Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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La Fenomenologia di Sir Francis Bacon

> di Fabio Laiso*

Non c’è dubbio che uno dei filosofi preferiti di Husserl sia stato Cartesio. Ne Le meditazioni cartesiane, volume che raccoglie le conferenze tenute tra il 24 e il 25 febbraio 1929 nell’Anfiteatro Descartes, alla Sorbonne di Parigi, il filosofo di Prossnitz parte proprio dal metodo “geometrico-deduttivo” del sistema cartesiano per spiegare i principi della sua teoria trascendentale. Seppure sembri un paradosso, è all’altro grande pensatore del XVII secolo (peraltro antagonista di Cartesio) che bisogna guardare per rintracciare alcuni dei caratteri salienti che si ritroveranno poi nella fenomenologia trascendentale: Francesco Bacone. Vorrei comporre questo articolo prendendo a prestito la tecnica filmica del montaggio alternato, al fine di evidenziare le analogie più evidenti tra il metodo induttivo sperimentale di Bacone e quello fenomenologico trascendentale di Husserl. Cominciamo con gli incipit. Continua a leggere


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Difesa della poesia. Sull’estetica di Percy Bysshe Shelley

> di Gianluca Valle

difesadellapoesia

La Difesa della poesia (1821) di Shelley che qui presentiamo è il testo più noto del poeta inglese e rappresenta uno degli immortali manifesti del Romanticismo. La traduzione è dell’anglista Rosario Portale; il volumetto è raccolto nella preziosa collana Arethusa dell’Editore Solfanelli, diretta da Giuseppe Grasso. Del testo shelleano esistono numerose versioni italiane, ma nessuna eguaglia questa per l’aderenza all’originale e la vibrante forza letteraria: si tratta dunque di un’occasione che viene offerta al lettore per riflettere sull’eterno valore del fare poetico e, ancor più, su concetti e temi che hanno rilevanza etica ed estetica universale. È nota la circostanza che ha determinato la stesura della Difesa shelleana: qualche decennio prima di Hegel, seppure con accenti differenti, lo scrittore Thomas Love Peacock in The Four Ages of Poetry (1820) aveva prefigurato la morte dell’arte nei tempi moderni, caratterizzati dal trionfo della ragione, della scienza e della politica. Shelley ribatte che non solo la poesia non è prossima a morire, ma è il luogo par excellence in cui si sprigiona la facoltà immaginativa dell’uomo, con tutta la sua carica etica e utopica, in vista di un diverso ideale di umanità. In questo quadro, appena delineato, ci sembra che gli argomenti toccati da Shelley, meritevoli di un maggiore approfondimento, siano anzitutto tre. Intanto, il poeta inglese distingue due facoltà della mente umana: l’immaginazione (poieìn) e la ragione (loghìzein) e ritiene che la poesia sia frutto della prima. Occorre chiedersi, dunque, che cos’è l’immaginazione e che cosa la differenzia dalla ragione. Al tema dell’immaginazione è strettamente connesso quello dell’ispirazione del poeta: ma come si manifesta in lui l’impulso che lo spinge a creare? Egli lo agisce o lo subisce? Il testo di Shelley fornisce una fenomenologia dell’atto creativo e propone una teoria del genio artistico che trova la sua matrice nel concetto platonico di manìa. L’ultima questione su cui vale la pena soffermarsi è quella dell’utilità della poesia. In un mondo, come quello di Shelley, segnato dai processi di modernizzazione e di industrializzazione, un mondo di cui il nostro è solo l’ultima espressione iper-tecnicizzata, a cosa può ancora servire la poesia? Continua a leggere


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L’indicibile tenerezza. In cammino con Simone Weil. Un libro Feltrinelli di Eugenio Borgna.

> di Alessandra Peluso

borgna-weil

“La vita può essere libera e bella, ma noi abbiamo smarrito la strada: la cupidigia ha avvelenato l’animo degli uomini, ha chiuso il mondo dietro una barricata di odio, ci ha fatto marciare, col passo dell’oca, verso l’infelicità e lo spargimento di sangue. Abbiamo aumentato la velocità, ma ci siamo chiusi dentro. Le macchine che danno l’abbondanza ci hanno lasciato nel bisogno. La nostra sapienza ci ha resi cinici; l’intelligenza duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che d’intelligenza abbiamo bisogno di dolcezza e di bontà” (Charlie Chaplin). Continua a leggere


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Non fare troppe domande. L’ultimo libro di Piero Borzini

> di Paolo Calabrò

borzini

Il dissidio tra libertà e sicurezza – viste intransigentemente come valori assoluti – è vecchio come il mondo e pone la domanda, ad oggi inevasa, su quanta libertà si possa consentire ai singoli in una società, senza che questa metta in discussione la sicurezza di quegli stessi singoli (finendo per distruggere la libertà di partenza e avvitandosi in un controproducente circolo vizioso). In altri termini, la stessa questione può essere posta nei termini: quanta sicurezza è necessario garantire (si legga: di quanto è necessario limitare la libertà dei singoli) affinché la libertà dei singoli possa essere garantita?
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Immagini della vis veritatis: forza e pericolo nella metaforologia blumenberghiana

> di Giorgio Astone*

Hans-Blumenberg-Lubbeck

Abstract

In this article we’ll analyze some of the ‘methaphorogical’ processes, illustrated by the German philosopher Hans Blumenberg in his work “Paradigmen zu einer Metaphorologie” (1960). Particularly, in the first chapter we’ll step into the concept of “Truth” and its power in the metaphoric sense of “light”, “revelation” and “human labour”; the second will concern two of the most important paradigmatical shifts at the threshold of modernity: from an organicistic view to a mechanicistic one, and from the Tolemaic astronomic organization to the Copernican model. In the end of the essay, there’ll be a general presentation of Blumenberg’s hermeneutic method of philosophical research. Continua a leggere


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Introduzione alla metodologia della ricerca di Dario Antiseri

> di Alberto Rossignoli*

Come procede una ricerca?
Quali sono i cardini su cui essa sussiste?
E soprattutto, quali problemi metodologici e deontologici si presentano durante la ricerca stessa?
Per Karl Popper, il metodo scientifico non esiste. Questo perché le discipline, in generale, non esistono. Ci sono soltanto problemi da risolvere.
Non esiste alcun metodo scientifico in tre sensi:

  • Non c’è alcun metodo per scoprire una teoria scientifica.
  • Non c’è alcun metodo di verificazione di un’ipotesi scientifica.
  • Non c’è alcun metodo per accertare se un’ipotesi è probabile.

Non esistono le discipline, bensì i problemi, la cui soluzione può attraversare i confini di qualsiasi disciplina. Ma se non esistono le discipline, non esiste nemmeno il metodo scientifico. Non esiste un metodo per trovare nuove teorie: queste sono frutto di creatività e non di procedure di routine. Le teorie, anche le meglio assodate, restano smentibili di principio. Se, da un lato, la maggior ricchezza di contenuto informativo di una teoria è incomparabile con la crescente probabilità della teoria stessa, dall’altro non c’è un metodo per accertare la probabilità di nessuna asserzione universale, giacché questa si riferisce ad un numero infinito di casi, mentre l’evidenza empirica si riduce sempre ad un numero finito di casi osservati.

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