Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

MATHEMATICA AD INFINITUM 0, 1, ∞ – Terza parte

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> Vito J. Ceravolo*

Indice:

TERZA PARTE – SISTEMI EXTRANATURALI E NUMERI INIMMAGINABILI

1. Sistemi extranaturali
2. Numeri inimmaginabili
3. Al confine dell’ultimo numero

CONCLUSIONE

TERZA PARTE
SISTEMI EXTRANATURALI E NUMERI INIMMAGINABILI

1. Sistemi extranaturali

Abbiamo visto come tutta la natura e tutti i numeri si comportano con lo zero e l’infinito dando il medesimo risultato, come se tutti fossero la stessa cosa, lo stesso numero, come se tutti nei loro confronti si comportassero come fossero 1 (principio di Reductio ad 1).

Per ogni n diverso da zero e infinito:
0×n=0;
n×0=0;
0/n=0;
n/0=∞;
n+0=n;
0+n =n;
n0=n;
0–n=–n;
×n=∞;
∞=∞;
/n=∞;
n/∞=0;
∞+n=0;
n+∞=0;
∞–n=1;
n–∞=∞.

Il fatto che la natura ricorra alla cardinalità ad infinitum dell’insieme 1 per rapportarsi con lo 0 e l’∞, i quali risultano indifferenti alle differenze del mondo naturale; ciò matematicamente lo interpretiamo con questo significato: i numeri fondanti 0 e ∞ non fanno parte dell’insieme 1 dei numeri naturali; ed effettivamente il Niente non esiste in natura (se non in forma parziale come niente relativo, cioè come principio regolatore fra positivo e negativo o come «simbolico congegno posizionabile» che consente al nostro sistema in base 10 di funzionare) né l’infinito può essere percepito in una natura limitata (se non in forma parziale come «infinito potenziale»). Sicché ogni naturale nel relazionarsi con lo 0 e l’∞ si sta relazionando con qualcosa posto fuori dall’unità del proprio insieme naturale. Questa la chiamo «relazione ad infinitum extranaturale», quella operazione per cui, indifferentemente alle differenze naturali, il risultato non cambia.

I sistemi extranaturali hanno il carattere di una cardinalità ad infinitum. Questo genere di cardinalità è da distinguersi da quella dei numeri come π che si estendono senza fine, poiché questi coprono un solo segmento del discorso limitandosi negli altri, mentre la cardinalità ad infinitum copre tutto il logos. Detto ciò, da questo articolo rileviamo tre soli sistemi siffatti:

  • L’insieme 1 (Tutto) è di tutta la natura (naturali, interi negativi e positivi, frazionari e razionali, irrazionali e reali, immaginari e inimmaginabili[1]) e ha cardinalità ad infinitum per la sua semantica «non ha fine»;
  • L’oggetto 0 (Niente) è ciò che non esiste e ha cardinalità ad infinitum per la sua semantica «non ha inizio»;
  • Il limite ∞ (Infinito) di Niente e Tutto ha cardinalità infinita per la sua semantica «senza inizio né fine».

Si definisce così la «caratterizzazione dei sistemi extranaturali»: l’inesistenza del Nienteil limite Infinito e l’intera natura dell’insieme fondante di Tutto. Di cui riportiamo un’immagine per rendere più intuitivo il discorso.

Rimane aperta la questione di un oggetto 1 che può compiersi sia ad infinitum che finitamente, senza con ciò contraddirsi formalmente, nel contempo perfetto e finito eppur infinito. Questo è il discorso sovrano del pensiero, la cui soluzione significa la logica (modo di pensare) più potente al mondo, quella del principio e del fondamento, lo scioglimento del nodo universale; la cui formalizzazione è stata affrontata nel mio libro Infinito. Principi supremi. Un racconto filosofico al centro di un enigma millenario. Il quale libro, nei confronti di questo articolo, resta un approfondimento al perché.

2. Numeri inimmaginabili

A seguito di questa matematica, sembra doveroso definire una nuova classe di numeri: i numeri inimmaginabili (a seguito di quelli immaginari cfr. II parte, cap. 1.3). Prima li vediamo e poi proviamo a caratterizzarli.

