Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Margherita Hack e l’amara faccenda dei neuroni-specchio

4 commenti

> di Giuseppe Roncoroni*

Nietzsche e Gallese

Platone

« C’è chi attribuisce il conversare con voi, disse Socrate, a cause come la voce o l’udito. Poi dice che sono seduto perché i muscoli, tendendosi e contraendosi, fanno sì che le gambe si pieghino. Ma le vere cause sono altre: gli ateniesi mi votarono contro e perciò ho scelto di restare a sedere qui. »

PRESENTAZIONE DEI NEURONI-SPECCHIO

Questo articolo è un commento sui neuroni-specchio. Una rivelazione che viene alla luce nella nostra città, nel laboratorio di fisiologia di Parma, ma si riflette nelle regioni della filosofia e della scienza. Wikipedia li presenta così: « I neuroni-specchio sono una classe di neuroni che risiedono nell’area premotoria del cervello e si attivano quando un animale compie un’azione e quando osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto. I neuroni-specchio nella scimmia e l’analogo sistema dimostrato nell’uomo sono un’osservazione neurofisiologica che va tenuta distinta, nella sua validità, da opinioni interpretative sul loro ruolo. »

I CONFINI DEL MIO SCRITTO

Sovviene un mito. Un Titano carpì a Zeus la ricetta del fuoco e l’uomo imparò spiando come strofinasse i legnetti fino allo scoccare della scintilla. Quel Titano, Prometeo, non dubitò che l’imitazione fosse un metodo di apprendimento. Oggi non mi stupisco nel sapere che l’imitazione sia connessa a taluni neuroni perché nella rete nervosa c’è un corrispettivo per ogni atto di coscienza. Non mi stupisco che quei neuroni abbiano un alloggio nelle periferie motorie perché è lì che possono innescare l’azione. Questa è la mia impressione. Però non sono un neurofisiologo, purtroppo, e mi dedico al tema con modestia. Mi occuperò soltanto delle opinioni interpretative (per citare Wikipedia) e mi calerò nella contesa sulla valenza che avrebbero i neuroni-specchio. Questo progetto vuole un punto di riferimento. Ricorro al Dizionario di Abbagnano, come preludio alla trattazione, per verificare quale sia lo stato di salute delle nozioni che orientano nella ricerca filosofica e scientifica. Beh, cosa c’entra Margherita Hack con i neuroni-specchio? Mica tanto. Margherita, così simpatica, interverrà a sostegno di una mentalità che era moderna per le divinità dell’Olimpo. Si tratta del materialismo nella forma compiuta, meccanicismo o riduzionismo, e me ne sbarazzerò avendo per guida il Dizionario.

VOCI DAL DIZIONARIO DI FILOSOFIA

Sostanza e Causa

« La sostanza è il cardine della metafisica di Aristotele. Qualcuno è convinto che esistano due sostanze, la materia e l’anima, mentre altri ritengono che sia solo la materia all’origine dei fenomeni fisici e mentali. Le cose non mutano quando, con Kant, la sostanza viene considerata una categoria mentale. La dottrina di Aristotele dimostra il legame tra le nozioni di sostanza e causa. La causa si presenta nella connessione razionale e immancabile con l’effetto e la sua azione è descritta come quella di una forza. »

Materialismo – Meccanicismo – Riduzionismo – Olismo

« Il meccanicismo si presentò, sin dall’antichità, come atomismo: la materia dei corpi è costituita da elementi semplici, gli atomi, e negli atomi c’è una forza che ne spiega le modalità. Il materialismo del ’700-’800 riprese questa concezione che è segnata dal determinismo cioè da una causalità che investa tutta la natura. Un aspetto, il materialismo psicofisico, consiste nell’affermare la dipendenza dello spirito dalla materia (il cervello). Il meccanicismo fa parte del riduzionismo, l’idea di considerare certi ordini di fenomeni come soggetti a un altro ordine, e consiste nella tesi per cui i fenomeni della natura siano spiegati con le leggi della meccanica. Questa impostazione costituì un credo che la scienza stessa smantellò tanto che nel secolo XX abbandonò il riduzionismo e il meccanicismo. L’olismo capovolge la tesi meccanicista mettendo al centro i fenomeni di ordine superiore. »

Empirismo

« L’empirismo è l’indirizzo filosofico che fa appello all’esperienza come norma della verità. È negato il soprasensibile e, cioè, ogni realtà che non si lasci attestare e controllare in un modo qualsiasi. Hegel riconosceva il merito dell’empirismo: il principio che ciò che è vero, ciò che l’uomo vuole ammettere nel suo sapere, lo deve avere presente nella percezione. La critica empiristica ai concetti di sostanza e causa, al carattere di necessità loro attribuito, è fondata sul fatto che queste ipotesi sono estranee all’esperienza. »

Fisica

« Le nuove teorie della fisica favoriscono la nozione di probabilità che infine, con la meccanica quantistica, sostituisce la nozione di causa. La fisica si è trasformata nella previsione degli eventi osservabili e rigetta quel che spesso è ancora citato come materialismo scientifico. La biologia sta ricostruendo la vita secondo le leggi naturali ma tali leggi non si possono più enunciare prescindendo dalla mente che osserva. Questo carattere della fisica del nostro tempo, dal punto di vista filosofico, è espresso da Heisenberg quando dice che la fisica non fornisce più l’immagine della natura ma quella dei nostri rapporti con la natura. »

