>di Francesca Quaratino*
Abstract
Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di indagare il mutamento che la categoria dell’agire sta subendo con l’avvento della tecnosfera. Nel tempo in cui non è più l’uomo a cercare il mondo, ma è il mondo a cercare l’uomo, si verifica ciò che viene definito assoggettamento volontario dove, il soggetto, volontariamente e senza alcun potere coercitivo, ridimensiona la propria libertà per raggiungere i livelli di efficienza proposti dalla società digitale, la quale agisce sul nostro inconscio e sulla nostra psiche.
Keyword Assoggettamento- Tecnocrazia- Volontà- Società- Digitale
Il soggetto (dal lat. subiectus, part. pass. di subicĕre «assoggettare») digitale trascorre gran parte del proprio tempo in rete e spesso utilizza il web come uno spazio privo di limiti, una dimensione illimitata, che esente da ogni forma di supervisione, dà la sensazione di poter fare o dire qualsiasi cosa.
Il sistema mediatico neoliberista ha contribuito notevolmente all’autosfruttamento del soggetto:
«Il neoliberismo, come mutazione del capitalismo, fa del lavoratore un imprenditore. […] Oggi, ciascuno è un lavoratore che sfrutta se stesso per la propria impresa. Ognuno è padrone e servo di un’unica persona. Anche la lotta di classe si trasforma in una lotta interiore con se stessi. […] Nel sistema neoliberale, infatti, non esiste alcun proletario, alcuna classe operaia sfruttata da chi detiene i mezzi di produzione. Nella produzione immateriale ognuno possiede allo stesso modo i mezzi di produzione: il sistema neoliberale non è più un sistema di classi in senso stretto. Non si basa su classi tra loro antagoniste: proprio in questo risiede la stabilità del sistema». (B. C. Han, 2016, p. 14)
Con l’avvento della psicopolitica il soggetto contemporaneo diventa imprenditore di se stesso, assoggettandosi volontariamente al sistema (Cfr. R. Esposito, 2004; M. Foucault, 2015). Il potere neoliberale ha reso possibile la diffusione di questo fenomeno attraverso il cambiamento dei mezzi di produzione: da una produzione materiale, si passa, a una produzione immateriale, eliminando la «lotta di classe» (Marx-Engels, 2005). L’assenza di un sistema fondato sulla distinzione di classe permette a ogni individuo di accedere personalmente ai mezzi di produzione, ponendo fine all’ “antagonismo” che contraddistingue lo scontro di classe, il quale potrebbe rallentare la produzione imposta dal sistema neoliberale: la negazione della struttura di classi consente al neoliberalismo di mantenere una certa stabilità.
Secondo questa logica della produzione e della prestazione, la dialettica “padrone-operaio” si dissolve e lascia a quest’ultimo la possibilità di essere padrone di se stesso, assoggettandosi volontariamente al sistema.
Han definisce l’era digitale come un vero e proprio «Capitalismo dell’emozione» (Han, 2016 pp. 51-59). Affinché la nostra psiche sia sottomessa al gioco di potere, bisogna sfruttarne ogni debolezza utile e valorizzare tutti gli aspetti emotivi atti a poter spronare l’uomo all’auto-assoggettamento.
Il sistema neoliberale ricorre alle emozioni eliminando i sentimenti, perché,
«Il sentimento non è identico all’emozione. […] tanto l’affetto quanto l’emozione rappresentano qualcosa di soggettivo, mentre il sentimento indica qualcosa di oggettivo. Il sentimento ammette una narrazione: ha una durata e un’ampiezza narrativa. Né l’affetto né l’emozione sono narrabili: la crisi del sentimento, visibile nel teatro contemporaneo, è anche una crisi della narrazione». (p. 52)
Sostituire il sentimento con le emozioni è un vantaggio a cui il sistema capitalistico non può rinunciare. L’emotività indebolisce la narrazione, è uno spazio circoscritto che annienta la durata e la riflessione sul proprio stato d’animo. L’emozione è immediata, arriva senza mediazione, è gestibile e non pericolosa, è transitoria.
L’aspetto irrazionale aiuta il capitalismo a invogliare i soggetti all’acquisto anti-riflessivo e li rende schiavi inconsapevoli di dinamiche economiche. Il capitalismo favorisce l’emozione e respinge il sentimento, il quale in quanto oggetto di narrazione e prevede la presenza di una dimensione riflessiva: lo stato emotivo non esiste, è un simulacro svuotato di ogni significato ed è questa la motivazione, per tanto più utile a una strumentalizzazione del mercato; l’emozione è un ulteriore forma di assoggettamento.
