data dalla sua vita tragica? O per la sua capacità unica di rappresentare visioni che trascendono i limiti della mera pittura?
Accostandoci alla sua produzione pittorica per coglierne l’essenza, per spiegare perché più di altri pittori e artisti sia così importante e rivoluzionario per la storia dell’arte e non solo, c’è un primo scoglio da superare: riuscire a stabilire entro quale limite tenere conto della sua biografia.
Emblema del genio romantico in un secolo romantico, Van Gogh colpisce l’attenzione del grande pubblico con la sfortuna della sua esistenza culminata nel gesto tragico del suicidio. Un altro elemento eclatante è il paradosso della diversissima fortuna, prima e dopo la morte, dei suoi quadri: in vita, infatti, fu praticamente sconosciuto e poverissimo (negli ultimi anni poté sopravvivere grazie solo alla magnanimità del fratello Theo, che gli inviava il necessario), riuscì a vendere un solo quadro, mentre dopo la morte è diventato uno dei pittori più universalmente conosciuti con quotazioni alle stelle, la sua arte è stata rivalutata e ha influenzato molte correnti pittoriche successive (l’espressionismo, l’astrattismo, ad esempio). Ci sono tutti gli ingredienti per farne un mito e per spiegare la sua pittura ricorrendo a fattori che c’entrano poco o nulla con essa, rischiando così di ridurre il valore e la portata dei suoi dipinti rivoluzionari.
È senz’altro necessario ripercorrere le tracce della sua vita e averla bene in mente per comprendere a fondo la sua creazione, non se ne può prescindere, ma è altrettanto importante vagliare con cautela le nostre conoscenze per evitare di dare giudizi estrinseci, e perciò falsati, sulla sua arte. Continua a leggere


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Georges Bataille poeta? Note a partire da un libro postumo da poco edito di Jaqueline Risset

> di Daniele Baron

Jaqueline Risset (Besançon 1936, Roma 2014), poetessa francese, traduttrice specialista di Dante (ha tradotto in francese la Divina Commedia) e saggista, cofondatrice, Direttrice e poi Presidente del Centro di studi italo-francesi presso l’Università di Roma Tre, è stata anche una studiosa attenta dell’opera di Georges Bataille; ha organizzato e partecipato a convegni in Italia e in Francia sul pensatore francese che hanno lasciato il segno e che spesso hanno avuto come esito finale la pubblicazione in volumi collettanei di grande interesse (i più significativi sono: AA.VV. Bataille: il politico e il sacro, Liguori, Napoli 1987 e AA.VV. Bataille-Sartre: un dialogo incompiuto, Artemide, Roma 2002).
È stato da poco stato pubblicato postumo un libro a cura di Marina Galletti e Sara Slovacchia che raccoglie gli articoli e i saggi più importanti che l’intellettuale francese ha dedicato a Bataille: J. Risset, Georges Bataille, Artemide, Roma 2018. Continua a leggere


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Georges Bataille e Documents. Lʹimmagine come théâtre de la cruauté II parte

la morte_e_la_fanciulla> di Giuseppe Crivella*

Abstract, The purpose of this paper is to analyze the status of the image in the thinking of Bataille during the experience of Documents. Starting of the thesis of Georges Didi-Huberman, we will try to highlight the figural dimension present in the wtriting of the authors of La part maudite.

Keywords, Georges Bataille, Georges Didi-Huberman, Documents, Informitas, Theory of image

 

 

  1. Coreografie dell’informe

Ma che cosʹè lʹinforme per Bataille? È egli stesso a fornire una dettagliata risposta a tale quesito in una pagina formidabile di Documents intitolata proprio Informe:

un dictionnaire commencerait à partir du moment où il ne donnerait plus le sens mais le besognes des mots. Informe nʹest pas seulement un adjectif ayant tel sens mais un terme servant à déclasser, exigeant généralement que chaque chose ait sa forme. Ce quʹil désigne n’a aucun sens et se fait écraser partout comme une araignée ou un ver de terre. Il faudrait en effet, pour que les hommes académique soient contents, que lʹunivers prenne forme. La philosophie entière n’a pas dʹautre but: il sʹagit de donner une redingote à ce qui est, une redingote mathématique. Par contre affirmer que lʹunivers ne ressemble à rien et n’est quʹinforme revient à dire que lʹunivers est quelque chose comme une araignée ou un crachat (G. Bataille, Oeuvres complètes, tomo I, p. 217).

