> di Alessandra Peluso*
Una grande maestra di filosofia, certamente, può definirsi Ágnes Heller: esponente di spicco della Scuola di Budapest, allieva di Lukàcs, scrive per noi, per le attuali generazioni “La filosofia radicale. Il bisogno di un’utopia concreta e razionale”, edita da Pgreco Edizoni, Milano. Un testo che riconosce nella filosofia il valore universale di bisogno, una necessità di muovere dalle radici storiche, dalle origini, per proporre una soluzione. Heller prospetta un aiuto sostanziale e concreto nella filosofia. “La filosofia è il demiurgo”, scrive ad un certo punto Ágnes Heller, “essa esige che il mondo diventi la patria dell’umanità”. E non è solo una pretesa, aggiunge la filosofa, ma qualcosa che può accadere, realizzarsi perché la filosofia è democratica, è un bisogno di tutti. Ciascun uomo dotato di ragione partecipa alla discussione filosofica. Un’idea regolativa, quella di Heller, che poggia tra l’essere e il dovere, tra l’apparenza e l’essenza, l’opinione e il sapere.
Tuttavia, è noto che l’intero pensiero filosofico occidentale è incentrato su questi assunti, sulla ricerca della verità, sull’etica e sulla logica, sull’oneroso e forse anche stantìo rapporto ragione e fede, ad esempio, problematiche che includono un unico bisogno che è quello di filosofare. A questo punto, pensando al pensiero hegeliano, Hegel si opporrebbe ad un sistema quasi dogmatico. Egli, infatti, sostiene che una condizione radicale, utopica, razionale possa far parte di un dogmatismo della coscienza comune, che condurrebbe all’errore, in quanto sarebbe necessario porsi in una condizione di “pathos” della verità. Si tratta, eppur vero, di un testo ben scritto e analizzato con profonda arte maieutica. Non solo, “La filosofia radicale” di Ágnes Heller comprende una dettagliata forma analitica sulla filosofia e bisogno, sull’esperienza quotidiana in corrispondenza biunivoca, per adottare un termine spinoziano, con la filosofia; e inoltre, nel capitolo dedicato alla “Comunicazione”, compie un’ampia discussione sui valori. Ciò che è esaltante è l’invito al pensiero, al pensare comune. E si legge: «L’esercizio della filosofia significa: vieni, pensa con me, conosciamo la verità insieme! Il filosofo guida colui che pensa e lo conduce attraverso l’argomentazione verso la chiara luce del Vero e del Bene». Si può interpretare come un messaggio intriso di solidarietà e di valori. Una filosofia pluralista e interculturale, dunque, universale da questo punto di vista, nel senso che ciascun essere umano può partecipare, come in agorà, alle questioni filosofiche. E tali considerazioni si esplicitano quando Ágnes Heller sostiene che il bisogno della filosofia non debba essere letto solo in chiave romantica, perché si rischia di trincerarsi in casa, ma la filosofia, affinché sia in tutti i luoghi e appartenga a tutti, debba essere radicale. Un saggio filosofico molto interessante. Una proposta di una raffinata e acuta filosofa quale è Ágnes Heller. La filosofia radicale apre uno scenario forse già solcato da Hannah Arendt, la quale ha parlato costantemente di pensiero e azione, di coinvolgimento di tutti sulla filosofia, e in particolare, nella politica, e sui valori che vanno al di là della semplice teoria, perché ciò che conta anche per Arendt è l’azione. E dunque, la “filosofia radicale deve diventare prassi, perché la prassi diventi teorica: il filosofo non opera una mediazione filosofica tra essere e dovere, la compie solo in quanto uomo: come un uomo tra milioni, un uomo tra coloro che vogliono sapere la verità, uno di quelli che vogliono che il mondo possa diventare la patria dell’umanità”. E così si conclude “La filosofia radicale. Il bisogno di un’utopia concreta e razionale”; conclusione provvisoria, è chiaro, proprio perché l’autrice, Ágnes Heller, attende il concretizzarsi di questa filosofia radicale, il sogno realizzato di un’utopia, non più immaginaria come per Tommaso Campanella, ad esempio, o Thomas More, ma possibile e attuabile.
Ágnes Heller, La filosofia radicale. Il bisogno di un’utopia concreta e razionale, Pgreco, 2015, pp. 156, euro 14.
* Alessandra Peluso salentina, filosofia e poesia la sua vita; si è laureata in Filosofia, dottore di ricerca in Scienze bioetico-giuridiche con una tesi di dottorato “Dal trapianto allo xenotrapianto. Una via per garantire la disponibilità di organi”. Correttrice di bozze ed editor presso l’Università del Salento nel progetto “Enciclopedia di Bioetica”. Cultrice di “Filosofia politica” presso la suddetta università. Impegnata in comunicazione ed editoria. Critico letterario. Collabora con Affari Italiani, Corriere Salentino, e scrive interventi per la rivista di filosofia “Filosofia e nuovi sentieri/ISSN 2282-5711”. Ha pubblicato saggi filosofici su “Albert Camus e Georg Simmel”; “Xenotrapianti: le biotecnologie animali e la brevettabilità”; “Dalla Bioetica alla biopolitica”, in onore del professore emerito Antonio Tarantino, ESI, 2014; “Il corpo delle donne e la bioetica”, Limina Mentis, 2015; “Nascite (controllo delle)”, voce, IX vol., “Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica”, ESI, 2015; “Happy different. Per una filosofia del benessere”, iQdB, 2015. Pubblicazioni poetiche: “Canto d’Anima Amante”, Luca Pensa editore, 2011; “Ritorno Sorgente”, Lieto Colle, 2013. Ha pubblicato in “Umane transumanze”, antologia poetica, De Comporre Edizioni, 2014; e “Sul boxer del nonno verso la Poesia”, Salento d’Esportazione/iQdB, 2016.