Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Uomo, una mente molto inquieta. Breve riflessione intorno a “La Mente Inquieta. Saggio sull’Umanesimo” di Massimo Cacciari [Einaudi, 2019].

Francesco Brusori

Chiediamoci subito: ciò che passa sotto l’etichetta storiografica di «rinascimento» o «umanesimo» è solo diretto sinonimo di quella «rinascita» di cui Giorgio Vasari parla in relazione alla storia delle belle arti? Nulla di più complesso e radicale? Per dirla con Kristeller, nulla di meno vago? Ebbene il tentativo di Massimo Cacciari ne La Mente inquieta [La Mente Inquieta. Saggio sull’Umanesimo, Einaudi, Torino 2019] è precisamente quello di rispondere in modo indiretto ma rigoroso – con parole e con una preziosa raccolta iconografica che arricchisce nell’insieme il testo – a tali interrogativi, attuando un puntuale approfondimento dell’itinerario intellettuale che vede in Lorenzo Valla, Leon Battista Alberti, Giovanni Pico della Mirandola, Leonardo Bruni, Marsilio Ficino – tanto per citarne alcuni – degni e autentici esponenti di quella che per Cacciari deve riconoscersi come peculiarissima «età assiale» ed «epoca di crisi». Del resto, come potrebbero spiegarsi quelle straordinarie e rivoluzionarie teorie dell’arte per cui il rinascimento è ricordato, qualora non si ammettesse di necessità una «implicita filosofia dell’arte» o una relativa «antropologia filosofica» (p. 5)?
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