Lungo questo articolo abbiamo parlato di un numero siffatto, o meglio: l’aritmetica trina ad infinitum dei numeri fondanti è il risultato di tale numero. Un numero straordinario, dove con “straordinario” vogliamo identificare processi superiori a quelli naturali, ad infinitum invece che naturalis. Questo numero inimmaginabile è il numero dell’infinito che non ha né inizio (Niente) né fine (Tutto): 01.

Se proviamo a determinare tale numero abbiamo come risultato il numero 1 perché lo 0 posto prima di una unità non ha alcun valore. Sicché il numero 01 viene ridotto a 1 perché il Niente non esiste, perché non riusciamo a immaginare una parte di numero (lo 0 prima dell’1) che non cambia la cardinalità del numero (01 è naturalmente uguale a 1), perché un numero non può definire finitamente l’infinito. E infatti questo numero non è determinabile: pur riconoscendo il contenuto numerico “01” esso rimane di principio non-immaginabile, ridotto da ogni determinazione a 1; eppur esso è, in linea alla sua forma senza inizio né fine, il numero dell’infinito[2], un numero inimmaginabile.

Credo tuttavia di aver trovato un ulteriore numero inimmaginabile. Ero partito dai numeri ipereeali di Robison, denominati ε. La struttura di ε si definisce dai numeri reali, anche se sono numeri più piccoli di ogni reale e con i reali formano l’insieme monade. Benché più piccoli di ogni reale, questi numeri sono diversi da 0 e le loro operazioni non interagiscono col mondo naturale ε<1/n, similmente alle oscillazioni quantistiche logicamente attendibili sotto la misura di Planck: n+ε=n; le oscillazioni (operazioni) dei numeri iperreali non cambiano la cardinalità dell’unità naturale in cui operano. È come se dopo i decimali sorgesse un’ulteriore virgola a segnare gli infinitesimali: numeri senza interesse per la nostra dimensione naturale; iperreali. Se questo fosse vero, o quantomeno formalizzato come ha fatto Robison, la definizione algebrica di tali numeri potrebbe assumere sintattiche di questo tipo:

n=n0,n10,n100
A parole: Il numero n si erge dalla sua propria unità n0, dalle sue parti decimali n10 che ne influenzano la natura, dalle sue parti infinitesimali n100 ininfluenti alla sua natura.

                      _ _               _
Esempio: 1,8,8 = (17/9),8
Il numero riguarda il decimale illimitato della frazione mentre parlavamo, in guisa inimmaginabile,  di decimali seguiti da infinitesimali.

Anche in questo esempio, come per il numero infinito, il numero viene ridotto a 17/9 perché è naturalmente inimmaginabile l’esistenza numerica di una parte di numero (es: ε) che non cambia la cardinalità del numero (es: n+ε=n).

Visto ciò,. tentiamo ora di dare una caratterizzazione dei numeri inimmaginabili. Per caratterizzarli partiamo dalla classe dei numeri che gli è più prossima, i numeri immaginari (cfr. II parte, cap. 1.3); anche questi non hanno ancora una definizione chiara. Un numero immaginario è √–1, che è possibile immaginarlo dal contenuto che lo compone ma il cui risultato è impossibile, benché sia in grado di intervenire sul piano della realtà presso alcuni risultati fisici. Da questi immaginari, i numeri inimmaginabili mantengono il carattere per cui non accadono in natura, ma il loro contenuto non porta immaginazione, ovvero: pur riportando il numero, la nostra mente non è in grado di immaginarlo; non solo di esso non si trova il risultato in natura ma non si riesce neanche a immaginare l’oggetto. L’inimmaginabile è facile da spiegarsi formalmente: «prendi la sintattica a=¬a, riesci a immaginare l’oggetto?» Questa è una caratterizzazione negativa e formale degli oggetti inimmaginabili, inimmaginabile perché formalmente impossibilitato a esistere. Ma non è la caratterizzazione formale e neppure negativa (derivata) che interessa a noi nella definizione di questa classe numerica. A noi interessa invece la caratterizzazione matematica positiva (diretta) dei numeri inimmaginabili. Tentiamo quindi di caratterizzare queste due classi numeriche:

  • Un numero immaginario è quello il cui contenuto numerico ci permette di immaginarlo ma il cui risultato non accade in natura;
  • Un numero inimmaginabile è quello il cui contenuto numerico non ci permette di immaginarlo e il cui risultato non accade in natura.

