Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Fisica e Psiche. Una teoria preliminare e strumenti di lavoro (1/2)

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> di Vito j. Ceravolo

Abstract: Questa ipotesi annovera fisica e psiche come scienze distinte da una relativa autonomia l’una sull’altra. Studia i principi e leggi generali che regolano l’attività fisica e la vita mentale in genere. Attraversa alcune delle problematiche più importanti sul confronto mente-corpo.

Capitoli:
1. Esperimento mentale della Mente disincarnata.
2. Realizzabilità multipla della psiche.
3. Teoria della mente.
4. Antiriduzionismo psicofisico.
5. Principi di riduzione.
6. Oggetto fisico e psichico.
7. Esperienza fisica e psichica.
8. Oggetti oltre l’osservazione.
9. Causalità psicofisica.
10. Nature fisiche e motivi psichici.
11. Moto fisico e psichico.
12. Conseguenze e funzioni psicofisiche.
13. Input-Output psicofisici.
14. Linguaggio psicofisico.
15. Comportamenti psicofisici.
16. Biologia fra fisica e psiche.
17. Funzionalità psico-animate.
18. Artifici fra fisica e psiche.
19. Processore psicofisico.
20. Scienza fisica e psichica.
21. Universo fisico e psichico.
22. Statuto del cervello e della mente.
23. Correlazione psicofisica.
24. Modello fisico-psichico.
25. Cervello fra res extensa e res cogitans.
26. L’emergere della psiche dalla fisica.
27. Lampada di Aladino.

Introduzione

È uno slancio, su un argomento vasto quanto l’accademia di psicologia. È come saltare sulla via di sassi di un fiume, da una riva all’altra, qua, saltiamo sui tetti delle scuole psicologiche per attraversare l’anima. I confronti con le scuole psicologiche sono nel comparto note, riassunte nei loro principi più generali. Questa opera è generale, è tratta preliminarmente il rapporto fisica-psiche; il fine: delineare un modello mente-corpo

Nel corso del saggio trovate alcuni strumenti rispondenti allo stile di slancio dell’opera, seminati nei loro tratti generali, scheletri di pensieri che devono nascere. E così è: per correre tutta questa strada in così poco spazio, ho dovuto rinunciare a guardare i panorami. Ma questa è la speranza: aprire una curiosità, dove ogni capitolo vorrebbe essere un seme, ancora “non nato”.

La via di sassi sul fiume, su cui andiamo a saltare, richiede le rispettive prove: immaginare, contare, raggruppare, trarne le condizioni, problematizzare, raccogliere alcuni strumenti, farne scienza, parlare con Aristotele e Husserl, disegnare il modello mente-corpo e, in fine, la prova più ardita, la nostra aspirazione filosofica di in sé a unione mente-corpo.

1. Esperimento mentale della Mente disincarnata

Ipotizziamo un essere psichico puramente spirituale, senza alcuna componente fisica, una mente disincarnata da ogni contenuto materiale quindi estranea alle funzioni che richiedono la presenza di fisicità per essere esercitate. I suoi stati mentali sono necessariamente privi di una causa e specificazione fisica che ne regola la proiezione, annoverandosi conseguentemente come elementi genuini di pura psicologia con poteri causali non coestensivi a nessuna natura fisica.

Se riuscissimo a ipotizzare – metafisicamente – un essere siffatto, saremmo altresì in grado di riconoscere circostanze in cui la psiche non è totalmente riducibile alla fisica, il pensiero nella materia.