Siamo dinanzi a un singolarissimo programma filosofico stilato nel giro di pochissime righe e retto tutto su una di quelle trasgressioni a cui si accennava poco sopra: lo sputo e il ragno, due realtà assolutamente remote e prive di rimandi espliciti o abituali, inopinatamente si trovano qui affiancati quali improbabili modelli rappresentativi dell’universo intero, convocati cioè sotto la rubrica di una ressemblance che frustra perversamente e pertinacemente ogni logica strettamente imitativa. Continua a leggere


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Georges Bataille e Documents. Lʹimmagine come théâtre de la cruauté I parte

la morte_e_la_fanciulla> di Giuseppe Crivella*

Abstract, The purpose of this paper is to analyze the status of the image in the thinking of Bataille during the experience of Documents. Starting of the thesis of Georges Didi-Huberman, we will try to highlight the figural dimension present in the wtriting of the authors of La part maudite.

Keywords, Georges Bataille, Georges Didi-Huberman, Documents, Informitas, Theory of image

 

Aggiungerò anche il più vile di tutti i paragoni e che sembra essere il più sconvolgente: infatti tutti i dotti nelle cose divine  ci hanno tramandato che Dio si è attribuito la forma di un verme.

(Pseudo Dionigi lʹAreopagita, Gerarchia celeste, p. 72)

 

  1. Lʹeccesso della visione come accesso alla visione

Quelle di Artaud e Bataille sono due vite parallele: nati a distanza di un solo anno lʹuno dall’altro – il primo nel 1896, il secondo nel 1897 –, le loro biografie convergono senza mai incontrarsi frontalmente, sfiorandosi appena attraverso il contatto quasi simultaneo e per entrambi diretto e polemico con la sfrangiata pattuglia di scrittori e pittori coagulatasi verso la metà degli anni ’20 intorno alla figura duramente sacerdotale di Breton. Un altro incontro mancato può essere situato inoltre più o meno negli stessi anni presso lʹaccademia teatrale di Charles Dullin, ove militava Sylvia Maklès, a fianco di Artaud, prima di incontrare proprio Bataille, destinato a diventare suo futuro marito. A questo punto le due vite si allontanano nuovamente del tutto, pur lasciandosi dietro le tracce di una gemellarità di intenti che forse aspettano ancora di essere attentamente decifrate (N. Barberger, Le réel de traviole. Artaud, Bataille, Leiris et alii). Continua a leggere


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Da L’erotismo. Divieto e trasgressione

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«Trattandosi di erotismo (o più generalmente di religione), l’esperienza interiore lucida risultava impossibile in un tempo in cui non era ancora evidente il gioco di equilibri tra divieti e trasgressioni, che rende possibile l’esistenza degli uni e delle altre. D’altra parte, non è sufficiente sapere che tale gioco esiste. La conoscenza dell’erotismo, o della religione, richiede un’esperienza personale, identica e contraddittoria, del divieto e della trasgressione. Questa doppia esperienza è rara. Le immagini erotiche, o religiose, essenzialmente impongono ad alcuni i comportamenti dettati dal divieto, ad altri i comportamenti opposti. […] Ma la trasgressione non è il “ritorno alla natura”: essa sospende il divieto senza eliminarlo. Qui si cela la molla dell’erotismo, e qui ugualmente si cela la molla di ogni religione» [Georges Bataille, L’erotismo, ES, 1991 Milano, p. 35]. Continua a leggere


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Presentazione della nuova pagina Batailliana

