> di Ruggero D’Alessandro*
Francesco Giacomantonio con il suo volume Sociologia e SocioSofia. Dinamiche della riflessione sociale contemporanea (Asterios, Trieste 2012) risponde a pressanti necessità:
- Tracciare i limiti epistemologici del fare sociologia;
- Riflettere su alcune grandi questioni poste dalle attuali vorticose trasformazioni;
- Identificare gli strumenti teorici, pratici, culturali con cui la sociologia lavora nel passaggio dal XX al XXI secolo.
La riflessione contemporanea in sociologia si muove lungo tre linee ermeneutiche: fenomenologica, epistemologica, culturale. È dunque lungo di esse che si svolge il discorso di Giacomantonio. Ma nello stesso tempo, come dice il titolo stesso, si tratta di indagare il concetto di “sociosofia” quale possibile chiave di interpretazione del riflettere odierno sulla società. Lo statuto epistemologico della sociologia si mostra caratterizzato da alcune particolarità rispetto ad ogni altro campo del sapere. Primo aspetto da evidenziare, osserva Giacomantonio, è la nascita di questa disciplina nella prima metà dell’800: in piena seconda rivoluzione industriale, con lo sviluppo delle moderne democrazie e il prepararsi della società di massa di lì a pochi decenni. Epistemologia della piena modernità, dunque, quella della science de la société di Comte. Si tratta, poi, di una disciplina ricompresa nel novero delle scienze umane ma dotata di piena autonomia di statuto: si distanzia, perciò, da scienza politica e antropologia culturale, economia politica, psicologia sociale ed etnologia. In terzo luogo il contatto con la filosofia permane per molti aspetti giacché, come l’autore (p. 14) sostiene sulla scia del pensiero di Thomas Bottomore:
- la filosofia definisce concetti e metodo del lavoro sociologico;
- vi è un rapporto tra sociologia e impegno etico-politico;
- la sociologia conduce alla filosofia, in quanto solleva, più di ogni altra scienza, problemi filosofici e la filosofia conduce alla sociologia, in quanto parte dei problemi sociologici ha origine filosofica.
Dunque, nel campo delle scienze sociali la sociologia svolge una funzione di primo piano: sia come disciplina che coagula i risultati di altre discipline; sia con la specializzazione che esplica nei propri campi di ricerca. Nel volume un posto centrale è occupato dal rapporto fra modernità e riflessione sociologica. Viene ricordato lo studio di Charles Taylor Gli immaginari sociali moderni in cui il problema primario delle scienze sociali moderne è considerato il loro rapporto con la modernità medesima. L’analisi sociale sconta non pochi effetti derivanti dall’amalgama tipico degli ultimi decenni: nuove forme istituzionali (dalla scienza alla produzione industriale), nuove sofferenze sociali (alienazione, senso di perdita) e nuovi stili di vita (individualismo, secolarizzazione, razionalità strumentale). Le dimensioni sociali della modernità diventano necessariamente oggetto privilegiato per un pensiero sociologico realmente degno di questo nome. Se si pensa all’osservazione di Alain Badiou secondo cui “l’uomo non è ma avviene”, si coglie una serie di conseguenze:
- viene ridefinito il senso delle relazioni sociali;
- l’esperienza umana si frammenta in molteplici realtà;
- mutano il senso dello spazio e del tempo.
