Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Mattias Desmet spiega la psicologia del totalitarismo oggi nell’evoluto Occidente

Ero un sostenitore di Spinoza, che diceva: l’uomo è libero come una pietra che cade. Ma sono giunto a un’intesa. L’uomo – credetemi – è libero, nel senso che non ha altra scelta che scegliere. Ciò deriva dalla natura del suo sistema mentale. Il linguaggio umano apre costantemente la possibilità di pensare e possibilmente esprimere lo stesso pensiero in innumerevoli modi. L’uomo non può fare a meno di dubitare e scegliere costantemente. In quella scelta realizza la sua individualità, esiste come un essere singolare.

Mattias Desmet

Mi sono già occupata dello psicologo fiammingo in un articolo che è stato letto, ripostato e commentato migliaia di volte, condiviso su svariate piattaforme, discusso da moltissimi utenti ed utilizzato come risorsa per altri articoli.

In effetti, quella di Mattias Desmet, professore di Psicologia clinica all’Università di Gent, è una delle voci più critiche sui tempi nei quali viviamo caratterizzati da grosse trasformazioni sociali, attanagliato dalla paura alimentata ad arte dai governi, deprivato della gioia stessa di vivere nel passaggio da un’emergenza all’altra: i migranti, il covid, la guerra in Ucraina, il cambiamento climatico…

Desmet è un accademico che è molto discusso, in modo particolare sulla piattaforma Linkedin.

Il suo libro La psicologia del totalitarismo, pubblicazione oggettiva e non allineata alla narrazione mainstream propinata da giornali e televisioni, è già stato tradotto in italiano e inglese ed è considerato uno dei libri migliori del 2022. Il suo autore ha su di esso tenuto sessanta conferenze in tre mesi. Nel libro si spiega con chiarezza tutto quello che è accaduto nei due anni della pandemia da Coronavirus. Soprattutto, è assai interessante la sua visione del moderno totalitarismo, che non risiede in un particolare leader carismatico, ma nella convinzione diffusa tra la gente che possiamo creare una società utopica basata sulla ragione e sulle teorie degli esperti.

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Cosa è giusto e cosa è sbagliato

Quando si parla della distinzione tra bene e male si utilizzano in maniera intercambiabile i termini etica e morale, come se fossero quasi la stessa cosa.

In realtà, benché l’origine dei termini sia simile (etica deriva da ethos, morale da mos, ed entrambi indicano i costumi e le usanze), tra i due vi è una differenza sostanziale, oltre che terminologica.

La morale indica il complesso delle norme che devono guidare l’uomo ad agire in maniera corretta, tendendo al bene.

L’etica, invece, indica soprattutto il comportamento individuale, cioè il modo di applicare le norme all’interno dell’esperienza quotidiana.

Quindi, la morale è quell’ambito in cui si argomenta sulla natura del bene e del male.

L’etica studia quali siano i comportamenti giusti e quali quelli sbagliati.

Il problema etico, o morale, ha da sempre interessato la riflessione dei filosofi. Continua a leggere


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Il dolore per il tempo che passa

On reconnaît le bonheur au bruit qu’il fait quand il s’en va

Jacques Prévert

Quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di un grande attore, Adolfo Celi, nato a Messina il 27 luglio 1922, morto a Siena nel 1986. La notizia non ha avuto praticamente rilievo sui mezzi di informazione nazionale, mentre invece i giornali di Messina e della Sicilia nelle ultime settimane hanno dato risalto alle celebrazioni che sono previste per questo anniversario.

