Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Benjamin Fondane, La coscienza infelice

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Benjamin Fondane, La coscienza infelice, cura e traduzione di Luca Orlandini, Aragno, Torino, gennaio 2016. ISBN 978-88-8419-765-8 (pp. 430).

 

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> di Stefano Scrima*

«L’uomo, chiunque esso sia, ovunque si volga, è insoddisfatto del suo destino» (p. 21). Così esordisce La coscienza infelice di Benjamin Fondane (1998-1944), poeta esistenziale, filosofo, drammaturgo e cineasta rumeno espatriato in Francia nel 1923. Sulla scorta del suo maestro Lev Šestov, con quest’opera apparsa nel 1936, Fondane si rivolta contro l’infelicità della condizione umana forgiando una propria filosofia esistenziale, che, come gli esistenzialismi che la precedettero e seguirono, intende mettere al centro l’individuo concreto, la sua esistenza reale, l’uomo in carne e ossa.

Tuttavia, la mentalità logica di cui la nostra coscienza è pervasa impedisce anche a queste rivendicazioni esistenziali di realizzare il loro intento – e a rigore, dal momento in cui si affida alla riflessione filosofica, seppur contestando la ragione, anche allo stesso Fondane. Perché è proprio contro la filosofia, contro il Sapere, contro la dialettica, che si stagliano, nella visione di Fondane, l’esistenza e i suoi istinti. Di qui l’infelicità della coscienza, la sua lacerazione. Da una parte la ragione e la conoscenza, con la loro pretesa di assorbire il reale nel pensiero, neutralizzando quello che di esso non riescono a capire, e dall’altra l’esistenza, il reale, con la sua insoddisfazione di non riuscire a trovare le risposte, ma anche con la speranza e la fede in qualcosa che va oltre l’evidenza postulata dalla logica. Di questo conflitto è fatto l’uomo, e il pensiero filosofico, attraverso la riduzione in schiavitù della coscienza alla ragione, non ha fatto altro che inasprire questa ferita. La tesi di Fondane è che la ragione, strumento filosofico per eccellenza, non sia la verità dell’uomo, giacché la verità della ragione, per lei evidente, è tale proprio perché da lei stessa presupposta, è un modo per interpretare la realtà, ma non è la realtà; anzi, ne è una mistificazione, perché la riduce al pensiero, a un mondo fittizio, alienandoci. Nonostante il suo potere, la ragione non ha più diritto della fede di indirizzare la nostra vita. Ha prevalso nella storia, grazie alla filosofia, ma non è sempre stato così e inoltre, ci ricorda Fondane, non si vive dappertutto come nell’Occidente secolarizzato e scientifico. La filosofia – e Hegel, dal quale è tratta l’espressione “coscienza infelice” che egli stesso aveva riconosciuto nella condizione umana, rappresenta l’apice della razionalizzazione – in questo modo ha, per così dire, prodotto una doppia infelicità della coscienza, poiché l’uomo, già in conflitto tra ragione e realtà, si sente ora schiacciato da uno schema mentale logico ormai ossidato nel nostro modo di pensare. L’assoggettamento dell’uomo alla ragione ha portato a un’esasperazione del conflitto insito in lui sprofondandolo nell’insoddisfazione, costringendolo a una rassegnazione totale, un’accettazione della morte e dell’assurdità dell’esistenza. Ma l’esistenza è assurda solo dal punto di vista della ragione, non da quello della stessa esistenza. Fondane fa l’esempio dei “primitivi”, chiamando in causa Lévy-Bruhl, il quale constatava come essi conoscessero il principio di non-contraddizione, e quindi la logica, ma che ne facevano a meno quando entrava in gioco la categoria affettiva del sovrannaturale. Per loro l’esistenza non è assurda, lo diventa nel momento in cui dobbiamo obbedire alla dittatura della ragione, incapace di riassumere il reale, smarrendo così la nostra libertà. Se per Hegel, il conflitto schiavo-padrone che nel suo sistema filosofico caratterizza il divenire della storia umana, può conciliarsi nello Spirito, nella nostra coscienza, per Fondane, invece, questa conciliazione forzata porta all’esatto contrario, alla schiavitù estrema della coscienza, alla venerazione della Ragione e della sua necessità. Dobbiamo rivendicare la nostra libertà; e l’unico modo per farlo è accettare la nostra tragicità. Osando di essere tragici, come riconosce il Nietzsche de La nascita de la tragedia, prima di ripiombare, e così fallire nel suo progetto di libertà, nell’amore per la necessità dell’amor fati. L’uomo tragico è invero l’opposto dell’uomo teoretico, dell’Homo philosophus. È «né più né meno che un uomo che “cerca la verità”, che crede nella libertà di conoscere! Giacché, precisamente, noi siamo liberi solo fino all’atto di conoscere. Nel momento stesso in cui conosciamo, smettiamo di essere “liberi”. “Conoscere” presuppone la nostra obbedienza assoluta allo strumento grazie al quale noi conosciamo – questo strumento è la necessità, la “debolezza della volontà”.» (p. 69). Più si conosce, meno reale si possiede. La coscienza infelice, attraverso saggi su Nietzsche, Gide, Husserl, Bergson, Freud, Heidegger, Kierkegaard e Šestov, è la rivolta di Fondane contro la conoscenza per riappropriarsi del reale, spezzando così l’incantesimo della ragione.

 

* Stefano Scrima laureato in Scienze filosofiche presso l’Università degli studi di Bologna con una tesi su Miguel de Unamuno. Ha studiato all’Universitat de Barcelona (progetto Erasmus) ed è stato visiting student all’Universidad Autónoma de Madrid (borsa di studio “Tesi all’estero”). È redattore della rivista filosofica Diogene Magazine. Ha scritto Esistere Forte. Ha senso esistere? Camus, Sartre e Gide dicono che… (Edizioni del Giardino dei Pensieri, Bologna 2013); Sum, ergo cogito. La “Fame rabbiosa di essere” di Miguel de Unamuno, in P. Vincieri (a cura di), Sull’identità personale(d.u.press, Bologna 2013); e curato Il mito di Prometeo. Il lavoro che c’è, il lavoro che manca (Edizioni del Giardino dei Pensieri, Bologna 2013) e il Dizionario della filosofia greca (Edizioni del Giardino dei Pensieri, Bologna 2012).

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