
Matthieu Amiech, autore ed editore francese, dottore di ricerca in scienze umane e sociali, pensatore critico dello sviluppo tecnologico, ha dichiarato che la pandemia costituisce «una manna dal cielo per i giganti digitali». In questo nostro periodo oscuro, dove la comunicazione sociale martella in continuazione sull’argomento vaccini e dove la scena è occupata da virostar, piazzisti di medicinali, contrapposizioni sociali, linguaggio di odio, informazioni manipolate ed occultate, è veramente interessante leggere un suo articolato saggio, dal titolo volutamente provocatorio: Questa non è una crisi sanitaria. Il concetto espressovi è chiaro e incontrovertibile: quella in corso è una crisi sanitaria legata al virus Sars-cov2; ma è, prima di tutto, una crisi profonda della società di massa ed un cambiamento di regime politico. La tesi difesa nel saggio in questione è la seguente: i leaders della società industriale globalizzata stanno approfittando di un problema sanitario per promuovere una nuova organizzazione sociale.
Come non essere d’accordo con quanto afferma l’autore, in uno dei passaggi più significativi del suo saggio:
A cui ora possiamo aggiungere: un contesto epidemico che giustifica la tracciabilità permanente di una malattia contagiosa e il controllo di una vaccinazione eretta per dovere civico – questo contesto è perfetto per stimolare lo sviluppo della sorveglianza di massa. Vedi le prove per molti che il “green pass” è. Se, al contrario, mi sembra legittimo opporvi con fermezza, è perché l’importanza della vaccinazione di massa dovrebbe essere discussa (quantomeno) e che ci sono molte altre leve da azionare con urgenza. Salute. Ma è anche perché il “pass” è un mezzo per costringerci e abituarci definitivamente alla raccolta permanente di informazioni sulla nostra vita e sulle nostre relazioni: queste si riducono a uno stock di dati destinato ad addestrare i “robot”. E sviluppare gli innumerevoli algoritmi che determineranno per noi cosa facciamo, possiamo, vogliamo. L’intelligenza artificiale non è una tecnologia, è un progetto di società totalitaria.
Il saggio si articola in quattro punti fondamentali, che cerco qui di sintetizzare al massimo. Tutto ciò che Amiech afferma è supportato da ampia letteratura scientifica, riportata puntualmente in nota.
- Non c’è un’interruzione profonda nello stato di salute della popolazione dal Marzo 2020 a causa della Sars-cov2
È quanto meno discutibile dire che tutte le persone morte durante il Covid che circolava in maniera importante, siano morte di Covid, perché i numeri smentiscono ampiamente questa affermazione. Apparentemente ci sono più casi e più morti lì dove non cerchiamo di sospendere completamente la vita sociale ordinaria. Ma nei vecchi paesi industrializzati, il Covid uccide meno del cancro. La vera crisi è quella delle politiche neo-liberiste, che non ha investito risorse per aumentare la capacità degli ospedali. Un argomento che, già da solo, dovrebbe provocare rivolta nella popolazione. Una grave crisi sanitaria era di fatto già iniziata prima del marzo 2020, a causa della cattiva alimentazione e delle malattie croniche ad essa correlate. Il ricercatore Anthony Fardet dell’INRA, ha scoperto che nel 2010 il 36% dei decessi sarebbe direttamente o indirettamente attribuibile ad una cattiva alimentazione.
2. I vaccini biotecnologici finiscono per trasformare il nostro mondo in un vasto laboratorio fuori controllo
Amiech scrive:
Dalla comparsa della Sars-cov2 e dei suoi primi morti, la necessità di inventare un vaccino (o più vaccini) contro il virus e di iniettarlo nel maggior numero di persone possibile è stata un’ossessione, sia tra i tecnocrati che gestiscono questa crisi sia tra i giornalisti che fabbricano la narrazione socialmente legittima. Da dicembre 2020, stiamo probabilmente assistendo alla più grande campagna di comunicazione e promozione della storia. È imperativo per i commessi dei grandi Stati, l’industria e Big Science convincere tutta la popolazione a farsi vaccinare, con prodotti sviluppati in pochi mesi, che aggirano le classiche procedure di commercializzazione e sono quindi ufficialmente in fase sperimentale, per altri due o tre anni. Poi, se la seduzione non funziona, ci sarà la coercizione: privazione dell’accesso a molti luoghi essenziali della società moderna, tagli salariali, licenziamenti, ecc. I reticenti ai vaccini offerti in queste condizioni sono trattati come ritardati, diminuiti o pericolosi per la comunità – pecorelle smarrite che gli ingegneri sociali sono incaricati di rimettere in riga.