DUE VERITÀ SU MENTE E CERVELLO

Il Dizionario mi assiste nel labirinto della relazione fra la mente e il cervello. Qui identifico la mente con la coscienza ed escludo, per semplicità, l’inconscio. 1) La vita cosciente ha la stessa legge del cervello? La risposta è Sì. 2) La vita cosciente sorge dal cervello? La risposta è No. Queste saranno, per me, le due verità. La prima è accettata da tutti i contendenti. Ne discende che “la mente aiuta a capire il cervello” e “il cervello aiuta a capire la mente”. La seconda, invece, è controversa: c’è chi difende il valore assoluto della coscienza, cioè l’impossibilità di fare a meno dell’osservatore come vuole il Dizionario, e c’è chi persevera nel porre il cervello come causa della mente. La verità non condivisa la terrò nella tasca. La estrarrò per misurare chi dice “il cervello produce la vita cosciente” o chi dice “il cervello spiega chi siamo”.

LO SCANDALO DEI NEURONI-SPECCHIO SECONDO PITITTO

Pititto

« La scoperta dei neuroni-specchio dà allo studio della mente e del linguaggio un fondamento di tipo neurobiologico. La stessa costruzione dell’identità dell’individuo come essere umano potrebbe essere legata all’attività di questi neuroni. Le scienze umane dovranno interrogarsi sulla valenza etica che la scoperta dei neuroni-specchio comporta. Cosa rimane dell’idea di uomo, propria dell’eredità occidentale, dopo questa scoperta? L’uomo è ancora un essere libero, responsabile delle sue azioni, soggetto di giudizio, di castigo o di premio? Se le azioni dell’uomo (le sue scelte, le sue passioni, i suoi desideri) sono determinate dai suoi neuroni, l’uomo è ancora un essere libero e speciale? O, forse, è meno libero e ancor meno speciale? »

BUONE NUOVE PER PITITTO DAL SECOLO XVII

Cosa insegnano, per Pititto, i neuroni-specchio? Sarebbero la prova che i pensieri e le decisioni sono dominio dei neuroni e dunque vacilla la loro credibilità. Io sono, forse, una pupazzo in balìa dei fili? Un dilemma imprevisto e urgente a sentir Pititto. Quel professore spalancherà la bocca nel sapere che da quattro secoli si ha contezza che il corpo e la mente camminano al passo delle leggi naturali. Quel professore salirà al settimo cerchio nel sapere che le contromosse, per preservare le peculiarità della mente, erano familiari ai filosofi del secolo XVII. Gli regalo un pro memoria del tema mente-corpo o, più recente, mente-cervello. Mente e corpo si distaccano con Aristotele e si traducono nelle loro sostanze, anima e materia, che interferiscono se percepisco il mondo o se muovo il corpo. L’anima è più lontana quando Cartesio e Leibniz consegnano una veste meccanica alla materia. A quel tempo giunge il dato che a quest’ora, all’imbrunire, giunge a Pititto: la mente è vincolata alla natura e, con la libertà, viene meno anche l’anima. Questo dato era la mia prima verità su mente e cervello. Leibniz si guarda dal dissipare la mente nella materia ed escogita l’armonia prestabilita come via d’uscita. Questo ripiego certifica quanto sia critico il problema. Una vera soluzione impone di rivedere lo sfondo e fare sì che il profilo della natura sia compatibile ai talenti della mente. Qui mi affido a due filosofi. Spinoza e Jung negano la priorità del corpo e intendono corpo e mente come risvolti di un flusso che è, nell’ordine, la sostanza neutra o l’esperienza vissuta. Condividono la seconda verità, quella nel taschino, secondo cui la mente non promana dal cervello.

Aristotele

« l’anima è congiunta a un corpo e proprio per questa comunanza l’una agisce e l’altro patisce, l’una muove e l’altro è mosso »

Leibniz

« Cartesio ha riconosciuto che le anime non possono comunicare forza ai corpi perché non cambia la quantità di forza nella materia. Peraltro ha creduto che l’anima possa mutare la direzione dei corpi dato che non notò la conservazione della direzione. Altrimenti sarebbe approdato nel mio sistema dell’armonia prestabilita secondo il quale i corpi agiscono come se per impossibile non esistessero le anime, le anime agiscono come se non esistessero i corpi ed entrambi agiscono come se influissero fra loro. »

Spinoza

« La mente e il corpo sono un’unica entità con un unico ordine ma, benché non ci siano dubbi, non credo che gli uomini possano riflettere ragionevolmente su ciò tanto sono persuasi che per solo comando della mente ora il corpo si muova e ora stia fermo. »

Jung

« La maggioranza considera la psiche come risultato di processi biochimici che si svolgono nelle cellule cerebrali. Questa concezione, per cui la psiche è epifenomeno della fisica, è un’eredità del vecchio materialismo scientifico. Pochi altri credono che la psiche governi la funzione delle cellule corticali. Gli uni e gli altri sono in errore. È lecito supporre, poiché psiche e natura sono in costante contatto e sono contenute nell’esperienza, che siano due aspetti di una medesima cosa. Potremmo paragonare il mondo psichico e il mondo naturale a due coni i cui vertici si toccano e non si toccano in un punto zero. »

