> di Alessandra Peluso
Il silenzio è la notte oscura della parola, ma è in questa notte che il pensiero germoglia. La più elevata funzione del silenzio si rivela in quello spazio che deve crearsi, affinché sia possibile il dialogo, l’incontro; nel silenzio il lettore, l’interlocutore riesce a relazionarsi con se stesso, con l’altro ed avverte lo sguardo, quello disincantato di Georg Simmel. Uno sguardo esteso, divino, provvidenziale del quale ne è intrinseco il pensiero. Se Zeno ha ricorso alla scrittura per curare i suoi mali e riprendere il potere della parola, si pensi a “La coscienza di Zeno”, di Italo Svevo, questa distonia non appartiene di sicuro al filosofo tedesco che è andato oltre la parola, ha contagiato secoli e secoli con le sue teorie filosofica, politica, sociologica, pedagogica e senza porsi l’intento della cura, certamente, leggendolo, qualche male lo si riesce a risolvere.