Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

La Fenomenologia di Sir Francis Bacon

Lascia un commento

> di Fabio Laiso*

Non c’è dubbio che uno dei filosofi preferiti di Husserl sia stato Cartesio. Ne Le meditazioni cartesiane, volume che raccoglie le conferenze tenute tra il 24 e il 25 febbraio 1929 nell’Anfiteatro Descartes, alla Sorbonne di Parigi, il filosofo di Prossnitz parte proprio dal metodo “geometrico-deduttivo” del sistema cartesiano per spiegare i principi della sua teoria trascendentale. Seppure sembri un paradosso, è all’altro grande pensatore del XVII secolo (peraltro antagonista di Cartesio) che bisogna guardare per rintracciare alcuni dei caratteri salienti che si ritroveranno poi nella fenomenologia trascendentale: Francesco Bacone. Vorrei comporre questo articolo prendendo a prestito la tecnica filmica del montaggio alternato, al fine di evidenziare le analogie più evidenti tra il metodo induttivo sperimentale di Bacone e quello fenomenologico trascendentale di Husserl. Cominciamo con gli incipit.
Bacone descrive così il senso della sua ricerca: «Darebbe certamente prova di ridicola ingenuità e di intelligenza mal diretta se, per vedere più distintamente e perfettamente, qualcuno salisse sulla torre, sistemasse delle lenti e vi applicasse gli occhi mentre invece potrebbe, senza tutte queste complicate macchinazioni e laboriose fatiche, raggiungere il risultato a cui mira per una via più facile e di molto superiore nel risultato e nel successo: discendendo dalla torre e avvicinandosi di più alle cose» (F. Bacone, La confutazione delle filosofie in Scritti filosofici, Torino 2009, p. 433).
Il motto programmatico di Husserl era: Zu den Sachen selbst!, Andare alle cose stesse! Contro il pensiero calcolante del matematico, Bacone proponeva una gnoseologia aforismatica e classificatoria che diffidava dei “metodi esatti”, dei sistemi razionali che, seppure fanno crescere la conoscenza in termini di perfezionamento pratico, non altrettanto la sviluppano in termini di “volume e sostanza”. L’assunto di partenza è che se si vuole raggiungere mete mai toccate in passato bisogna dotarsi di un metodo mai tentato prima:«Resta dunque una sola cosa da fare: cominciare interamente da capo l’impresa con mezzi più validi e intraprendere una totale Restaurazione, innalzata sulle dovute fondamenta, delle scienze, delle arti e di ogni sapere umano» (F. Bacone, La grande instaurazione in Scritti filosofici, p. 516). La mente umana deforma le immagini delle cose come uno specchio magico, pertanto confonde ciò che proviene dalla natura delle cose e ciò che proviene dalla natura della mente. Bacone esorta a partire dai “segni” esteriori, dagli esperimenti meccanici per seguire “una via veritiera che proceda dal senso all’intelletto”. Ma di quale senso si parla? «Alla percezione immediata e propria del senso – egli spiega – non attribuiamo dunque grande valore e giungiamo ad affermare che il senso dovrà giudicare solo dell’esperimento e l’esperimento delle cose reali» (p. 536). E più avanti continua: «Il nostro metodo, come è difficile da mettere in opera, così è facile a esporsi. Esso consiste nel costituire gradi di certezza, nel difendere il senso attraverso una specie di riduzione, rigettando quasi tutte le operazioni della mente che conseguono dal senso, nell’aprire e nel rafforzare alla mente una via nuova e sicura che parte dalle stesse percezioni sensibili» (p. 546). Ma se i sensi “ingenui” ingannano, anche la sola ragione è fuorviante perché costruisce da sé i propri ragionamenti chiusa nel suo solipsismo. Allora bisogna che vi sia sintesi tra le facoltà sperimentali e le facoltà razionali della mente: «Infatti gli empirici come le formiche, accumulano e consumano mentre i razionali, come i ragni, traggono da se medesimi la loro tela. La via di mezzo è quella delle api, che ricavano la materia prima dai fiori del giardino e dei campi e la trasformano e la digeriscono in virtù di una loro propria capacità. Non dissimile è il lavoro della vera filosofia che ricava la materia prima dalla storia naturale e dagli esperimenti meccanici e non la conserva nella memoria intatta, ma la trasforma e la lavora con l’intelletto» (F. Bacone, La confutazione delle filosofie, p. 435). Questo “miele celeste” è come la conoscenza trascendentale.
