Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Sulle tue spalle

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Lettura del saggio Il dopo di Ilaria Capua

Introduzione

La tesi per la quale la pandemia nota come CoViD-19 sarebbe stata l’occasione di immaginare1, suggerire e in certi casi di indurre a colpi di decreti delle modifiche allo stile di vita delle persone che con la gestione meramente medica e perfino emergenziale avevano ben poco (per non dire nulla) a che fare è controversa2. Questo articolo non intende entrare nella polemica, bensì sottolineare la singolarità di un evento specifico: la pubblicazione del libro di Ilaria Capua3, Il dopo. Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale; libro scritto da un medico veterinario (Capua 202o: 5), che tuttavia poco si dedica a questioni medico-scientifiche, o a problemi logistici come l’organizzazione delle strutture sanitarie, per attardarsi invece su aspetti sociologici, il cui fulcro è quello che i cittadini avrebbero dovuto fare da subito e in previsione delle pandemie future, per comportarsi in maniera conforme alla gestione ottimale (secondo l’A.) del problema4. Con un’esposizione che sembra tutt’affatto non neutrale, ma indirizzata, che si spinge – e non occasionalmente, ma sistematicamente, come vedremo – a voler ripensare l’intero comportamento personale e sociale di ogni singolo cittadino del mondo5.

Il problema? È tuo

Partiamo dalla prima considerazione: «Siamo fragili», dice (Capua 202o: 43), in riferimento alla vulnerabilità dell’uomo da parte dei virus. Ed è certamente così. Si tratta tuttavia di una descrizione molto semplificata della situazione reale, nella quale non si fa menzione del fatto che questa fragilità possa non dipendere (né soltanto né per la maggior parte) dal nostro essere “canne fragili” (Pascal 2017: 153; §264), ma dal fatto che, negli ultimi vent’anni, i tagli alla spesa ospedaliera italiana abbiano causato una riduzione di oltre 83.000 posti-letto (il 32%: Cobianchi 2023)6.

E non solo nel libro non si menziona questa realtà tutt’altro che secondaria, rimuovendo completamente e a un tempo tanto il ruolo che lo Stato ha avuto (tagliando appunto la spesa), quanto quello che dovrebbe avere, rinforzando il sistema sanitario con l’aumento della spesa e dei posti-letto. Il suggerimento che l’A. fornisce è che invece sia il singolo a farsi carico di questa situazione:

Citando John F. Kennedy, se volessimo chiederci cosa possiamo fare noi per il nostro servizio sanitario, la risposta sarebbe solo una: prevenzione primaria, quella che riguarda i soggetti sani ed è mirata a evitare la comparsa di malattie. Chi si ammala meno costa meno, e di conseguenza favorisce una equa e migliore distribuzione delle risorse, che saranno a quel punto convogliate verso chi ne ha realmente bisogno (Capua 2020: 110-111).

Con una singolare inversione, di cui non viene data nessuna spiegazione, il cittadino viene così investito di una responsabilità che sarebbe delle istituzioni (le quali nel discorso non compaiono minimamente). Il cittadino deve fare di tutto per non ammalarsi: è un dovere morale, visto che le risorse sono limitate e ne va della salute di «chi ne ha realmente bisogno».

Sei tu a dover cambiare

Presupposto fondamentale di questo discorso è che la realtà attuale non possa essere cambiata: non si può aumentare nuovamente il numero dei posti-letto, né la spesa sanitaria. Di fronte alla situazione di fatto, inalterabile (anche se, sottolineiamo, di questo dogma adattivo non viene data nessuna spiegazione), l’unica cosa che può cambiare sei tu. E dovrai farlo. È un dovere morale.

Più avanti, viene chiarito che questo dovere non consiste solo nel fare qualche controllo preventivo di tanto in tanto, magari dopo una certa età: l’idea dell’A. è che tutti debbano stare attenti a tutto e nella massima misura. Non si tratta di aumentare l’attenzione sulla propria salute (ciò su cui si potrebbe anche convenire); ma di cambiare modo di vivere: il cittadino deve adeguarsi a uno stile di vita salutistico, dove non c’è più spazio per quelle che siamo abituati a considerare libertà consuete – bere, fumare, magari camminare poco – ma tutti devono rassegnarsi a vivere una vita “standard” in cui il controllo del proprio stato di salute diventa imperativo e totalizzante. La questione insomma non è «“prendere più pastiglie”, ma essere ligi a determinate regole» (Capua 2020: 111).

Se si pensa che questa descrizione sia eccessiva, si legga il passaggio seguente:

Tra cinque anni saremo misurati in tutto. Non potremo più avere una vita clandestina: se ci verrà voglia di uno spuntino di mezzanotte, probabilmente il frigorifero si opporrà e l’armadietto che contiene i biscotti bloccherà le ante proprio perché ci stiamo apprestando a svaligiarlo, ma non sarà per forza un male. Di certo, tutto questo ci aiuterà a diventare i primi guardiani7 della nostra salute (Capua 2020: 112).

