Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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La macchina del mito – il corpo disabitato, fra relazione e tempo

> di Sandro Vero*

 

Magritte - Intermission

 

1. La relazione

Il doppio movimento è qui assolutamente irrinunciabile: si scoraggia sempre più la relazione, l’unica vera attuazione del potenziale “comunitario”, cellula germinale di ogni progetto di condivisione che inerisca il sociale e il politico, e si sostituisce questa con dispositivi surroganti che non hanno – come invece la relazione minaccia di avere – un potenziale eversivo. Dispositivi che, anzi, avvitano il soggetto dentro una logica solipsistica, auto-sufficiente. Ciò fa si che la relazione, da cornice naturale di ogni processo comunicativo, divenga il prodotto secondario di una comunicazione passata attraverso manuali di efficacia, marketing del contatto, stilizzazione del gesto, desessualizzazione del desiderio. È quanto richiesto dalle necessità di un processo a doppio binario: la frammentazione dell’unità  ̶  di una forma operativa, trasformativa, di coesione sociale – da una parte, la crescente globalizzazione – non solo economico-finanziaria ma culturale   ̶   dall’altra.

In realtà, dietro il fenomeno del corpo disabitato [1], si consuma un doppio ordine di necessità, ciascuna disponendosi su un diverso livello: si sviluppa un mercato fiorente del fitness, coi suoi prodotti, le sue mode, i suoi santuari, le sue certezze, un pacchetto complessivo che richiede una dedizione sorretta dall’angoscia del tempo [2], in una sorta di assedio che precipita istante dopo istante il soggetto in una condizione di dipendenza; si realizza un programma di depauperamento della relazione – quella fra persone – adeguatamente sostituita da qualcosa che la imita e la riproduce al ribasso – quest’ultima fra individui – completamente prosciugata di tutto ciò che esonda dagli argini dell’essere per e che, altrimenti, affermerebbe la priorità naturale dell’essere con. Continua a leggere


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Convinzioni irrazionali: chiusura dell’esperienza e approccio corporeo

> di Omar Montecchiani*

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In un momento particolare dello sviluppo – di solito nella prima infanzia – è possibile che l’individuo faccia un determinato tipo di esperienza, l’esperienza A, o più esperienze similari ripetute – più o meno dolorose, traumatiche, o comunque inibenti. Questo tipo di esperienza potrà far si che il soggetto venga ad assumere una determinata “posizione esistenziale” – come la chiama Berne – rispetto alla quale verrà a determinarsi il proprio senso di sé, e di sé in rapporto agli altri: questa posizione mi porterà a strutturare un determinato copione di vita, a partire dal quale io potrò, nel bene o nel male, gestire i miei rapporti, le mie emozioni, i miei comportamenti, per il resto della mia vita. Uno schema sostanzialmente, un modello operativo interno, che, irrigidendosi, può trasformarsi in un vero e proprio copione. Una maschera capace di mediare tra la non soddisfazione dei miei bisogni interni da parte dell’altro, e la dipendenza d’amore rispetto a quest’ultimo – il bisogno d’amore dell’altro –, che continuerò ad avere indipendentemente dalla soddisfazione o meno di quei bisogni.

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Federico Sollazzo: Totalitarismo, democrazia, etica pubblica

> di Pietro Piro*

La società modernizzata fino allo stadio dello spettacolare integrato è contraddistinta dall’effetto combinato di cinque caratteristiche principali che sono: il continuo rinnovamento tecnologico; la fusione economico-statale; il segreto generalizzato; il falso indiscutibile; un eterno presente.

[G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo]

Federico Sollazzo, "Totalitarismo, democrazia, etica pubblica"

I.

Il libro di Federico Sollazzo, Totalitarismo, democrazia, etica pubblica [1] oltre ad essere ben argomentato e ben scritto, ha il merito di riportare la nostra attenzione su temi che senza nessun timore possiamo definire essenziali. Il libro si propone di affrontare argomenti complessi e densi dal punto di vista umano ed ermeneutico ed è diviso in tre grandi sezioni: Filosofia Morale, Filosofia Politica ed Etica. Il testo [costruito come un percorso in cui la storicità degli eventi segna il susseguirsi delle argomentazioni] pre-pone il fenomeno del totalitarismo come elemento di partenza e punto d’irradiazione per sviluppare tutte le argomentazioni successive. Riteniamo sia dunque metodologicamente corretto, partire proprio dall’analisi di Sollazzo su quest’argomento per sviluppare poi le nostre argomentazioni critiche. Il libro si apre con quest’affermazione:

«Il crollo dei regimi totalitari non ha certo segnato il superamento della problematica del controllo totale sugli individui, del dominio, ma un mutamento della forma e dei modi di attuazione dello stesso, un suo perfezionamento. Queste dinamiche rendono necessario il ricorso a un nuovo strumento concettuale, del quale fondamentali riferimenti, fra gli altri, sono i termini “sistema” e “Impero”» [2].

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