La logica trascendentale di Husserl ha come suo obiettivo programmatico il contrapporsi alla logica formale, la logica dei numeri, della matematica, che ha assunto “la forma di un’ontologia formale”, ovvero rimanda al soggetto pensante e alle sue categorie razionali e non all’oggetto indagato: è la logica che pensa il mondo reale per categorie, come già dato. La logica trascendentale, invece, è soggettiva ed intersoggettiva, modale (aspetto qualitativo), precategoriale. La soggettività trascendentale è intesa come svincolata dai problemi psicologici dell’Io; essa deve attribuire senso ai concetti e non svolgere solo azioni misuranti, quantitative. Perciò il senso non può essere acquisito come dato incontaminato ma deve tener conto che la sfera psichica, l’Io, inietta una dose di “idealità” negli oggetti reali. L’Io empirico-mondano (la formica nella metafora di Bacone) e l’Io psichico (il ragno) devono pertanto essere sottoposti entrambi alla riduzione fenomenologica dalla cui “messa in parentesi” nascerà l’alter ego dell’Io trascendentale (l’ape): «Come ego fenomenologico – scrive Husserl – io son divenuto il puro spettatore di me stesso e null’altro, io continuo a mantenere se non ciò che io trovo inseparabile da me stesso, come il mio stesso vivere e come ciò che non se ne può separare» (E. Husserl, Meditazioni cartesiane e discorsi parigini, Milano 1960, p. 15).
Gli idola, le false nozioni della mente – che Bacone chiama fictions, superstitions, errors, kind of fallacies in the mind of man, false appearances, native and inherens errors – vengono distinti in acquisiti, che sono frutto di opinioni e teorie invalse inoculate dall’esterno e innati, che ineriscono alla natura stessa dell’intelletto umano. Il filosofo inglese dovette ammettere che, se la prima specie di idoli è eliminabile con difficoltà, l’altra non si può eliminare in nessun modo. Per superare queste difformità percettive, Bacone vuole dotare la mente umana di nuovi strumenti (novum organum) che la soccorrano e le forniscano un valido aiuto nel processo della conoscenza. Formulerà così l’assioma della trasformazione dei corpi che mira a fissare la Forma, cioè l’unità delle nature semplici dell’oggetto che si possono congiungere in esso per trasformarlo esattamente in quello che è. L’assioma del processo latente, che indaga le fasi di gestazione o di sviluppo di un ente; e l’assioma dello schematismo latente, che vuole indagare la struttura uniforme interna degli enti. La novità del metodo di Bacone è studiare la storia della natura seguendo un procedimento ex negativo, partendo cioè dalle sue eccezioni e variazioni, non trascurando il micrologico, l’inutile, il curioso o sottoponendo l’oggetto di indagine a modificazioni artificiali:«I passaggi e i mutamenti della natura non risultano tanto dalla natura stessa allo stato libero, quanto dalle prove e vessazioni dell’arte» (F. Bacone, La dignità e il progresso del sapere in Scritti filosofici, p. 207). Il riferimento mitologico è Proteo, la divinità della natura che aveva il dono del vaticinio ma che doveva essere trattenuta o incatenata perché non si sottraesse al gravoso compito di predire il futuro; così la materia della natura che, se non viene vessata, costretta, annullata non rivela il suo vero volto. Notevole importanza è attribuita agli errori, le devianze della natura, il raro, l’inconsueto che risulteranno elementi altrettanto utili per la conoscenza, al punto che andrebbe stilata una storia che raccogliesse “tutti i mostri e i prodotti prodigiosi della natura”; i quali, una volta conosciuti, offrirebbero una strada più agevole alla descrizione della regolarità dei processi. Nel catalogo delle storie particolari dell’uomo, Bacone suggerisce che venga scritta una Storia degli escrementi, dello sputo, delle urine, dei sudori, dei sedimenti, dei capelli, dei peli, dei paterecci, delle unghie. Il procedimento che include le istanze negative è forse l’elemento più originale della gnoseologia baconiana: ad esempio, per definire la natura del caldo si va a caccia delle istanze in cui proprio la natura del caldo è assente, per poi estendere la ricerca verso quelle istanze in cui il calore si presenta in grado maggiore o minore. Il procedimento segue dapprima la via delle negazioni e solo alla fine, dopo tutta una serie di esclusioni, si attesta sulle definizioni affermative. Infatti, per il filosofo inglese l’utilizzo delle proposizioni universali negative (e non solo affermative) è decisivo per stabilire i limiti delle forme e non farli debordare dalle concrete condizioni della materia: ad esempio, non esiste la fiamma fredda o la consistenza dell’aria o l’incorruttibilità della materia. In questo senso, tra le Istanze Prerogative (quelle che hanno una notevole influenza su tutto il processo conoscitivo) Bacone colloca al primo posto le istanze solitarie, quelle cioè che presentano l’elemento comune in soggetti diversi, o l’elemento diverso in soggetti identici. Che sarebbe come cercare l’analogia delle differenze o la differenza delle analogie. E’ solo una suggestione, ma se trasferissimo il metodo sperimentale di Bacone al campo di applicazione dell’etica, si potrebbe tentare una lettura inedita di alcune contraddizioni che traspaiono dalla sua biografia. Il filosofo inglese non ebbe mai simpatia per le donne e il matrimonio, eppure si sposò; nonostante fosse innegabilmente una mente geniale, resto impelagato in tristi vicende giudiziarie e fu condannato al carcere per peculato. Ma è come se ci volesse dire che per comprendere appieno il significato del bastare a se stessi, fosse necessario attraversare l’esperienza del matrimonio; per comprendere del tutto il valore dell’onestà, ci si dovesse calare nell’esperienza della corruzione.