Per storicizzare tale ipotesi ho usato tracce di linguaggio cartesiano: la sua irriducibilità mente-corpo in virtù di una mente disincarnata ed estranea a tutte le funzione che richiedono la presenza di corpi per essere esercitate. Distinguendomi però da egli perché la nostra ipotesi si riferisce a casi teorizzabili ma sconosciuti, mentre Cartesio usa simili descrizioni per riferirsi al pensiero tutto. La teoria cartesiana è dubitata dalla neurologia per la quale il pensiero umano è proiezione di particolari organismi cerebrali; quindi in qualche modo a tali organismi fisici deve rendere conto. Ciò ancora non vieta, come nel nostro caso, di ipotizzare anche casi metafisici di esseri esclusivamente teoretici, spirituali, senza componenti fisiche, di pura psicologia. Per ipotizzare ciò

[dobbiamo anzitutto essere in grado di non riferirci]
esclusivamente a organismi familiari e conosciuti,
[bensì di allargare lo sguardo intellettivo e riflettere]
su scenari radicalmente differenti.1

Ed è proprio a questa impresa che chiama l’esperimento mentale della Mente disincarnata: all’affrontare gli scenari oltre le regioni limitate del proprio spazio-tempo.

2. Realizzabilità multipla della psiche

Pongo una domanda e successiva risposta al detto problema dell’irriducibilità, laddove – empiricamente – gli esseri presi in considerazione abbiano una psiche mediata da qualche loro “apparato fisico”, in cui cioè il pensiero non è completamente estraneo alle funzioni che richiedono la presenza di fisicità per esercitarsi.

Ho usato la generalizzazione “apparato fisico” per comprendere il concetto di «realizzabilità multipla» della psiche – nozione introdotta da Putman – con cui si intende che la psiche può mediarsi da diverse fisiche, non solo da un organismo neurologico come il nostro cervello, ma magari può mediarsi da fisiche realizzate in sostanza inorganica o aliena: lo stato psichico può realizzarsi da diverse operazioni fisiche.

Se ora poniamo 5 come stato psichico, e l’operazione che lo media come apparato fisico, allora, 5 (lo stato psichico) non è totalmente riducibile a 2+3 (al particolare apparato fisico che lo media), poiché: lo stato psichico si riduce completamente all’infinito di tutti gli apparati fisici da cui può darsi. Es. 5 si riduce completamente a {2+3, 4+1, 6–1, …,}.

Questa risultanza ancora non vieta che lo stato psichico (5) sia un nuovo elemento con un nuovo potere causale «uguale ma non identico» al particolare apparato fisico che lo media (2+3). Infatti, nel nostro discorso, una possibile differenza di potere fra psiche e fisica è ancora permessa e ricercabile nella differenza matematica fra risultato e operazione: il risultato (5), a prescindere dall’operazione che lo media, è la sovrapposizione di tutte le sue possibilità realizzatrici, mentre l’operazione (2+3), a prescindere dal risultato, è una relazione fra entità, una possibilità realizzatrice, una tendenza non realizzata.

La conclusione, visto le modifiche matematiche sul confronto Fodor-Kim2, è che: la realizzabilità multipla della psiche, matematicamente ancora ci permette di concepire una psiche con possibili legami e poteri anche differenti dalla particolare fisicità che la media.

3. Teoria della mente

La sopra matematica ci suggerisce una totale coincidenza fra materia e pensiero solo all’infinito. E ci parla di un confronto psicofisico di tale stazza:

  • Fisicamente la mente 5 è il risultato frammentato in tanti particolari diversi quanti sono i suoi realizzatori fisici {2+3, 4+1, …,}; frammentato in una molteplicità fisica che ha un uguale potere causale di realizzazione dello stesso stato psichico, benché ognuna lo realizzi personalmente. Es. Questi differenti casi psichici 2+3 e 4+1 sono uguali perché mostrano lo stesso stato mentale del dolore 5, ma non sono identici perché ognuno lo mostra in propria misura (l’analisi degli elementi 2,3,+ non è identica all’analisi degli elementi 4,1,+, poiché fra loro hanno di identico solo l’elemento +);
  • Psichicamente la mente è il risultato transpsichico (che attraversa la psiche nello spazio e nel tempo) di una matrice mentale 5 pluricomposta3 {2+3, 4+1, …,}, un campo di risonanza psichico proprio di una mente collettiva, archetipica4, universale.

