Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Il concetto d’intelligenza nella teologia medievale

Parlare d’intelligenza, o meglio del suo concetto nel Medioevo, non è cosa semplice, poiché l’articolazione di tale pensiero è completamente diversa da quella odierna e muove dai dettami della scolastica. Per comprendere meglio tutto ciò è bene far iniziare il nostro percorso proprio da quella luce dantesca. Con la Commedia, Dante ci accompagna in quel suo personale viaggio mistico-filosofico che tutta la antichità ha, più o meno segretamente e variamente, indicato e visto: è il viaggio che ci è mostrato da Omero nella Odissea e che porta l’eroe al rinvenimento della Casa (Itaca)[2], è la “la conversione, la resurrezione” cui ha invitato Gesù, è il “passeggiare con Jhwh” ovvero il vedere un divino che è il vedersi nel divino. Dunque, non è possibile concepire l’opera dantesca senza quel supporto teologico su cui essa si fonda. A tal proposito ci sovviene in aito il passo del saggio di Nino Borsellino, Ritratto di Dante (1998): «Per Boccaccio Dante ha pari diritto a più titoli. Lo ricorda nella Vita (§ 2): “E di tanti e sì fatti studi non ingiustamente meritò altissimi titoli; però che alcuni il chiamarono sempre poeta, altri filosofo, e molti teologo, mentre visse”. Ma è certo che dei tre solo il titolo di poeta può interamente soddisfare, e non perché ripudi gli altri, ma perché solo esso li comprende tutti., mentre gli altri non definiscono che se stessi»[3].

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La filosofia di Blondel

Di Riccardo Renzi[1] e Federico Renzi

Da sempre la filosofia si interroga sulle questioni di amore, essere e conoscenza. Risulta utile per addentrarci in tale tema la riflessione condotta dal filosofo Virgilio Melchiorre in Metacritica dell’eros: «In che modo l’eros ha a che fare con l’essere? La storia della filosofia potrebbe essere trascritta, in buona parte, come discorso sull’amore, da Anassimandro ed Empedocle sino a Platone e al neoplatonismo, da Agostino alle scuole italiane del rinascimento, da Spinoza alle diverse scuole romantiche sino a Hegel, a Kierkegaard, a Schopenhauer o, per venire a noi, sino alle vie più diverse del pensiero contemporaneo, si tratti in positivo o in negativo della riflessione esistenziale o si tratti della filosofia di Max Scheler, di Martin Buber e via dicendo»[2]. Dunque, stando al Filosofo, la riflessione sul rapporto eros-essere risulta un punto di snodo obbligato di tutte le correnti filosofiche. Nelle pagine seguenti Melchiorre porta l’attenzione sulla riflessione condotta da Maurice Blondel[3]. La riflessione ontologica blondeliana conduce il lettore in una sorta di attuazione della metafisica alla seconda potenza, nella quale la carità è il fondamento dell’Universo. Dunque, partendo da tale prospettiva, la domanda che è necessario porsi è come l’essere ci parla dell’amore? Prima di addentraci nella riflessione è opportuna una digressione su Blondel e la sua filosofia.

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L’io reciproco. Lo sguardo di Simmel. Un saggio Mimesis di Antonio De Simone

> di Alessandra Peluso

Il silenzio è la notte oscura della parola, ma è in questa notte che il pensiero germoglia. La più elevata funzione del silenzio si rivela in quello spazio che deve crearsi, affinché sia possibile il dialogo, l’incontro; nel silenzio il lettore, l’interlocutore riesce a relazionarsi con se stesso, con l’altro ed avverte lo sguardo, quello disincantato di Georg Simmel. Uno sguardo esteso, divino, provvidenziale del quale ne è intrinseco il pensiero. Se Zeno ha ricorso alla scrittura per curare i suoi mali e riprendere il potere della parola, si pensi a “La coscienza di Zeno”, di Italo Svevo, questa distonia non appartiene di sicuro al filosofo tedesco che è andato oltre la parola, ha contagiato secoli e secoli con le sue teorie filosofica, politica, sociologica, pedagogica e senza porsi l’intento della cura, certamente, leggendolo, qualche male lo si riesce a risolvere.

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Alterità. L’identità come relazione. Un saggio Mucchi di Roberto Marchesini

> di Luca Pantaleone

In un testo del 2016 (R. Marchesini, Alterità – L’identità come relazione, Mucchi Editore, Modena, 2016) l’etologo e filosofo Roberto Marchesini avanza una nuova proposta di antropologia filosofica, cioè di costruzione dell’identità umana, che pone al centro l’alterità e l’ibridazione animale quali unici elementi in grado di traghettarci verso una dialettica sociale post-umana.