La gnoseologia fenomenologica distingue tra intenzionalità, ossia il processo della coscienza che si pone un oggetto, non necessariamente reale (posizionalità); e intentio giudicativa dell’Io che si rivolge a quell’oggetto (categorialità). Quando apprendiamo qualcosa, non sappiamo dire cosa essa sia, ma siamo solo in grado di fornire di essa una serie di giudizi predicativi, che rimandano a procedimenti matematici (collegare, contare, ordinare, combinare etc.). Ma il giudizio sulla cosa non è la cosa. Husserl scrive: «Le cose sono anticipate alla vita attiva quali originariamente estranee all’io, date dall’esterno. Le formazioni logiche al contrario provengono esclusivamente dall’interno, procedono esclusivamente dalle attività spontanee, e si svolgono in esse. D’altra parte è certo che esse, dopo essere state prodotte di fatto, vengono ancora avvicinate come esistenti; si “ritorna ad esse”, e quante volte piaccia, come sulle medesime; le si impiega in un tipo di prassi, le si connette (p. es. come premesse), se ne produce l’elemento nuovo, conclusioni, prove ecc. Dunque si procede con esse come con cose reali, benché qui non si possa affatto parlare di realtà» (E. Husserl, Logica formale e logica trascendentale, Bari 1966, p. 99). Se il dato della visione empirica o individuale mostra solo alcuni “lati” della cosa, fornendomene una visione parziale, il giudizio pre-determinato sulla cosa stessa allontana viepiù dalla sua pura essenza. Posizionalità e categorialità sono gli “idola” della coscienza che la fenomenologia si sforza di neutralizzare attraverso la riduzione fenomenologica degli Erlebnisse, i vissuti. Il fenomenologo punta alla struttura eidetica dell’oggetto (la Forma di Bacone) e lo fa seguendo il “metodo della variazione” che sfrutta l’epoché fenomenologica, la sospensione del giudizio (o “messa in parentesi”) del nucleo di significato dell’esperienza vissuta e, mediante un libero gioco di attribuzioni di senso, giunge all’eidos, l’elemento strutturale o invariante senza del quale l’oggetto perderebbe la sua identità facendosi alterità. Il “metodo della variazione” è come una sorta di scansione virtuale dell’immagine di un oggetto su uno schermo, così da poterla ruotare di 360 gradi, osservare dall’alto, dal basso etc.; immagine che ormai non conserva più nulla dell’oggetto reale. Ma in questo libero gioco di attribuzioni di senso, io posso anche sollecitare l’oggetto, manipolarlo, variarne ad arte le sue normali condizioni per afferrare ulteriori aspetti della sua natura. In Ideen II Husserl, in un passo di insolita chiarezza, spiega:«Perciò conoscere una cosa significa: sapere per esperienza come si comporterà sotto una spinta, sotto una pressione, quando verrà piegata, quando verrà rotta, sottoposta al riscaldamento, sottoposta al raffreddamento; vale a dire: come si comporterà nel contesto delle sue causalità, in quali stati verrà a trovarsi, e in che modo si manterrà la stessa attraverso tutti questi stati» (E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Torino 1965, L. II, Sez. I, p. 442). Ad esempio, una molla d’acciaio ha come caratteristica l’essere elastica, se però la si arroventa perde la sua elasticità, ma a quel punto non la si può più definire “molla”: si è modificata in qualcosa d’altro, pertanto il suo invariante è l’elasticità. Ogni cosa non si modifica da sé, ma sottoposta a cause esterne ad essa (es. anomalie organiche, illuminazioni diverse, percezioni geometriche parziali etc.), evidenziare queste cause contribuisce ad ottenere nuovi punti di vista sulla cosa stessa. Il metodo seguito da Bacone nei suoi esperimenti meccanici rimanda molto da vicino al “metodo della variazione” della fenomenologia, ma al libero gioco di attribuzioni di senso il filosofo inglese vi aggiunge anche l’opzione dell’istanza negativa.