Su questa teoria della mente, un modello gruppoanalitico direbbe che la mente umana è il segno di evidenze biologiche-genetiche (fisica 2+3, 4+1, …,), di attività individuali-soggettive (individuo 2+3), e di razionalità induttive-speculative (psiche 5); con una matrice a due fuochi, assieme relazionale (fisica; individuo) e regolativa (psiche).

In definitiva la nostra matematica riconosce una struttura tripartitica della mente, una teoria della mente su tre livelli, e rispettive tre scuole della mente; col linguaggio di Freud:

  • Molteplicità fisica {2+3, 4+1, …,}, è gli aspetti biologici della mente, denominata “Es”;
  • Individualità soggettiva 2+3, è una parte dell’Es, denominata “Io”;
  • Psiche olistica 5, è una differenziazione dell’Io, denominata “Super Io” (interiorizzazione dei genitori) o “Inconscio collettivo” (interiorizzazione degli antenati).

Questa matrice descrive una psiche individuale 2+3 che nasce 5 per via di relazioni, reali e immaginarie, entro un campo di risonanza transpsichico e archetipico. In guisa inversa, descrive di una psiche 5 continuamente alle prese con le sue pulsioni {2+3, 4+1, …,}.

4. Antiriduzionismo psicofisico

Dalla sopra possibilità lasciata matematicamente aperta, la domanda è la seguente: l’unione di più elementi (fisici) può produrre uno nuovo elemento (psichico) caratterizzato da legami differenti da quelli di partenza e da essi non completamente regolato?

Per rispondere assumiamo questo discrimine di accesso alla riduzione – un antiriduzionismo epistemologico: la non totale riducibilità di una scienza in un’altra è garantita dal fatto che le sue leggi non ne regolano mai gli elementi – perché regolandoli sarebbe legge di quegli elementi, quindi se la legge psichica regolasse gli elementi fisici sarebbe riducibile a una legge fisica.

Con questo discrimine non stiamo parlando dei casi in cui la psiche regola mediatamente la fisica, come quando lo stato mentale di rabbia mi fa prendere a calci una pietra, bensì parliamo di uno stato mentale proprio degli oggetti ai quali ci riferiamo – un antiriduzionismo ontologico.

Se questo discrimine fosse una condicio sine quan non, allora saremmo costretti a dire: prendendo a esempio un’ipotetica legge psicologica del dolore, mentre alcuni esseri psichici le rispondono in dati contesti, non si è invece mai visto un elettrone provare dolore. Tale per cui le leggi psichiche non sarebbero totalmente riducibili alle leggi fisiche.

5. Principi di riduzione

Il sopra discrimine afferma che la capacità di una legge di regolare un essere è la condizione necessaria alla sua totale riduzione in esso, ma non è ancora una condizione sufficiente:

  • Per l’accesso alla riduzione o riduzionismo epistemologico, la totale riduzione di A (es. psiche) in B (es. fisica) avviene quando A regola solo B quindi A non esiste fuori B quindi A si dà come esempio di B. Es. Il gatto si riduce completamente in felino se regola solo casi felini, se non esiste fuori dai felini, se è un esempio di felino;5
  • Per l’oggetto di riduzione o riduzionismo ontologico, B si riduce ad A fin dove A lo regola, rimanendone slegato per il resto. Es. Potete ridurre me alla legge di gravità, ma solo nella parte in cui essa mi regola.

Ovverosia, nel nostro contesto, certamente la psicologia non è riducibile totalmente alla fisica se regola oggetti extra-fisici, se è extra-fisica e se non è un esempio fisico; o se ha un seppur minimo margine di indipendenza dalla fisica, in cui adoperare, incrementare, diffondere, i propri oggetti extra-fisici. Ma è, la psicologia, tutto questo?