LE VIRTÙ DEI NEURONI-SPECCHIO SECONDO GALLESE

Gallese

« Petrarca scrive: “altro schermo non trovo che mi scampi, dal manifesto accorger delle genti, perché negli atti di allegrezza spenti, di fuor si legge come io dentro avvampi”. Nietzsche scrive: “per comprendere l’altro ci mettiamo in una prospettiva di imitazione interna che fa sorgere dei sentimenti in noi analoghi in virtù di un’antica associazione tra movimento e sensazione”. I neuroni specchio esemplificano questa relazione tra movimento e sensazione. C’è una capacità di trasferire significati a un’altra persona utilizzando il corpo come veicolo. Godiamo di quella che definisco una consonanza intenzionale con il mondo degli altri. Quando ci troviamo di fronte all’altro ne esperiamo direttamente l’umanità. L’altro è vissuto come un “altro sé”. … Quando vediamo l’uomo parlare si osserva un’attivazione bilaterale del sistema premotorio che include l’area di Broca, quando vediamo la scimmia che apre le labbra si osserva un’attivazione premotoria di intensità ridotta, quando vediamo il cane abbaiare si ha una assenza di attivazione. … Con la simulazione incarnata, il meccanismo sostenuto dai neuroni specchio, ho la capacità di riconoscere in quello che vedo qualcosa in cui risuono. Le esperienze altrui sono comprese grazie ad una comprensione dall’interno. Di recente è stato dimostrato che il sistema dei neuroni specchio è alla base non solo della capacità di comprendere le azioni altrui ma anche le intenzioni che le hanno promosse. »

QUALCHE ESAGERAZIONE ?

È utile qualche appunto sull’elogio ai neuroni-specchio che ho trascritto. Accetto quanto mi propinano sull’esistenza e sul ruolo di questi neuroni. Fingerò persino che esistano, nonostante le puntuali obiezioni che riporta il saggio di Simonetti, perché c’è senz’altro qualche neurone in corrispondenza delle propensioni sociali. Gallese si accompagna a Petrarca e Nietzsche per darmi la prova che emozione e gestualità siano inestricabili. Non era necessaria una antologia della letteratura. Come potrebbe realizzarsi, se non per mezzo del corpo, quella comunicazione con gli altri che non ha bisogno delle parole? Ed è vero, lo è per definizione, che questo rispecchiarsi diventa opaco quanto più mi discosto dai miei simili. Insomma: possedere i neuroni specchio è una fortuna. Però ci vorrebbe più cautela perché talvolta, sull’ala dell’entusiasmo, capita di strafare. Come può credere, Gallese, di cogliere gli altri in modo diretto per via di quelle cellule? Nei sogni, se così fosse, saprei che le altre presenze sono irreali senza attendere il risveglio. Come può credere che quelle cellule portino a penetrare le intenzioni degli altri prima di aver inserito la metapsichica nel suo auspicio di approccio multidisciplinare? Un tale Jacob nota che «c’è uno scarto rispetto alla capacità di sapere se, afferrando la tazza, l’agente intenda bere, dare la tazza a qualcuno o buttarla dalla finestra». Gallese fa la corte a Freud e dovrebbe sapere che una previsione del genere non è che una trasposizione, nell’altra testa, di ciò che farei nelle medesime circostanze.

I NEURONI-SPECCHIO E LA FENOMENOLOGIA

Simonetti

« Significativo è che questa scoperta abbia destato l’interesse dei filosofi. Essa tocca un punto centrale della contemporaneità, la convinzione che il legame intersoggettivo, il riconoscimento dell’altro, siano essenziali per l’individuo e la società. Si è verificata una convergenza con una linea di ricerca, sviluppata nell’ambito della fenomenologia da Merleau-Ponty, sulla percezione. Essa viene considerata non un assemblaggio di dati sensibili, ma un dialogo con il mondo esterno in cui il corpo è protagonista. In Francia molti ricercatori e filosofi lavorano sul nesso tra percezione e azione. »

Gallese

« Un contributo fondamentale è quello della fenomenologia. Husserl è autore complesso, di cui molti criticano il solipsismo trascendentale, sottolineando gli aspetti cartesiani. Ma nella fase conclusiva del suo pensiero emerge sempre più evidente l’esigenza di comprendere la dimensione intersoggettiva sottolineandone la centralità nella definizione della soggettività cosciente. Particolarmente interessante è il concetto husserliano di “paarung”, secondo cui l’altro è compreso grazie ad un primitivo processo di accoppiamento. Mi sembra un buon punto di partenza per inquadrare la dimensione implicita della capacità intersoggettiva di trasferire significati da una persona all’altra utilizzando il corpo come veicolo, sia dal punto di vista dell’espressione del significato, che da quello della capacità di decodificarlo quando ne siamo spettatori. La scoperta dei neuroni specchio ha permesso di chiarire i meccanismi neurofisiologici alla base di numerosi aspetti della cognizione sociale. »

10 COS’È LA FENOMENOLOGIA ?

Cos’è la fenomenologia? La fenomenologia si caratterizza nel presupporre l’Io cioè il soggetto cosciente e intenzionale di lascito cartesiano. Questo comporta la ripartizione, la più rudimentale, tra soggetto e oggetto. Vi sfido a sfogliare Immagine e coscienza di Sartre. Questo satrapo, in disgrazia, irrita con il gergo ampolloso e cattedratico della sua scuola ma si scorge, muro di nausea, il nucleo del libro: nell’immaginare è protagonista il soggetto mentre nella percezione c’è la prevalenza dell’oggetto. Una persona normale la ritiene un’ovvietà e la traduce così: sono io che decido com’è un albero nella fantasia mentre, quando guardo in giardino, c’è la sagoma dell’albero che sta là e vale per tutti. Insomma sono operazioni diverse tanto quanto inventare è diverso da ricevere. Sarà un’ovvietà ma è anche un errore: il manuale di psicologia cognitivista conferma che sono in gioco, nell’uno e nell’altro caso, gli stessi meccanismi per costruire l’immagine.