Han sostiene che
«Oggi si parla fin troppo di sentimento ed emozione. In molte discipline si svolgono ricerche sull’aspetto emotivo. Improvvisamente, l’uomo stesso non è più animal razionale bensì una creatura sensibile. Però non ci si chiede mai da dove derivi questo improvviso interesse per le emozioni: le ricerche scientifiche sulle emozioni, è evidente, non riflettono sul proprio agire. Resta loro nascosto il fatto che la congiuntura dell’emozione è prima di tutto una conseguenza del sistema economico». (p. 52)
Il potere adotta una mossa strategica con la diffusione delle emozioni: lascia libertà di espressione e stimola l’aspetto emotivo dell’individuo e premendo sul versante soggettivo, il soggetto ha l’impressione di poter provare ed esternare ogni emozione e ne trae una forma di benessere catartico; la conclusione è uno sterile flusso di impressioni -simili ai sentimenti- per “schiavi digitali”, i quali sono estranei alla razionalizzazione:
«La razionalità è contraddistinta da oggettività, universalità e anche persistenza; così, essa si oppone all’emotività, che è soggettiva, situazionale e volatile. Le amozioni emergono soprattutto nel mutamento degli stati, nelle modificazioni della percezione: la razionalità, invece, si accompagna a durata, a costanza e irregolarità. Preferisce nessi stabili. L’economia neoliberale, che abbatte sempre più la continuità in vista dell’incremento della produttività e introduce una sempre maggiore instabilità, accelera la trasformazione emotiva del processo di produzione. Anche l’accelerazione della comunicazione favorisce la trasformazione emotiva, perché la razionalità è più lenta dell’emotività». (pp. 56-57)
La razionalità rallenta i ritmi di produzione, essa implica una temporalità decisamente più estesa che potrebbe condurre a una forma di contropotere, fenomeno che difficilmente potrebbe verificarsi nell’ambito dell’emotività poiché, quest’ultima, è caratterizzata da un flusso di sensazioni che si susseguono in modo veloce e rapido: in questo modo l’eventuale mossa di contropotere – che dovrebbe prevedere un processo di razionalizzazione- non ha alcun modo di manifestarsi.
L’emozione acquista un valore economico e di consumo e diventa come un prodotto su cui poter investire, a offrirlo è ciascuno di noi, a beneficiarne è il potere positivo.
L’inganno di cui si avvale il potere è quello di rendere l’uomo libero di scegliere la non libertà. Il neoliberalismo promuove l’idea di libertà, consapevole che tale libertà ricopre un ruolo normativo: il soggetto crede di poter aver libero arbitrio e, autonomamente, sceglie di rendere il proprio sé oggetto del sistema economico, quantificandolo.
Il sé è quantificato (pp. 71-72), misurabile e auto-potenziato, siamo imprenditori di noi stessi sfruttando senza contezza la nostra dimensione umana che aumentiamo, siamo schiavi di dati che produciamo e delle prestazioni, siamo ossessionati dalla brama di raggiungere uno standard di produzione che ci consenta di essere parte della società.
Rendere misurabile e quantificabile il nostro Io, il nostro pensiero e le nostre emozioni ha un risvolto antropologico negativo: riduce e/o comprime lo spazio introspettivo e di riflessione. Questo potrebbe ricondurci a uno stato pre-grammaticale e pre-riflessivo dell’azione: così, semplicemente eseguiamo.
Se l’emotività si delinea sempre più come un bene economico e accelera l’assoggettamento, la libertà conduce definitivamente questo processo ad uno stadio avanzato:
«Subentra ora l’emotività, che si accompagna al sentimento della libertà, il libero sviluppo della persona. Essere libero significa dare libero sfogo alle emozioni. Il capitalismo dell’emozione utilizza la libertà: l’emozione è salutata come espressione di una libera soggettività. La tecnica di potere neoliberale sfrutta proprio questa libera soggettività». (p.56)
La libertà come tecnica di controllo pronta a creare uomini falsamente liberi può essere rappresentata come un’allucinazione: chi è colpito da uno stato allucinatorio vede e vive una situazione che non esiste nella realtà, ma esiste solo nella sua mente.
Il soggetto del panottico digitale, sentendosi libero, si svela e si mostra autonomamente, controlla inconsapevolmente le proprie azioni e crede di vivere liberamente: egli agisce come se non fosse presente alcun controllo e crede di potersi esprimere senza essere sottoposto a restrizioni, ma questa condizione di apparente libertà non fa altro che fortificare l’assoggettamento al potere.