Ad Adolfo Celi è dedicato un interessantissimo ed oggi introvabile documentario, “Adolfo Celi – Un uomo tra due culture”, prodotto dal figlio Leonardo, di professione regista. Il documentario ne ripercorre la vita divisa tra Italia e Brasile. Quest’ultima è la terra dove Celi credeva di trattenersi solo per poco tempo, e dove invece, finirà per passare quindici anni della sua vita, rivoluzionando i linguaggi del teatro ed apportando tante novità alla cinematografia. Stroncato da un infarto, Celi si spegne a 64 anni, nella sera del 19 febbraio 1989, a 40 anni esatti dalla morte di suo padre, avvenuta il 19 febbraio 1946. Quella sera l’attore avrebbe dovuto recitare al Teatro dei Rinnovati di Siena per i Misteri di Pietroburgo di Dostoevskij. L’attore accusa il malore un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Il secondo atto della rappresentazione non ha luogo. Vittorio Gassman, disse che quella stessa sera aveva visto il fantasma di Celi tra le quinte (come afferma Alessandra Celi, la figlia di Adolfo, alla fine del documentario sopra citato).

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La caverna di Platone, il Santo Sepolcro e la Resurrezione

Science sans conscience n’est que ruine de l’âme.

(Rabelais)

Chissà quante volte gli studenti avranno sentito parlare del mito della caverna di Platone. È il racconto chiave della Repubblica ed è tra i più belli e significativi scritti da Platone. È forse quello che meglio espone la sua teoria della conoscenza e tutto il significato della sua filosofia.

Un tempo gli uomini vivevano legati al fondo di una caverna con la faccia rivolta al muro della buia caverna. Sul fondo della caverna passano le immagini di alcune sagome. Dietro di loro ci sono dei portatori di statuette, le cui sagome si riflettono sul fondo grazie ad un fuoco che brilla più in là. I prigionieri credono che quelle ombre siano la vera realtà. Un giorno uno di loro riesce a liberarsi e ad andarsene. Esce dalla caverna e poco a poco i suoi occhi si abituano alla luce del sole. Sentendosi in colpa, decide di tornare nella caverna e raccontare ai compagni ciò che ha visto. I compagni prima lo deridono, poi, stanchi di lui, lo uccidono.

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Questa non è una crisi sanitaria

Matthieu Amiech, autore ed editore francese, dottore di ricerca in scienze umane e sociali, pensatore critico dello sviluppo tecnologico, ha dichiarato che la pandemia costituisce «una manna dal cielo per i giganti digitali».  In questo nostro periodo oscuro, dove la comunicazione sociale martella in continuazione sull’argomento vaccini e dove la scena è occupata da virostar, piazzisti di medicinali, contrapposizioni sociali, linguaggio di odio, informazioni manipolate ed occultate, è veramente interessante leggere un suo articolato saggio, dal titolo volutamente provocatorio: Questa non è una crisi sanitaria. Il concetto espressovi è chiaro e incontrovertibile: quella in corso è una crisi sanitaria legata al virus Sars-cov2; ma è, prima di tutto, una crisi profonda della società di massa ed un cambiamento di regime politico. La tesi difesa nel saggio in questione è la seguente: i leaders della società industriale globalizzata stanno approfittando di un problema sanitario per promuovere una nuova organizzazione sociale.


Come non essere d’accordo con quanto afferma l’autore, in uno dei passaggi più significativi del suo saggio:

A cui ora possiamo aggiungere: un contesto epidemico che giustifica la tracciabilità permanente di una malattia contagiosa e il controllo di una vaccinazione eretta per dovere civico – questo contesto è perfetto per stimolare lo sviluppo della sorveglianza di massa. Vedi le prove per molti che il “green pass” è. Se, al contrario, mi sembra legittimo opporvi con fermezza, è perché l’importanza della vaccinazione di massa dovrebbe essere discussa (quantomeno) e che ci sono molte altre leve da azionare con urgenza. Salute. Ma è anche perché il “pass” è un mezzo per costringerci e abituarci definitivamente alla raccolta permanente di informazioni sulla nostra vita e sulle nostre relazioni: queste si riducono a uno stock di dati destinato ad addestrare i “robot”. E sviluppare gli innumerevoli algoritmi che determineranno per noi cosa facciamo, possiamo, vogliamo. L’intelligenza artificiale non è una tecnologia, è un progetto di società totalitaria.