La caratteristica principale del metodo induttivo di Bacone è il suo procedere per gradi:«Dev’essere accumulato e raccolto un gran deposito di fatti particolari ricavati dalla storia naturale e dagli esperimenti delle arti meccaniche. Per quantità e qualità, per attendibilità e sottigliezza, questa selva o materia dei fatti dev’essere sufficiente a fornire informazioni alla mente… Il materiale raccolto dev’essere ordinato e distribuito in tavole… Una volta raccolti i particolari nelle tavole, non si deve passare immediatamente alla ricerca di nuovi particolari… ma bisogna prima salire ai concetti generali e comuni… prima bisogna trovare le generalizzazioni più vicine ai fatti, poi quelle mediane, procedendo così per gradi successivi, su una scala giusta» (F. Bacone, Pensieri e conclusioni in Scritti filosofici, p. 397). L’induzione che Bacone contesta è quella che, dai particolari ricavati dalla sensazione, passa frettolosamente a princìpi generali facendoli divenire i veri legislatori di tutte le successive proposizioni intermedie che, a quel punto, hanno già perso contatto col dato empirico.
In Appendice a Ideen III, così Husserl distingueva l’ontologia dalla fenomenologia:«Il modo di considerazione proprio dell’ontologia è per così dire catastematico. L’ontologia prende le unità  nella loro identità e per la loro identità, come se fossero un che di saldo e definito. La considerazione fenomenologico-costitutiva prende le unità nel loro flusso, come unità di un flusso costitutivo, persegue i movimenti, i processi in cui quest’unità e tutte le componenti di quest’unità, il lato, la proprietà reale, sono il correlato dell’identità. Questa considerazione è in certo modo cinetica o ‘genetica’: una genesi che fa parte di un mondo ‘trascendentale’ totalmente diverso da quello della genesi naturale e naturalistica» (E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Appendice I, L. III, p. 904). Il fenomenologo cioè non ricava dai singoli oggetti indagati un principio di identità ipostatizzato, stabilito una volta per tutte, statico, ma si sposta per gradi verso generalità superiori (le “ontologie regionali”) da cui poi ricavare l’essenza della categoria unitaria a cui l’insieme di quegli oggetti ineriscono.
Bacone è a favore di un sapere intersoggettivo: la conoscenza non si rinchiude nel piccolo mondo dello scienziato ma cerca lo scambio comune delle nozioni. «E’ comparsa – scrive – anche l’arte della stampa sconosciuta agli antichi, con l’aiuto della quale le scoperte di ciascuno possono diffondersi con la rapidità della folgore ed essere comunicate immediatamente in modo da stimolare gli studi altrui e da fondere insieme le varie scoperte» (F. Bacone, La confutazione delle filosofie, p. 436). E’ nota la sconfinata fede di Bacone nel progresso scientifico, l’idea della superiorità del tempo attuale rispetto al tempo antico per le sue maggiori possibilità di giungere alla verità visto che le sue conoscenze si fondano su una maggior quantità di dati e di esperienze: l’esperienza è simile all’acqua, più è estesa e meno si corrompe.
Sull’importanza del sapere intersoggettivo Husserl così si pronuncia:«L’esperienza del mondo – in quanto esperienza costituente – non designa semplicemente la mia esperienza del tutto privata, bensì un’esperienza comunitaria; e il mondo stesso, in conformità al suo senso proprio, è uno e medesimo, e ad esso noi tutti abbiamo di principio un accesso sperimentale, sul quale noi tutti possiamo accordarci nello ‘scambio’ delle nostre esperienze, dunque nella loro messa in comune, così come anche la prova ‘obiettiva’ riposa sull’assenso reciproco e sulla sua critica» (E. Husserl, Logica formale e logica trascendentale, pp. 292 e sgg). Se la teoria della conoscenza trascendentale assegna la priorità alla dimensione monadica, soggettiva del conoscere, il primato va alla dimensione intersoggettiva senza la quale non solo mancherebbe la validazione obiettivante i singoli contenuti conoscitivi, ma soprattutto non vi potrebbe essere un reale progresso collettivo.

[Clicca  qui per la versione PDF]
Bibliografia:
FRANCESCO BACONE, Scritti filosofici, Utet, Torino 2009
EDMUND HUSSERL, Meditazioni cartesiane e discorsi parigini, Bompiani, Milano 1960
ID., Logica formale e logica trascendentale, Laterza, Bari 1966
ID., Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino 1965
*Fabio Laiso si laurea cum laude nel ’94 in Lingue e letterature straniere moderne all’Orientale di Napoli. Fuori dall’ambito accademico, è traduttore e studia temi di carattere filosofico e filologico. Attualmente vive e lavora a Napoli.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...