Giacomantonio cita qui in particolare l’antropologo Marc Augè, assieme a due fra i massimi pensatori della politica del ‘900, Hannah Arendt e Carl Schmitt (peccato per l’assenza di Leo Strauss). Considerando che il progetto del moderno si estrinseca in una serie di lotte per l’affermazione dell’identità, e che tale progetto seleziona gli individui, ne deriva il generarsi di sconfitti nel panorama sociale. Si tratta di quelli che Zygmunt Bauman definisce efficacemente “scarti sociali”. Del resto, già nel 1966 Michel Foucault fa scandalo parlando di “morte dell’Uomo” nel libro che lo rende famoso (Le parole e le cose) – un pensatore ben presente in Sociologia e sociosofia. Il soggetto sociale si trova stritolato fra “autocostruzione” ed “autocostrizione”, vivendo situazioni di debolezza e frammentazione, insicurezza e fragilità. I meccanismi di autopercezione evidenziano un’identità messa perennemente in discussione, affermata e subito in crisi, messa al sicuro ma poco dopo posta in dubbio. La ricerca di conferme si pone spesso come terreno sofferto e illusorio per troppi individui. A proposito di ridefinizione del senso del tempo e dello spazio, la tecnologia vi contribuisce profondamente anche grazie alla rete informatica. Il tempo subisce contrazioni, colonizzazioni e svuotamenti in un modello socio-economico che pretende fretta e velocità, imponendo forme di conoscenza frammentaria ed episodica. Sul mercato del lavoro le conseguenze sono evidenti quanto devastanti. Se ne possono leggere esaurienti analisi nell’ormai classico L’uomo flessibile di Richard Sennett. Giacomantonio osserva che la modernità apre la strada allo scetticismo; e al contempo una tranquilla assenza di illusioni prende il posto di un’ansiosa speranza. Da quando Friederich Nietzsche per primo svolge una riflessione della modernità su sé stessa, nel corso del XX secolo si sviluppa un pensiero apocalittico dai numerosi addentellati. Le ideologie prima si contrappongono lungo il quasi mezzo secolo di guerra fredda (1945/89); quindi si sfaldano in una crisi che molti scambiano per “morte dell’ideologia” (magari sposandola ad un altro noto abbaglio, quello della “fine della storia” di Francis Fukuyama). È vero comunque che il mondo post-moderno e la società tardo-industriale soffrono di consistente debolezza ideologica. Slavoj Zizek, citato più volte da Giacomantonio, osserva in particolare che il potere politico non necessita più di strutturazione ideologica per autolegittimarsi. Si concentra piuttosto nella caccia al profitto, scoprendosi subordinato al potere economico. Quanto poi al già citato Schmitt, l’autore di Sociologia e SocioSofia lo vede in un certo senso sulla scia nietzschiana: se il filosofo e filologo lancia un monito contro i chiaroscuri che si celano in ogni ideale, il giurista e filosofo della politica rovescia i rapporti fra la guerra e la pace (la prima si conduce in nome della seconda). Schmitt sostiene che l’oppressione si realizza per conto della libertà (si veda in particolare il capitolo L’epoca delle neutralizzazioni e delle politicizzazioni nella raccolta curata da Gianfranco Miglio e Pierangelo Schiera, Le categorie del politico). A fronte della crisi di ideologie e di ideali si conferma però la forza delle idee. In questo senso la società iper complessa di oggi si mostra come sorta d’immenso acceleratore di particelle in cui le idee circolano e si scontrano, si mischiano e rinascono come nuovi aggregati della “materia ideale”. Ciò che è reso ben più difficile rispetto ad epoche passate è invece il passaggio idea > ideologia > ideale. Sono la post-modernità e l’iper- complessità economica, sociale, politica, culturale ad ostacolare tale dinamica. La forte differenziazione di individui e gruppi, l’enfasi sull’apparire, la superficie/superficialità che colonizza il palcoscenico sociale, la citata crisi del Soggetto costituiscono un muro per lo sviluppo e il diffondersi di nuove idee. A farsi interpreti di questo disagio sono non pochi interpreti del sociale: dalla Scuola di Francoforte a Zygmunt Bauman, agli statunitensi Cristopher Lasch (gli studi sul narcisismo individuale e collettivo), David Riesman (il lavoro dedicato alle dinamiche della folla nel ‘900) e Charles Wright Mills (con i due classici Colletti bianchi e L’immaginazione sociologica). Se già nel 1964 Herbert Marcuse pone in evidenza La chiusura dell’universo di discorso (uno dei capitoli centrali de L’uomo a una dimensione), mezzo secolo più tardi Bauman parla di Decadenza degli intellettuali dedicandovi il libro omonimo. In questo senso si può anche intendere nel lavoro di Giacomantonio il richiamo alla sociosofia: la ripresa forte di un logos sul sociale, di idee sulla società in cui viviamo. Siamo alle prese con un discorso sul sociale che si fa vera e propria sofia, ordinatrice e al contempo capace di armonizzare il rapportarsi dialettico di soggetto e oggetto:
“comprendendo, in tal modo, che la vera oggettività scientifica richiede l’applicazione di valide categorie che organizzino i dati nel loro effettivo significato, non la ricezione passiva di dati fatti” (p. 60).
