Cosa significa ricominciare nella vita? Quando e come ciò può avvenire? Quante volte nel corso della nostra esistenza eventi, spesso traumatici, ci hanno annichilito, mettendo prima in discussione tutto, poi facendo nascere in noi l’impellenza di iniziare da capo, di ripartire con rinnovata spinta alla ricerca del senso più autentico della vita?
Il libro di Laura Campanello Ricominciare. 10 tappe per una nuova vita, Mondadori, Milano 2020, risponde a questa esigenza sentita e sperimentata da tutti e si caratterizza fin dal principio come uno strumento per accompagnare il lettore nel percorso di rinascita, attraverso consigli pratici e riflessioni mai astratte ma sempre orientate verso la concreta esperienza. L’autrice è un’esperta di Pratiche filosofiche, socio fondatore della Società di Analisi Biografica e Orientamento Filosofico (SABOF) e consulente pedagogica specializzata nell’accompagnamento alle malattie e al lutto e questo libro rispecchia la sua impostazione filosofica.
L’opera è articolata in dieci paragrafi a cui corrispondono altrettante tappe della rinascita; ogni paragrafo, dopo una iniziale parte teorica, si conclude prima con brevi sotto sezioni denominate “pillole pratiche”, in cui il lettore viene esortato a mettere concretamente in atto, con esercizi, gli spunti di riflessione precedenti; poi con la concreta esperienza di storie di rinascita, narrazioni di pazienti in cura alla stessa autrice che nella loro vita hanno sperimentato in prima persona la rinascita. Così concepito il libro è perciò un manuale della rinascita, fornendoci infatti strumenti concreti per realizzare ciò che teorizza. È chiaro che ogni singolo individuo, ogni singolo lettore del libro o paziente che segue un suo cammino spirituale, deve poi trovare la sua via per la rinascita: ogni persona è diversa dall’altra, ha una propria biografia fatta di eventi unici, non c’è una ricetta valida per tutti; l’autrice, infatti, fissa solo dei principi generali e poi sta al singolo trovare la propria e unica via.
L’intento dell’opera è dunque espressamente maieutico, poiché si pone l’obiettivo di stimolare un percorso di ricerca nel lettore per condurlo verso la sua strada di rinascita.
La prima domanda che l’Autrice ci e si pone è: perché nel corso dell’esistenza alle volte dobbiamo ricominciare?
«La rinascita è legata a diversi fattori e può essere almeno di due tipi: c’è quella che scegliamo per seguire la strada a cui ci sentiamo destinati, e c’è quella imposta da eventi che interrompono e lacerano la nostra vita cambiandola per sempre» (p. 13).
Sia che si tratti, dunque, di una decisione interiore, sia che un evento esterno non scelto ci strappi in modo traumatico all’abitudine, noi nel momento del cambiamento abbiamo un momento di consapevolezza, una specie di presa di coscienza: scopriamo che la vita è cambiamento e che la rinascita è dolorosa, ci vuole coraggio per affrontarla. È più tranquillizzante per noi continuare sulla stessa strada percorsa, anche se sappiamo di non scegliere, anche se spesso siamo insoddisfatti della nostra esistenza, e ci sembra più di sopravvivere che di vivere.
«Il cambiamento tanto atteso lo collochiamo in un domani – non si sa mai bene quale – in cui avremo voglia, avremo la forza necessaria, ci saranno le condizioni favorevoli per non farci fare troppa fatica e per dover correre troppi rischi nell’affrontarlo. Ma la ferale notizia è questa: quel tempo non esiste! […] Dobbiamo darci il permesso noi, dobbiamo osare a nostro rischio e pericolo, con un po’ di coraggio e ascoltando con onestà per lasciare che la rinascita avvenga.» (p. 23).
Dobbiamo perciò avere la consapevolezza che la vita è sempre cambiamento, sempre divenire e non avere il timore di affrontare ogni tappa dell’esistenza, con la consapevolezza che indietro non si può più tornare. La scelta che si pone davanti al cambiamento è sempre quella tra sopravvivere e vivere. Sopravvivere è avere paura di vivere, del rischio di commettere errori, di prendere delle decisioni, di mettersi in gioco e quindi è lasciare che siano gli altri a decidere al posto nostro, mentre noi siamo alla ricerca di scuse per non scegliere. Invece, «vivere significa prendere delle decisioni, piccole e grandi, giocarsi responsabilmente la propria libertà di scelta, posizionarsi rispetto a un baricentro che ci si è dati, fatto di storia, di valori, di doveri e di diritti, di persone e relazioni importanti, fatto della capacità di tradurre nella vita concreta la propria filosofia cercando, prima di tutto, di darsene una» (p. 31).
