Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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L’Italia verso un Presidenzialismo de facto?

  1. Cos’è il Presidenzialismo?

Il Presidenzialismo è una forma di governo, che appartiene alle forme di democrazia rappresentativa, in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del Presidente che è sia il capo dello Stato sia il capo del governo, eletto direttamente dal popolo.

La vera caratteristica dei sistemi presidenziali è che il Governo è nominato dal Presidente della Repubblica, il quale può modificarlo a sua discrezione, lo presiede e lo dirige. Il capo dello Stato è anche capo del Governo, e il Governo dura in carica finché ha la fiducia del Presidente.

Come afferma, infatti, Giovanni Sartori nel testo Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi ed esiti (Il Mulino, 2004, p.98) “un sistema politico è presidenziale se, e soltanto se, il capo dello Stato: a) risulta da una elezione popolare, b) non può essere sfiduciato durante il suo mandato prestabilito da un voto parlamentare, e c) presiede o altrimenti dirige i governi da lui nominati. Quando queste tre condizioni sono soddisfatte congiuntamente, allora abbiamo senza dubbio un sistema presidenziale puro; o così dice la mia definizione”. Secondo la classificazione adottata dal politologo non ci sono paesi europei che presentano tutte queste caratteristiche.

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Si può consentire che non sia presente una regolamentazione puntuale di internet?

  1. Quanto incide nella società il mondo virtuale su quello reale.

Nei mesi scorsi, si è dibattuto sul ruolo dei social network, dal momento che una serie di piattaforme social hanno deciso di bloccare il profilo del Presidente Usa uscente, Donald Trump, dopo l’assalto dato dai suoi sostenitori a Capitol Hill.

È presente una divisione su tale vicenda  tra chi sostiene che sia una censura e chi, invece, considera la cancellazione un gesto di responsabilità dovuto.

L’interrogativo da porsi , al di là del caso specifico, è sul ruolo delle piattaforme social nella società contemporanea, ovvero sono semplicemente una forma di intrattenimento o hanno ormai un potere che sarebbe meglio regolare con attenzione?

I disordini di Washington  si sono scatenati proprio mentre Camera e Senato statunitensi avrebbero dovuto ratificare l’elezione del nuovo presidente, Joe Biden, e Trump, che proprio sui social ha costruito una fetta importante della propria popolarità, era intervenuto sui social senza condannare fermamente quello che stava accadendo, ma semplicemente invitando i rivoltosi a tornare a casa in pace pur continuando a sostenere le regioni della loro protesta.

Suddetto atteggiamento  ha dato il via a una polemica molto vivace sul ruolo dei social e sul controllo che esercitano nei confronti delle fake news.

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Ricostruire il Bel Paese

Premessa

Le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno messo in evidenza l’importanza di provare a ricostruire l’Italia, facendo le cose che non si sono fatte piuttosto che riqualificare ciò che c’è.

Ebbene, il monito del Presidente è molto forte e chiaro, rivolto sia ai cittadini chiedendo di dare un contributo concreto e fattivo, sia alla classe dirigente tout court di lavorare ad una progettazione valida e concreta. Ciò nonostante, alcuni  interrogativi dovrebbero essere posti, quali:

  • Che Italia immaginano i rappresentanti a vari livelli?
  • Quale sviluppo e idea di società si privilegerà?
  • Come i cittadini potranno essere protagonisti di questo processo?

È opportuno che si apra una riflessione vera e sincera nel Paese, senza tatticismi e posizionamenti inutili e dannosi. D’altronde, il Recovery Fund è il piano economico e di sviluppo più importante dopo il Piano Marshall degli anni 60’.

L’Italia dei prossimi 30 anni

La pandemia di Covid-19 ha colpito non solo la nostra salute e la nostra sanità, ma tutta la nostra vita a livello globale, tanto da stimolare un ripensamento rispetto ai riferimenti e alle certezze del nostro modello di sviluppo. Il ripensamento ha investito a cascata prima la questione della salute umana in connessione con quella del pianeta, poi quella dell’economia e dell’impiego delle risorse economiche disponibili, e ora a seguire quella della cultura, intesa sia come conoscenze, produzione intellettuale ed accumulazione scientifica, in particolare per la capacità di prevedere i rischi e di reagire alle crisi, ma anche per la scuola e la formazione  ossia  come cultura antropologica, e cioè l’insieme dei riferimenti ideali, dei valori e dei costumi di vita che stanno alla base della convivenza umana e delle scelte politiche.

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Cosa può generare una crisi economica e sociale?

