Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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La macchina del mito – la cura: critica della ragion psicologica

> di Sandro Vero*

«Dopo tutto siamo la sola civiltà in cui delle persone
specialmente addette sono retribuite
per ascoltare ciascuno confidare il proprio sesso…»

Michel Foucault

È bene chiarire sin da ora che la scelta di centrare il discorso inerente il mito della cura sulla psicologia è una scelta non casuale o, in alternativa, dettata da motivi esterni alla struttura logica del nostro lavoro. La psicologia è, senza alcun dubbio, la disciplina che meglio incarna un certo modo di articolarsi del mito dell’individuo, specie come lo abbiamo visto agganciarsi ai temi del potere, nel momento specifico della sua sussunzione come “organismo malato”, dunque bisognoso di essere preso in carico in un’ottica terapeutica. La radice profondamente ideologica dei suoi fondamenti teorici sopravanza notevolmente quelle di discipline contigue come la sociologia e l’antropologia, che pure mantengono un rapporto stretto con la prospettiva storica. Continua a leggere


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La macchina del mito – la nascita dell’individuo

> di Sandro Vero*

«La specificità del potere capitalistico non deriva da una
semplice accumulazione di potere d’acquisto,
ma dalla capacità di riconfigurare i rapporti di potere
e i processi di soggettivazione»
Maurizio Lazzarato [1]

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1. La cultura occidentale ha da tempo occupato precise postazioni, dalle quali guarda intorno col piglio sicuro di coloro che non ammettono dubbi, che non tradiscono tentennamento alcuno. Il rapporto con la natura, che da cinque secoli almeno è caratterizzato da un’aggressività totalmente funzionale ai modi in cui si è dato il rapporto produttivo nella sua società, è la prima di esse [2]. La scissione corpo/mente, che ha statuito una separazione ontologica curiosamente contrapposta alla confusione – anche questa funzionale alle logiche del profitto nel contesto produttivo – fra natura e cultura, ovvero fra natura e storia, è la seconda [3]. La progressiva de-temporalizzazione del rapporto fra passato (ovvero tradizione) e futuro (ovvero progresso), che ha impresso una formidabile accelerazione/immobilizzazione del tempo come vissuto, è la terza [4]. La trasformazione dell’immagine del mondo, che da luogo rappresentabile solo come disegno è divenuto spazio dicibile solo in quanto modificato, è la quarta [5]. Continua a leggere


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Filosofia della sensibilità. Un libro Moretti&Vitali di Susanna Mati

> di Paolo Calabrò

La cronaca di una morte annunciata: si potrebbe descrivere così, con poche parole, la storia di quel modo di intendere la filosofia che – tutto preso dal rigore della definizione e dalla coerenza del procedimento – finisce per astrarre se stesso dall’oggetto d’indagine che pur ha sempre sotto agli occhi. Cioè la realtà. Questo è il punto di partenza del bel libro di Susanna Mati, dal titolo Filosofia della sensibilità (ed. Moretti e Vitali), che non limita la sua critica a quella filosofia accademica iperspecializzata che si compiace della propria inaccessibile autoreferenzialità, ma la amplia a tutti quei settori i quali – rinunciando per principio (cioè per statuto) ad indagare uno o più aspetti specifici della realtà – spingono la propria investigazione dell’essere sempre più avanti, fingendo ogni volta che il problema non esista, solo perché lo hanno lasciato fuori dalla porta di casa. Ne fa qui le spese, ad esempio, la filosofia analitica, che nelle parole dell’autrice è «evidentemente frutto di una patologia psichica». Continua a leggere


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Il pensiero è impuro. L’epistemologia relazionale di Raimon Panikkar oltre il “nuovo realismo”

> di Paolo Calabrò*

Di cosa è fatta la realtà?[1]

La realtà è fatta di relazioni[2] In quanto queste relazioni avvengono (si costituiscono, perdurano, si sciolgono) nel tempo, è possibile dire che la realtà è costituita da eventi. In questo senso ci si potrebbe anche spingere ad affermare che la realtà è una “creazione continua”[3]. Le cose non “sono” bensì, per così dire, “stanno essendo”.

Che cosa le relazioni, appunto, mettono in relazione?

Le cose. Non gli oggetti (che sono già le cose inquadrate nel mito[4] dell’oggettività) ma i simboli[5], le cose nella loro capacità di entrare in relazione con ogni altra cosa.

Queste “cose” o “simboli” esistono dunque in sé, pur avendo la possibilità di entrare in relazione?

Nulla esiste in sé. È esperienza diffusa e onnipresente che nulla si dia in sé, ma sempre insieme ad altro, in qualche relazione. Le relazioni preesistono ontologicamente alle cose: qualunque cosa nasca, per ciò stesso viene al mondo. Nulla nasce o esiste in vacuo. Le relazioni danno forma all’essere. Non c’è essere al di fuori delle relazioni[6].

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