Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Risposta alle imprecise precisazioni di Roberto Fai

> di Diego Fusaro*

L’articolo di Roberto Fai intitolato “Diego Fusaro e il ‘cortocircuito’ tra teoria e prassi” mi ha molto colpito. Mi ha colpito per varie ragioni, in primis perché mi fa specie che una rivista filosofica mi dedichi così tanta attenzione, manco fossi Heidegger o Adorno. In effetti, l’autore dell’articolo mi ha dedicato ingiustificatamente le attenzioni che andrebbero dedicate a pensatori di primo livello, ossia a quei pensatori che segnano il dibattito in modo indelebile, come appunto Heidegger o Adorno. Detto questo (e dunque espresso apertis verbis il mio stupore per le troppe attenzioni dedicatemi), mi permetto subito di dire, con altrettanta franchezza, che trovo poco corretto e serio il modo di procedere dell’articolo. Sono presi di mira i miei interventi televisivi, le mie interviste ai quotidiani siciliani, i miei post su Facebook: non si fa mai un cenno, dico uno, ai miei studi monografici, ai miei saggi scientifici, ciò su cui un pensatore – piccolo o grande che sia – deve essere giudicato.
Non so se Fai agisca in tal maniera perché non mi ha letto (e non vi è – sia chiaro – nulla di male: anche se, per criticare un autore, grande o piccolo, sarebbe sempre opportuno leggerlo) o perché, in effetti, è più facile decostruire un post di Facebook o una sparata televisiva rispetto a 500 pagine scritte e argomentate. Ad ogni modo, mi sia consentito dire che trovo profondamente irrispettoso tal modo di procedere. Anche perché poi alle mie battute televisive si contrappongono dotti passaggi di Roberto Esposito, Remo Bodei, Carlo Galli, evidentemente ritenuti degni – a differenza mia – di essere letti e citati. Ma tant’è.

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Il senso del celeste e i princìpi vichiani in James Joyce

> di Giuseppe Brescia*

L’autonomia della poesia; la distinzione tra “persona pratica” e “personalità artistica” nello Shakespeare; l’interpretazione della legge dei “corsi e ricorsi storici”, come esigenza del perpetuo rinnovarsi di idealità spirituali e non meccanica ripetizione di fatti e accadimenti storici; la necessità, per non lasciarsi sopraffare, di contrapporre “forza a forza”, puntando però sempre al riscatto del cielo e dell’amore (“Love loves to love love”); il divario tra le “res gestae” e le “res gerendae” (“the irreparability of the past” e “the imprevedibility of the future”) nel corso dell’addio, al numero 7 di Eccles Street, tra Leopold Bloom e Stephen: – sono, questi, soltanto alcuni dei più importanti princìpi vichiani, e d’interpretazione vichiana, adottati da James Joyce in Ulysses (1922, ed. Penguin, London 1992, pp. 236 e 241-242; 490-492; 427-433; 816 sgg.), più tardi in Finnegans Wake, del 1939, il cui quarto libro è dedicato, propriamente, a “Il Ricorso”.

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Norberto Bobbio contro il governo occulto

> di Pietro Piro

Bobbio
Affamati di giustizia civile e desiderosi di ritrovare le ragioni di una filosofia critica che sempre più oscilla tra il culto museale dei patriarchi francofortesi e l’istigazione alla sollevazione contro l’Impero, potremmo rileggere gli “scritti civili” di Norberto Bobbio dedicati alla strage di Brescia che la casa editrice Morcelliana raccoglie in un piccolo ma denso volume dal titolo: La strage di Piazza della Loggia (Morcelliana, Brescia 2014). Questi “scritti d’occasione” ci permettono di ritrovare tutta la tensione civile di un filosofo della politica che ha sempre guardato con lucidità alla realtà, senza chiudersi unicamente nella torre d’avorio della speculazione accademica.

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La cultura delle destre di Gabriele Turi. Un contributo alla storia degli intellettuali

> di Pietro Piro

Gabriele Turi - La cultura delle destre

«I politici devono farsi dire dove conduce la strada di cui non
conoscono il tracciato e la meta – e devono farselo dire da quelli
che a loro volta non lo sanno, e i cui interessi si orientano a ben
altre cose, che diventeranno in tal modo anch’esse realizzabili» 
Ulrich Beck, La società del rischio.

«Odio gli
indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro
piagnisteo da eterni innocenti
» Antonio GramsciGli indifferenti.


1. Il mondo neutro degli indifferenti

Il libro dello storico Gabriele Turi, La Cultura delle destre [1] è un libro di parte. Indiscutibilmente. La sua colpa più grande è di proporre un’interpretazione che non sia asservita all’ordine del discorso imposto da una cultura che, oltre ad essere chiaramente dominante, non accetta e non tollera nessuna messa in discussione del proprio potere realizzato. Nulla di nuovo sotto il sole. Dove il potere si consolida, nessuna critica – per quanto profonda e argomentata – può essere accettata, discussa, dialettizzata. Continua a leggere