L’emergenza pandemica non avrà solo delle conseguenze sulla salute nei vari Stati, ma andrà ad incidere notevolmente sulle comunità dal punto di vista economico e sociale. Tanto è vero che, tutti gli istituti economici più qualificati mettono in evidenza la perdita dei P.I.L. dei singoli Stati, con delle conseguenze notevoli nella società.
A fortiori, già nella fase di massima espansione del virus in Italia,  si notavano delle spinte disgregatrici nella società, a causa delle mancanza di efficacia della Pubblica Amministrazione nel distribuire aiuti economici alle fasce sociali più colpite e in difficoltà.
Ebbene, in questi mesi sono andati formarsi sull’onda emotiva della crisi dei veri e proprio movimenti “ liquidi”, come forma di protesta nei confronti delle Istituzioni nazionali e sovranazionali.
Va pure evidenziato, come nei periodi di crisi economica è consuetudine il formarsi di movimenti sociali, che possono avere diverse caratterizzazioni, ma tutte hanno un elemento comune che è il sovvertimento dell’ordine politico e sociale.
È dirimente, prendere in considerazione che l’eventuale crisi economica che deriverà dall’emergenza pandemica, si andrà ad aggiungere ad altri fattori, quali la crisi della globalizzazione e del paradigma economico e sociale neo-liberale, i quali avevano già determinato la crisi economica del 2008, da cui alcuni Stati, come l’Italia, non erano del tutto usciti.
È  fondamentale immaginare una ricostruzione di una società intermediata non solo dal punto di vista formale, ovvero con la nascita di nuovi corpi intermedi, ma risulta opportuno che si sviluppino nuove visioni e nuovi manifesti politici e culturali delle varie grandi ideologie, dal momento che in questi anni è venuta a mancare la funzione delle formazioni sociali nel nostro Paese, generando degli impulsi estremisti e disgregatrici che possono portare a conseguenze, molto spesso non immaginabili.
Ciò che è avvenuto nelle Piazze di Milano e Bologna, ovvero le manifestazione dei gilets arancioni, nonostante i numeri modesti che hanno fatto registrare, non possono essere, però, sottovalutate dal momento che in mancanza di formazioni sociali, che mitigano gli istinti e la rabbia dei cittadini, a causa delle difficoltà economiche, possono determinare scenari che ad oggi sono impensabili ed inimmaginabili, ma che negli anni possono avere risultanze differenti.
D’altronde, un esempio lampante è possibile rintracciarlo nel movimento dei Gilets Jaunes, che è nato nel 2018  per l’aumento dei prezzi sul carburante, ma in pochi mesi la protesta è diventata uno scontro sociale, dal momento che i gilets gialli rimarcavano nel loro manifesto e nelle proteste in piazza lo status delle classi più deboli, rivendicando maggiori diritti sia nell’ambito lavorativo che socio-economico. 
Altresì, nonostante potrebbe sembrare un paragone lontano e molto risonante, ma le istanze e le rivendicazione sia dei Gilets Jaunes che dei Gilets Arancione, fino ad arrivare al V-Day, sono confrontabili al manifesto del movimento dei fasci del 1929.
È lapalissiano che non si vuole esprimere giudizi o caratterizzare i movimenti odierni, con ciò che è avvenuto nella prima metà del ‘900, piuttosto è stimolante per la discussione posta in essere mettere in evidenza dei tratti comuni, seppur con parabole e risultanti diverse tra esse.
In conclusione, il ragionamento centrale  e rilevante da prendere in considerazione è che questi movimenti i quali hanno una forte spinta sociale, proveniente dalle criticità sociali non possono essere caratterizzate ed inquadrate in un unico “ campo politico”, bensì la particolarità è proprio la provenienza culturale, sociale e politica trasversale degli attivisti e dei cittadini che aderiscono a suddetti movimenti. Continua a leggere


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La rappresentanza e l’avvento della Democrazia digitale

a. Nuove modalità di partecipazione e democrazia

La crisi della democrazia è rintracciabile nelle scelte politiche poste in essere negli ultimi decenni caratterizzati dalla condivisione da parte dei partiti politici delle idee neo-liberali come l’individualismo e il libero mercato privo di ogni regolamentazione.

Tali opzioni hanno portato conseguenze sociali tra cui la cosiddetta disintermediazione politica, considerato che non esistono più formazioni sociali sui territori che realizzano quel raccordo tra la popolazione e le istituzioni, provocando così un allontanamento e un astensionismo dalla cittadinanza attiva.

La riflessione da cui si deve partire riguarda, inevitabilmente, il modo in cui a tale nuova dimensione proiettata verso il futuro si unisca la collettività e la coerenza con la Costituzione.

Da ciò scaturisce la nascita di nuove modalità di partecipazione alla vita politica, alimentate anche dal mutamento della società moderna, la quale si proietta sempre di più in una dimensione connettiva e telematica.

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