11 LA FENOMENOLOGIA È L’ABITO DA SIGNORE

C’è un filo fra Gallese e i fenomenologi? Macché. Gallese prende in prestito le indagini sulla socialità, da parte dei francesi, e poi le fissa al caposaldo: la neurologia e la competenza del neurone-specchio. La cornice della fenomenologia, l’Io, viene così oltrepassata e degradata in un corollario. Come un seguace di Kant che ritorni ad Aristotele spingendo Dio, anima e materia oltre il margine del criticismo. Chi trascura le cornici mette a rischio i quadri. Difatti la fenomenologia va in pezzi. Non era che l’abito, l’abito della festa, ricucito su un fisiologo. Gian Franco Bosio, il filosofo, mi scrive: «sono maldestri questi “intracranialisti” e, fra loro, i fisiologi che gabellano per fenomenologia l’ordinario riduzionismo». Stavolta, però, un merito lo darei a Gallese. Fenomenologia e materialismo sono frutti di Aristotele ma il materialismo, almeno, ha il sapore grezzo e genuino delle nostre campagne. A un uomo di fabbrica, com’è Gallese, non si confà il taglio francese e gli consiglio, complici nella passione per la lirica, di lasciar perdere i pennacchi, il cappello galante, la chioma e l’aria frizzante.

12 GALLESE PARLA DA NEUROFISIOLOGO

Gallese

« Veniamo ora al mio ruolo specifico che è quello di neurofisiologo, cioè di chi studia il funzionamento del sistema nervoso centrale, utilizzando un livello di descrizione riduzionista, per comprendere aspetti che normalmente spieghiamo ed interpretiamo con altri linguaggi e altri livelli di descrizione. … Un neurone è una “macchina” che genera dei voltaggi. L’unica cosa che un neurone conosce del mondo esterno, è una manciata di ioni come potassio, sodio, calcio, ecc., che incessantemente escono ed entrano dai canali che attraversano la membrana. Non c’è nulla di intrinsecamente intenzionale nel funzionamento del neurone. Ma il neurone non è contenuto in una scatola magica, è contenuto in un organo, il cervello, che è legato e si sviluppa in parallelo ad un corpo, attraverso il quale ha accesso al mondo esterno. … La scoperta dei neuroni specchio e il conseguente cambiamento di paradigma nella ricerca dell’intersoggettività permettono di guardare con cauto ottimismo al progetto di naturalizzazione, al livello di descrizione sub-personale, dell’intersoggettività. L’intersoggettività diviene così ontologicamente il fondamento della condizione umana. »

13 IL MATERIALISMO RIDUZIONISTA DI GALLESE

Bosio scrive ancora: «Quant’è sciocco il riduzionista a pensare che noi imitiamo perché ci sono i neuroni specchio quando, piuttosto, ci sono i neuroni specchio per permetterci di imitare. In generale il cervello sarebbe congegno astruso e oscuro se non avessimo, come chiave, la mente.». Io deploro i toni severi dell’amico e imploro che sia benevolo con le scemenze e con chi, sprovveduto, le promuove. Or bene: Gallese, lo confessa, è riduzionista. Gallese spera di raccontare la mente, la nostra vita, con il codice della fisiologia. Ecco che cincischia sugli scambi della massa nervosa con l’ambiente cercando una conformità per celebrare i neuroni-specchio come fattori della socialità. È una aspirazione ridicola ma non può sottrarsi chi aderisce a materialismo e riduzionismo dove il cervello ha autorità sulla mente. Questa ideologia pretende una sequela di condizionali. Ci sarebbe, per cominciare, un mondo fuori di noi. Il mondo ignoto dovrebbe modellare il corpo e, mediante il cervello, la coscienza. L’unica certezza, io che vedo o che sento, viene catalogata come interiorità e diventa l’ultimo anello della catena. Fin qui sono i condizionali del materialismo ma altri ne aggiunge il riduzionismo: la sostanza, il mondo esterno, dovrebbe avere degli atomi e gli atomi dovrebbero contenere delle proprietà, non meno occulte, le quali dovrebbero governare la dinamica del cervello e dovrebbero dal cervello far scaturire la vita cosciente. Questo, nella materia riduzionista, è l’artificio che mi sovrasta. È un costrutto grottesco ma si presta alla tentazione, la più insidiosa per l’uomo di braccio, di sublimare un suo reperto, miserabile, nella pietra angolare di una rivoluzione. La deriva filosofica dei neuroni-specchio è un caso del genere. Gallese, dicendo che «l’intersoggettività diviene il fondamento della condizione umana», vuole dirmi che il fondamento della condizione umana sono i neuroni-specchio.