> di Daniele Baron

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La nuova pagina Batailliana, che si inaugura oggi all’interno della rivista «Filosofia e nuovi sentieri», è interamente dedicata alla figura di Georges Bataille. Si procederà con la pubblicazione di stralci significativi tratti dalla sua opera, di studi a tema, di recensioni di sue opere o di pubblicazioni a lui dedicate; tutto ciò allo scopo di favorire la conoscenza e l’approfondimento del pensiero e della scrittura di quello che reputo uno dei pensatori più originali e senz’altro più singolari del secolo scorso. L’intento è quello di risvegliare l’interesse intorno a un autore ancora poco o parzialmente conosciuto in Italia e spesso più per le sue opere di letteratura erotica che per quelle di riflessione. Continua a leggere


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Calling on the dogs. La bestemmia come veicolo del sacro a partire da un’intuizione di Jim Morrison

> di Daniele Baron

Dissacrare è sacralizzare

Ogni movimento di dissacrazione, di violazione del sacro, comporta tre elementi: un fattore fisico o ideale intoccabile, poi un movimento che infrange i confini, che spezza le barriere imposte, supera una soglia invalicabile e infine un elemento (che può incarnarsi in una persona, o in una cosa, o in un animale, o in un luogo) che si opponga a quello sacro, che sia fuori dai confini fissati dal sacro, fuori dal perimetro di ciò che si reputa inviolabile. Il movimento di dissacrazione si ha quando l’opposto dell’intoccabile viene ad unirsi o perfino ad identificarsi con l’intoccabile. Ciò che è da sottolineare in via preliminare è che lo strato ideale, sacro, una volta dissacrato, appare fragile, come un velo che nasconde altro. La sua natura è ambigua: fino a che sta in sé, opponendosi al profano, non sembra poter essere scalfito, sembra granitico, ma non appena viene dissacrato, profanato mediante l’identificazione con l’opposto, ecco che mostra la sua estrema fragilità. Tanto che ci viene da dubitare sul fatto che sia effettivamente sacro. Ci diciamo: se si unisce con il suo opposto o si identifica con esso, allora già dall’inizio deve avere qualche legame con esso, oppure fin dal principio deve essere altro da quello che finge di essere o da come lo abbiamo fino a qui ritenuto.

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Scolio XIV

«Si potrebbe sottolineare con forza e ritenere chiaramente questo: che la verità non è là dove si considerano gli uomini isolatamente: essa comincia con le conversazioni, il riso complice, l’amicizia, l’erotismo e ha luogo solo passando dall’uno all’altro. Odio l’immagine dell’essere legata all’isolamento. Rido del solitario che pretende di riflettere il mondo. Non può rifletterlo, perché, essendo egli stesso il centro della riflessione, cessa di essere a misura di ciò che non ha centro. Immagino che il mondo non assomigli a nessun essere separato, chiuso in se stesso, ma a ciò che passa dall’uno all’altro quando ridiamo, quando ci amiamo: immaginando ciò, l’immensità mi si schiude e io mi perdo in essa. Poco m’importa allora di me stesso e, reciprocamente, poco m’importa d’una presenza estranea a me» [Georges Bataille, Il colpevole, Ed. Dedalo, Bari, 1989, p. 62].


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Capitalismo, religione, follia: la società del debito

> di Andrea Sartori*

A scena aperta: una domanda di partenza

Nel recente romanzo Resistere non serve a niente di Walter Siti – curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini per i Meridiani della Mondadori – è evocato un episodio di corruzione che ha i tratti epifanici della grazia: «Ventimila marchi elargiti in un giorno di pioggia a un portiere d’albergo per non essere registrato; un poema la faccia di quello, la bocca aperta come i pastorelli di Fatima: più una predella devozionale che una scena di corruzione» [1]. Protagonista di un gesto così religiosamente significativo da meritare d’essere ricordato sulla fascia dipinta che correda il piede di una pala d’altare, è Morgan, rampollo d’una famiglia mafiosa. Tommaso – broker d’assalto in cerca di utili consigli – lo interpella in qualità di teorico del nuovo capitalismo monetario (creditizio e portatore d’interessi), ovvero di quell’età dell’economia moderna, la cui principale leva per il profitto non coincide con lo sviluppo dell’industria garantito dallo sfruttamento del lavoro, né con lo scambio delle merci sospinto dal consumo, ma con il debito fine a se stesso sugli interessi di un capitale in buona sostanza lasciato inerte [2]. Nei mercati in interconnessione globale, infatti, sono ormai solo i valori nominali a essere vorticosamente spostati da un capo all’altro del mondo; per questo l’immagine del capitale a oggi più attuale – una massa immobile, improduttiva, attorno alla quale ronzano opportunisti e speculatori – è forse ancora quella scatologica allusa dal titolo del profetico romanzo del 1989 di Paolo Volponi, Le mosche del capitale.