Il saggio si articola in quattro punti fondamentali, che cerco qui di sintetizzare al massimo. Tutto ciò che Amiech afferma è supportato da ampia letteratura scientifica, riportata puntualmente in nota.

  1. Non c’è un’interruzione profonda nello stato di salute della popolazione dal Marzo 2020 a causa della Sars-cov2

È quanto meno discutibile dire che tutte le persone morte durante il Covid che circolava in maniera importante, siano morte di Covid, perché i numeri smentiscono ampiamente questa affermazione. Apparentemente ci sono più casi e più morti lì dove non cerchiamo di sospendere completamente la vita sociale ordinaria. Ma nei vecchi paesi industrializzati, il Covid uccide meno del cancro. La vera crisi è quella delle politiche neo-liberiste, che non ha investito risorse per aumentare la capacità degli ospedali. Un argomento che, già da solo, dovrebbe provocare rivolta nella popolazione. Una grave crisi sanitaria era di fatto già iniziata prima del marzo 2020, a causa della cattiva alimentazione e delle malattie croniche ad essa correlate. Il ricercatore Anthony Fardet dell’INRA, ha scoperto che nel 2010 il 36% dei decessi sarebbe direttamente o indirettamente attribuibile ad una cattiva alimentazione.

2. I vaccini biotecnologici finiscono per trasformare il nostro mondo in un vasto laboratorio fuori controllo

Amiech scrive:

Dalla comparsa della Sars-cov2 e dei suoi primi morti, la necessità di inventare un vaccino (o più vaccini) contro il virus e di iniettarlo nel maggior numero di persone possibile è stata un’ossessione, sia tra i tecnocrati che gestiscono questa crisi sia tra i giornalisti che fabbricano la narrazione socialmente legittima. Da dicembre 2020, stiamo probabilmente assistendo alla più grande campagna di comunicazione e promozione della storia. È imperativo per i commessi dei grandi Stati, l’industria e Big Science convincere tutta la popolazione a farsi vaccinare, con prodotti sviluppati in pochi mesi, che aggirano le classiche procedure di commercializzazione e sono quindi ufficialmente in fase sperimentale, per altri due o tre anni. Poi, se la seduzione non funziona, ci sarà la coercizione: privazione dell’accesso a molti luoghi essenziali della società moderna, tagli salariali, licenziamenti, ecc. I reticenti ai vaccini offerti in queste condizioni sono trattati come ritardati, diminuiti o pericolosi per la comunità – pecorelle smarrite che gli ingegneri sociali sono incaricati di rimettere in riga.

Con la sua richiesta di una vaccinazione mondiale, la classe dirigente chiede ai cittadini di fare un salto radicale dentro l’ignoto, e tutto questo mentre ci sono ampie divergenze all’interno della comunità scientifica e la dissidenza viene liquidata attraverso una caricaturale contrapposizione tra scienza e falsa opinione.

3. La gestione dell’epidemia e la campagna di vaccinazione promuovono una società ancora più autoritaria e informatizzata

Tutto il terrorismo sanitario perpetrato da due anni a questa parte da scienziati, giornalisti e governi della paura, hanno al loro fondo un profondo impegno ideologico di vari strati della tecnocrazia (in Francia, i «grands corps»). In ogni ambiente vi è, poi, un diffuso conformismo professionale e sociale, che rimandano a quello che è già successo per decenni nei regimi sovietici. Non importa quale sia la verità, ci si schiera con la doxa ufficiale per paura di essere calunniati, sminuiti, socialmente distrutti.