6. Oggetto fisico e psichico

Per rispondere alla sopra domanda, ricordiamo una difficoltà propria di questa tipologia di studi dal carattere neurologico-psicologico: mentre dalla parte fisica abbiamo delle condizioni oggettive misurabili, le attività cerebrali; dalla parte psichica abbiamo invece delle proiezioni soggettive testimoniabili ma non direttamente misurabili, come ad esempio la testimonianza “mi sento felice”: come si misura la felicità? poiché non c’è alcun oggetto felice in me che corrisponde alla descrizione che ne faccio, nemmeno nel mio cervello, è nella mia mente.

Se assumiamo che quando un soggetto riferisce di un [oggetto] verde
egli stia dicendo che esiste un oggetto che è letteralmente verde dentro di lui,
è chiaro che abbiamo a che fare con un’entità per la quale non c’è
posto nel mondo fisico. [In questo] caso del […] verde
non c’è nessun oggetto verde nell’ambiente interno [dentro di lui]
che corrisponda alla descrizione che il soggetto ne dà.
Neppure c’è qualcosa di verde nel suo cervello.6

In tale analisi è netta la distinzione tra attività neurali e mentali, sbattuti fronte a un oggetto psicologico extra-fisico, senza posto nel mondo fisico dentro di noi, ma esistente nella mente di chi, quell’oggetto fisico, lo percepisce con quel “colore” o con altra qualità.

La netta distinzione qua è fra oggetti fisici direttamente misurabili ed extra-fisici (mentali) non direttamente misurabili. La domanda che ne segue è da manuale Premack-Woodruff 7: come faccio a sapere se pensi (ad attribuirti stati mentali) e a prevedere cosa pensi, se non posso misurare (osservare) direttamente cosa pensi, se lo posso misurare solo indirettamente attraverso i processi fisici che dovrebbero forse essere segno del tuo pensiero?

7. Esperienza fisica e psichica

La sopra distinzione ci porta a parlare di un’esperienza soggettiva-psichica (colore) in merito all’oggetto-fisico esperito (fotone). Più in generale ci parla di un’esperienza che coinvolge il soggetto esperente e l’oggetto esperito:

  • Come esperienza soggettiva, la percezione è “first person” (di prima persona), per sua intima natura inaccessibile all’osservazione di una terza persona, privata;
  • Come esperienza dell’oggetto, la percezione coinvolge pubblicamente l’ambiente in cui è immersa e può essere comunicata, quindi potrebbe anche riscontrare caratteri comuni con altre percezioni, quindi potrebbe anche essere ripetuta e riproducibile fino a divenire scienza. Es. Fra gli uomini con una certa dotazione cromosomica visiva, è testimoniato che l’esperienza mentale del verde, la percezione del verde, sorge dalla fotorecezione di fotoni con lunghezza d’onda a circa 500 nanometri.

E qui la netta distinzione è fra oggetti interni della psiche, osservabili privatamente, e oggetti esterni della fisica, osservabili pubblicamente. E in nessun altro modo, per questo saggio, uso la parola “esterno” per la fisica e “interno” per la psiche.

8. Oggetti oltre l’osservazione

Facciamo finta di avere esperienze non solo di se stessi, ma anche di altre cose, di oggetti extra-sé, che esista non solo il nostro mondo psichico interno ma anche un mondo fisico esterno.

Fingiamolo per una questione di utilità: poiché qualcosa ci colpisce, con misure sensibili. Per il bisogno di non sentirci soli: poiché comunichiamo con altri, tramite segni e suoni per significare qualcosa ed essere compresi. Per l’ovvietà di non essere Dio: poiché la nostra esperienza non è frutto esclusivo della nostra immaginazione senza influenze fuori di sé. E fingiamolo anche per le chiare evidenze scientifiche: poiché non tutto si risolve nel nostro pensiero finché esiste anche se non l’osserviamo.