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Il bisogno di pensare. Vito Mancuso fra filosofia, scienza e teologia

> di Paolo Calabrò

La letteratura, come tutta l’arte, è la confessione che la vita non basta.
Fernando Pessoa

Leggere può far male? Come per tutte le cose, l’eccesso porta fuori strada, e il fine della lettura – nutrire il pensiero – può diventare qualcosa d’altro: anestetizzare la propria capacità critica rendendola dipendente dalle opinioni di altri – gli autori di libri e giornali, appunto – finendo, come rilevava Schopenhauer, per “pensare con la testa altrui, anziché con la propria”…

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«Incontri ravvicinati e rischiosi». Recensione a “Generare Dio” di Massimo Cacciari.

di Francesco Brusori

[M. Cacciari, Generare Dio, il Mulino, Bologna 2017]

In questo saggio, che inaugura per “il Mulino” la collana Icone – pensare per immagini, il filosofo Massimo Cacciari dimostra ancora una volta la sua indiscussa capacità filosofica di approcciare quesiti radicali, quali quelli che informano l’intera civiltà occidentale alla luce del signum cristiano, spingendosi con le dovute precauzioni e la necessaria modestia oltre l’isola del ‘conoscibile’ (di kantiana memoria) per affrontare la distesa marittima che naturaliter interpella ciascun Essere umano. L’autore infatti va definendo tra le righe di queste pagine uno studio della icona di Maria, che fin da subito si mostra interpretando irriducibilmente un suo proprio divenire:«l’icona di Maria diviene; si accompagna a quella del Figlio, ma ancora più di questa sembra sfuggire a ogni astratta tipizzazione». Accompagnando il Figlio, ella accompagna anche la Voluntas Dei, rendendo possibile «il primo atto della kénosis del Signore» (p. 7). Continua a leggere


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Quei che volontier perdona

“Quei che volontier perdona”

ABSTRACT

Si è chiuso da poco tempo il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco, ma ancora, inevitabilmente, resta aperta l’interrogazione su come poter intendere e interpretare la misericordia divina. Con quali parole, ad esempio, converrebbe tratteggiarla senza tradirla in pieno. Una delle poche certezze circa una tale riflessione è che ‘misericordia’ rimandi directe a un qualche cosa di fragile, facile da sgualcire con mere banalizzazioni, e che si mostra del tutto disarmato di fronte ai tentativi moderni di annichilimento. Forse per ciò stesso essa, qualunque ‘cosa’ sia, sembra aliena alla condizione umana esplicata nel contemporaneo e che si muove all’insegna di un continuo accrescimento della potenza. E nondimeno, a tutt’oggi, ‘misericordia’ smuove e impone l’interrogazione su di sé, non appena vi si porga pazientemente l’orecchio.
Ecco, in conformità con quanto detto, nella Divina Commedia Dante fornisce storie di persone nel tentativo – coraggioso – di mostrare per immagini quel che ‘misericordia’ forse è. Non un discorso di matrice scolastica, soppesato logicamente, bensì una semplice esposizione di esperienze di misericordia. Un’operazione, quella condotta dal poeta fiorentino, che pretende di prendere forma al riparo da qualsiasi disputatio avanzata serratamente, dando luogo così a un ‘sussurrare’ sulla misericordia che tanto ricorda il ‘balbettio’ ammesso da Hans Jonas su Dio. Entrambi, in certo qual modo, desiderano dare voce alla possibilità – e non alla certezza matematicamente conquistata. Non v’è qui, infatti,  dimostrazione di spinoziana memoria, more geometrico.
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Dialogo da uomo a uomo su un Dio: H. Jonas interprete della Suprema mancanza

> di Francesco Brusori*

La storia del pensiero europeo ha archiviato un numero enorme di testi, la maggior parte dei quali presenta una corporatura ben piazzata, quasi a voler scoraggiare i più a prenderne seria visione. Questa prolifera produzione è facilmente spiegabile: esplicitare ‘tutto’ in maniera perfecta è già di per sé impossibile, soprattutto poi se addirittura all’interno di questo ne va della nostra stessa presenza. Interrogarsi è infatti difficile, costoso. Capirsi è perlopiù illusionistico. Tuttavia l’uomo non è mai indietreggiato di fronte a questo improbus labor, a tale profonda e radicale investigazione dell’esser-ci. Così gli scaffali delle biblioteche danno da secoli ospitalità ai vari tentativi che egli ha eroicamente cercato di portare a termine in seno a una tensione, più o meno sincera, di intelligere la cosa. Una continua lotta da parte di quest’ultimo perpetrata contro la sua natura di in-fante – incapace di dire compiutamente circa se stesso. Continua a leggere


