Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Recensione a La morte della natura di Carolyn Merchant

È stato riedito in Italia lo scorso settembre il libro La morte della natura della filosofa statunitense, classe 1936, Carolyn Merchant. L’opera – pubblicata per la prima volta nel 1980 – costituisce un testo di capitale importanza tanto per la storia della scienza quanto per i movimenti femministi. E, nonostante gli oltre quarant’anni trascorsi, non ha perso affatto il suo fascino teoretico e la sua urgente attualità.

Nel libro Merchant intende, in primo luogo, comprendere le radici storiche e filosofiche alla base di una crescita – capitalistica – incontrollata e di una espansione illimitata. Tali radici vanno ricercate nella riconcettualizzazione moderna della realtà quale ordigno meccanico-matematico, senza timore di svelare il lato “oscuro” della cosiddetta Rivoluzione scientifica, per troppo tempo fideisticamente osannata. Difatti, ridurre la natura a materia inerte e passiva, considerarla come permeata da sole proprietà quantitative, ha implicato – è evidente – una drastica rottura rispetto al modello vitalistico rinascimentale. In tal caso la natura – lungi dall’essere un sostrato inanimato o granitico – era piena di attività, di processualità dinamica, di metamorfosi costante e insopprimibile, di potenza ad aptitudo ad formam. In una sola parola: di vita.

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“Finitudine. Un romanzo filosofico su fragilità e libertà” di Telmo Pievani

Il filosofo evoluzionista Telmo Pievani prende spunto nel suo libro Finitudine. Un romanzo filosofico su fragilità e libertà (Raffaello Cortina Editore, Milano 2020) da un espediente letterario: immagina che Albert Camus non sia morto nell’incidente stradale del 1960 e che si trovi ricoverato al Centre Hospitalier di Fontainebleau, dove va a fargli regolare visita l’amico Jacques Monod, il quale gli porta le bozze di un libro che stanno scrivendo insieme, con Lucrezio come suo nume. Così Finitudine alterna e intreccia due piani narrativi: il primo, quello dell’esposizione teoretica data dalla lettura delle bozze del succitato (e immaginario) libro; il secondo, quello del dialogo diretto e intenso fra i due pensatori.

L’assunto filosofico di fondo è il seguente: la finitudine è la verità radicale, aprioristica e insopprimibile di tutto ciò che è. Tutto si evolve e si dissolve come dentro una “tirannia termodinamica”. La caducità – scrive Pievani – è un sasso nello stagno le cui onde si allargano sempre più: noi siamo la schiuma insignificante di queste onde, appartenenti a una specie biologica che si estinguerà, vaganti in un pianeta che sarà inghiottito dal suo Sole che, a sua volta, esploderà.

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