John Bell, per esempio, nel 1964 ha dimostrato che un elettrone non ha spin quando nessuno lo guarda,8 quindi non esiste solo nel nostro pensiero: l’esistenza dimostrata di altro fuori dalla mia osservazione, dimostra cose fuori di me, cose che posso osservare e di cui avere esperienza, dimostra esperienze oltre la mia immaginazione, esperienze di oggetti extra-me. Per inverso l’aut aut è violento: non avere esperienze di altro da sé è essere Dio.

Questa finzione risulta così una realtà assieme misurabile nel campo fisico e sensibile nel campo psichico. E questa realtà psicofisica ci riporta in un sol balzo ai nostri più familiari panorami.

9. Causalità psicofisica

Ritornati alla difficoltà propria di questa tipologia di studi dal carattere neurologico-psicologico. Mentre dalla parte neurologica possiamo riferirci all’oggetto “cervello” tramite ordinarie procedure di osservazione fisica, dalla parte psichica non possiamo che partire dal considerare la verità delle testimonianze soggettive: “davvero vedi verde?” oppure “davvero vuoi andare?”

Da tale distinzione, evolvendo le linee di Dilthey e letteratura orbitante9, registriamo, da una parte, nature fisiche causali, dall’altra parte, motivi psichici causali:

  • Le nature fisiche si suddividono in fatti e misure. Sono la costellazione dei valori e conseguenze dell’oggetto;
  • I motivi psichici si suddividono in disposizioni e intenzioni. Sono la costellazione delle credenze e funzionalità del soggetto.

Sicché è propria dello stato psicofisico la compartecipazione causale fra nature fisiche e motivi psichici, fra comportamenti fisici direttamente osservabili e motivi psichici non direttamente osservabili. L’anatema è della scuola cognitivista: nello studio psicofisico bisogna considerare variabili corporee-osservabili e variabili mentali-disposizionali.

10. Nature fisiche e motivi psichici

Entriamo nel dettaglio della sopra causalità psicofisica.

La natura fisica:

  • Si spiega tramite fatti e misure;10
  • Si riconduce a eventi;11
  • Ha tendenzialmente descrizioni universali e astoriche, impersonali e atemporali;12
  • Rientra nelle determinazioni «p causa q»;13
  • Ha un ordine consequenziale da p verso q;
  • È lo stato p perfettamente descrivibile separatamente dal suo effetto q. (Es. Se accendo una sigaretta con un fiammifero, posso descrivere il fiammifero senza descrivere la sigaretta accesa).14

Il motivo psichico:

  • Si comprende tramite disposizioni e intenzioni;
  • Si riconduce a individui;
  • Ha tendenzialmente descrizioni particolari e storiche, personali e temporali;
  • Rientra nelle possibilità «q se p»;
  • Ha un ordine direzionale per q verso p;
  • È lo stato q non descrivibile perfettamente senza descrivere la disposizione p per cui è tale. (Es. Ho acceso una sigaretta perché avevo voglia di fumare).

Anche in questa analisi c’è una lista di differenze fra entità physis “nature” appartenenti alla fisica ed entità logos “motivi” appartenenti alla psiche. E la duplice appartenenza dell’umano alla physis e al logos, tale che – ripeto – le descrizioni antropologiche abbiano da ben dosare, per la loro adeguatezza, sia fatti misurabili (nature) che disposizioni intenzionali (motivi), relativamente al caso in questione.

11. Moto fisico e psichico

Vi è una nozione archetipica e primitiva che riemerge, non però come magia, ma sistematicamente, dalle differenze poc’anzi dette fra nature e motivi. Questa nozione non è una fisica “conseguenza da”, bensì un psichico “vertere su”:

  • Il moto fisico è consequenziale naturale, inanimato, dalla causa p all’effetto q;
  • Il moto psichico è direzionale di motivi-finali, animato, alla causa p per l’effetto q.

Notate cosa si astrae: la finalità orienta le vele (q se p) sopra il mare della causalità (p causa q). Nel nostro discorso: vi è un mare di nature fisiche causali (p causa q) sopra le quali la psiche si dispone causalmente verso un fine (q se p).

