Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

I conti con il male. Ontologia e gnoseologia del male secondo Giuseppe Brescia

2 commenti

> di Gianfranco Bosio*

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Dopo Il vivente originario (Albatros, Milano, 2013 con nostra “Prefazione”), e Tempo e Idee (Gazzaniga ed., Milano 2014), in questo suo ultimi e recentissimo libro Giuseppe Brescia (che tra l’altro è Presidente della “Libera Università G.B. Vico” di Andria ed è stato anche insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica), ci presenta una nutritissima rassegna di vedute e di risposte di grandi pensatori come Kant, Schelling, Nietzsche, Heidegger, Pareyson riguardanti la grande domanda sul “perché” del male nel mondo, nelle sue forme di “male metafisico”, “male morale” e “male fisico”. In primo piano si staglia la figura di J.F. Schelling, fra i cui scritti emerge soprattutto il trattato del 1809, Ricerche sull’essenza della libertà umana del 1809. Brescia rileva come il male sia intimamente ed essenzialmente connotato dalla libertà della volontà e dalla sua originaria spiritualità.
Il male è l’espressione massima e suprema della libertà che opera per non essere libera, perché vuole “l’onnidistruzione e l’universale riduzione allo stato di schiavitù” (p. 301). In concordia assoluta e in piena consonanza con Schelling e con l’ermeneutica pareysoniana delle idee più profonde del grande pensatore tedesco sulla libertà e sul male, Brescia vede molto perspicuamente come il male, ben lungi dal costituirsi come la privazione e la negazione totale di ogni senso della realtà, si con figuri al contrario come via e percorso dell’autoredenzione della divinità nell’uomo e attraverso l’uomo, ed esiga dunque l’emergere in primo piano della cooperazione e dell’intreccio indissolubile tra il divenire della vita divina e l’agire dell’uomo (pp. 302 sgg., e anche 59 sgg., a proposito di Schelling e di Kant). E questi profondi risultati della sua ricerca permettono al suo autore di dissolvere e di vanificare ogni panteismo ed ogni immanentismo che si rivestano di un fatuo e superficiale ottimismo (p. 55). Non ci possiamo soffermare sulla dovizia delle citazioni e dei numerosissimi riferimenti dell’Autore anche a figure “minori” della storia del pensiero, oltreché della letteratura e delle arti, citazioni e riferimenti nei quali ci dà prova di un ammirevole impegno e di un’encomiabile erudizione. Con frequenza ricorrono riflessioni su B. Croce, R. Assunto, M. Nussbaum, H. Arendt; tra i maggiori vengono tematizzati, Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Malebranche; tra i “minori” Voltaire, P. Bayle, La Rochefoucauld. Né meno preziosi e illuminanti sono i riferimenti ai grandi della letteratura, in primis Th. Mann, F. Dostoevskij, J. Joyce, e della poesia, come Dante, Foscolo, Baudelaire e i massimi tragici greci , Eschilo e Sofocle, con il messaggio della condivisione empatica del dolore e della sventura. Il libro è diviso in quattro parti, quale illustrazione del titolo “Ontologia e Gnoseologia del Male”, dove l’”Ontologia” ne configura l’”essenza” e la “Gnoseologia” ne concerne l’apparire e le svariate forme manifestative. La prima parte, “Ontologia e Gnoseologia del Male”, è la più specifica, le rimanenti si intitolano “Lotta contro i demoni”, “Limiti alla bestia” e “Notre Infini”. Il volume è corredato da un’ampia serie iconografica di dipinti e sculture celebri e fondamentali che ne rendono gradevole e attraente la presentazione. Al termine della nostra presentazione non possiamo mancare di rilevare che la rassegna e la discussione delle problematiche risente di una struttura piuttosto rapsodica e non si cura molto di un ordine storicamente consequenziale, sicché le analisi e gli approfondimenti non pervengono a risultati più soddisfacenti, che pure si possono avvertire ma che rimangono alquanto in sospeso. Pur con queste limitazioni tuttavia il libro è problematico, stimolante e ricco di suggerimenti meritevoli di approfondimenti e di fecondi sviluppi.


G. Brescia, I conti con il male. Ontologia e gnoseologia del male, ed. Giuseppe Laterza, 2015.

Gianfranco Bosio è nato a Venezia l’8 maggio 1938. È professore emerito di Storia della Filosofia presso l’Università di Verona. Ha studiato soprattutto la fenomenologia tedesca ed è autore di numerose pubblicazioni, tra libri e articoli su riviste filosofiche, su Husserl, Scheler e Heidegger; ha inoltre ampliato l’orizzonte dei suoi studi e delle sue ricerche dedicandosi alla “filosofia della mente” e alla filosofia della natura e della vita.

2 thoughts on “I conti con il male. Ontologia e gnoseologia del male secondo Giuseppe Brescia

  1. Senza saper né leggere, né scrivere mi sembra che trattare l’ontologia del “male” a prescindere dalle dottrine che ne hanno riconosciuto l’importanza fondativa, sia un tantino presuntuoso. Leopardi si confrontò con lo Zoroastrismo, se non direttamente con il Manicheismo, componendo un inno incompiuto ad Arimane. Quando si parla di Male e di malvagità non è storicamente corretto ignorare gli illuminanti contributi del dualismo radicale, anche se essi vengono espunti dai programmi universitari.

  2. A proposito della “importanza fondativa del male”, di Giuseppe Brescia. Pur ringraziando per l’attenzione e la considerazione, non posso far a meno di rimarcare come io riconosca la “importanza fondativa” del male e procuri di citare sempre, e doverosamente, le fonti. Anzi, proprio il principale assunto dell’ impegnativo volume, tra l’altro di estrema “attualità” ( ma in ermeneutica filosofica tutto è “attuale” ), risiede nella critica della tesi della cosiddetta “umiltà del male” propria di epigoni della “école barisienne” ( “che male c’è”; “tutto dipende”, e via ). D’altra parte, è sufficiente dare una scorsa alle centinaia di pagine del libro e considerare come esso maturi da lontano, per rendersi conto del corretto approccio metodologico al gran tema. Bisognerebbe tener conto almeno dei miei “Ethos e Kratos” del 1994; “1994”. Critica della ragione sofistica ( 1997 ); “Ipotesi su Pico” e “Il sogno di Castorp e il progetto di Pico” ( 2000 e 2002 ); “Croce e il cristianesimo” ( 2003 ), per tacer d’altro. La scansione storica è, così, interna a ciascuna delle Sezioni. Certo, è tema di comune rammarico che l’incubazione del male ( nelle due dualità e tappe ) sia quasi del tutto assente dai programmi universitari. Si consideri quanto siamo stati ‘assorbiti’ dalle polemiche sul “realismo”, sul ruolo “politico” del filosofare, sull’organicismo e sul praxismo ognora rinascenti, per rendersene conto. “Che Dio disperda la profezia !”, alla fine, diceva Luigi Sturzo. Giuseppe Brescia

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