> di Francesco Brusori
Massimo Cacciari non è nuovo a riflessioni profonde che pretendano di attingere un piano sovra-intuitivo e tanto straordinario quanto fuggevole, quale quello su cui si articola un pensiero interessato a interrogarsi su questioni spirituali, religiose. Nel saggio Doppio ritratto: San Francesco in Dante e Giotto (Adelphi, Milano 2012) egli non si sottrae a un’analisi della eccezionale figura del Santo di Assisi che parta da due prospettive differenti: Dante, da un lato, e Giotto, dall’altro. Che sia possibile ravvisare significative analogie tra la rappresentazione dantesca e quella giottesca sulla cui base chiarificare il volto del Santo e, più radicalmente, il portato di senso dell’opera da lui storicamente compiuta? Il sapore di tale interrogativo apre dunque il saggio e tutto acquista maggiore forza a fronte dell’anticipazione offerta dall’Autore stesso già tra le prime pagine:«in nulla Francesco è più profondamente imitazione del suo Cristo che nell’essere tradito» (p. 19).
Dal punto di vista della Divina Commedia, di Francesco è messo in risalto il tema della predicazione (altresì polemica talvolta) ed evidentemente il rapporto tra il suo operato e la Institutio Ecclesiae, visto che quand’anche «il primato spirituale» spetti al Frate d’Assisi nondimeno «Bonaventura, con accenti affatto realistici, mostra come l’ecclesia militans domenicana sia indispensabile a quel fine di riforma cui anche Francesco mirava» (p. 29). Il realismo politico dantesco, in altre parole, non può che risuonare anch’esso nella lode al Santo. In maniera diversa, invece, il ciclo giottesco della Basilica di Assisi tratteggia un profilo del Frate molto più teso ad accordare – per quanto possibile – «l’escatologia spirituale» con la «‘dovuta reverenza’ all’autorità papale e alla gerarchia ecclesiastica» (p. 44), affinché non si imponga un totale contrasto tra l’elemento della fraternitas (e humilitas) di natura spirituale e quello più materiale della ecclesia in terra.
Ma, oltre ciò, come poter sopportare nella sua pienezza la straordinarietà incommensurabile di questa figura? Dove si accasa davvero quel «nuovo sguardo sul reale», sposato con donna Povertà, in grado di «concepire qualsiasi filo di esistenza come un prossimo tale, e perciò impossedibile» (p. 70)? In altri termini: dov’è possibile – sempre che lo sia ancora o lo sia mai stato – incontrare la più autentica lezione francescana, di cui le suddette affascinanti rappresentazioni sono soltanto accenni parziali, per quanto significativi indizi?
Il denso studio di Cacciari non teme di portare a compimento questi inquietanti interrogativi, con la sincera intenzione di condurli a più vivida definizione, attraverso un ricco discorso che tiene eroicamente insieme filosofia, storia, arte, religione.
* Francesco Brusori, dopo aver conseguito la maturità classica, è ora laureando in Filosofia all’Alma Mater Studiorum di Bologna. Collabora con la rivista «Filosofia e Nuovi Sentieri/ISSN 2282-5711».
M. Cacciari, Doppio ritratto: San Francesco in Dante e Giotto, ed. Adelphi, 2012.