Tutta la vita degli individui è oggi caratterizzata dal fatto che lasciano tracce elettroniche di tutto ciò che fanno, in ogni luogo, e questa tendenza va tragicamente avanti in modo esponenziale dietro la cortina di paura, attraverso misure autoritarie e polemiche dovute ad una pandemia di Covid-19 e alla sua drammatica messa in scena. Già nel maggio 2020, la giornalista americana Naomi Klein ha compreso la straordinaria opportunità presentata dal Covid per gli interessi dell’economia e della politica, nonché delle oligarchie politiche per incastrarci.

L’attuale contesto epidemico giustifica il tracciamento permanente di una malattia contagiosa e il controllo di una vaccinazione come un dovere civico. Insomma è questo un contesto perfetto per stimolare lo sviluppo della sorveglianza di massa. La prova di quanto affermato è il green pass.

4. Per una preoccupazione fuori luogo per il destino dei “più fragili”, la sinistra si pone come sostenitrice incrollabile della tecnocrazia in movimento

Dopo alcuni mesi di esitazione una parte della sinistra (compresi i circoli “anticapitalisti”) ha fornito sostegno attivo ai tecnocrati al potere, in un paese come la Francia. La sua principale critica è che essi non vanno abbastanza lontano nella medicalizzazione della vita quotidiana e nelle restrizioni alla vita sociale che questo implica: dovrebbero confinare di più e più velocemente; chiudere le scuole, piuttosto che costringere i bambini a indossare maschere tutto il giorno e congelare la vita sociale. Tale posizione viene giustificata dicendo che gravi casi di Covid e i morti, in media, colpiscono più persone provenienti da ambienti a basso reddito. Questa posizione trascura lo straordinario danno causato dalle restrizioni sanitarie.

Le controversie sulla portata dell’epidemia e su cosa fare non sono principalmente tra la ragione e la stupidità, tra scienza e oscurantismo; si tratta principalmente di della vita, del corpo, della malattia e della salute. Attaccando sistematicamente coloro che mettono in dubbio la narrazione ufficiale dell’epidemia, una parte della sinistra e dell’estrema sinistra stanno facendo un servizio inestimabile all’oligarchia. Molti a sinistra disprezzano gli “idioti” che scendono sulla che scendono in piazza per protestare contro la vaccinazione obbligatoria. Si sta manifestando una enorme incomprensione e un notevole disprezzo di classe, come all’inizio del movimento dei Gilets jaunes.

Conclusione

La diciamo con le parole di Amiech:

Questa epidemia (e la sua gestione catastrofica) dovrebbe portare a un ripensamento completo dell’organizzazione sociale (pre)esistente. Essa dimostra che dobbiamo assolutamente vivere in modo diverso, cambiare il contenuto della produzione e il modo di lavorare, muoverci meno e in modo diverso.

Tutto dovrebbe essere fatto su una scala diversa. Ma l’emergenza, nell’estate del 2021, è quella di poter riempire di nuovo gli stadi di calcio e le gigantesche sale da concerto. La preoccupazione di difendere i più vulnerabili dall’epidemia, frequentemente espressa a sinistra e all’estrema sinistra, mal nasconde una profonda rinuncia alla trasformazione della società: come minimo, un gusto per lo status quo ante; come minimo, un’approvazione delle trasformazioni proposte dalla tecnocrazia, siringa e smartphone alla mano. (…)

Ma accettando senza discutere tutte le misure di «distanziamento sociale», rendiamo la vita delle classi lavoratrici più dolorosa, ora e a lungo termine; permettiamo che si installi un modello di società in cui sarà ancora più difficile lottare per l’uguaglianza, per strappare condizioni di vita dignitose per tutti ad una élite dominante spietata. Il lasciapassare sanitario in primo luogo mira a permettere la continuazione di una società di massa (con produzione di massa, consumo di massa, trasporto di massa) in cui nessuno è responsabile di nulla, tranne ovviamente della trasmissione di un virus nanoscopico al suo vicino/al suo compagno di lavoro/al suo vecchio padre. Il vaccino stesso è lì per dimostrare che la società industriale sa come rispondere ai problemi che pone, che la sua capacità di controllo è più forte delle forze del caos che scatena.