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La Communitas secondo Roberto Esposito

> di Daniele Baron

1. Etimologia del termine communitas

Nel libro Communitas. Origine e destino della comunità il filosofo Roberto Esposito intende prendere le distanze radicalmente da modi di intendere la comunità che potremmo definire “classici” ed introdurre un nuovo modo di pensarla.
Partendo dalla constatazione che mai come nella riflessione contemporanea il concetto di comunità è al centro del discorso (ad esempio nella sociologia organicistica della Gemeinschaft, nel neocomunitarismo americano e nelle varie etiche della comunicazione), afferma subito che proprio il modo in cui viene affrontato l’argomento ha per conseguenza di mancarlo: insistendo sul proprium, sul considerare la comunità come un pieno o come un tutto, le concezioni dominanti in filosofia politica la riducono ad una proprietà dei soggetti, vale a dire a ciò che li accomuna: una qualità che si aggiungerebbe loro facendone soggetti anche di una comunità.

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Bataille interprete di Nietzsche: la questione politica

> di Alessandro Chalambalakis*

La prima fondamentale operazione interpretativa che Georges Bataille compie consiste nell’evidenziazione delle differenze tra la filosofia di Nietzsche e l’ideologia fascista. Siamo negli anni ’30 e questa esigenza, avvertita da Bataille, si configura, alla luce degli eventi caratterizzanti quegli anni, come un’urgenza storico-politica. Jean-Michel Rey in proposito afferma:

«i tre momenti essenziali in cui Bataille si confronta in modo assolutamente esplicito con il pensiero di Nietzsche, sono in effetti momenti storici particolarmente decisivi, momenti in cui è in gioco la sorte del mondo, epoche in cui la “politica” occupa violentemente il proscenio: l’emergenza del fascismo in Germania, la guerra, il comunismo» [1]

L’interpretazione di Nietzsche è intessuta profondamente in questi eventi storici ed è al contempo guidata da una esigenza interiore che mai prescinde dalla storia ma che anzi in essa, attraverso il pensiero nietzscheano, si mette in gioco:

«La ri-lettura di Nietzsche – la sua ri-scoperta in questo momento particolarissimo della storia – diviene l’inizio di una interrogazione che ha luogo progressivamente, vale a dire di un lavoro che è come all’incrocio di preoccupazioni interiori di Bataille e di esigenze del momento chiaramente provenienti dalla più immediata attualità» [2].

Questa prima fondamentale operazione ermeneutica, compiuta all’interno della rivista Acéphale, fondata nel 1936 dallo stesso Bataille e da Pierre Klossowski, prende avvio dalla messa in luce del tradimento falsificante, di segno antisemita, del pensiero nietzscheano, compiuto dalla sorella di Nietzsche, «Elisabeth Giuda-Foerster» [3], dal marito di costei, Bernard Foerster e dal «secondo Giuda del Nietzsche-Archiv» [4], ovvero il signor Richard Oehler, cugino del filosofo. Riferendosi ad Elisabeth Foerster, Bataille scrive:

«Il 2 Novembre 1933, davanti ad Adolf Hitler da lei ricevuto a Weimar presso il Nietzsche-Archiv, Elisabeth Foerster testimoniava dell’antisemitismo di Nietzsche, dando lettura di un testo di Bernard Foerster» [5]. Continua a leggere