Dennet dice di «un agente [psichico] che orienta la propria scelta d’azione prendendo in considerazione proprie credenze e propri desideri»15, dice di una intenzionalità, anche Searle ne dice, e altri: dalla scolastica, che nel medioevo l’afferma come la facoltà di avere credenze, desideri, opinioni, progettualità, a Franz Brentano che a fine XIX secolo la riafferma come distinguo della psiche dalla fisica, precisata da Husserl come caratteristica della coscienza di tendere a qualcosa. Per nostro conto, questi meccanismi “finalistici”, noi li accogliamo sistematicamente dal giuoco della causa: finalità (q se p) su binari causali (p causa q).

12. Conseguenze e funzioni psicofisiche

Per chiarire la differenza fra moto fisico e psichico, consideriamo:

  • p è lo stimolo S;
  • q è la risposta R;
  • S→R è la nota legge stimolo-risposta.

Consideriamo gli elementi matematici fra S e R, che concorrono a determinare R da S:16

  • S stimolo, oggetto esterno o interno;
  • G soggetto;
  • * relazione;
  • f funzione;
  • R risposta, fenomeno o risultato.

Traduciamo:

  • La fisica «p causa q» consegue relazioni S*G=R nei termini S→R;
  • La psiche «q se p» devia in funzioni f(S)=R nei termini S→f→R.17

Parafrasiamo le visioni di Tolman18: oltre la relazione fisica fra stimolo S e risposta R, fra esse può frapporsi psicologicamente una funzione f dipendente dalle finalità del soggetto. In breve:

  • La conseguenza fisica è S causa R in G;
  • La funzione psichica è G causa R operando f su S.

13. Input-output psicofisici

Il moto della fisica ha un’evoluzione conseguente, “orientata da”: orientata da p verso q. Il moto della psiche ha un’evoluzione guidata, “orientata a”: orientata a p per arrivare a q.

Sia nella causalità fisica «p causa q» che in quella psichica «a p per q», l’effetto q può essere o determinato o un campo di probabilità, corpuscolo o onda:19

  • Nel caso determinato, immesso un input S si produce un output R lineare, cioè prevedibile direttamente a partire dai singoli elementi in interazione: S→R;
  • Nel caso probabile, immesso un input S si produce un output R non lineare, cioè, a partire dai singoli elementi in interazione, prevedibile indirettamente dentro un campo di probabilità: S→R1∨R2.

Abbiamo appena organizzato la probabilità come probabilità di qualcosa, cioè consequenziale a una causa. Cosicché la causa provochi effetti determinati in maniera lineare (unidirezionale) o in campi di probabilità non lineare (pluridirezionale).

La causa può essere di natura fisica o un motivo psichico. L’effetto può essere dello stesso ordine della causa (fisico causa fisico o psichico causa psichico) o di ordine diverso (fisico causa psichico o psichico causa fisico).

Nel nostro contesto: la neurologia può produrre effetti psichici in maniera lineare e determinabile o in maniera non-lineare solo probabile; parimenti inversamente.

14. Linguaggio psicofisico

Applichiamo l’input e l’output psicofisico al linguaggio:

  • Linearmente, gli esperimenti di Emoto mostrano che parlando all’acqua con toni amorevoli (input S), la sua cristallizzazione (output R) è costantemente e direttamente diversa che parlandole con odio;
  • Non linearmente, parafrasando Chomsky20, in risposta allo stimolo in entrata (input S) il soggetto (G) può proferire in uscita (output R) un enunciato determinato indirettamente dentro un campo di probabilità {R1 (mi piace il mare), R2 (il mare mi piace), R3 (non vedevo il mare da tempo), …, R0 (silenzio)}.

Lo stimolo in entrata imput S può essere esterno o interno al soggetto. La risposta in uscita output R, in questo contesto, è l’enunciato emesso in risposta allo stimolo.

