Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Le “guise della prudenza”. Vita e morte delle nazioni da Vico a noi (3/3)

 

> di Giuseppe Brescia*

 

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Casi storici di “declino delle nazioni”

Cade, così, il limite di una casistica troppo ancorata all’esemplificazione particolare, effimera e contingente, per quanto riguarda gli uomini della “materia” e gli uomini della “forma”; dal momento che la fenomenologia ideale eterna, da Vico instaurata, insegna a interpretare dall’interno le modalità, o le ‘guise’, delle crisi ricorrenti, come «analogie dell’esperienza sofistica» ( “1994”. Critica della ragione sofistica, Bari 1997, capo X, XII e XII della Parte seconda, alle pp. 89-99 ).

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Le “guise della prudenza”. Vita e morte delle nazioni da Vico a noi (2/3)

> di Giuseppe Brescia*

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La doppia “barbarie della riflessione”

Quel che, in verità, nessuno mai dice è il fatto che esiste una “doppia barbarie della riflessione”: la prima è quella della lettera a Gherardo degli Angioli, della autobiografia e della giovanile De nostri temporis studiorum ratione, per la quale la “barbarie” consiste nella pedagogia “cartesiana” del raziocinio, che mortifica la poesia e la fantasia e il senso nei giovani («filosofia che professa ammortire tutte le facoltà dell’animo che li provengano dal corpo, […] e di una sapienza che assidera tutto il generoso della migliore poesia»; mentre i giovani debbono educarsi mediante «esempi che devono apprendersi con vivezza di fantasia per commuovere»). Questa “barbarie della riflessione” è, però, senza malizia, viltà, tradimento e insidia. L’altra forma di “barbarie della riflessione” appartiene al Vico maturo, quando il filosofo ha capito che – nel corso delle nazioni e della civiltà – esiste una stagione ben peggiore della iniziale “barbarie del senso”, materiata di «malnata sottigliezza d’ingegni maliziosi» e di «malizia riflessiva» (ed è nella Conchiusione della Scienza Nuova seconda, dianzi citata). Questa seconda tipologia appartiene al Vico – per dir così – “pre-orwelliano”, dis-topico, «nato a debellar tre mali estremi: tirannide sofismi ipocrisia» (per dirla con l’amato fra’ Tommaso Campanella); pre-visione geniale che smentisce la meccanica ripetitività della vita delle nazioni e dei periodi storici, dal momento che non c’era nella età di “barbarie del senso”. La prima forma di barbarie della riflessione (o pedagogia cartesiana) è un “errore”. La seconda forma (o «malizia riflessiva»), come errore coscientemente voluto, è il “sofisma”, o somma di sofismi (con l’accrescersi degli “ingegni maliziosi” che interagiscono a più livelli).

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Le “guise della prudenza”. Vita e morte delle nazioni da Vico a noi (1/3)

> di Giuseppe Brescia*

 

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Sommario: 1. Diritto e morale in Vico. 2. “De Constantia Jurisprudentis”, 3. Diritto Universale e teoria della storia. 4. Significati delle “guise” e delle “modificazioni della mente umana” nel Vico e nella modernità. 5. Importanza dell’avverbio nello stile di Vico ( e altri ‘autori’). 6. ‘Ed quando si sommano più e opposti errori che si forma il declino delle nazioni’. 7. La doppia “barbarie della riflessione”. 8. Casi storici di “declino delle nazioni”. 9. La “barbarie della riflessione” in Donald Verene e altri teorici: economia ed etica. 10. Misericordia Carità Diritto.

