Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Agamben, Platone e Aristotele. La Teologia, il Paradigma e il Sacro

> di Bruna, Stefania Massari*

Abstract: Abstract: The resumption of agambenian studies with their specific character, on the one hand “meditating” and on the other demanding thought and concreteness about today, in our historical moment, characterized by those economic-political “devices” that do not allow structurally or do not favor the dynamism of thinking, is extremely useful, especially when the author dwells on those specific categories functional to increase the intelligibility of human and social phenomena. The author of this paper constantly verifies how productive is dwelling with a deeper look at the texts of Giorgio Agamben, also for the hermeneutic of the fundamental philosophical concepts of the classical era.

Key-word: Agambenian studies, Economic-political devices, Dynamism of thinking.

 

Sommario: La ripresa degli studi agambeniani con il loro specifico carattere, da un lato “meditante” e dall’altro esigente pensiero e concretezza sull’oggi, nel nostro momento storico caratterizzato da quei “dispositivi” economico-politici che non consentono strutturalmente o non favoriscono il dinamismo del pensare, risulta estremamente utile, soprattutto quando l’autore si sofferma su quelle specifiche categorie funzionali ad aumentare l’intelligibilità dei fenomeni umani e sociali. L’autrice di questo articolo verifica costantemente quanto sia produttivo soffermarsi con uno sguardo più profondo sui testi di Giorgio Agamben, anche per l’ermeneutica dei concetti filosofici fondamentali dell’epoca classica.

Parole chiave: Studi agambeniani, Dispositivi economico-politici, Dinamismo del pensare.

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Presentazione della nuova pagina Batailliana

> di Daniele Baron

Bataille_Lascaux

La nuova pagina Batailliana, che si inaugura oggi all’interno della rivista «Filosofia e nuovi sentieri», è interamente dedicata alla figura di Georges Bataille. Si procederà con la pubblicazione di stralci significativi tratti dalla sua opera, di studi a tema, di recensioni di sue opere o di pubblicazioni a lui dedicate; tutto ciò allo scopo di favorire la conoscenza e l’approfondimento del pensiero e della scrittura di quello che reputo uno dei pensatori più originali e senz’altro più singolari del secolo scorso. L’intento è quello di risvegliare l’interesse intorno a un autore ancora poco o parzialmente conosciuto in Italia e spesso più per le sue opere di letteratura erotica che per quelle di riflessione. Continua a leggere


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S. G. Olesen, Breve storia del soggetto, Mimesis, Milano-Udine 2011

> di Alberto Rossignoli*

«Il soggetto di cui vorrei narrare la storia è quello dell’io penso. Si tratta del soggetto nel senso più astratto del termine. Ce ne sono altri, lo so, quelli che la filosofia denomina uomo, coscienza, persona, borghese ecc. Vorrei indagare comunque il soggetto dell’io penso come un loro denominatore comune»[1].
Il soggetto, nel senso moderno di ego cogito, appare come risposta ad una mancanza: sparisce l’unità delle cose e viene introdotta nel soggetto.
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Due maschere a confronto. Leibniz e Pessoa

> di Francesco Giampietri*


Sapere di sé, all’improvviso,
come in questo momento lustrale,
vuol dire avere subitamente
la nozione della monade intima,
della parola magica dell’anima
[1]

I. Logica della dissimulazione

Pur essendo il più delle volte trascurato, forse sottinteso come sfondo abituale e quindi tutt’altro che degno di rimarcazioni, il piano di convergenza fra letteratura e filosofia, vale a dire l’emergenza delle tracce di influenze reciproche, di stimolanti suggestioni nonché dei più audaci sconfinamenti da una parte e dall’altra, dà espressione a soluzioni affascinanti, che è lecito assumere come chiavi ermeneutiche per ricomprendere, da un’inedita angolatura, questioni già ampiamente dibattute dalla storiografia. Non occorre di certo risalire all’opera platonica, ai sermoni di Meister Eckhart, ai Cherubinischer Wandersmann di Angelus Silesius, o anche ai dialoghi galileiani per confermare questa osservazione preliminare.

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La differenza italiana. Genealogie dell’impersonale, della passività radicale e della debolezza tra Esposito, Agamben e Vattimo

> di Andrea Sartori*

Florida State University – Tallahassee
Spring Semester 2014
Guest Lecture for the course
Readings in Contemporary Italian Literature and Culture
taught by Prof. I. Zanini Cordi

thcaorsakh

In un articolo pubblicato nel 1976 sulla rivista L’erba voglio fondata dallo psicoanalista Elvio Fachinelli (1928-1989), Mario Perniola individuava nell’eterno ritorno dell’uguale il tratto fondamentale (e paradossale) della differenza italiana. Secondo quella diagnosi, il Paese era bloccato – fin nel suo genoma culturale – nell’impossibilità di evadere dall’apparenza del cambiamento. Perniola dilatava pertanto l’amara constatazione di Tomasi di Lampedusa (1896-1957) – secondo la quale tutto deve cambiare perché tutto rimanga così com’è – a cifra interpretativa non solo dell’Italia unificata, ma delle sue radici culturali pre-risorgimentali, addirittura cinquecento-secentesche. Il barocco italiano, ad esempio, con la sua enfasi sulla mutevolezza delle forme e delle immagini – l’Adone di Giovan Battista Marino (1569-1625) venne pubblicato nel 1623 a Parigi – già preludeva nell’analisi di Perniola alla levità, alla leggerezza senza peso specifico d’una società che ben conosciamo. Un società, in altri termini, il cui immaginario doveva essere fagocitato a breve da un nuovo soggetto economico-politico, incentrato sul possesso e l’utilizzo dei mass-media (della televisione, in particolare). Non molti anni dopo il 1976 in cui uscì l’articolo di Perniola, il governo socialista presieduto da Bettino Craxi cedette di fatto, tra il 1984 e il 1985, il monopolio della televisione commerciale a Silvio Berlusconi – ponendo così le basi di un successo che l’imprenditore, a partire dal 1994, avrebbe sfruttato anche sul piano politico.

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