14 UMILTÀ IRRITA IL SISTEMA NERVOSO DI GALLESE : IL CERVELLO NON SPIEGA CHI SIAMO

Simonetti

« Un obiettivo polemico di Gallese è un volume di Legrenzi e Umiltà, Neuro-mania (2009), il quale riporta sin dalla copertina un’affermazione quanto meno singolare per l’Autore di uno dei primi manuali italiani di neuroscienze: il cervello non spiega chi siamo. »

Il professore Umiltà non è filosofo ma fisiologo. Non dirà mai, come Spinoza o Jung, che la mente sia primitiva ma suppone, con Gallese, che abbia origine dal cervello. Com’è che l’eretico azzarda, dinanzi ai colleghi, che “il cervello non spiega chi siamo”? Com’è che “il cervello produce la mente” non equivale a “il cervello spiega la mente”? Umiltà fa così: rimpiazza la materia riduzionista con la materia olista. Cosa vuole dire? Vuole dire che è tolto agli atomi il servizio di causa. Che il cervello non produce ma, piuttosto, suscita la mente. Che alla natura è restituita la sua creatività in virtù della quale emergono le forme complesse ed emerge, al vertice, la trama nervosa e lo spirito. Voglio rendere un omaggio a Nietzsche, come fa Gallese, stralciando un lampo di Zarathustra dove è distillato il sentimento, arcaico, della creazione: «m’assisi al tavolo divino della terra per giocare ai dadi con gli dei, sì che la terra sussultò e si spaccò e sbuffò fiumi di fuoco, perché la terra è un tavolo fremente per parole creatrici e per divini lanci di dadi». Non indugio sulla sentenza di Umiltà perché è manifesta per ogni persona di buon senso. Invece mi addolora il destino dell’uomo. Conobbi Umiltà da un dibattito cui partecipò nel 1978 con altri studiosi della mente. In quell’occasione contestava il riduzionismo di tal Somenzi e oggi spreca il tempo con un riduzionista di nome Gallese. Temo che fra sette lustri si imbatterà nel clone il quale, comunque si chiami, si chiamerà Simplicius.

15 IL CERVELLO SPIEGA CHI SIAMO NELLA CARTAPESTA DEL MATERIALISMO RIDUZIONISTA

Gallese avvertì che la mente, mediante il suo trucco, si riduce ai tracciati del cervello. Ora però, lasciando ogni prudenza, lo ripete in forma lapidaria: il cervello spiega chi siamo. Siamo così alle prese con un paradosso o, meglio, un colosso di cartapesta. 1) Un aspetto del paradosso vale per Gallese quanto per Umiltà, incluso nell’idea che la coscienza nasca dalla materia, ma il riduzionismo di Gallese lo rende più forte. Du Bois Reymond, nel secolo scorso, lo esprimeva con il suo celebre Ignorabimus: «Che rapporto può esserci tra gli atomi nel mio cervello e, dall’altro lato, le mie esperienze originarie: ho dolore, sento profumo di rosa, odo suono d’organo, vedo rosso? È incomprensibile, e sempre lo sarà, che da carbonio, azoto, idrogeno, ossigeno, prenda forma la vita cosciente. Ignoramus et ignorabimus!» 2) Il cuore del paradosso riguarda il riduzionismo e la formula secondo cui il cervello spiega chi siamo. Lo metto a fuoco con una finzione: suppongo che un fisiologo tenga d’occhio il cervello di Einstein mentre Einstein elabora la sua teoria. Ebbene costui, seppure per assurdo fosse ignaro della sfera cosciente, dai fermenti del cervello dovrebbe intuire l’architettarsi coerente e geniale della relatività. Ma è un occultista e porgerà la scusa di non poter accedere alla materia e alle proprietà del cervello. Fa eco a Locke e Voltaire: «della sostanza sappiamo non più che degli abitatori di Saturno». Fa eco a Laplace: «se conoscessimo le forze che animano la natura e gli esseri che la compongono…». 3) Quella finzione, così improponibile, non è neppure lecita perché, qualora il cervello spiegasse chi siamo, vorrebbe dire che le movenze dei neuroni destituiscono la mente. Ma la “mente che sceglie e ragiona” è irrinunciabile sia per il naturalista che per il filosofo. La “mente che sceglie” è ritenuta importante nelle vicende della specie se è vero che siamo sollecitati, con l’esca del piacere e del dolore, a curare il corpo o ad accoppiarci. Che senso avrebbe se i comportamenti fossero l’effetto delle forze che agitano il cervello? La “mente che ragiona” è garanzia per chiunque e anche l’elucubrazione di Gallese va in fumo se non è firmata dalla logica. Eccles riprende la Reductio ad absurdum di Popper: «Ogni teoria, secondo il determinismo, viene sostenuta per via della struttura cerebrale di chi la sostiene. Però, se quelle che sembrano convinzioni basate sulla logica sono dovute a condizioni fisiche, ci inganniamo quando crediamo nelle ragioni che fanno accettare il determinismo. Questa teoria non è argomentabile.»

16 COSÌ CONCLUSE GALLESE

Simonetti

« Gallese non condivide questa affermazione (il cervello non spiega chi siamo) come non condivide l’opportunità di una simile operazione culturale. Dopo anni di geremiadi contro la scienza e la tecnica, dopo la deleteria predicazione favorente una separazione tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, l’operazione di Legrenzi e Umiltà rischia di mandare ancora più indietro il nostro Paese, secondo il neurologo parmense, dal punto di vista della cultura scientifica. Certamente le accoglienze più favorevoli al libro sono state ricevute in ambiti extra-scientifici, come una recensione entusiasta pubblicata in prima pagina sull’Osservatore Romano. »