La presenza di una falsa libertà, facilita la dialettica dell’assoggettamento: soggetto- libertà- progetto.
Il sentimento della libertà si manifesta nel passaggio da una forma di vita all’altra, fino a che anche quest’ultima non si rivela una forma di costrizione. Così alla liberazione segue una nuova sottomissione: è questo il destino del soggetto, il cui significato letterale è “essere-sottomesso”.
Oggi non ci riteniamo soggetti sottomessi, ma progetti liberi, che delineano e reinventano se stessi in modo sempre nuovo:
«Il conseguente passaggio dal soggetto al progetto è accompagnato dal sentimento della libertà: ormai, il progetto stesso si rivela non tanto una figura della costrizione, ma piuttosto una forma ancora più efficace di sottomissione. L’io come progetto, che crede di essersi liberato da obblighi esterni e costrizioni imposte da altri, si sottomette ora a obblighi interiori e a costrizioni autoimposte, forzandosi alla prestazione e all’ottimizzazione. Viviamo una fase storica particolare, in cui la stessa libertà genera costrizioni». (p. 9)
La presunta libertà (A. Bausola, 1995) persuade l’uomo alla sottomissione e lo inganna.
Non esistono costrizioni apparenti eterodirette, ma forme di assoggettamento alla prestazione. Il soggetto non riesce a percepire la presenza di vincoli e immagina di essere libero, ma respirando l’idea di libertà e, inconsapevole della sua falsità, si sottomette autonomamente a obblighi interiori, imposti solo da se stesso. In questo modo l’uomo partecipa attivamente alla dialettica soggetto-libertà-progetto, creando da sé una dimensione di totale assoggettamento.
La dialettica succitata si compone di tre elementi: soggetto, libertà e progetto. Il primo rappresenta il mero presente; il secondo segna il passaggio dal soggetto al progetto; il terzo è la fase delicata in cui si compie l’assoggettamento dove l’uomo entra in possesso delle forze di produzione e diventa imprenditore di se stesso.
Per mettere in luce il particolare ruolo della libertà, o per meglio dire la sua falsa presenza, ricorriamo nuovamente al mito di Prometeo, a cui Han da una speciale interpretazione:
«Il soggetto di prestazione che s’immagina libero, in realtà è incatenato come Prometeo. L’aquila, la quale si ciba del suo fegato che ogni volta ricresce, è il suo alter-ego con cui egli è in guerra. Così intenso, il rapporto tra Prometeo e l’aquila è una relazione con il sé, un rapporto di auto-sfruttamento. Il dolore al fegato, di suo incapace di dolore, è la stanchezza. Prometeo viene colto così, come un soggetto di auto-sfruttamento». (Han, 2012 p.5)
Dal mito alla realtà, un caso concreto di autosfruttamento e assoggettamento potrebbe riguardare la politica lavorativa adottata da Amazon, il grande colosso dell’internet company contemporaneo.
Con Amazon è possibile ordinare on-line ogni genere di prodotto: alimenti, tecnologia, accessori per la casa, elettrodomestici e molto altro. La fama raggiunta dall’e-commerce deve il merito alla logistica che ha come unico obiettivo la velocità: in meno di 24 ore e con un solo click arriverà l’articolo scelto, un modo semplice e veloce per fare acquisti ed evitare le noiose file ai negozi o il traffico nelle ore di punta. I fruitori dei servizi dichiarano di essere soddisfatti e gratificati dallo shopping digitale, grazie all’e-commerce il tempo è ottimizzato.
Chi acquista con un click detiene inconsapevolmente un grande potere: condurre i magazzinieri di Amazon ad un collasso psico-fisico perché, a pagarne le conseguenze, sono i lavoratori.
Figure professionali come i runner, gli outbound (Sulla condizione e lo sfruttamento dei dipendenti Amazon Cfr. https://it.businessinsider.com/due-dipendenti-amazon-raccontano-linferno-del-centro-di-smistamento-di-piacenza) sono fondamentali per garantire la velocità di consegna degli ordini, ma le condizioni a cui devono sottostare sono atroci e alienanti.
Come una catena di montaggio ogni impiegato deve svolgere celermente i compiti assegnati per consentire agli utenti di ricevere nei tempi indicati il proprio ordine: nulla è lasciato al caso, ogni singola azione è programmata e registrata da dispositivi elettronici che segnalano ai dirigenti eventuali ritardi o anomalie. I ritmi sostenuti sono stressanti e faticosi, il tempo diventa il tiranno più spietato.
Il soggetto assoggettato sfrutta se stesso nel tentativo di ottimizzare e potenziare la propria prestazione, confidando nella “magnanimità” di un bonus.