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Il coraggio di essere liberi. L’ultimo libro di Vito Mancuso

> di Paolo Calabrò

mancuso - il coraggio di essere liberi

“Fare teatro vuol dire vivere sul serio quello che la maggior parte della gente, di solito, recita male”. Il celebre aforisma di Eduardo De Filippo porta alla luce immediatamente la contraddizione insita nel ruolo dell’attore: l’ambiguità intrinseca connotata, da un lato, dal doversi calare una maschera sul volto per interpretare vite diverse dalla propria; dall’altro dall’autenticità di una forma d’arte – il teatro, appunto – che sola riesce a portare alla luce le radici più profonde e nascoste delle cose – azioni, pensieri, emozioni – che nutrono l’esistenza. È la stessa contraddizione di fondo della condizione umana: la quale ha bisogno, allo stesso tempo, tanto che l’individuo possa svilupparsi nel fertile silenzio della solitudine, quanto delle relazioni della persona con gli altri, ciascuna caratterizzata da un diverso approccio, un diverso intendimento, un diverso modo d’essere. Considerazioni che pongono contestualmente sia la domanda su dove si trovi la verità del soggetto, sia quella radicale sulla libertà dello stesso: quand’è che la persona è veramente libera? Nella clausura della propria interiorità senza vincoli, o nell’ambito delle costrizioni creategli dai suoi legami sociali?
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Cristianesimo. L’ultimo volume dell’Opera Omnia di Raimon Panikkar in edizione Jaca Book

> di Paolo Calabrò

Dopo la pubblicazione del primo tomo, nella seconda metà dell’anno scorso, arriva finalmente in libreria il secondo tomo del libro Cristianesimo (Una cristofania. 1987-2002), volume terzo dell’Opera Omnia di Raimon Panikkar, a cura di Milena Carrara Pavan. Rispetto al precedente
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Maurice Bellet introdotto da Paolo Calabrò

> di Daniele Baron

Calabrò_Bellet

Cosa accomuna l’economia, la psicoanalisi, la teologia, la filosofia, l’antropologia, la letteratura? Questo di primo acchito viene spontaneo domandarsi a uno sguardo di sorvolo sull’opera proteiforme di Maurice Bellet – filosofo, teologo e psicanalista francese – che si muove in tutti questi ambiti. Rimandando per il momento a dopo la risposta, ciò che voglio rimarcare ora è il fatto che la prima sensazione che ci donano la figura e l’opera di questo pensatore e scrittore è lo stupore per la sua versatilità, per la sua straordinaria capacità di cimentarsi con differenti ambiti, stili e saperi. La complessità del percorso di questo autore, ancora poco noto in Italia, è grande in primo luogo proprio in virtù di questo suo dono nello spaziare ed è pari alla sua originalità. Dobbiamo riconoscere, quindi, a Paolo Calabrò, nel suo La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell’umano di Maurice Bellet, Il Prato, 2014 Saonara (PD), un primo merito, quello di rielaborare un percorso ermeneutico “sistematico”, che ci dà una visione d’insieme e che coglie i principali nodi teoretici del pensiero di Bellet, organizzandoli per temi. Di fronte alla oggettiva difficoltà di trovare un bandolo, si tratta di un’ottima introduzione per inquadrarne il pensiero e per ricostruirlo nella sua totalità. Non una mera ripetizione o divulgazione, ma utile opera di appassionata sistemazione, spesso condotta su testi ancora non tradotti in Italia. Continua a leggere


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Questa vita. L’ultimo libro di Vito Mancuso

> di Paolo Calabrò

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Il neodarwinismo imperante in biologia ritiene che la vita sia sorta dal caso e che sia dominata dalla competizione violenta. È veramente così che stanno le cose? È l’unica visione della realtà in accordo con la scienza moderna? Prima di porre tali domande, ci sarebbe da dimostrare che questa impostazione regga davvero alla prova dei fatti: ebbene, pare che non sia così, poiché oggi sappiamo (è la stessa scienza a renderlo noto) che la vita si sviluppa secondo una logica di aggregazione e di cooperazione, oltre che di selezione. Il neodarwinismo è dunque un’idea quanto meno parziale. Continua a leggere