17 UNA CONCLUSIONE MIGLIORE

Gallese vagheggia una alleanza tra la cultura scientifica e la cultura umanistica. Sarebbe un buon preliminare se lo scienziato acquisisse una confidenza con lo stile almeno superiore a quella di un bambino che abbia smarrito l’abbecedario e sarebbe tanto più opportuno non usufruendo, nelle letture, della “simulazione incarnata”. Ma voliamo in là e fino alla vera domanda: quale scienza ho di fronte? Gallese e gli specialisti del neurone incoronano il riduzionismo come dottrina della scienza. Un tale impianto dissolve le qualità umanistiche e ostacola ogni intesa. Non basta un autografo di Petrarca o Nietzsche e tanto meno di Husserl. Non basta maneggiare vocaboli come “consustanziale” o “antipredicativa” dai quali trapela una “simulazione incarnata” fra fisiologia e teologia e un ammonimento a stare alla larga dal culto che “risuona” nelle loro aule. Torniamo alla domanda: quale indirizzo ha, oggi, la scienza? Il Dizionario testimonia che gli impolverati dogmi, il riduzionismo sopra tutti, sono in archivio assieme ai pronostici di Gallese. Costui si aggrega a tanti veterani che stringono la mano a Democrito e Aristotele e, ciechi su quanto li circonda, si complimentano fra loro. Il nuovo corso, invece, apre alla conciliazione fra filosofi e scienziati e all’alleanza nel sapere che tutti vorremmo. Personalità della scienza come Poincaré, Bohr, Heisenberg, Goedel, von Neumann, Wigner, Schrodinger e mille altri, non meno eccelsi del Gallese, sono concordi nell’idea che l’osservatore sia originale e non sia generato dal cervello. La scienza, come la filosofia, riporta in primo piano la coscienza. Questo fronte, in contrasto con il materialismo, si propone di rimanere fra i confini dell’apparire e si sovrappone al criterio dell’empirismo com’è presentato nel Dizionario. Adotto, infine, un passo di Mach che attiene al nostro tema e mette in chiaro che l’essenza della realtà è la sensazione e non il presunto mondo in sé.

Mach

« In un giorno sereno d’estate, una volta, mi si presentò il mondo, con il mio io, come una trama di sensazioni e, benché più tardi si sia aggiunta la riflessione, quello fu il momento decisivo per la mia concezione. Provai all’improvviso quanto sia inutile il “fatto in sé”. … La materia è un nostro simbolo e noi ci guardiamo di dare valore ai simboli. Ancora più ci guarderemo dal mostruoso pensiero di spiegare i fenomeni psichici con le molecole e gli atomi. … Una volta un fisiologo mi avvertì che malamente avevo soddisfatto al mio tema, in questo scritto, e mi disse: non si possono analizzare le sensazioni prima di conoscere quale sia l’ufficio dei componenti nel cervello. Queste parole avrebbero ispirato una teoria di “occulti movimenti” in un giovane al tempo di Laplace e mi fecero riconsiderare l’Ignorabimus del du Bois che fino allora m’era sembrato un grave errore. Fu utile che il du Bois riconoscesse l’insolubilità del suo problema. Egli però non ha fatto il passo più importante: un problema, riconosciuto come insolubile, è tale perché male si è posta la questione. … Al fisiologo che non tenga in conto la psicologia, può capitare lo stesso che a quello che, come si dice, cercava l’asino e v’era seduto sopra. È quel che accade al ricercatore che segua le vie nervose, sorretto da vaghe e astratte idee, e si trovi a dovere connettere la sensazione del verde con un processo che avviene nel cervello. Quella sensazione gli appare qualcosa di nuovo e meraviglioso. Come può risultare dalla chimica o dalla corrente elettrica? La meraviglia non è giustificata perché si lavora sempre su sensazioni. Le sensazioni sono il fondamento di ogni cosa. »

18 APOLOGIA DEL SILENZIO

La filosofia e la scienza non possono essere separate ma vanno combinate, come accadeva ai primordi, per disegnare la mappa della realtà. Il primo tratto è questo: c’è o non c’è un mondo fuori di noi? L’uomo comune e molti filosofi o scienziati credono che ci sia. L’empirismo nega che ci sia perché è una tesi non dimostrabile. Gettare un elemento all’esterno opera una distorsione del mondo che conosciamo. Questo è un bivio e ogni cosa sarà diversa a seconda della svolta. Non sarà possibile, se l’uno va a destra e l’altro va a sinistra, stare insieme e colloquiare. Oggi la scienza va in aiuto della filosofia nel dare forza alla prospettiva dell’empirismo. L’empirismo è la pietà di far tacere le parole e noi stessi. È l’onestà di lasciar decadere le ipotesi, in quanto sono nostre e degne di nulla, e ordinare ciò che compare davanti agli occhi. Sostanze e cause non erano altro che il miraggio di una realtà docile e domestica. La tela della realtà è il big bang dell’istante, ineffabile e balenante, che sto vivendo.

Jung

« Non sono un filosofo ma un empirista. L’empirismo è apparso in modo clamoroso e i suoi vantaggi si sono imposti con evidenza. La materia è una ipotesi. Dicendo materia creiamo un simbolo di qualcosa d’ignoto che può essere ogni cosa. L’uomo di media formazione non capisce che la materia è un altro modo d’indicare il principio supremo. Baratta il nome di Dio o Energia con quello di Materia. Il materialista è un metafisico. Deve rendersi conto che non potrà mai valicare i confini della psiche. »

Cioran

« Le teorie degli uomini non sono che brillanti tautologie. Quale vantaggio ricaviamo dal sapere che la natura dell’essere consiste nella volontà di vivere o nella fantasia di Dio o nella fantasia della Chimica? Semplice proliferazione dei termini e sottile spostamento del senso. Ciò che è ripugna alla stretta verbale. L’esperienza intima non ci svela nulla al di là dell’istante privilegiato e inesprimibile. »

19 AH DIMENTICAVO… LA RELIGIONE STELLARE DI MARGHERITA HACK

* Margherita è bruttina, un po’ Maga Magò, ma ciò è vanto di scienziato. Ama gli animali. Tutti noi pensiamo che si debbano rispettare gli animali i quali ebbero, come noi, la sventura di precipitare sulla terra. Margherita è coerente: le dispiace che si molesti un macaco e si ciba di verzure perché non vuole che il suo corpo diventi la tomba di altre vite. Tutti noi pensiamo che sia giusto ma ce ne scordiamo e addentiamo l’anatra che, rosolata sul piatto, si lamenta: «nunc in scutella iaceo, volitare nequeo, dentes frendentes video». E dunque: bravissima Margherita!

