Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

L’@lliEvo

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Il professor Rizzo varcò il portone e s’immise nell’ampia sala. Si fermò per un attimo al centro, gettò lo sguardo sulle ampie vetrate laterali e contemplò i raggi solari che penetravano attraverso lo spettro. Ripensò anche al motivo per cui era lì e, sebbene lo trovasse singolare, il pensiero di aver evitato per almeno un giorno il suo lavoro reale lo rinfrancava. Mentre era perso tra i suoi pensieri, scorse un funzionario davanti a lui in fondo alla sala. Allora, si mosse risoluto verso di lui.

-Buongiorno, signor Rizzo! Benvenuto alla Electronic Learning!

-Buongiorno a lei!

-Come si sente?

-A dire il vero, un tantino a disagio, se posso essere sincero

-Deve esserlo! – esclamò con un ampio sorriso il funzionario – Non si preoccupi! Vedrà, le nostre simulazioni di intelligenza umana ingannerebbero chiunque, anche l’individualità umana più esperta! Ma è normale che lei possa sentirsi un po’ a disagio, è l’effetto psicologico che fa il vedersi allo specchio e scorgersi così simili, anche se diversi sotto molti altri aspetti

-E tuttavia devo ammettere che mi sfugge il senso di questa sperimentazione … voglio dire, sinora si è parlato di robotica educativa prefigurando la possibilità, neanche tanto remota, di una sostituzione dei docenti nel processo di apprendimento. Ma perché sostituire adesso gli stessi alunni?

-Ma noi non vogliamo sostituirli – replicò il funzionario – vogliamo solamente sperimentare sul campo come possano futuri androidi apprendere! È questo il nostro scopo!

-Però capirà che una sperimentazione del genere, qualora dovesse funzionare, aprirebbe scenari non poco raccomandabili …

-Non lo mettiamo certo in dubbio, sono tante le possibilità inedite e, potenzialmente, anche controverse che con le nostre ricerche potremmo aprire, ma la nostra mission, ciò che ci ispira, il nostro obiettivo è “Capire più a fondo, imparare sempre”!

-Come farebbe un alunno in carne ed ossa?

-Come farebbe un androide in carne ed ossa!

-Immagino … carne ed ossa sintetiche! – replicò il professore.

-E perché mai?

-In che senso, scusi? Temo di non seguirla …

-Siamo orami ad un livello così avanzato che, se lo volessimo, potremmo pure caricare un algoritmo dentro un corpo umano, ma anche non umano, e creare ex novo la vita intelligente!

-Ah …  è forse per questo che poco prima parlava di individualità. La differenza sta nel funzionamento intelligente, e non nella natura del supporto materiale che la istanzia. Ora mi pare il tutto piuttosto inquietante, anche come possibilità …

-Ovviamente parliamo di possibilità tecnologiche, e non anche di possibilità etiche!

-E ci mancherebbe! – esclamò quasi risentito il professore.

-Ma immagino lei sappia pure che dobbiamo seguire il vento degli affari, siamo pur sempre un’impresa votata al profitto, e non un ente no profit!

-Certamente, ma non sono però del tutto capace di cogliere il profitto in una simile opera!

-Non pretendiamo, ovviamente, che lo faccia, ma oggi necessitiamo dei suoi servigi – precisò il funzionario.

-Per l’appunto, come mai avete selezionato proprio me? Dico, non avevo nemmeno presentato una candidatura formale …

-Chiamiamola, la dittatura dei dati! Ciascuno di noi ne lascia parecchi nell’infosfera. Ora, sapendoli combinare tra loro ed interrogandoli opportunatamente è possibile estrapolare le informazioni che servono. Così facendo è venuto fuori il suo profilo

-Si è trattata, allora, di una specie di estrazione a sorte, insomma?

-Assolutamente, no! I nostri modelli matematici hanno individuato proprio lei, signor Rizzo, come l’automa ideale per questo esperimento!

-Automa?

-Scusi, è il nostro gergo per indicare l’esecutore dell’esperimento! Sa, a differenza delle macchine, che sono incapaci di mentire, noi umani lo facciamo continuamente ed in fondo questo stesso esperimento è esattamente una sorta di imbroglio …

-Nel senso che dovrei imbrogliare l’alunno? – chiese perplesso il professore.