Sembrerebbe che il loro non-accadare sia per motivi diversi:

  • Il risultato dei concetti (numeri) immaginari non accade nella realtà perché è appunto solo un’immaginazione (cfr. II parte, cap. 1.3);
  • Il risultato dei concetti (numeri) inimmaginabili non accade nella realtà perché è infinito o talmente piccolo/grande da non intervenire presso la nostra dimensione naturale.

Ora facciamo un salto. Proviamo a dare corpo fisico alla caratterizzazione di questi numeri astratti (immaginario e inimmaginabile):

  • In senso fisico-immaginario, l’immaginario sta alla radice di qualcosa che in realtà non accade, come quando penso di essere sul punto più alto della Terra benché stia a Monti (OT), Italy. Questo pensiero è un pensiero negativo, nel senso che non sono realmente sul punto più alto, è qualcosa che non ho, qualcosa che mi manca, benché possa rientrare nelle mie possibilità. Attualmente però è assente e come tale assume un valore negativo, dove alla radice di un numero negativo vi è un risultato immaginario, che è possibile immaginare dal suo contenuto ma il cui risultato non accade nella realtà;
  • In senso fisico-inimmaginabile, l’inimmaginabile può essere qualcosa di talmente straordinario (con parvenze fisiche ad infinitum) da non riuscire neanche a vederlo o a credere alla sua verità, come per il complesso di Giona, che non si riesce neanche a immaginare per la sua “grandezza” e che fuggiamo negandone l’accadere

3. Al confine dell’ultimo numero

Sembra poi che alla fine di tutte le classi possibili il negativo risponda con la classe dei numeri inesistenti, l’insieme vuoto ∅. Verso cui il positivo pone la classe dei numeri esistenti, l’insieme di ogni numero 1={N}.

CONCLUSIONE
0, 1 , ∞

Al di là dell’inimmaginabile con cui ho conferito “perché” a questa matematica al fine di foraggiare un valore qualitativo oltreché quantitativo, finisce così la nostra matematica trina, con l’aspirazione che la bontà dei suoi meri calcoli numerici possa contribuire a una scienza naturale e mentale con equazioni e concetti in grado di gestire anche i casi limite allo zero, all’infinito e a tutto.