1. Diritto e morale in Vico

Nella celebre Filosofia di Giambattista Vico del 1911, Benedetto Croce si occupa distesamente, al Capitolo VIII, di Morale e diritto, al IX, della Storicità del diritto ed al VII, di Morale e religione, risalendo alla ripresa vichiana di Cicerone: «E ottimamente Cicerone diceva ad Attico, epicureo, di non poter istituire con lui ragionamento intorno alle leggi, se prima non gli concedesse che vi sia provvidenza divina» ( cfr., rispettivamente, le pp. 94-100; 101-108; 87 della nuova edizione del “Corpus” delle Opere di Benedetto Croce, Edizione Nazionale, a cura di Felicita Audisio, Bibliopolis, Napoli 1997 ). Continua a leggere


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Elogio della mitezza e altri scritti morali. Su Norberto Bobbio

> di Alessandra Peluso*

Appare necessario spolverare e portare in bella mostra nella contemporaneità la “mitezza”. Cos’è la mitezza e perché è considerata una virtù apparentemente impolitica?
Innanzitutto, è opportuno dire che L’elogio della mitezza è un’opera scritta da Norberto Bobbio. Un volume tanto caro allo stesso Bobbio e prezioso per ciascuna persona attenta agli attuali dibattiti etico-politici contemporanei. Continua a leggere


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Diego Fusaro e il “cortocircuito” tra teoria e prassi

> di Roberto Fai*

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Diego Fusaro, giovane filosofo, è assurto agli onori della cronaca mediatica e dei social network anche grazie alle sue periodiche apparizioni in qualche talk show: uno, tra tutti, “La Gabbia”, la cui strategia comunicativa è quella di una sorta di arena, nella quale gli ospiti si “sfidano” in piedi, uno di fronte all’altro, con un confronto (sic!) “gridato” – così come sempre più gridata è oramai la natura del confronto tra le persone, accentuato dalle forme linguistiche immediate, apodittiche e “nervose”, prodotte da Internet: confronto, che costituisce – per dirla con Foucault – il vero «effetto di potere» del “dispositivo” web, al punto che, mentre vengono meno vere relazioni comunicative, si produce una sorta di Nervenlebenintensificazione della vita nervosa»), come quel Nervenleben, su cui ha lasciato pagine straordinarie Georg Simmel, aprendo il XX secolo. Con la differenza che mentre Simmel poteva attribuirlo allo choc del “vissuto individuale” per l’eccesso degli stimoli prodotti dalla vita delle metropoli, quello attuale è l’effetto psicologico dell’accentuarsi di una crisi economico-sociale che ha già eroso, in forme accentuate dal 2008, il terreno su cui poggiano i piedi milioni di persone, rese insicure, inquiete e in crisi d’identità – e pertanto giustamente “arrabbiate” – per il vuoto di prospettive del loro stesso futuro.
In tale “contesto comunicativo” vanno inscritti sia l’approccio retorico con cui Fusaro veicola i suoi messaggi sia il “contenuto” dei temi e argomenti politico-culturali che fanno, di quest’ultimo, una figura inedita di “polemista”. Ma l’aspetto che, in Fusaro, a noi appare predominante è una sorta di “cortocircuito” tra teoria e prassi, idee filosofiche e azione politica, pensiero e agire politico, in altri termini, tra filosofia e politica. Quasi a offrire una sorta di fusione tra i due ambiti, analoga alla dinamica praticata da certo marxismo degli anni ’60: stagione politica, peraltro, nella quale il nostro non era neppure nato. Tuttavia, è proprio questo “cortocircuito” che, a nostro avviso, sembra avvolgere, appiattire e, a volte, semplificare i contenuti che il giovane filosofo sostiene nella sua “battaglia delle idee”. Continua a leggere


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La Communitas secondo Roberto Esposito

> di Daniele Baron

1. Etimologia del termine communitas

Nel libro Communitas. Origine e destino della comunità il filosofo Roberto Esposito intende prendere le distanze radicalmente da modi di intendere la comunità che potremmo definire “classici” ed introdurre un nuovo modo di pensarla.
Partendo dalla constatazione che mai come nella riflessione contemporanea il concetto di comunità è al centro del discorso (ad esempio nella sociologia organicistica della Gemeinschaft, nel neocomunitarismo americano e nelle varie etiche della comunicazione), afferma subito che proprio il modo in cui viene affrontato l’argomento ha per conseguenza di mancarlo: insistendo sul proprium, sul considerare la comunità come un pieno o come un tutto, le concezioni dominanti in filosofia politica la riducono ad una proprietà dei soggetti, vale a dire a ciò che li accomuna: una qualità che si aggiungerebbe loro facendone soggetti anche di una comunità.

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