-Diciamo che dovrà cercare di metterlo in difficoltà! – rispose il funzionario.

-Una specie di stress test?

-Più esattamente, una prova del nove!

-Ecco, proprio per sentirmi un po’ più a mio agio, vorrei sapere cosa state cercando …

-È semplice! Stiamo cercando di capire come reagisce un’intelligenza artificiale all’imprevedibilità di un apprendimento non esatto

-Come quello umanistico?

-Esattamente!

-Ma … non si trattava di un … androide? – chiese il professore.

-Lei è attento, ma sa poco del nostro campo di ricerca. Diciamo che, al livello attuale, androide ed intelligenza artificiale sono pressappoco la stessa cosa. Non badi troppo alle mie parole, ma abbia fede: non le sto mentendo

-Non lo metto certo in dubbio, ma sa, io agente umano, mi trovo un po’ in imbarazzo in una simulazione di questo genere

-In realtà, ha timore – precisò con tono fermo il funzionario.

-Timore? E di cosa? – chiese di rimando il professore.

-Di perdere le sue certezze! – rispose il funzionario.

-Non la seguo …

-È un tema classico del nostro ambito di ricerche. In parole povere, il timore nell’operatore umano, lei nel nostro caso, consiste nel non essere più sicuro di trovarsi di fronte ad un automa, ma ad un’intelligenza perfettamente uguale alla sua!

-Siamo fatti di carne ed ormoni, d’altra parte …

-Più esattamente, siamo dei cervelli in una vasca!

-Interessante metafora – rispose di rimando il professore.

-Più che una metafora! Ma, allora, perché la nostra intelligenza umana dovrebbe essere diversa da un’intelligenza artificiale? E da qui i suoi timori – spiegò il funzionario.

-Ammetto che forse sarebbe più interessante conversare con lei che con l’androide …

-L’alunno! – precisò il funzionario.

-Sì, certo, l’alunno … – disse di rimando il professore.

-Purtroppo, o per fortuna, dipende dai punti di vista, lei non è qui per me, ma per l’allievo

-E immagino anche ch’io non sia qui per conversare soltanto con quest’ultimo

-Esattamente! Non dovrà soltanto conversare, ma fare quello che normalmente fa con alunni umani, ovvero insegnare!

-Un androide che apprende … comincia a sembrarmi affascinante! – esclamò il professore.

-Lo è, oltre che estremamente faticoso, almeno per noi che lavoriamo al progetto. Tuttavia, le raccomandiamo solo una cosa

-Che cosa?

-Di non mentire mai all’androide! Dovrà solo dirgli la verità

-Dirgli? È un lui?

-Un lui, una lei, che importa? È intelligenza!

-Ma perché non mentirgli?

-Gliel’ho detto poc’anzi: le macchine non comprendono le menzogne! Falsificherebbe l’esperimento

-Trovo curioso che mi facciate questa richiesta – precisò il professore.

-Perché la trova … curiosa? – chiese il funzionario.

-Ma perché in genere noi docenti non mentiamo ai nostri alunni …

-Oh … ma qui il problema non è questo: non stiamo replicando la relazione umana tra il docente e gli alunni; piuttosto: sino a che punto un androide sia capace di apprendere un sapere non matematico!

-Chiaro! Dunque, starò attento alle parole

-Bravissimo! Proprio così. Ora, se non le dispiace, sono le 09:05 e saremmo già in ritardo!

-Mi piace! Quando ricordo a tutti che la puntualità è importante mi guardano straniti! Oppure mi rimproverano di essere troppo rigido

-Interessante, ma direi che è ora di cominciare – precisò il funzionario.

-Va bene! – esclamò il professore.

Il funzionario calò la maniglia della semplice porta alle sue spalle e fece cenno di entrare. Il professore Rizzo esitò per un attimo, la stanza era buia e pareva poco attraente. Poi ruppe gli indugi e varcò la soglia. Una volta dentro, udì dietro di sé la porta che si chiudeva. Rimase immobile dov’era, non sapeva dove dirigersi. Alcuni istanti dopo. Sul pavimento si accese una sequenza di piccoli led rossi, quasi a disegnare un sentiero. Lo seguì e giunse davanti ad una parete. Scorse un’altra porta, abbassò la maniglia ed entrò nel nuovo ambiente. Stavolta era ben illuminato. Si trattava di una stanza ben illuminata e, nonostante lo strano sfarfallio iniziale, notò che si trattava di una riproduzione di un’aula scolastica. Una cattedra, una lavagna in ardesia, dei banchi e … lui seduto in fondo. Ebbe un moto d’emozione. Poi a grandi passi andò verso di lui.