Come a dire: se non capisci che devi metterti in riga, verrai costretto a farlo. E «non sarà per forza un male». L’idea di bene che viene propagandata qui non passa dalla libertà, ma dal controllo; e non ha a cuore l’autodeterminazione dell’individuo, ma il contenimento della spesa sanitaria pubblica. “Per il tuo bene” si dice. Ma non vieni lasciato libero di perseguirlo a tuo modo, il tuo bene. Qualcun altro lo individua per te, e cerca di costringerti (tramite il salto logico del bene individuale che trapassa nel bene di tutti). Ma quale sistema di potere non dice di usare il controllo per il bene dei sudditi? Vale in ogni epoca e in ogni contesto, per il Panopticon di Bentham quanto per il sistema di credito sociale cinese. Qualche anno fa, ci si scandalizzò proprio riguardo a quest’ultimo, basato su «cinquecento milioni di telecamere, riconoscimento facciale e vocale, censura in rete e controllo dei social network»: si parlò subito di “Grande Fratello” (Ferraro 2017). Ma la cosa che più colpì fu il “sistema di credito sociale”, atto a giudicare le azioni reali e virtuali delle persone, basato su premi, ammende o divieti a seconda del proprio comportamento online e nella vita di tutti i giorni. Questo portò «la Repubblica» a tirare in ballo niente di meno che la celebre distopia “Black Mirror”. Nel libro di Capua non si parla di dare voti alle “cattive azioni”, che nel sistema cinese continuano a essere permesse; si parla invece di vietarle direttamente. Non dovremmo scandalizzarcene?

Per ammorbidire lo scossone, si ripete poi l’abusato ritornello secondo il quale saremmo “tutti nella stessa barca”:

Questo rinnovato senso di appartenenza alla specie umana è una ricchezza straordinaria. Primo, perché ci unisce come specie, al di là dei confini e dei muri. Abbiamo riscoperto che, insieme, possiamo avere la meglio. In futuro, sarà più semplice per ciascuno di noi agire per essere parte della soluzione, non del problema (Capua 2020: 119).

Entusiasmo che sarebbe giustificato se il CoViD-19 avesse portato alla soluzione di almeno una delle seguenti questioni: milioni di morti per fame; milioni di morti per malattie curabili; milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile; milioni di persone che non hanno accesso ad assistenza medica di nessun tipo; miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno. Ma purtroppo non è così: nessuna solidarietà è magicamente comparsa nel mondo per dimostrare che l’umanità si è finalmente redenta dalle discriminazioni secolari che l’hanno insanguinata e si è finalmente decisa a sostituire la competizione con la collaborazione. Questa retorica del “diamoci tutti una mano l’un l’altro” è dunque farisaica: tanto lontana dalla situazione reale quanto evidentemente indirizzata a impartire, ancora una volta, il solito stesso ordine (“È così che dovrete comportarvi, ne va del bene di tutti”). Non senza una minaccia molto poco velata: «Siamo stati avvertiti. Se domani scoppiasse una nuova pandemia, dobbiamo farci trovare pronti» (Capua 2020: 43).

Rasségnati

Tutto il libro è pervaso da una vena tutt’altro che sotterranea di rassegnazione. «Il mondo si è fermato: bisogna prenderne atto» (Capua 202o: 95). Senza aggiungere che il prendere atto andrebbe seguito dalla presa di consapevolezza che le cose possono e devono essere cambiate: ad es., come si diceva, potenziando la sanità pubblica. Al contrario, l’A. continua coerentemente con la deresponsabilizzazione dello Stato, non senza compensarla con la responsabilizzazione integrale dell’individuo:

Cosa fa l’Homo sapiens? Evolve. Si re-inventa. È ciò che siamo chiamati a fare ora: avremo nuovi problemi da affrontare, ma anche nuovi strumenti per farlo. Sta a noi decidere come agire (Capua 2020: 70).

L’uomo deve cambiare; e accontentarsi di ciò che gli rimane. Rispettare le regole che il potere fornirà: quante e quali, non è dato saperlo prima; sarà la nuova emergenza sanitaria a dettarle. Perché è chiaro che ce ne sarà un’altra, e poi un’altra ancora (Capua 202o: 108). E in quelle circostanze, il potere potrà – anzi, dovrebbe, sempre per il tuo bene – privarti di tutto; e di tutto ciò che lo stesso potere potrà poi elargirti dovrai gioire anziché lagnarti, perché «è meglio di niente» (Capua 202o: 67), «è più di niente» (Capua 202o: 69). L’A. non parte dalle libertà che la Costituzione garantisce in Italia, come ad es. il diritto di assemblea, ma dà l’idea appunto che qualunque libertà e qualunque diritto possano essere sottratti dal potere.