L’annuncio de 12 luglio di Emmanuel Macron ha mobilitato centinaia di migliaia di manifestanti sulle piazze di tutta la Francia, contro l’utilizzo del green pass e la vaccinazione obbligatoria professionale. I manifestanti e i disobbedienti alla gestione autoritaria dell’epidemia non sono certo fascisti e nemmeno, per la maggior parte, nazionalisti.

Si avverte in queste manifestazioni una rivolta sincera e una sensibilità alle questioni essenziali del nostro tempo del nostro tempo: l’espropriazione di ogni potere sulle nostre vite, la concentrazione del potere nelle mani di un’oligarchia cinica e moralmente sfrenata, la sorveglianza elettronica di massa, la crisi ecologica e climatica.

Al momento non vediamo che singoli individui su questo cammino, e questo non è poco; non c’è nessuna tendenza collettiva all’orizzonte. Ma i detenuti di Internet stanno sbattendo la testa sempre più spesso e più duramente sulle pareti della prigione digitale, e forse il desiderio di uscire emergerà alla fine, prima che sia davvero troppo tardi.


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Il popolo: definizione e rappresentazioni

Il popolo: ricerca di una definizione

Dare una definizione univoca al concetto di “popolo” risulta impresa ardua e problematica, perché si tratta di un soggetto mobile, la cui definizione cambia nel corso della storia ed in relazione al punto di vista delle varie culture.

In latino il “Populus” è il pioppo. Poi il termine passa ad indicare il luogo dove tale albero è piantato, come luogo di riunione dove gli individui si incontrano e discutono.

Oggi esiste un “popolo della Rete” dove ogni cosa viene messa in piazza e condivisa, con un ritorno anche economico da parte di varie celebrities e starlette, ma nel mondo antico, chiaramente, vi erano dei confini più netti che segnavano il territorio della vita pubblica e quello della vita privata. Ed è anche un fatto storico e insito nella natura umana quello dello stare insieme e della solidarietà, come forma dello stare al mondo.

I Greci parlavano di “ghenòs” (stirpe), cioè il fatto di provenire dalla medesima radice, dallo stesso gruppo umano.

Vi era poi la dimensione dell’ “etnòs”, cioè l’insieme degli usi e dei costumi di un popolo.

La lingua greca, dunque, definiva il popolo sotto due profili: quello della sua origine (“genòs”) e quello dei suoi costumi (“etnòs”).

Pertanto, il popolo è quello che si riconosce in una cultura comune e dunque non un semplice aggregato di persone.

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Bibbia e Welfare

Ci hanno abituato, dagli anni delle scuole superiori, a sapere che la Bibbia, come la Divina Commedia, si possono leggere in quattro modi diversi: letterale, morale, allegorico, anagogico. I tempi cambiano e cambiano le narrazioni. I testi si adattano a nuove forme di letture ed il testo biblico rivela la sua perenne vitalità anche nei tempi nei quali viviamo.

Basta scorrere l’elenco dei Proverbi per rendersene conto. Consigli di vita vissuta che non si possono non condividere, dal primo all’ultimo.

La lettura che io propongo del testo biblico è in chiave welfarista. Cioè in un’ottica di pieno sviluppo di tutte le possibilità umane che contempli l’attenzione alla dignità della persona umana. Insomma, Dio misericordioso avrebbe pensato anche a questa possibilità. E di un tale processo di umanizzazione, che poi non è altro che elevarsi a vette quanto più possibile vicine al divino, è disseminato l’intero libro. Anzi, la serie di libri (tà biblià) che appunto compongono la Parola di Dio. Un testo che, lungo i secoli, ha fatto anche tanto male, a seconda delle strumentalizzazioni di cui è stato fatto oggetto. Dalla caccia agli eretici e alle streghe alla condanna comminata a Galileo Galilei.