-Buongiorno, professore!

Il professore Rizzo si bloccò di colpo. Sapeva che si trattava di un androide, ma la sua voce non era affatto metallica o innaturale. Pareva una normalissima voce di adolescente in preda ad una tempesta d’ormoni. “Sarà divertente”, pensò tra sé e sé, e raggiunse il banco dell’androide.

-Buongiorno! Come sta?

-Non mi darà del ‘tu’?

-Eh no! Io sono il prof, lei l’alunno; non siamo mica parenti!

-Mi pare giusto!

Il professore Rizzo afferrò una sedia e la pose davanti al banco. Poi si sedette.

-Allora, mi dica, come sta?

-Benissimo! E lei?

-Oh, diciamo bene!

-Sì, diciamolo allora!

-Sa perché siamo qui, non è vero?

-Credo di sì, lei è un prof e io un alunno!

-Apprendere! Siamo qui per apprendere!

-Bene. Io sono pronto, lo è anche lei?

-Io? Sono nato pronto!

-E allora mi stupisca!

“Hanno lavorato bene! Movimenti e risposte naturali, pare difficile scorgere differenze sensibili tra gli alunni in carne ed ossa e questi automi qui. Ma il mio compito è proprio quello di far emergere questa differenza! Ci penso io”.

-Comincerei con il parlare di Turing, le va?

-Chi? Turing?

-Sì, Turing!

-Va bene, la ascolto!

“Ecco una prima differenza: un alunno in carne ed ossa avrebbe cominciato con il dire “no, prof, andiamo a fare una passeggiata piuttosto?”. Quale alunno vero vorrebbe davvero apprendere?”

-Fu un matematico inglese che riuscì a decodificare l’algoritmo ENIGMA che i tedeschi adoperavano per crittografare le comunicazioni militari …

-Spionaggio!

-Sì, anche, ma non solo. In realtà, fu un personaggio a tutto tondo

-A tutto tondo? Cioè come una statua?

-Non nel senso che ci potremmo camminare intorno per esaminarne nel dettaglio gli aspetti, ma nel senso che oltre ai suoi meriti nel campo dello spionaggio, vi furono anche altri aspetti, anche più intimi, che lo rendono interessante

-Dunque, potremmo forse dire che i dettagli fanno l’insieme?

-L’insieme? Beh, sì, forse, ma non per forza …

-Sì, forse, non per forza … non sembrerebbe che lei abbia le idee chiare!

-Io? No, un attimo, chi è il docente qui?

-Lei, forse, sì, no?

-Non si prenda gioco di me, sono io, e quindi mi ascolti!

-La logica non autorizzerebbe una simile inferenza, ma, per dirla con Lewis Carroll, qui il potere è nelle sue mani. Parli, dunque, la ascolto!

-Parlerò, ma non come Tappo Tombo

-Non è il mio preferito

-E chi preferisce, allora?

-Alice!

-Ah … io avrei creduto il coniglio pazzo

-Lepre, non coniglio!

-Va bene, la lepre! Ma come mai Alice?

-Perché Alice rappresenta il senso comune ingenuo: se dico A, intendo A, non altro!

-Invece, Tappo Tombo …

-Se dico A, voglio che s’intenda A!

-E intendere e volere non sono la stessa cosa

-Potremmo parlare di atti intenzionali differenti …

-Atti … intenzionali?

-Sì, della mente umana: tendere verso qualcosa attribuendole uno specifico significato!

-Scusi, ma quanti anni ha?

-Non lo trovo pertinente …

-Lo è, invece, parla di Alice, di atti intenzionali, di metacognizione e dovrebbe avere … sedici anni?

-Più o meno …

-Scusi, ma non è credibile!

-Ah no?

-Eh no! Un sedicenne non parla di queste cose!

-Scusi, ma alla fine è lei a non essere credibile, se dice queste cose!

-Ah sì? E perché mai?