Chiosiamo su alcuni concetti generali per leggere meglio questa matematica: la matematica è la scienza degli oggetti assolutamente inosservabili, diversa dalle altre scienze (es. cosmologia, biologia) che hanno invece tutte oggetti di studio concretamente identificabili (es. i fenomeni naturali, gli organismi viventi). L’accesso a questo mondo inosservabile della matematica, si trae dalla mia filosofia: ponendo la ragione a in sé delle cose come qualcosa di sovrasensibile, puramente astratta e inosservabile, a essa si ha accesso solo per via intelligibile attraverso lo strumento astratto della razionalità. Sicché «La ragione in sé delle cose è la ragion sufficiente alla conoscenza razionale delle stesse»[3]. Ne segue evidentemente che mentre il discorso è l’aspetto qualitativo di questa ragione, la matematica ne è l’aspetto quantitativo, così come il numero 1 è l’aspetto quantitativo del qualitativo Tutto. La conoscenza degli oggetti matematici, quindi, può capitare avvenga tramite l’esperienza che si fa del mondo o di se stessi, da cui appunto traiamo le ragioni astratte per cui si può dire un’unità, due unità e via discorrendo come quando identifichiamo diverse unità di arance o di dita. Oppure, davanti a un sistema coerente e completo, si può avere conoscenza degli oggetti matematici anche al di là della loro esperienza sensibile, bensì possiamo conoscerli anche solo presupponendo la loro possibilità logico-formale, come quando Riemann propose la sua geometria esclusivamente come possibilità logica e solo più tardi Einstein ne scoprì l’applicazione fisica. Si parla in questo senso di un’inesauribile applicabilità della matematica data da quel inscindibile legame che c’è fra la ragione in sé delle cose e il loro apparire fenomenico: le cose appaino per le ragioni per cui appaiono. In questo senso la matematica non è solo pensiero puro ma può essere appunto usata per interpretare il mondo fisico, senza con ciò dipendere dalle culture particolari o dal passare del tempo. Infatti le teorie matematiche sono suscettibili al cambiamento meno frequentemente delle altre scienze, basti ricordare come il teorema di Euclide, sull’infinità dei numeri, lo riteniamo vero da circa 2000 anni. Ma poi cosa vuol dire “suscettibilità delle teorie a cambiare”? Vuol dire che quando cambio la mia teoria da “la Terra è piatta” a “la Terra è un geoide”, allora la Terra si trasforma dall’essere piatta all’essere geoide? O vuole dire che la suscettibilità della teoria a cambiare, è dipesa da un errore della teoria fatto da chi l’ha affermata? Come quando il concetto di gravità newtoniana viene perfezionato dalla relatività di Einstein… O vuol dire che sono le leggi universali a non essere eterne e quindi la teoria deve rimodellarsi a ogni cambiamento? Possiamo presupporre che esistono leggi universali valide in ogni dove e leggi regionali valide in qualche zona e leggi individuali valide per l’individuo? e così dire che, a nostra memoria, i numeri non sono mai cambiati, indipendentemente dal sistema metrico con cui li si conta o dal linguaggio che li esprime o dal tempo che cambia; tanto da poter parlare di eternità delle verità matematiche da attribuire ai valore assoluti di Niente, Tutto, Infinito da cui discende tutta la nostra matematica trina e naturalis.

 

[1] I numeri inimmaginabili vengono caratterizzati nel prossimo paragrafo.

[2] Tutto il discorso intorno a questo numero è sviluppato sempre nel mio libro Infinito. Principi supremi.

[3] V.J. Ceravolo, Mondo. Strutture portanti, (2016), cap. 1.2.

Bibliografia principale
Ceravolo V.J., Infinito. Principi supremi. Un racconto filosofico al centro di un enigma millenario, ed. self publishing “il mio libro” 2018. L’opera è assente di editore. È un racconto filosofico che ha lo scopo di argomentare e dimostrare tramite logica formale, come il principio unico sia nel contempo finito e infinito senza con ciò contraddirsi. La soluzione vuole sciogliere il primo conflitto filosofico del fondamento. Mentre le definizioni di Niente, Tutto, Infinito che si trovano in esso, sono l’origine di questa mathematica ad infinitum,

Bibliografia di riferimento
Aczel A.D., Caccia allo zero, L’odissea di un matematico per svelare l’origine dei numeri, Editore Raffaello Cortina, Milano 2016.
Ceravolo V.J., Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, Editore Il Prato, Collana Cento Talleri, Saonara (PD) dicembre 2016.
ID. Teorema di coerenza e completezza. Epimenide, Gödel, Hofstadter, in «Filosofia e nuovi sentieri» 20 aprile 2017.
Seife C., Zero, La storia di un’idea pericolosa, Editore Bollati Boringhieri, Torino 2000.

* Vito J. Ceravolo, classe 1978, è ricercatore indipendente nell’ambito dell’accessibilità intellegibile all’in sé e percettiva al fenomeno. Fra le sue pubblicazioni: Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, ed. Il Prato, collana I Cento Talleri, Saonara 2016 (secondo  al Premio Nazionale di Filosofia 2017, Certaldo); Libertà, ed. If Press, collana TheoreticalPhilosophy, Roma 2018. Diversi anche gli articoli pubblicati presso riviste e radunati presso il suo blog.

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