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La comunicazione sociale e politica oggi

ABSTRACT

The planetary scale event represented by the Covid-19 has profoundly modified life patterns and communication styles. In this essay we will talk about the increase in the consumption of news on the Internet and of communications on social media, with the related baggage of fake news and methods to counter them. How political-institutional communication has changed in an emergency situation that required a global lockdown in the months between March and June 2020. The relapses that had the Dad (distance teaching) and the use of smartworking. And finally the role of science and scientists in this particular historical moment that we are still living.

Keywords

Coronavirus, politics, lockdown, smartworking, Internet

INTRODUZIONE

È stato detto che il Covid-19 è la pandemia del mondo globalizzato. E, come tale, specchio della civiltà che abbiamo costruito. Un mondo che volevamo fosse bello, funzionale, interconnesso, fatto di mega-città facilmente raggiungibili in aereo e tuttavia, proprio per questo, ciò che non avevamo previsto, intrinsecamente fragile. Tanto che lo spillover (il movimento dei virus da una specie all’altra) è più facile che in qualsiasi altro momento della storia (Frank Snowden, http://www.newyorker.com/news/q-and-a/how-pandemics-change-history ).

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I vecchi e i giovani

La tua vita è giovane, il tuo sentiero lungo;
tu bevi in un sorso l’amore che ti portiamo,
poi ti volgi e corri via da noi.
Tu hai i tuoi giochi e i tuoi compagni.
Non vi è colpa se non ti resta tempo per pensare a noi.
Noi, invece, abbiamo tempo nella vecchiaia
di contare i giorni che son passati, di rievocare
ciò che le nostre annose mani hanno dimenticato per sempre.
Il fiume corre rapido tra gli argini, cantando una canzone.
Ma la montagna resta immobile, ricorda e veglia col suo amore.

La giovinezza è l’epoca del dinamismo e della scoperta di se stessi e del mondo. La persona giovane ha il diritto di trovare la sua strada, forgiarsi attraverso le esperienze della vita, immaginare il proprio futuro. I figli, come si dice, sono del mondo. Il corredo emotivo dei giovani è un misto di entusiasmo e sconforto, di audacia e di domande, di senso di onnipotenza e di inquietudini legate alla scoperta del domani. Queste fasi ondivaghe sono superate nell’età matura, nella quale si vive nel ricordo di quanto vissuto e realizzato. Nel riposto di chi sa che non ha più tutta la vita davanti, ma può guardare, nel migliore dei casi con soddisfazione, a quanto fatto e compiuto. I giovani sono il fiume che corre rapido scrosciando e mormorando fra gli argini, i vecchi sono la montagna immobile che veglia da lontano la corsa del fiume e quindi «ricorda e veglia col suo amore». Continua a leggere


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Adam Smith nella lettura di Martha Nussbaum: La ricchezza delle nazioni

  1. L’importanza dei beni materiali

Smith è un anticipatore della teoria delle capacità, un gran conoscitore di Cicerone e rappresenta anche un ottimo correttivo del pensiero imperfetto degli stoici relativamente a ciò che si intende per felicità umana. Ne è convinta Martha Nussbaum, che nel suo libro La tradizione cosmopolita (Bocconi Editore, Milano 2019) fornisce una affascinante lettura dell’opera del filosofo scozzese vissuto nel Settecento.

Smith è ciceroniano perché come il filosofo dell’antica Roma convinto che la dignità umana meriti rispetto. Allo stesso tempo va oltre Cicerone quando afferma che la dignità umana è fondata soprattutto sul lavoro, l’ambito nel quale l’umanità di una persona si esprime nel modo più proficuo possibile, e quando afferma che una vita all’altezza della dignità umana richieda i mezzi necessari per creare e mantenere una famiglia (pag. 139 op.cit.) Continua a leggere