
Premessa
Le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno messo in evidenza l’importanza di provare a ricostruire l’Italia, facendo le cose che non si sono fatte piuttosto che riqualificare ciò che c’è.
Ebbene, il monito del Presidente è molto forte e chiaro, rivolto sia ai cittadini chiedendo di dare un contributo concreto e fattivo, sia alla classe dirigente tout court di lavorare ad una progettazione valida e concreta. Ciò nonostante, alcuni interrogativi dovrebbero essere posti, quali:
- Che Italia immaginano i rappresentanti a vari livelli?
- Quale sviluppo e idea di società si privilegerà?
- Come i cittadini potranno essere protagonisti di questo processo?
È opportuno che si apra una riflessione vera e sincera nel Paese, senza tatticismi e posizionamenti inutili e dannosi. D’altronde, il Recovery Fund è il piano economico e di sviluppo più importante dopo il Piano Marshall degli anni 60’.
L’Italia dei prossimi 30 anni
La pandemia di Covid-19 ha colpito non solo la nostra salute e la nostra sanità, ma tutta la nostra vita a livello globale, tanto da stimolare un ripensamento rispetto ai riferimenti e alle certezze del nostro modello di sviluppo. Il ripensamento ha investito a cascata prima la questione della salute umana in connessione con quella del pianeta, poi quella dell’economia e dell’impiego delle risorse economiche disponibili, e ora a seguire quella della cultura, intesa sia come conoscenze, produzione intellettuale ed accumulazione scientifica, in particolare per la capacità di prevedere i rischi e di reagire alle crisi, ma anche per la scuola e la formazione ossia come cultura antropologica, e cioè l’insieme dei riferimenti ideali, dei valori e dei costumi di vita che stanno alla base della convivenza umana e delle scelte politiche.
Il nostro Paese si trova dinanzi alla più grande sfida degli ultimi 50 anni, in quanto dovrà mettere in campo un piano strategico di sviluppo economico, culturale ed economico per i prossimi decenni, con un gap estremamente preoccupante, dal momento che negli ultimi trent’anni non ha realizzato un vero piano industriale nazionale, una politica comune di sviluppo del turismo, la tutela del suolo e dell’ambiente, uno svecchiamento e rafforzamento del tessuto burocratico del nostro Paese, con la facilitazione dell’entrata nel mondo del lavoro delle nuove generazioni e professionalità.
Pertanto, oggi ci troviamo a dover affrontare queste macro-tematiche in un tempo contingentato ma con la certezza che non si possono fare errori, perché così facendo si perderebbe forse un’occasione dirimente per ritornare ad essere una delle Potenze mondiali più accreditate.
L’Italia che dovrà essere non potrà prescindere da alcuni pilastri fondamentali, ovvero l’importanza di ripensare ad uno sviluppo occupazionale che parta dalla Pubblica Amministrazione, al fine di renderla più efficace e snella nelle sue procedure, e giunga al settore privato, per fare questo sarà dirimente che lo Stato torni ad essere il primo imprenditore del Paese.
Ancora, è il tempo di ridisegnare l’Italia e la sua infrastruttura sia fisica che digitale, se vogliamo essere competitivi non si può permettere che l’Alta Velocità non tocchi tutte le Regioni, oltre che è decisivo realizzare e valorizzare le infrastrutture come gli interporti, aeroporti e porti per una migliore efficienza dei settori strategici dell’Italia, ovvero come l’agro-alimentare, la siderurgia, la manifattura.
Un esempio lampante è il porto di Gioia Tauro ormai è il più importante del Mediterraneo, ma a questo non può prescindere un collegamento dell’Alta Velocità per le merci.
Così come le infrastrutture digitali sono diventate sempre più centrali per la società di oggi e del domani, in quanto il mondo è interconnesso, tanto è vero che la pandemia ha velocizzato la discussione e lo sviluppo sullo smart working, ponendo in essere una riflessione anche sulle metropoli e le città del futuro, in quanto qualora si lavorasse ad un’Italia digitalizzata e interconnessa si potrebbe immaginare uno sviluppo concreto delle Aree Interne, mediante lo smart working e la digitalizzazione.
Altre due macro-tematiche sul quale sarà obbligatorio riflettere sono la formazione e l’ambiente, si è giunti , ormai, ad un bivio importante e decisivo, dal momento che non è più il tempo di riforme spot sulla Scuola e l’Università. Oggi, è il tempo di dire con chiarezza cosa saranno e che ruolo avranno in futuro nella società, non è più sostenibile avere due istituzioni così fondamentali per la crescita umana, culturale e sociale di un Paese, così sconnesse dalla comunità e dal dibattito politico, ovvero si intende che il mondo universitario – scolastico è impensabile che non sia coinvolto concretamente nella ricostruzione e sviluppo dell’Italia, anche per migliorare e/o realizzare quel canale tra mondo del lavoro e formazione.
Ed infine, l’ambiente un tema che sostanzialmente è rientra in tutti i settori ed ambiti del Paese, ma è chiaro che si dovrà fare una scelta ben precisa di sviluppo sull’energie alternative, sul problema idrogeologico, sulla ristrutturazione edilizia e non nuove costruzioni.
Ebbene, si è dinanzi alla più grande opportunità per riformare e riprogettare l’Italia nel futuro, d’altronde l’uscita dalla pandemia è paragonabile al dopoguerra, seppur con i dovuti distinguo.
Il vero problema che ha il nostro Paese è il gap delle scelte politiche poste in essere negli ultimi trent’anni, dal momento che non si sono realizzate le riforme necessarie, oltre che non si è messo in campo un’azione politica chiara e concreta di sviluppo, bensì si è compiuta una politica per il consenso e non per una visione, un progetto politico-sociale, un orizzonte.
Unirsi per immaginare il futuro
Viviamo un tempo di opportunità e possibili prospettive, ma allo stesso tempo mancano gli strumenti.
Difatti, per immaginare il futuro da un lato non basta solo l’esperienza, dall’altro non è credibile pensare che la giovane età e la voglia di fare siano sufficienti.
A fortiori, è fondamentale che le generazioni si uniscano, affinchè immaginino insieme l’ Italia del domani, solamente l’osmosi potrà permettere di disegnare un progetto e un orizzonte a medio e lungo periodo.
Nella nostra società mancano quei luoghi di discussione e confronto che oggi sarebbero stati utili per aprire quel dibattito su cosa dovrà essere il nostro Paese che tanto servirebbe.
Del resto, solamente tramite il dialogo e il confronto si può migliorare un’idea, un progetto, una proposta. Ecco che, come si ribadiva già in precedenza, forse l’Università, la Scuola e il mondo dell’associazionismo dovranno prendere in carico questo onere, ossia provare a far dialogare generazioni e classi sociali differenti, mondi professionali, sindacati e terzo settore, altrimenti si rischierà di perdere , in primo luogo, l’occasione di unire il Paese e , in secondo luogo, sarà debole l’azione di governo, difatti si è già potuto constatare con gli Stati Generali, realizzati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, i quali non sono stati sentiti realmente dalla popolazione, ma sono sembrati un qualcosa di lontano ed estraneo ai consociati.
Alla luce di quanto innanzi detto, è difficile fare una previsione di come andranno le cose, ma sicuramente il risultato finale sarà derivante dalle scelte che tutti noi faremo. Stiamo vivendo un pezzo di storia che verrà raccontata e leggeranno ai nostri figli e nipoti, veramente non vogliamo scriverla insieme e dare il nostro contributo?