L’emergenza pandemica non avrà solo delle conseguenze sulla salute nei vari Stati, ma andrà ad incidere notevolmente sulle comunità dal punto di vista economico e sociale. Tanto è vero che, tutti gli istituti economici più qualificati mettono in evidenza la perdita dei P.I.L. dei singoli Stati, con delle conseguenze notevoli nella società.
A fortiori, già nella fase di massima espansione del virus in Italia, si notavano delle spinte disgregatrici nella società, a causa delle mancanza di efficacia della Pubblica Amministrazione nel distribuire aiuti economici alle fasce sociali più colpite e in difficoltà.
Ebbene, in questi mesi sono andati formarsi sull’onda emotiva della crisi dei veri e proprio movimenti “ liquidi”, come forma di protesta nei confronti delle Istituzioni nazionali e sovranazionali.
Va pure evidenziato, come nei periodi di crisi economica è consuetudine il formarsi di movimenti sociali, che possono avere diverse caratterizzazioni, ma tutte hanno un elemento comune che è il sovvertimento dell’ordine politico e sociale.
È dirimente, prendere in considerazione che l’eventuale crisi economica che deriverà dall’emergenza pandemica, si andrà ad aggiungere ad altri fattori, quali la crisi della globalizzazione e del paradigma economico e sociale neo-liberale, i quali avevano già determinato la crisi economica del 2008, da cui alcuni Stati, come l’Italia, non erano del tutto usciti.
È fondamentale immaginare una ricostruzione di una società intermediata non solo dal punto di vista formale, ovvero con la nascita di nuovi corpi intermedi, ma risulta opportuno che si sviluppino nuove visioni e nuovi manifesti politici e culturali delle varie grandi ideologie, dal momento che in questi anni è venuta a mancare la funzione delle formazioni sociali nel nostro Paese, generando degli impulsi estremisti e disgregatrici che possono portare a conseguenze, molto spesso non immaginabili.
Ciò che è avvenuto nelle Piazze di Milano e Bologna, ovvero le manifestazione dei gilets arancioni, nonostante i numeri modesti che hanno fatto registrare, non possono essere, però, sottovalutate dal momento che in mancanza di formazioni sociali, che mitigano gli istinti e la rabbia dei cittadini, a causa delle difficoltà economiche, possono determinare scenari che ad oggi sono impensabili ed inimmaginabili, ma che negli anni possono avere risultanze differenti.
D’altronde, un esempio lampante è possibile rintracciarlo nel movimento dei Gilets Jaunes, che è nato nel 2018 per l’aumento dei prezzi sul carburante, ma in pochi mesi la protesta è diventata uno scontro sociale, dal momento che i gilets gialli rimarcavano nel loro manifesto e nelle proteste in piazza lo status delle classi più deboli, rivendicando maggiori diritti sia nell’ambito lavorativo che socio-economico.
Altresì, nonostante potrebbe sembrare un paragone lontano e molto risonante, ma le istanze e le rivendicazione sia dei Gilets Jaunes che dei Gilets Arancione, fino ad arrivare al V-Day, sono confrontabili al manifesto del movimento dei fasci del 1929.
È lapalissiano che non si vuole esprimere giudizi o caratterizzare i movimenti odierni, con ciò che è avvenuto nella prima metà del ‘900, piuttosto è stimolante per la discussione posta in essere mettere in evidenza dei tratti comuni, seppur con parabole e risultanti diverse tra esse.
In conclusione, il ragionamento centrale e rilevante da prendere in considerazione è che questi movimenti i quali hanno una forte spinta sociale, proveniente dalle criticità sociali non possono essere caratterizzate ed inquadrate in un unico “ campo politico”, bensì la particolarità è proprio la provenienza culturale, sociale e politica trasversale degli attivisti e dei cittadini che aderiscono a suddetti movimenti. Continua a leggere →