Con la sua richiesta di una vaccinazione mondiale, la classe dirigente chiede ai cittadini di fare un salto radicale dentro l’ignoto, e tutto questo mentre ci sono ampie divergenze all’interno della comunità scientifica e la dissidenza viene liquidata attraverso una caricaturale contrapposizione tra scienza e falsa opinione.
3. La gestione dell’epidemia e la campagna di vaccinazione promuovono una società ancora più autoritaria e informatizzata
Tutto il terrorismo sanitario perpetrato da due anni a questa parte da scienziati, giornalisti e governi della paura, hanno al loro fondo un profondo impegno ideologico di vari strati della tecnocrazia (in Francia, i «grands corps»). In ogni ambiente vi è, poi, un diffuso conformismo professionale e sociale, che rimandano a quello che è già successo per decenni nei regimi sovietici. Non importa quale sia la verità, ci si schiera con la doxa ufficiale per paura di essere calunniati, sminuiti, socialmente distrutti.
Tutta la vita degli individui è oggi caratterizzata dal fatto che lasciano tracce elettroniche di tutto ciò che fanno, in ogni luogo, e questa tendenza va tragicamente avanti in modo esponenziale dietro la cortina di paura, attraverso misure autoritarie e polemiche dovute ad una pandemia di Covid-19 e alla sua drammatica messa in scena. Già nel maggio 2020, la giornalista americana Naomi Klein ha compreso la straordinaria opportunità presentata dal Covid per gli interessi dell’economia e della politica, nonché delle oligarchie politiche per incastrarci.
L’attuale contesto epidemico giustifica il tracciamento permanente di una malattia contagiosa e il controllo di una vaccinazione come un dovere civico. Insomma è questo un contesto perfetto per stimolare lo sviluppo della sorveglianza di massa. La prova di quanto affermato è il green pass.
4. Per una preoccupazione fuori luogo per il destino dei “più fragili”, la sinistra si pone come sostenitrice incrollabile della tecnocrazia in movimento
Dopo alcuni mesi di esitazione una parte della sinistra (compresi i circoli “anticapitalisti”) ha fornito sostegno attivo ai tecnocrati al potere, in un paese come la Francia. La sua principale critica è che essi non vanno abbastanza lontano nella medicalizzazione della vita quotidiana e nelle restrizioni alla vita sociale che questo implica: dovrebbero confinare di più e più velocemente; chiudere le scuole, piuttosto che costringere i bambini a indossare maschere tutto il giorno e congelare la vita sociale. Tale posizione viene giustificata dicendo che gravi casi di Covid e i morti, in media, colpiscono più persone provenienti da ambienti a basso reddito. Questa posizione trascura lo straordinario danno causato dalle restrizioni sanitarie.
Le controversie sulla portata dell’epidemia e su cosa fare non sono principalmente tra la ragione e la stupidità, tra scienza e oscurantismo; si tratta principalmente di della vita, del corpo, della malattia e della salute. Attaccando sistematicamente coloro che mettono in dubbio la narrazione ufficiale dell’epidemia, una parte della sinistra e dell’estrema sinistra stanno facendo un servizio inestimabile all’oligarchia. Molti a sinistra disprezzano gli “idioti” che scendono sulla che scendono in piazza per protestare contro la vaccinazione obbligatoria. Si sta manifestando una enorme incomprensione e un notevole disprezzo di classe, come all’inizio del movimento dei Gilets jaunes.
Conclusione
La diciamo con le parole di Amiech:
Questa epidemia (e la sua gestione catastrofica) dovrebbe portare a un ripensamento completo dell’organizzazione sociale (pre)esistente. Essa dimostra che dobbiamo assolutamente vivere in modo diverso, cambiare il contenuto della produzione e il modo di lavorare, muoverci meno e in modo diverso.
