> di Paolo Calabrò*
A chi spetta la precedenza in filosofia: al sentire, o al pensare? A chi va la priorità, a quel sentimento tipicamente associato al soggettivo, o alla ragione oggettiva e universale? In realtà – conclude Sentire e pensare. Tra Kant e Husserl, volume edito da Mimesis a cura di Maria Teresa Catena e Anna Donise – si tratta di un falso problema: la questione infatti non è schierarsi a favore dell’uno o dell’altro, perché pensare e sentire (“ragione e sentimento”, se si preferisce la coppia austeniana con la quale Giuseppe Cantillo, Professore emerito di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, apre il volume) non sono affatto rivali né antagonisti, né ancora facoltà distinte che operino nell’uomo (e dunque nel filosofo) in maniera separata. Al contrario, più l’indagine antropologica si approfondisce, più si scopre che esse “vanno a braccetto”: non c’è alcun pensiero filosofico che prescinda dalla soggettività del pensatore, né sentimento “immediato” che possa venir ritenuto estraneo all’intelletto, alla cultura di chi lo vive.
Tuttavia l’originalità del volume qui presentato non risiede in questo (che è argomento di un dibattito ampio e di lungo corso): al riguardo si può solo elogiare l’opportunità di dedicare un ciclo di incontri seminariali al tema, ciò che è stato fatto dal Dipartimento di Filosofia “A. Aliotta” dell’Università “Federico II” nel corso del 2011 e di cui il volume è testimonianza. L’originalità va invece ravvisata altrove, nel tentativo ardito di rintracciare l’affinità, la sinergia, l’inseparabilità di pensare e sentire al di fuori della riflessione contemporanea, in due autori classici i quali – almeno in superficie – sembrano relegare la soggettività a un ambito “minore”: Kant e Husserl.
Ma veramente poi Kant ritiene che la “norma morale universale” debba (cioè: possa) prescindere dalla soggettività e farne completamente a meno? E quanto si può davvero dire che Husserl intenda estromettere recisamente il soggetto dall’accesso alle “cose stesse”? Tramite analisi condotte con grande erudizione, gli autori dei contributi via via presentati convergono su una conclusione fondamentale (seppur espresso in maniera assai diversificata) Kant e Husserl, spesso implicitamente o indirettamente, sostengono che il binomio pensare-sentire… sia inscindibile. Anche la ragione più rigorosa è intrinsecamente affettiva.
Maria Teresa Catena parte dal Kant precritico per approdare alla riflessione kantiana sul «sentire come soggetto d’indagine» (p. 37). Anna Donise parte invece dalla domanda generale (e socratica) sull’oggettività della morale per arrivare alla questione kantiana (e poi husserliana): che cos’è che spinge l’uomo a comportarsi moralmente? Sulla stessa lughezza d’onda – cioè sull’interrogazione fondamentale su quale possa essere il movente della moralità – Marco Ivaldo, sostiene che Kant vada infine “scrostato” dalla tradizionale critica mossagli da Scheler, per recuperare il «sentimento morale» quale «esperienza affettiva». Dal canto suo Vincenzo Costa sottolinea la differenza fondamentale tra il criticismo e la fenomenologia, foriera di tante ricadute anche in filosofia morale: differenza che ruota attorno al modo (forse addirittura antitetico) di intendere l’esperienza.
Di notevole interesse anche gli altri variegati contributi che si uniscono a formare il volume: dalla nozione di “coscienza di sé” in Kant (Mariafilomena Anzalone) a quella di grandezza e quantità nella formazione della fenomenologia (Felice Masi); dal rapporto fra sensazione e significato (Paolo Agusto Masullo) alle riflessioni su Nicolai Hartmann (Giuseppe D’Anna) e sulle esperienze estetiche (Filippo Fimiani). Il libro è stato stampato con il contributo del MIUR-PRIN 2008, nella collana “Percorsi di confine” diretta da Pio Colonnello.