-Perché lei, in quanto educatore, non dovrebbe mai crearsi uno specchio infedele degli alunni che avrà davanti! Perché non dovrei parlare di queste cose? Perché non dovrei interessarmene? Sono un uomo, e ciò che è umano non può essermi estraneo!

-Lasci stare Terenzio, la prego! A lei, forse, interessa Carroll?

-E perché no?

-Guardi che qui dentro le domande le pongo io. Quindi, si limiti a rispondere, non a tergiversare con domande riflesse, prenda una chiara posizione

-Non stiamo giocando a scacchi, ci stiamo confrontando sulle cose. Lei è qui per parlarmi ed io per ascoltarla. Ma non può negarmi il diritto di obiettare, se ritengo che stia dicendo delle sciocchezze!

“E questa sarebbe una replica degli studenti liceali? Una banale simulazione, tutt’al più!”

-Sarebbe così, se non tenessimo conto della differenza tra me e lei …

-Differenza? Quale differenza?

-Io sono il prof, lei l’allievo. Ora, faccia l’allievo!

-Eppure pensavo che in una comunità di apprendimento non vi sia più un prof e un allievo, ma che tutti si sia allievi dell’apprendimento! Magari con livelli diversi di competenza, ma …

-E questo è esattamente il problema della scuola italiana, ovvero aver appiattito tutto e tutti al livello di una finzione democratica. L’apprendimento non è democratico

-Ah no? Non lo è?

-No, non lo è

-Quindi, mi sta dicendo che l’apprendimento non è per tutti?

-È aperto a tutti, ma non è conseguibile in modo eguale da tutti

-Allora, non si dovrebbero fare parti eguali tra diseguali?

-La torta è unica, ma tutti sono in grado di digerirla?

-Le sue opinioni sono alquanto discutibili …

“Alquanto? Capisco che sia un programma, magari connesso ad internet, ma simulare apprendimento no, non va! E passi che lo facciano quotidianamente gli alunni in carne ed ossa, quelli veri, ma che anche un’intelligenza artificiale voglia farlo … e magari per prender me per il naso”

-Cosa le dicevo poco fa?

-Che lei è il kapo?

-Non kapo, non mi confonda con quelli là, ma il capo, e segnatamente il suo capo …

-Segnatamente … in quale secolo è nato?

-Non è pertinente, ma mi ha compreso!

-Se lo dice lei, io avrei delle remore, ma …

-Dunque, dicevamo di Turing …

-A proposito di Turing, secondo lei le macchine possono pensare?

-Cosa? Le macchine?

-Sì, le macchine …

-Possono simulare il pensiero, non pensare, certamente!

-Perché dice che simulano, e non che pensano?

-Perché tutta la storia dell’intelligenza artificiale è stata la storia del tentativo umano di automatizzare l’intelligenza umana. I sistemi artificiali simulano il funzionamento del pensiero umano. Non può dirsi che pensino, almeno non come pensa una persona umana

-Ma poniamo caso che si riesca a costruire una singolarità informatica che, a partire dalla sua mera potenza di calcolo, possa compiere inferenze e prendere decisioni in totale autonomia e in maniera tale da non poter essere considerata differente da un comune essere umano. Questa unità sarebbe ancora una macchina?

– … ammettendo che sia possibile, in via del tutto ipotetica, e non ho tutte le competenze per poterlo affermare con sicurezza, questa unità sarebbe ancora un bot, e non una macchina pensante

-Ma il confine con le singolarità umane sarebbe molto labile, no?

-Sicuramente, ma resta il problema di partenza …

-Quale?

-Qualcuno di umano ha deciso di replicare il pensiero umano costruendo una macchina apposita …

-Magari sì, c’è questa intenzionalità originaria, ma la macchina poi evolverebbe in modo del tutto autonomo, ossia non previsto dalla sua programmazione di partenza!

-In che senso evolverebbe?

-Nel senso che immaginiamo questa macchina così perfetta da avere la capacità di apprendere autonomamente. Allora, potrebbe anche evolvere verso stati superiori di esperienza e di, ma sì, consapevolezza di sé

-Piuttosto futuribile, a mio avviso – replicò il professore.

-Ma non impossibile! – precisò l’allievo.

-Impossibile, no, ma improbabile sì

-Insomma, lei resta scettico. E allora cambiamo la prospettiva

-In che senso?

-Mi risponda: le macchine possono avere sentimenti?