Tutto dovrebbe essere fatto su una scala diversa. Ma l’emergenza, nell’estate del 2021, è quella di poter riempire di nuovo gli stadi di calcio e le gigantesche sale da concerto. La preoccupazione di difendere i più vulnerabili dall’epidemia, frequentemente espressa a sinistra e all’estrema sinistra, mal nasconde una profonda rinuncia alla trasformazione della società: come minimo, un gusto per lo status quo ante; come minimo, un’approvazione delle trasformazioni proposte dalla tecnocrazia, siringa e smartphone alla mano. (…)
Ma accettando senza discutere tutte le misure di «distanziamento sociale», rendiamo la vita delle classi lavoratrici più dolorosa, ora e a lungo termine; permettiamo che si installi un modello di società in cui sarà ancora più difficile lottare per l’uguaglianza, per strappare condizioni di vita dignitose per tutti ad una élite dominante spietata. Il lasciapassare sanitario in primo luogo mira a permettere la continuazione di una società di massa (con produzione di massa, consumo di massa, trasporto di massa) in cui nessuno è responsabile di nulla, tranne ovviamente della trasmissione di un virus nanoscopico al suo vicino/al suo compagno di lavoro/al suo vecchio padre. Il vaccino stesso è lì per dimostrare che la società industriale sa come rispondere ai problemi che pone, che la sua capacità di controllo è più forte delle forze del caos che scatena.
L’annuncio de 12 luglio di Emmanuel Macron ha mobilitato centinaia di migliaia di manifestanti sulle piazze di tutta la Francia, contro l’utilizzo del green pass e la vaccinazione obbligatoria professionale. I manifestanti e i disobbedienti alla gestione autoritaria dell’epidemia non sono certo fascisti e nemmeno, per la maggior parte, nazionalisti.
Si avverte in queste manifestazioni una rivolta sincera e una sensibilità alle questioni essenziali del nostro tempo del nostro tempo: l’espropriazione di ogni potere sulle nostre vite, la concentrazione del potere nelle mani di un’oligarchia cinica e moralmente sfrenata, la sorveglianza elettronica di massa, la crisi ecologica e climatica.
Al momento non vediamo che singoli individui su questo cammino, e questo non è poco; non c’è nessuna tendenza collettiva all’orizzonte. Ma i detenuti di Internet stanno sbattendo la testa sempre più spesso e più duramente sulle pareti della prigione digitale, e forse il desiderio di uscire emergerà alla fine, prima che sia davvero troppo tardi.
31 gennaio 2022 alle 15:59
Buongiorno,
mi permetto d’inserirmi su questo discorso, “Non è una crisi sanitaria” come dice il titolo, ma – aggiungerei – una crisi globale della quale l’aspetto sanitario è parte, forse la parte che al momento ci prende di più nell’aspetto emotivo.
Dove vuole arrivare l’autore, pensatore ecc. d’Oltralpe? Leggiamo nella conclusione: “… dobbiamo assolutamente vivere in modo diverso, cambiare il contenuto della produzione e il modo di lavorare, muoverci di meno e in modo diverso”.
Condivisibile completamente.
Quando poi comincia a dire che la pandemia è meno grave di quando governi, scienziati e giornalisti ecc. vogliono far credere, comincia per me qualche problema di comprensione.
Nella sintesi riportata da Lucia Gangale leggiamo: “È quanto meno discutibile dire che tutte le persone morte durante il Covid che circolava in maniera importante, siano morte di Covid, perché i numeri smentiscono ampiamente questa affermazione”.
L’ovvietà mette un certo disagio, non occorre consultare tante statistiche per esserne certi. D’altra parte è scritto che i numeri la smentiscono ampiamente.
Ma gli organi ufficiali che riportano i numeri dei decessi per le varie patologie, non hanno mai affermato l’assurdo: tante morti = tanti Covid.
E ancora: “Apparentemente ci sono più casi e più morti lì dove non cerchiamo di sospendere completamente la vita sociale ordinaria.”
Nella realtà ci sono? Mi pare una domanda lecita. La frase successiva, con tutta la buona volontà, difficilmente può essere considerata una risposta. Dice infatti: “Ma nei vecchi paesi industrializzati, il Covid uccide meno del cancro”.
Comunque il discorso dell’autore francese è complesso e Lucia Gangale ha avuto il suo bel da fare per riportare e sintetizzare il tutto.
A me sembra che in questo scritto di Matthieu Amiech, assieme a contenuti di buon senso ed anche di saggezza, vi siano dei punti oscuri nelle tesi riportate, dei germi di irrazionalità non saprei se sfuggiti o sparsi ad arte.