Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Il tempo in Kant. Il rifiorire del pensiero. L’idealismo e la filosofia kantiana

> di Bruna, Stefania Massari*

Abstract: The intention of this article is to show how, through the analysis of various aspects of Kantian speculation in relation to “time”, it is possible to observe, in the philosopher of Konigsberg, a need to recover a thinking approach to philosophy, that was able to overcome the dualisms that affected the era that preceded the “enlightenment century”. Such is the sense of the Kantian concept of “metaphysics”, in which a “reason” was needed to be understood as “organic”, going beyond any theoreticism and scientism (today’s terms, as well as today’s drifts of philosophy), that the author had already begun to foreshadow substantially in his time, and which Hegel and the idealistic Wirkungsgeschichte had continued to undertake, as a philosophical approach to history.

Key-word: Time, Metaphysics, Thinking-Philosophy, Kantian-speculation, Philosophical-approach-to-history

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Modalità del Tempo. Saggio con quattordici proposizioni.

Giuseppe Brescia*

Ciò che è, ciò che fu, ciò che sarà” (Omero, Esiodo, Epicuro, Heidegger)

Discorrendo di “Trascendentalità del Tempo”, appaiono  imprescindibili le basi dottrinali  conquistate presso gli antichi Greci e rivisitate nella ermeneutica filosofica della “modernità” (Heidegger, Popper, Teoria fisica e cosmologica contemporanea ). Mi sta in mente il Proemio alla Teogonia di Esiodo (vv. 20-40): «Ma a che tali discorsi sulla quercia e la roccia ? / Orsù, dalle Muse iniziamo, che a padre Zeus / inneggiando col canto rallegrano la mente grande in Olimpo; / dicendo ciò che è, ciò che sarà, ciò che fu, / con voce concorde; e instancabile scorre la voce / dalle loro bocche, dolce» (cfr. il mio capitolo Dolcezza e Giudizio. Oscurità e luce nella ‘Teogonia’ esiodea, pp. 243-247 da I conti con il male. Ontologia e gnoseologia del male, Bari 2015, nella Parte Terza, Limiti alla bestia). La voce delle Muse è “dolce”, prospetticamente tesa a cantare “passato, presente e avvenire”. Le Muse nacquero tutte “a un sol parto”, figlie di ‘Mnemosyne’, la Memoria (indisgiungibile da ‘Lesmosyne’, l’Oblio) e del padre Zeus (vv. 53-65). E il “retto giudizio” di Zeus dà “dolci parole”, “risolve ogni contesa”, “perché è per questo che i re sono saggi, perché alle genti / offese nella assemblea danno riparazione, / facilmente con le dolci parole placandole; / quando giunge come un dio lo rispettano / con dolce reverenza, ed egli splende fra i convenuti” (vv. 80 sgg.). Così:«La dolcezza entra nella struttura costitutiva del giudizio, portato dalla saggezza dei re giusti, in ogni occasione ribadita». E in opposizione anche a “discorsi e ambigui discorsi”, qui si parla di “Contesa odiosa che genera Pena dolente e altri contrasti, Discordie e Inganni” (vv. 226-232).
Martin Heidegger, due millenni dopo, vi allude nelle dense pagine sul Detto di Anassimandro, del 1946, elegantemente accolte negli Holzwege (cfr. Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, Firenze 1968, pp. 322-325). Quivi, infatti, Heidegger cita non Esiodo, ma Omero, per l’inizio della Iliade:«Si alzò nuovamente / Calcante il Testoride, il più saggio di tutti gli àuguri, / che conosceva ciò che è, ciò che sarà, ciò che fu, / e che già aveva condotto dinanzi a Troia le prore achee / per la divinazione donatagli da Febo Apollo».
Sì che, abbiamo: “Divinazione” in Calcante, presso Omero; “Giudizio” (atto di “addolcimento”, e poetico e pratico), presso Esiodo. Codeste sono le forme del sapere in cui agli inizi del pensiero occidentale (Bruno Snell, Max Pohlenz, Werner Jaeger) si dis-tende la dimensione tri-partita, eppure compatta, del Tempo (qui cade il riferimento ermeneutico alla posteriore “Trascendentalità del Tempo”, sulla linea Kant – Carabellese – Bergson – Assunto, che oso pregiare). Continua a leggere


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Il real-idealismo tragico di Marcel Proust

 

> di Giuseppe A. Perri*

1. Qualsiasi lettore di Proust che abbia condotto studi filosofici viene presto colpito dalla dimensione non solo letteraria, ma etica e teoretica della Recherche. Per questo, Barthes ha parlato di «une tierce forme» (Barthes 1993, p. 336) a proposito del romanzo proustiano, rispetto alla forma classica e al genere saggistico; per Benjamin «ogni grande opera letteraria inaugura un genere o lo dissolve, insomma, è un caso speciale. Tuttavia, tra tali casi speciali, questo è uno dei più inafferrabili» (Benjamin 2000, p. 135). Specialmente nel secondo tomo, premiato col Goncourt, si avverte l’affinità di Proust con la tradizione moralistica francese, tanto da farlo apparire talvolta un nuovo de La Rochefoucauld. Un moralista dei nostri tempi: sebbene molti passaggi della Recherche siano certamente legati all’epoca in cui furono concepiti e l’universo mentale proustiano affondi le sue radici nella Francia tra il II Impero e la III Repubblica («la signora Swann è tutta un’epoca, no?»), la sua opera-cattedrale emana un’aura tutta contemporanea e un coraggio narrativo che riconosceremmo solo ad autori a noi coevi. Non a caso, dopo il successo decretato dalla giuria del famoso premio al II volume dell’opera, che lo ripagava anche dei rifiuti ricevuti per la pubblicazione di Du coté de chez Swann, rifiuti dovuti probabilmente anche al suo essere in anticipo sui tempi (per contenuto e struttura), un successo universale proustiano e una vera Proust-renaissance datano soltanto dagli anni Sessanta del Novecento. Continua a leggere


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Alla ricerca del concetto di temporalità. Heidegger lettore di Kant

> di Giorgio Astone

 

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1. Introduzione

Disquisire della temporalità e del suo lessico sembra, di primo acchito, implicare per il lettore d’oggi una più radicale immersione nella humus filosofica e metafisica; ciò che non ci si aspetterebbe, forse, è che l’esigenza che porta a riscoprire un simile concetto per inquadrarlo in termini più chiari può venire da campi differenti, aventi obiettivi diversi ed apparentemente più ‘pratici’ rispetto a quelli delle scienze filosofiche. Un esempio che può essere fatto è quello della sociologia del tempo: la Social Acceleration Theory, che vede fra i suoi principali teorici Hartmut Rosa, nel porre al centro della sua diagnosi nuove forme di alienazione temporale che caratterizzerebbero le società contemporanee, si riferisce alla ‘temporalità’ come a quella dimensione fenomenologica ed esperienziale del soggetto che si ritrova impossibilitato al cambiamento reale (a causa di una molteplicità di cambiamenti apparenti ed eterodiretti).

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