Affinché la risposta R non sia dispersiva in un campo di probabilità senza fine {R1, R2, …, Rn+1}, nei casi non lineari si pone la questione della restrizione delle sue possibilità; per non esporsi, appunto, a una «esplosione combinatoria»: potrebbero darsi complessità tali che l’analisi di ogni elemento per un completo processo di scelta potrebbe richiedere tempi più lunghi dell’intera vita umana. Tali restrizioni sono oggetto di studio come nel campo del funzionalismo e del cognitivismo.21 Ma qual che esse siano, è teoricamente presumibile che il linguaggio si dia a volte linearmente a volte non linearmente, a volte da stimoli interni altre da esterni, altre volte non si dia o si dia ad altro.

Con il linguaggio, è ben da ricordare che è la descrizione a definire chi è soggetto od oggetto di narrazione, questo o quell’elemento, a far letteralmente collassare la scena descritta in una delle sue possibilità: gli eventi fisici e psichici diventano significativi una volta organizzati nel contesto generale attraverso l’intervento di un osservatore esterno; passando da sovrapposti in un campo di probabilità a rilevati in una determinazione, da latenti a riconoscibili, da inconsci a consci.

Per questo la parola può contribuire a influenzare e a far collassare gli eventi fisici e psichici in questa o quella determinazione, in maniera causalmente lineare o non lineare. Da cui, Platone, e la cura della parola: incantesimo dell’anima.

15. Comportamenti psicofisici

Entrambi i moti, fisico «da p a q» e psichico «a p per q», mostrano comportamenti fra loro differenti: Comportamenti conseguenti di tipo fisico consequenziale Cf=S*G; Comportamenti finalizzati di tipo psichico funzionale Cp=f(S).

I comportamenti fisici consequenziali S*G hanno la seguente figurazione skinneriana22 caratterizzata da un moto esterno sull’organismo, propria di oggetti inanimati:

Figura 1. Comportamento consequenziale fisico-inanimato Cf

I comportamenti psichici funzionali f(S) hanno la seguente figurazione caratterizzata da un moto interno all’organismo, propria di oggetti animati:

Figura 2. Comportamento funzionale psico-animato Cp

Anche qui è netta la differenza fra comportamenti consequenziali fisico-inanimati S*G e comportamenti funzionali psico-animati f(S): pur trattando entrambe (fisica e psiche) il comportamento R (risultato consequenziale o scopo finale) come dato (contenuto di un simbolo o significato di una proposizione), tuttavia lo trattano da forme “S*G o f(S)” con rispettive origini “esterna o interna” diverse, per le quali la fisica si dice inanimata e mossa da fuori (linearmente o no) e la psiche animata e spontanea da dentro (linearmente o no).

Note:

1 S. Livi, Fodor, Kim e l’autonomia delle scienze cognitive, in «Rivista internazionale di filosofia e psicologia» vol. 12, n. 1, 2021, p. 79.

2 Ivi, p. 73-76. In questo capitolo e successivo ho affrontato con un parallelismo matematico il dibattito nominalista fra Fodor e Kim raccolto da Sofia Livi nelle pagine ivi citate, raggiungendo risultati a tratti differenti, e con una conclusione conseguentemente differente.

3 S.H. Foulkes. Ho ampliato la sua psicologia transpersonale (il gruppo è la matrice della vita mentale dell’individuo, gli individui sono i punti nodali della rete, e questo insieme di relazioni transpersonali costruisce la mente dell’individuo) al concetto di realizzabilità multipla della psiche di Putnam.

4 C.G. Jung. Ho ampliato il suo inconscio collettivo (è l’inconscio condiviso da tutti gli uomini e derivato dai propri comuni antenati attraverso archetipi) al concetto di realizzabilità multipla della psiche di Putnam.

5 Se invece A regola più oggetti B e C, allora A può esistere fuori B potendo esistere in C sciolto da B, quindi A non è un esempio di B.