* Margherita, dovendo lavorare, sceglie di scrutare il cielo. Non si ferma a guardare le stelle ma ci vuole dare, benché non abbia titolo più del verzuraio, una veduta globale del mondo. Come la pensa Margherita? Ecco due frasi da una intervista in tivù: «il cervello ha la conoscenza delle cose» e «le mie molecole dopo la morte alimenteranno altra vita». Sono frasi strane. È la mente, semmai, che conosce. Da dove viene questo modo di pensare? C’era una volta Democrito il quale ritenne che tutto fosse composto da atomi, gli indivisibili, che vagano nello spazio. Ora vagola lui stesso, negli inferi, come “colui che il mondo a caso pone”. Venne Epicuro che adottò la fisica di Democrito e licenziò gli Dei (sono lassù e se ne fregano) per offrire una vita tranquilla. Margherita risente di queste riflessioni tanto che chiude l’intervista con un motto epicureo: «fin che ci sono io non c’è la morte, quando arriverà la morte non ci sarò più io». Ora capisco le frasi che rivolse al povero Marzullo: sono il trionfo dell’atomo di Democrito. Non è la mente ma è il cervello che conosce perché la mente non è che una sua dote. La morte è dispersione di molecole perché la persona non è più della maschera corporea.

* Le stelle sono circonfuse di luce e di poesia. Ma adesso ci rendiamo conto che Margherita, addestrata a guardare fuori da sé, dimentica l’occhio e il mondo interiore dove la poesia dovrebbe abitare. Schopenhauer dice che «l’esistenza del mondo dipende dagli esseri coscienti» e che «il materialismo è la filosofia del soggetto che si dimentica di sé stesso». La Fisica conferma che l’atomo è un atomo osservato. Varcare la coscienza ci priva dell’unico mondo con cui siamo a contatto.

* La religione è dogma. Il dogma è qualcosa che non sia dimostrabile o, è lo stesso, credere che all’origine della vita ci sia una figura che non si può verificare perché è di là dal nostro sguardo. Margherita si fa beffe di Dio e dell’Anima ma si inchina al dogma dell’Atomo. Che differenza fa se credo in un papà che chiamo Dio o se sposto sull’Atomo la carica di Creatore Onnipotente? Si chiama Atomo la fede religiosa di Margherita che presto danzerà fra atomi e molecole di stelle.

20 BIBLIOGRAFIA

ARTICOLI RIGUARDO AI NEURONI-SPECCHIO

1) GALLESE VITTORIO (Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma) Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale. Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività. Rivista di Psicoanalisi, 2007, LIII, 1, 197-208.

2) PITITTO ROCCO (Professore di Filosofia della mente all’Università di Napoli Federico II) I neuroni-specchio: una sfida per la filosofia, pubblicato nel Web.

3) SIMONETTI NICOLA (Dottorato di Ricerca in Scienze Cognitive presso l’Università di Siena) I neuroni-specchio tra neuroscienze e filosofia della mente,  Filosofia e Nuovi Sentieri/ISSN 2282-5711, 2013.

ALTRE FONTI

ABBAGNANO (1971) Dizionario di filosofia, UTET, Torino.

ARISTOTELE L’anima, Laterza, Bari, 1957.

CIORAN (2005) Précis de decomposition, Éditions Gallimard, Parigi.

DU BOIS REYMOND (1881) I confini della conoscenza della natura, Feltrinelli, Milano, 1957.

ECCLES (1979) Il Mistero Uomo, Il Saggiatore, Milano, 1981.

LAPLACE (1820) Teoria analitica delle probabilità, Tipografia Torinese, Torino, 1967.

LEIBNIZ (1714) Monadologia, Laterza, Bari, 1937.

LEVI-MONTALCINI, RIZZOLATTI, SOMENZI, UMILTÀ (1978) Mente e cervello, Rivista: Civiltà delle macchine, maggio-dicembre.

MACH (1900) Analisi delle sensazioni, Laterza, Bari, 1903.

NEISSER (1967) Psicologia cognitivista, Martello-Giunti, Milano, 1976.

NIETZSCHE (1884) Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano, 1968.

PLATONE Fedone, in Opere, Sansoni, Firenze, 1974.

SARTRE (1940) Immagine e coscienza, Einaudi, Torino, 1948.

SCHOPENHAUER (1818) Il mondo come volontà e rappresentazione, Mursia, Milano, 1969.

SPINOZA (1677) Etica, Boringhieri, Torino, 1959.

VOLTAIRE (1735) Lettera a de Tournemine, in La filosofia di Newton, Laterza, Bari, 1968.

JUNG (1938) Gli aspetti psicologici dell’archetipo della Madre, in Opere volume 9*, Boringhieri, Torino, 1980.

JUNG (1954) Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche, Boringhieri, Torino, 1976.