È evidente qui l’esplicito elogio di quell’atteggiamento resiliente tanto caro al sistema di potere economico e politico che ha tutto l’interesse a che le cose rimangano come sono, spingendo in tutti i modi in direzione dell’ideologia dell’intrasformabilità del mondo. In questo solco si innestano i tanti richiami dell’A. a Madre Natura, come ad es.:

Ma non sarà che Madre Natura ha voluto dirci qualcosa con questa sorta di enorme, potentissimo starnuto allergico? (Capua 2020: 28)

oppure:

La pandemia sta facendo prendere una boccata d’ossigeno al pianeta Terra. Questo lo trovo bellissimo. Madre Natura si sta risvegliando: è come se stesse sbadigliando e stiracchiandosi. Mi auguro che non lo dimenticheremo (Capua 2020: 117)

utili a sdoganare il messaggio che la situazione attuale sfugge al volere dell’uomo e che è folle pretendere di cambiarla, un po’ come se ci si volesse opporre al richiamo della forza di gravità. Utili cioè a trattare la realtà umana (l’assetto socioeconomico di stampo capitalistico) come la realtà naturale, entrambe ugualmente già date e fuori dalla presa dell’umano volere; l’uomo può al massimo adeguarsi e prendere delle contromisure (lockdown, vaccino, ecc.).

Pènsati ammalato

A questo riguardo, una piccola precisazione. Se si fosse deciso di aumentare la spesa sanitaria decidendo di investire sulle cure anziché sulla prevenzione, si sarebbero potute spegnere a monte tutte le polemiche sui vaccini e sul green pass. In questo modo, si sarebbe anche superato il contraddittorio e pericoloso concetto di “malato asintomatico”, sconosciuto prima del 2019 alla medicina e per ovvi motivi: ci definiamo “ammalati” quando c’è qualcosa che non va. Possiamo perfino preoccuparci di controllare periodicamente questo o quell’aspetto anche in assenza di qualsiasi malessere; ma in ogni caso ci definiamo “ammalati” solo quando l’eventuale stato di malattia sia stato conclamato. Fino a un attimo prima del CoViD-19 c’era la classica figura del “portatore sano”: colui che ha in sé la malattia ma non ne manifesta i sintomi; nemmeno quello – che pure albergava di fatto il patogeno all’interno del suo corpo – veniva definito “ammalato”, proprio perché la malattia non generava in lui nessun sintomo. È curioso che questo paradossale capovolgimento del (plurimillenario) senso comune, completamente ingiustificato (o, quanto meno, non giustificato: perché altrimenti tale giustificazione imporrebbe una revisione dell’intera scienza medica così come la conosciamo), abbia dei pesantissimi risvolti sociali (contro i quali, giustamente, si protesta): a che titolo è possibile dichiarare “ammalata” l’intera popolazione di uno Stato (di tutto il mondo, anzi, trattandosi di una pandemia), basando su ciò una politica di emergenza securitaria con tanto di sospensione dei diritti costituzionali (diritto di assemblea ecc.)?

Conclusioni

Se il potere ha usato l’emergenza CoViD-19 per motivi politici, non l’ha fatto in maniera casuale ma programmatica, usando con accortezza meccanismi come quello di addossare oneri e responsabilità al singolo, anziché alle istituzioni; slogan come “siamo tutti sulla stessa barca”8; e un’ideologia come quella per cui la realtà è così com’è e non può essere cambiata e che l’unico a poter cambiare è solo l’individuo, al quale tocca adeguarsi alla realtà così com’è. E se Il dopo può sembrare un manifesto programmatico di ciò che il potere potrebbe mettere in campo alla prossima occasione simile a quella descritta (mentre scriviamo ci sono già le prime avvisaglie: Carboni 2024), non è certo colpa dell’A., le cui intenzioni non sono qui – come già detto – minimamente in discussione. L’esigenza di capire il proprio tempo – che non ha a che fare con il complottismo bensì con la possibilità di interpretare i fatti con cognizione filosofica e conoscenza della storia – passa anche dalla lettura critica di testi come questo. Perché comprendere certi meccanismi ci aiuta a riconoscerli quando si ripresentano. E ad essere più pronti ad affrontarli.