6 U.T. Place, cit. in R. Lanfredini, Che oggetto è uno stato mentale?, in «Rivista di estetica», 39, 2008, paragrafo 43.

7 D. Premack, G. Woodruff (1978), Does the chimpanzee have a theory of mind? Il loro articolo è il riferimento scientifico di ogni teoria della mente, in cui i due autori si chiedono cosa significhi essere in grado di attribuire stati mentali a se stessi e agli altri al fine di prevedere il proprio e l’altrui comportamento.

8 J.S. Bell, On the Einstein Podolsky Rosen Paradox, in «Physics», I, 3, 1964, pp. 195-200.

9 D. Liccione, Verso una neuropsicopatologia ermeneutica, in «Rivista internazionale di Filosofia e Psicologia» vol. 4, n. 3, 2013.

10 W. Dilthey, cit. in Ivi, p. 316.

11 G. Ryle, cit. in Ivi, p. 317.

12 Ivi, p. 319.

13 G.H. von Wright, cit. in Ivi, p. 317.

14 P. Ricoeur, cit. in Ibidem.

15 D. Dennett, La mente e le menti, ed. BUR, Milano 2000, pp. 38-39.

16 Per un esame introduttivo delle strategie evolutive che portano da S a R, rinvio al mio saggio Percepire il mondo, in «Filosofia e nuovi sentieri», 24 ottobre 21, cap. 21.

17 P. Legrenzi, Storia della psicologia, ed. Il Mulino, Bologna 2019, VIII. Il movimento cognitivista. Presa la formula cognitivista S→O→R in cui O è l’elaborazione mentale dell’individuo, consideriamo O come funzione f in generale, senza specificare se si tratti di una funzione cognitivista o di altro tipo. Si noti: mentre il cognitivismo introduce in maniera intuitiva e arbitraria l’elemento O, cioè f, la nostra introduzione è invece derivata matematicamente: a*b=c → f(a)=c.

18 E. Tolman, cit. in Ivi, V. Il comportamentismo. Chiarisco che la «variabile interveniente» di Tolman è stata qui specificata come “funzione” f.

19 Fisica, capita che siccome le particelle hanno un campo di probabilità in cui accadere, di esse si dice “imprevedibili”. Questo semplicismo non è però la descrizione degli accadimenti, i quali invece possono essere predetti indirettamente dentro un campo di probabilità, e dentro questo campo di probabilità avere un margine di incertezza, magari con aree in cui è più probabile rilevarli. Solo la pura imprevedibilità uccide la causa. L’imprevedibilità pura ha un campo di probabilità infinito. Non mi risulta che nessun oggetto della fisica e della psicologia porti tali proprietà: la somma sui cammini di Feyman, per esempio, ci dice che un elettrone può percorre innumerevoli cammini per arrivare sulla “luna”, ma limitatamente a quei cammini non ci arriva mangiando il gelato, cioè non ha ogni infinita possibilità di arrivarci.

20 N. Chomsky, cit. in F. Cimatti, Quanto è cognitiva, la scienza cognitiva?, in «Giornale italiano di psicologia», a. XXXV, n. 3, settembre 2008, p. 717: «Secondo il comportamentismo una persona proferisce l’enunciato p in risposta allo stimolo s. Dato s, allora p. Come a dire, il linguaggio sarebbe la variabile dipendente e lo stimolo non linguistico la variabile indipendente che controllerebbe la prima. Questo, nota Chomsky, è falso: il linguaggio umano non [è l’esclusiva di] uno stimolo esterno. Dato s allora p, forse, ma anche q, z, e così via.»

21 R. Cordeschi, The Discovery of the Artificial, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht, 2020, cap. 7.

22 B.F. Skinner, cit. in Cimatti, op. cit., p. 718. L’immagine presente è un’evoluzione di quella di Skinner, la cui aspirazione mentalista è una scienza del comportamento ispirata agli stessi criteri di scientificità delle scienze.

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