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Diogene Laerzio (Le vite dei filosofi)

« Euripide, dandogli il libro di Eraclito, chiese a Socrate “che te ne sembra?” e Socrate: “ciò che ho capito è eccellente, e penso lo sia anche ciò che non capisco… ma bisognerebbe essere un tuffatore di Delo!” »

tuffatore di delo

scritto dal Tuffatore di Delo nel dicembre 2013

Giuseppe Roncoroni viene da Delo e lavora a Parma come medico.

Indaga la psicologia dei miti e dell’arte. Vale la pena di segnalare una delle pubblicazioni perché si trova facilmente anche sul Web: “La figura di Perseo nell’opera di Cellini” (Florence Art News 1993: http://www.catpress.com/fan/psicologia/psicoperseo.htm).

Riceve un premio nazionale per medici scrittori. Alcuni racconti compaiono nei fascicoli 87-88 e 91-92 di “Osservatorio Letterario” (www.osservatorioletterario.net). La raccolta di questi scritti è in attesa con il titolo “Volo sull’Acheronte” (Youcanprint ebook).

Gli studi principali riguardano la filosofia e la filosofia della scienza. Presenta la tesi in Medicina sulla relazione fra mente e cervello. La raccolta degli articoli di filosofia e scienza, rivisitati e completati, compone il libro “L’universo che appare” (Youcanprint 2012).

[Clicca qui per il pdf]

4 thoughts on “Margherita Hack e l’amara faccenda dei neuroni-specchio

  1. Caro Giuseppe, complimenti sinceri, come avemmo già modo di parlarne privatamente, per l’articolo ben scritto, coinvolgente e anche divertente, che, aldilà dei punti di vista sulla discussa scoperta dei neuroni specchio, a mio parere insegna in primis quanto sia possibile e anzi auspicabile discutere e riflettere su argomenti originati in seno alle scienze e alla filosofia, al fine di divulgare e rendere ogni lettore partecipe della bellezza della scienza e del pensiero, con anche un fresco spirito ironico! Nicola Simonetti

    • Grazie Nicola. Tardo a rispondere perché ho pensato a lungo. Ponderando le tue parole mi ha colpito quell'”al di là dei punti di vista”. Con te mi sono chiesto: come sarebbe il mondo se, per assurdo, avessero ragione i fisiologi e, cioè, ci fossero dei neuroni che producono o spiegano ciascuna facoltà mentale? Mi arrenderei, in tal caso, al fatto che un fisiologo invada le stanze della filosofia di Parma o che docenti di filosofia mettano al centro delle lezioni un dettaglio cellulare frustrando e corrompendo una gioventù all’appassionata ricerca di una veduta elevata e globale della vita. Ebbene, Nicola, come sarebbe il mondo? Ne ho concluso che saremmo di fronte a un mondo più divertente. I neuroni a buon diritto trarrebbero il nome dall’atto mentale che determinano. Allora sì che potrebbero esistere dei “neuroni-specchio” alla base degli atti di imitazione e di empatia. Allo stesso modo avremmo i “neuroni-capricciosi”, quelli che scaricano per un capriccio o un dispetto, oppure i “neuroni-culinari”, attivi quando siamo alle prese con i fornelli, e poi avremmo i “neuroni-pensatori” o i raffinati “neuroni-teoretici”, assorti nell’impresa di decifrare la Fenomenologia dello Spirito, e così via. Non mancherebbero i “neuroni-ottusi” che sarebbero i responsabili delle sviste o delle scempiate che proferiamo. Anzi farei una proposta agli amici della neurofisiologia: cercate questi “neuroni-ottusi” e sono sicuro che non dovrete cercare lontano. G. R.

  2. Complimenti, un gran bel lavoro! Modestamente però ritengo che molte valutazioni, dirette ed indirette, siano dovute ad un concetto duro da rimuovere: esso consiste nella posizione psicologica della nostra personalità, posizione per cui si ragiona da esseri definiti e non da esseri in divenire. Le opinioni attuali sono soggette a cambiamenti nella fenomenologia successiva. L’idea della nostra definizione di esseri risponde alle teorie finalistiche (religiose) e deterministiche (scientifiche) mentre la scienza ha dimostrato la difficoltà (che chiama attualmente impossibilità) a definire la formazione del “poi”. Tocca cominciare a ragionare in termini relativistici, non più assolutistici, nella speranza di catturare il prima o almeno il durante. Una nuova evoluzione mentale ci attende e magari una emancipazione.

  3. Credo che la relatività si manifesti quando l’uomo usurpa il seggio di costruttore della realtà. In quel caso c’è una scelta fra figure inaccessibili e ignote per cui non può esserci altro, alla base, che un orientamento psicologico. Un esempio? Chi amò il papà adora le regole e riproduce un padre celeste, come protettore, e qualche comandamento al quale chinare il capo per avere un premio. Margherita, la nostra scienziata, era una rompicoglioni in famiglia, una contestatrice, e di conseguenza vuole respirare la libertà di un mondo senza significato. Ed è così, cioè mettiamo in gioco noi stessi, ogni volta che scommettiamo in una entità che stia fuori di noi. Restringere la realtà all’esperienza diretta dovrebbe preservare dalle giravolte di quella ingenuità. Naturalmente è solo l’opinione di chi impegna il proprio tempo nella filosofia: credere che esista una verità.
    Comunque nuoto, anzi mi tuffo, nel brodo di giuggiole per via del suo “complimenti”. So quanto siano rari e preziosi. Io e il mio amico, Daniele Baron, ce li spartiremo come fanno i bambini con le caramelle.
    Grazie per l’attenzione e arrivederci.
    Giuseppe Roncoroni

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