Gli addetti allo smistamento e alla preparazione dei pacchi devono sottostare a tempi prestabiliti e ben definiti per mantenere costante il numero di ordini.
La nota dolente di questa attività è il continuo stimolo a diventare sempre più e veloci nell’ imballaggio e nell’ invio degli ordini.
In questo modo è l’individuo a “scegliere” di portare al massimo livello la propria prestazione e annientare la dignità umana e lavorativa: il lavoratore sprofonda nell’auto-sfruttamento e nell’ auto-distruzione.
Conclusioni
Esistono nuovi schiavi, gli schiavi del capitalismo (A. Giddens, 2009), schiavi che decidono di essere tali per qualche piccolo premio.
La competizione è spietata e non lascia spazio al più debole; il darwinismo sociale è tornato sotto una nuova veste e lo fa dimenticando le dimensioni di simpatia, solidarietà e cooperazione che, accanto ai meccanismi di concorrenza hanno concorso all’evoluzione della specie umana.
Al posto dei sani principi come la capacità, la competenza, la passione e la libertà di scelta, sono subentrati l’efficienza, la velocità, il fare.
Siamo «doppiamente non liberi» (G. Anders, 2007 p.156) perché non abbiamo «libertà di resistenza» (p. 149) e non riusciamo ad essere liberi dalla non libertà e dalla tecnologia. Siamo impiegati- sottomessi a vincoli- anche quando torniamo a casa dopo aver terminato una lunga giornata di lavoro, accendiamo il computer e siamo immersi nell’emisfero virtuale; siamo costantemente schiavi di pubblicità e messaggistica istantanea, tralasciamo gli affetti e la comunicazione empatica per una mediata comunicazione digitale.
La potenza del postumanesimo consiste nel rifiuto dell’uomo di accettare il concetto di limite nel desiderio di superarlo con ogni mezzo possibile, ma non c’è corrispondenza biunivoca tra le due dimensioni: da un lato c’è il tentativo di rimuovere ogni ostacolo in nome della libertà; dall’altro questi ostacoli sono posizionati dall’uomo stesso.
L’«anomia» (F. Chicchi, 2001) fittizia in cui crediamo altro non fa che renderci schiavi volontari dotati di una “coscienza opaca”.
Abbiamo il costante desiderio di potenziare fino all’esasperazione psico-corporea le nostre capacità e ci assoggettiamo al tecnopotere, il quale non necessita di palesare la propria esistenza per gestire le nostre menti, è l’uomo in prima persona a soggiogarsi a uno stato di schiavitù, dismettendo e abdicando la propria capacità analitica e razionale.
L’epoca dei “lettori di macchine” ha invaso la società mediale che si presenta come un agglomerato di soggetti auto-potenziati e assoggettati. Il prezzo da pagare per essere schiavi digitali è la perdita dell’esser-ci,(M. Heidegger, 2012) della consapevolezza e della nostra sfera riflessiva.
Cosa siamo diventati?
Bibliografia
G. Anders, L’uomo è antiquato Vol. II, Bollati Boringhieri, Torino, 2007
A. Bausola, Libertà e Responsabilità, Vita e Pensiero, Milano, 1995
F. Chicchi, Derive sociali, FrancoAngeli, Milano, 2001
R. Esposito, Bios, Biopolitica e filosofia, Einaudi, Torino, 2004
M. Foucault, Sorvegliare e Punire, Einaudi, Torino, 2014
A. Giddens, Capitalismo e teoria sociale. Marx, Durkheim, Weber, Il Saggiatore, Milano, 2009
B. C. Han, Psicopolitica, Nottetempo, Milano, 2016
B. C. Han, La società della stanchezza, Nottetempo, Milano, 2012
M. Heidegger, Essere e Tempo, Mondadori, Milano, 2012
K. Marx- F. Engels, Il manifesto del Partito Comunista, Laterza, Bari, 2005
Sitografia
https://it.businessinsider.com/due-dipendenti-amazon-raccontano-linferno-del-centro-di-smistamento-di-piacenza. Aggiornato al 10/01/2020
* Francesca Quaratino nasce a Potenza in Basilicata il 3/01/1994. Conseguita Laurea Magistrale in Scienze filosofiche e della Comunicazione, col massimo dei voti, presso l’Università degli Studi della Basilicata con una tesi in Antropologia Filosofica dal titolo La Dissoluzione dell’Io nella Società Digitale, attualmente si occupa di Filosofia dell’Intelligenza Artificiale e Filosofia dell’Informazione.