Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Scolio XIII

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«Quando leggo in Virgilio, Felix qui potuit rerum cognoscere causas! Georgiche, L. 2. mi chiedo, quis potuit? No, le ali del nostro genio non possono innalzarsi fino alla conoscenza delle cause. Il più ignorante degli uomini a questo riguardo ne sa quanto il più grande dei filosofi. Noi vediamo tutti gli oggetti, tutto ciò che avviene nell’universo come una bella scenografia d’opera, di cui non riconosciamo né le corde né i contrappesi. In tutti i corpi, come pure nel nostro, le prime molle ci sono celate, e probabilmente lo saranno per sempre. Ci si consola facilmente di esser stati privati di una scienza che non ci renderebbe né migliori, né più felici» [Julien Offroy de la Mettrie, Il sogno di Epicuro, Il Minotauro, Milano, 1994, p. 3].

4 thoughts on “Scolio XIII

  1. Ma l’uomo le cause le vuole conoscere! E avverte in sé la possibilità di riuscirci. Questa avvertenza lo autorizza a provare. E’ frenato dalla magra storia intellettuale rispetto a quella sentimentale. La ribellione a questa scarsità è partita seriamente con le iniziative di Nietzsche. Virgilio e de la Mettrie sono il passato.

    • Si, è indubbio che la sete di conoscenza dell’uomo implica una continua ineludibile ricerca di cause.
      La Mettrie però intendeva rilevare, da uomo di scienza qual era, che c’è un limite alla scoperta delle cause ultime (“le prime molle ci sono celate”): la scienza alla fine dovrà arrestarsi, si limiterà sempre all’analisi dei fenomeni e non potrà mai spiegare ontologicamente l’esistenza umana: l’uomo, pur agendo nel finito, tende a un infinito che non si può mai delimitare per definizione.
      La Mettrie, da materialista estremo, ha voluto eliminare (concettualmente) la res cogitans di Cartesio, considerandola semplice manifestazione del fisico, della materia, riducendo così l’uomo a una macchina (“L’uomo macchina” è la sua opera più conosciuta), pur ritenendola la più complessa di tutte le macchine.
      Certo il pensiero di Nietzsche è un superamento storico-filosofico di questo concetto.
      Ci sono però delle affinità, nel senso che il “Dio è morto” (espressione che Nietzsche probabilmente mutuò dallo sconosciuto “filosofo della redenzione”, Philipp Mainlander) – la rinuncia alla divinizzazione del mondo – è il punto di arrivo di La Mettrie e il trampolino di lancio (fino al raggiungimento di altezze prima impensabili) di Nietzsche.
      Entrambi uccidono la metafisica ma l’uno è l’assassino, l’altro il testimone.
      Testimone che volle ripulire la scena del misfatto dando dignità alla parte istintuale o sentimentale (dionisiaca) dell’uomo.

  2. Secondo me, La Mettrie e Nietzsche non uccidono la metafisica, ma l’aggirano, cercando di superare la visione trascendentale portata dalla Chiesa. Non dovrebbe poter essere altrimenti, considerando la lunga storia trascendentale rispetto a quella razionale.
    Se io dico che l’uomo ha dei limiti, come fa La Mettrie e come fa oggi De Duve (interessante la sua teoria per cui essendo quella la materia, non si può andare oltre, pur manipolandola in milioni di modi, ma non certo risolutiva), ebbene dovrò anche ammettere che sono superabili, altrimenti non ci penserei neanche.
    Parlo terra terra, è un po’ come Kant che afferma l’esistenza della ragion pura e quella della ragion pratica.
    Se affermo che esiste una ragion pura, beh sarò tentato di superarla.
    I Greci si fermavano alle Colonne di Ercole, ma il mondo è molto più grande.
    Io penso che certe affermazioni filosofiche sian legate alle vicende storiche. E’ un discorso lungo, ma sarebbe bello affrontarlo. Solitamente si è portati a pensare ad una dichiarazione, appunto filosofica, come ad un oracolo.
    C’è qualcosa di druidico in tutto questo che agisce su di noi a livello psicologico sin quasi dalla preistoria.
    Legando le affermazioni alle precedenti e alle successive si capisce (io capisco) che esiste una evoluzione dell’uomo verso la valorizzazione di se stesso, con tanto di responsabilizzazione propria.
    Nel processo, certe prese di posizione sono inevitabili, per salvare il passato o per confutarlo coraggiosamente. Oggi guardo con interesse a Derrida e a Smuts: le nostre possibilità speculative travalicano le nostre risorse congenite e questo perché finalmente ci rendiamo conto di essere un divenire, non un essere, così come il mondo che ci circonda e che facciamo fatica a rincorrere.

    Dario Lodi

  3. Caro Julien Offroy de la Mettrie, quando leggi Virgilio, limitati all’inchino e non andare oltre.

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