Bibliografia

  • Capua 2020, I., Il dopo. Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale, Mondadori, Milano.
  • Carboni 2024, K., “Cos’è il green pass globale”, «Wired», 7 marzo, visibile in internet all’indirizzo https://tinyurl.com/gpglobale (pagina visitata il 20 aprile 2024).
  • Cobianchi 2023, M., “In vent’anni posti letto negli ospedali italiani sono diminuiti del 32 per cento”, «Italia Oggi», 16 settembre, visibile in internet all’indirizzo https://tinyurl.com/ItaliaOggi16092023 (pagina visitata il 9 aprile 2024).
  • Ferraro 2017, M., “Cina, il Grande Fratello che controlla un miliardo e mezzo di cittadini”, «la Repubblica», 29 dicembre, visibile in internet all’indirizzo http://tinyurl.com/CinaGrandeFratello (pagina visitata il 3 marzo 2024).
  • Fusaro 2021, D., Golpe globale. Capitalismo terapeutico e Grande Reset, Piemme, Milano.
  • Fusaro 2022, D., Odio la resilienza. Contro la mistica della sopportazione, Rizzoli, Milano.
  • Pascal 2017, B., Pensieri, Bompiani, Milano [Tr. it. di A. Bausola e R. Tapella].

  1. Al di là di qualsiasi considerazione sulla realtà sanitaria, che nessuno sogna di negare o di sminuire. ↩︎
  2. Per alcuni si tratta di complottismo; per altri è possibile individuare uno schema che riconduce all’interpretazione data sulla base del conflitto di classe in atto fra capitale transnazionale e precariato lavorativo: cfr. al riguardo Fusaro 2021. ↩︎
  3. Di seguito anche A. ↩︎
  4. Sorprendente al riguardo anche la tempestività: nel maggio 2020 (quando il libro è uscito in libreria) erano passati solo 2 mesi dal primo lockdown italiano (9 marzo 2020) eppure l’autrice aveva già le idee chiarissime su cosa sarebbe successo di lì (almeno) ai successivi cinque anni (anche se poi non tutte le sue profezie si sono avverate). Ma quello che colpisce maggiormente non è qui il grado di affidabilità delle stesse previsioni, bensì l’audacia con la quale si pensava di poter intravedere fin dal primo momento scenari a tuttotondo che non riguardavano i tassi di letalità dei prossimi virus o la consistenza dei sistemi sanitari moderni; bensì il modo in cui giovani e anziani avrebbero dovuto prepararsi a vivere chiusi (di nuovo) in casa (Capua 2020: 122), ovvero come ciascuno di noi dovrebbe cambiare il proprio modo di vivere oggi per andare incontro al futuro pandemico di domani. ↩︎
  5. È opportuno sottolineare che non stiamo qui in nessun modo sostenendo che questa fosse la reale intenzione dell’autrice; intenzione che non ci riguarda in alcun modo e che peraltro non è dato conoscere. Non si fanno processi alle intenzioni, in generale; in particolare, non se ne fanno qui. Si sta semplicemente sostenendo che l’interpretazione qui presentata sembra possibile e anzi probabile, per i motivi che seguono. ↩︎
  6. Poco rileva, in questa sede, che i tagli siano stati imposti da Bruxelles o voluti dalla politica nostrana. Le cifre non cambiano. E questo pare essere un fatto ben più rilevante della strutturale (e nota) fragilità dell’uomo di fronte alla vita; cui però nel libro non si fa il minimo accenno. Il discorso verrà ripreso nel seguito. ↩︎
  7. Al massimo i secondi guardiani. Il primo è diventato… l’armadietto. ↩︎
  8. Affermazione eminentemente falsa. Cfr. Fusaro 2021: «I miliardari americani della shut-in economy, del commercio digitale e della speculazione finanziaria lucravano vieppiù, mentre la popolazione dei ceti medi e delle classi lavoratrici languiva rinserrata in casa, terrorizzata. […] Profondamente falso e, marxianamente, gravido di ideologia è, quindi, il discorso politicamente corretto, ribadito a reti unificate dai bardi del mainstream, secondo cui, con la crisi epidemica, saremmo “tutti sulla stessa barca”» (96). ↩︎

Autore: Paolo Calabrò

Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, collaboro con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Dirigo con Diego Fusaro la collana di filosofia "I Cento Talleri" dell'editore Il Prato e con Daniele Baron la rivista online «Filosofia e nuovi sentieri». Ho pubblicato in volume i saggi: – EDITING. Manuale per la revisione del testo in 101 passi (Il Prato, 2024); – Pensiero in azione. Politica e morale nella filosofia pratica di Raimon Panikkar (Il Prato, 2024); – Il rischio di pensare. Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e i libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o Del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della serie "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.

2 thoughts on “Sulle tue spalle

  1. capisco il non volersi sbilanciare, ma la nota 4 dice tutto.

    l’A ha zero credibilità scientifica, è una al soldo di big Pharma al quale non credo vada riconosciuta alcuna autorevolezza.

    Però concordo con le conclusioni e il perché lo hai voluto fare.

    Purtroppo non vedo alcuna consapevolezza maggiore rispetto a un paio d’anni fa.

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