Indice:
Prefazione
Ragione e sentimento nella filosofia della religione di Kant – di Giuseppe Cantillo
Sul momento “materiale” della ragione pura pratica. Riflessioni sul sentimento morale nella Critica della ragione pratica – di Marco Ivaldo
Io sono dove sento: Kant e il sentimento tra riflessione antropologico-trascendentale (e ritorno) – di Maria Teresa Catena
Kant e la coscienza di sé – di Mariafilomena Anzalone
Sentire il dovere e percepire il valore. Un percorso tra Kant e Husserl – di Anna Donise
La “bilancetta” di pensiero ed esperienza. Grandezza e quantità nella formazione della fenomenologia – di Felice Masi
Prima del sentire e del giudicare: la comprensione – di Vincenzo Costa
Laddove si dà qualcosa che sente, s’insinua la probabilità di un significato – di Paolo Augusto Masullo
“Sentire” l’esterno a priori. Nicolai Hartmann tra neokantismo e fenomenologia – di Giuseppe D’Anna
Quando sappiamo cosa sentire. Credenze, retoriche ed esperienze estetiche – di Filippo Fimiani
Notizie sugli autori
Indice dei nomi
Maria Teresa Catena è Professore associato di Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Tra le sue ultime pubblicazioni: Corpo (Napoli 2006), Sentire (Napoli 2010). Con Pierandrea Amato e Nicola Russo ha curato il volume L’ethos teoretico (Napoli 2011). È sua anche la curatela di Artefatti. Dal postumano all’umanologia (Milano 2012).
Anna Donise è Professore associato di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Si è occupata in particolare di neokantismo, fenomenologia, teoria del valore. Attualmente lavora sul tema della decisione in ambito etico. Tra i suoi lavori più recenti: Valore (Napoli 2008), Ragione e sentimento. Ricerche di etica (Napoli 2008), Le ragioni dell’agire morale (Napoli 2012).
> Maria Teresa Catena – Anna Donise (a cura di), Sentire e pensare. Tra Kant e Husserl, Mimesis, Milano 2013, pp. 180, euro 16.
*Paolo Calabrò, laureato in Scienze dell’informazione e in Filosofia, gestisce dal 2009 il sito ufficiale del filosofo francese Maurice Bellet in italiano (www.mauricebellet.it). Collaboratore dei mensili «Lo Straniero» e «Sapere», del bimestrale «Testimonianze» e delle riviste online «Filosofia e nuovi sentieri» e «Pagina3», è redattore del settimanale «Il Caffè» di Caserta e del mensile «l’Altrapagina» di Città di Castello. Ha pubblicato Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e diversi articoli sulla filosofia di Raimon Panikkar e Maurice Bellet. Il suo secondo libro, La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell’umano di Maurice Bellet, è in corso di pubblicazione (febbraio 2014).
5 febbraio 2014 alle 09:51
Bella esposizione, ma francamente temo la caduta nel cerebralismo e quindi in una involuzione del pensiero. Certe reiterazioni dimostrano, ai miei poveri occhi, la rincorsa a tematiche ormai museali: simpatiche ma ormai sterili per quanto riguarda il futuro. Dovrebbero servire, queste reiterazioni, a sviluppare nuove idee, nuove strategie speculative, affiancandosi all’approfondimento vuoi delle istanze scientifiche moderne vuoi delle stesse novità filosofiche riassumibili nell’iniziativa dirompente di Derrida. Altimenti si rischia seriamente l’onanismo mentale ab aeternum.
8 febbraio 2014 alle 12:26
Caro Dario,
grazie per i complimenti e per l’attenzione che riserva ai miei articoli.
Premessa l’ovvietà che in una recensione l’esposizione privilegia quasi sempre l’ampiezza e il rapporto tra pregi e difetti, a scapito della profondità e della pregnanza, c’è da dire che concordo pienamente con Lei sulla necessità di una filosofia che sia aderente al concreto e al quotidiano dell’uomo (il che presuppone un alto grado di accessibilità, pur non volendo scadere nella banalità o in una semplicità riduttiva).
Credo che possa esistere – o che almeno dovrebbe – un trait-d’union tra il lavoro speculativo dell’accademia e ciò che serve immediatamente ai poveri mortali (cioè tutti noi) ogni giorno: l’opera di autori come Pietro Barcellona, che ho avuto la fortuna di conoscere di persona – testimoniano proprio questa possibilità e questo impegno. Va da sé che non è operazione facile; né può considerarsi esaustiva, proprio perché richiede invece a monte un’opera di astrazione irrinunciabile, anche quando sembra cervellotica (il che non vuol dire che ogni cosa cervellotica sia di per sé buona o addirittura indispensabile; siamo pieni di una sedicente “filosofia” che non è altro che espressione della confusione mentale e dell’inconcludenza dell’autore).
Per dirla con Panikkar – di cui parlava in un altro Suo commento (e al quale è toccata la curiosa sorte, da uomo che ha dedicato la vita all’interreligiosità, di venir ritenuto dai laici un cattolico fin troppo devoto, e un eterodosso dai cattolici) – la teoria e la prassi dovrebbero sempre marciare insieme: nel loro punto di congiunzione – la saggezza della “nuova innocenza” – la filosofia si fa stile di vita. Obiettivo affascinante e irraggiungibile, dal quale confesso di essere lontanissimo.