Il primo passo da compiere è quello di fermarsi, ascoltare la nostra interiorità, o anima, e osservarci vivere. Spesso avvertiamo un malessere, una insoddisfazione per la vita che conduciamo, che è una spia della necessità di interrompere il flusso, di uscire dalla corrente che ci trascina e fermarci a riflettere sulla nostra vita. Dobbiamo prima di tutto interrogarci per comprendere se l’esistenza che consumiamo spinti dall’abitudine abbia o meno un senso. Quando ci sono segnali evidenti di malessere, andare avanti ugualmente, “stringendo i denti”, è sempre un errore.
«L’anima non ama l’afflizione: l’anima è in continuo movimento, pulsa, sente, chiede. Quando è sofferente, dimenticata, tacitata, accartocciata e rinchiusa in uno scantinato piccolo e buio si ribella, urla, esprime la sua sofferenza e ci dice che lei, se la ascoltassimo, saprebbe indicarci cosa è bene per noi» (p. 45).
Ciò che è bene per noi è la nostra vocazione, ciò per cui siamo chiamati in questo mondo, il nostro daimon. Spesso per paura tendiamo a nasconderci la vocazione, a tapparci le orecchie al suo richiamo, ma, come detto, ciò non può avvenire senza malessere che può sfociare in mal di vivere. Il punto di partenza è riconoscere la necessità di cambiare e la possibilità di farlo. Se non vediamo un barlume di possibilità ci sentiamo schiacciati dal passato, dal destino, e spesso accampiamo scuse.
«Il passato è il tempo che ci ha in parte definito e che in parte ha contribuito a farci avere un’idea del mondo, della vita, di noi stessi e degli altri. Ma non per questo ci determina e ci inchioda a quella visione» (p. 57).
L’Autrice esorta perciò al cambiamento che passa necessariamente attraverso la rivalutazione del presente come tempo dell’esperienza e della cura di sé. Certo, ci sono fatti del passato che non possono essere cambiati e che non sono più in nostro potere. Questo fa parte dei limiti del nostro essere al mondo. L’uomo non deve nascondersi la sua vulnerabilità: il fatto che non può cambiare tutto e che la sua vita non corrisponde al suo desiderio. Ma se gli eventi trascorsi non sono più modificabili e quindi non possono non più accadere, rimane in nostro potere il punto di vista sugli eventi e soprattutto il nostro giudizio.
Ecco perché «accettare in maniera attiva ciò che ci accade è molto diverso che rassegnarsi passivamente e restare inchiodati nel ruolo di vittima di fronte agli eventi» (p. 60).
Di particolare interesse e pregnanza è il paragrafo quinto in cui Laura Campanello affronta il problema del lutto. L’insegnamento principale è che «il lutto fa parte della vita» (p. 66) e che quindi dobbiamo fare i conti con la morte. Spesso siamo portati a far finta di nulla, o ci dimentichiamo che di fatto l’unica certezza della vita è paradossalmente appunto la morte. La morte viene intesa qui sia in senso più concreto, come la perdita di una persona che si ama, sia in senso più “simbolico” come cambiamento e quindi fine di un mondo e inizio di un altro.
«Ogni nascita porta con sé una rinuncia, un piccolo o grande lutto, qualcosa o qualcuno da lasciar andare per ricominciare altrove […] Dobbiamo lasciare andare il passato, rinunciare a pretendere un risarcimento per ciò che ci ha fatto soffrire o che ci è stato tolto o negato, dobbiamo dire addio fino in fondo a chi non c’è più» (pp. 66-67).
La rinascita dunque è strettamente legata alla nostra capacità di elaborare il lutto, di lasciare andare chi o ciò che non possiamo trattenere; superare il primo periodo in cui ci pare impossibile ricominciare, quando siamo paralizzati dal dolore, fare i conti con la nostra mortalità, con i nostri limiti e con la necessità che ogni inizio comporta la fine di altro e che ogni fine comporta sempre una rinascita, una nuova possibilità di vita.
La rinascita che in queste pagine Laura Campanello tratteggia è una pratica filosofica e spirituale che ha come principale scopo quello di imparare a vivere, poiché vivere è un mestiere, un’arte. Quest’arte è una ricerca di un equilibrio tra le cose che non sono in nostro potere e la scelta delle possibilità che ci sono date: solo così, solo con quella che si può definire “cura di sé” si riesce a dare un senso alla propria vita, precondizione per una vita felice. Il comandamento di questa filosofia come saggezza è l’antico “diventa te stesso”, da intendersi nell’esortazione attraverso la cura di sé a trovare la propria via alla felicità e alla vita ricca di senso.
Laura Campanello, Ricominciare. 10 tappe per una nuova vita, Mondadori, Milano 2020, 156 p.