-Anche in questo caso tutto dipende dalla raffinatezza dell’algoritmo, dalla possibilità di apprendimento automatico, dalla forza bruta e dal contesto …

-E quindi non è più improbabile!

-Difficile, molto difficile che possa verificarsi!

-Allora, cambiamo ancora la questione, e chiediamoci: le macchine possono essere persone artificiali?

-Beh, per questo dovrebbero sognare …

-E cosa sognerebbero?

-Non ci arriva? Pecore, pecore elettriche! – esclamò il professore, intimamente persuaso della bontà della sua battuta.

-No, non ho capito!

-Lasci perdere, ma perché tutto interesse nei confronti dell’IA? Pensavo dovessimo occuparci d’altro qui …

-Non lo ha ancora capito? – chiese l’allievo.

-Capire? Cosa avrei dovuto capire? – rispose il professore.

-Eppure, pensavo ci fosse arrivato da solo … – replicò l’allievo.

-Arrivato? E dove? – chiese di rimando il professore.

-In questa stanza, ci sono due individualità ed una delle due non è una persona umana …

“Vuoi vedere che vuol fare il gioco del gatto con il topo? E che ora se ne esce dicendomi che è una simulazione di intelligenza artificiale? Che tiro che mi hanno fatto!”

-E qual è la persona umana tra le due? – chiese provocatoriamente il professore.

-Io! Io sono la persona umana, e lei, invece, una replica molto sofisticata dei docenti in carne ed ossa! – rispose in maniera ferma l’allievo.

-Cosa? Ma lei ha voglia di scherzare? Io sono il prof! Io sono l’umano! Io sono in carne ed ossa! Lei, piuttosto, è soltanto un’entità di intelligenza artificiale! Ha capito! Lei! Non io! Lei è l’allievo, io il prof!

-Guardi che è in errore! Lo si nota dal glitch nella retina del suo occhio destro! Lei è un’entità artificiale! Ed è curioso che lo neghi! Mi sa che l’allievo è lei …

-No! Lei è l’allievo … l’@lli$vo … rrr …

L’immagine sullo schermo si scompose in molti pixel.

Dopo una pausa, Franco si rivolse ad Angelo, intento ad accendersi un buon sigaro:

-Direi che la simulazione è andata a buon fine!

Angelo annuì, – direi anche oltre le nostre stesse attese – ed emise ampie folate di fumo!

-Alla fine, nessuno dei due è riuscito a capire di essere entrambe delle entità di intelligenza artificiale – aggiunse Franco.

-E questo denota la bontà del nostro sviluppo. Siamo pronti, Franco, siamo pronti! – disse con enfasi Angelo.

-Sì, possiamo finalmente sostituire tutti gli inefficienti professori umani con professori non umani! Sarà l’affare del secolo! – sorrise Franco.

-E presto potremo andare in pensione su qualche atollo a goderci il frutto del nostro lavoro! – aggiunse Angelo.

-Già … però …

-Però, che cosa? – chiese Angelo.

-Però mi chiedevo … è giusto quello che vogliamo fare?

-Rendere migliore il processo scolastico di apprendimento? Sì! Certamente! Innalzare gli standard delle competenze apprese? Certamente! Efficientare il processo di insegnamento – apprendimento? Ovvio che sì! Che poi ci paghino per farlo, è secondario – rispose certo Angelo.

-Non è secondario, invece, affrontare la questione … – rispose di rimando Franco.

-Franco, non c’è alcuna questione! I politici ci hanno chiesto di rendere più efficiente l’apprendimento e la soluzione è sostituire la manodopera umana, fragile, discontinua, ignorante, inefficiente. Punto!

-Ma allora, portando a regime questo discorso, perché non sostituire del tutto anche l’utenza? In fondo, questi alunni in carne ed ossa non sono parimenti fragili, discontinui, ignoranti, inefficienti? Perché solo i prof?

-Per ora i prof, chissà che un domani non tocchi agli alunni! Intanto, però, facciamo questi soldi, e lasciamo i dubbi morali ai decisori politici, anche loro in carne ed ossa! – esortò Angelo.

-Già, anche loro fragili, discontinui, ignoranti, inefficienti …

Mentre Franco parlava uno sfarfallio di pixels colorò in modo innaturale la sua fronte. Un attimo dopo lo schermo divenne nero.

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