In ultima analisi, la sociosofia è riaffermazione forte di un’attenzione al sociale come relazionarsi tanto personale che altruista, portatore di simboli ed elementi storico-evolutivi. È una relazione ispirata al dialogo fra natura e cultura, in cui la libertà è inscindibile dall’autonomia. Il richiamo alla dialettica natura/cultura si collega al paragrafo dedicato alla teorica critica della società. Si tratta di un richiamo non al mero adattamento alla realtà, quanto alla ricerca di strade per il suo superamento critico, a rompere la paralizzante identità che prevale sulla soggettività, a spezzare la cortina ideologica che supporta la società di dominio dell’uomo sull’uomo. L’essere alle prese con una modernità tarda che assoggetta l’umanità tramite i concetti di sapere e disciplina, pensiero e discorso giustifica l’interesse di Giacomantonio per il pensiero foucaultiano. L’analisi della società disciplinare, l’esegesi delle pratiche di discorso portano l’attenzione verso i rapporti fra biologia e politica elaborando il concetto centrale di biopolitica. Si tratta di una delle chiavi di maggiore utilità per studiare dall’interno i meccanismi dell’asservimento impiegando le metodologie archeologiche e genealogiche della dialettica sapere-potere. La categoria biopolitica la ritroviamo in conclusione al volume. L’autore argomenta che se l’essere umano rinuncia al pensiero, alla conoscenza, al fare sociologico intesi come apertura e cura (nel senso spiegato dal Foucault del terzo volume sulla storia della sessualità, La cura di sé) allora l’assenza di una vera sociologia contribuisce al degradarsi dell’umanità a pletora di automi, anziché a società di autonomi. La biopolitica indica quindi la strada della teoria-prassi della polis quale scelta di vita. Se dunque viviamo in un quotidiano sociale ispirato a complessità e spesso sfuggente, che cerca di mettere nell’angolo idee guida e speranze concrete per un futuro migliore, la sociologia – è forse questo il senso più forte del libro di Giacomantonio – deve interrogarsi sul senso profondo del proprio esserci, hit et nunc. La riflessione sul sociale deve caratterizzarsi come interrogante e operativa, aperta e in grado di articolarsi sui fenomeni che indaga, assumendone criticamente la complessità. Il valore e l’utilità pratica (nel senso alto) della sociosofia si misurano sul rifiuto dell’apatia e della rassegnazione, nonché sull’ostinazione a ricercare nuove prospettive operando con piena autocoscienza.
* Ruggero D’Alessandro, laureato in legge e in scienze politiche, dottore di ricerca in sociologia, lavora come quadro nel settore sociale della pubblica amministrazione del Cantone Ticino (CH). Svolge attività di docenza presso l’università dell’Insubria (sede di Varese) e presso l’università “La Sapienza” di Roma (a.a. 2013-14). Autore dei volumi: La teoria critica in Italia, Roma, 2003, Breve storia della cittadinanza, Roma, 2006, Lo specchio rimosso. Individuo, società, follia da Goffman a Basaglia, Milano, 2008, La società smarrita, Milano, 2010, La teoria e l’immaginazione. Sartre, Foucault, Deleuze e l’impegno politico 1968-1978, Roma, 2010, La comunità possibile. La democrazia consiliare in Rosa Luxemburg e Hannah Arendt, Milano, 2011, Le messaggere epistolari femminili attraverso il ‘900. Virginia Woolf, Hannah Arendt, Sylvia Plath, Milano, 2012, Dal voto alla piazza. Partiti e movimenti nella società globale, Roma, 2013, Il genio precario. Per un ritratto di Walter Benjamin, Roma, 2013. Nel 2011 ha pubblicato il romanzo: La stagione delle sabbie. Ha pubblicato altresì contributi su volumi collettanei e riviste (tra cui “La Cultura”, “Critica marxista”, “Nuova Antologia”).