Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Brevi lezioni di Botanica. Rileggiamo Rousseau

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Una succinta nota introduttiva di Anna Faro, curatrice e traduttrice, ci porta a riconsiderare quest’opera del grande filosofo ginevrino. La potremmo ritenere marginale quanto all’ampiezza e ai contenuti: come si spiega ai bambini il mondo vegetale, ed anche perché è stesa dopo che le sue opere principali, Il Contratto sociale e l’Emilio, già erano state prodotte provocando sulle prime più contestazioni che consensi. Parigi e Ginevra lo rifiutano, Rousseau trova accoglienza in Inghilterra presso il filosofo David Hume, poi torna in Francia e si dedica all’osservazione del gran libro del mondo, in particolare del regno vegetale, che egli considera il più bello dei tre che la natura ci offre. È il periodo, dal 1770 fino al termine della sua esistenza 1778, delle sue passeggiate solitarie, che rinfrancano il corpo e permettono di fantasticare, senza peraltro dimenticare la ragione.

In questa breve opera l’animo di Rousseau aleggia in una forma tripartita che lo vede come promeneur, revêur e savant.

Le otto lezioni di botanica sono altrettante lettere che Rousseau scrive alla cugina madame Delessert, desiderosa si spiegare alla sua bambina le meraviglie delle piante. Di un fiore si ammira in primo luogo la bellezza, capace di catturare l’animo sensibile ma si rende necessaria anche un’analisi delle forme dell’intera pianta in un gioco di analogie e differenze.

Ci vuole metodo e gradualità per arrivare ad una conoscenza autentica, perché il nome di una specie o di una famiglia vegetale non suoni come un’arbitraria convenzione che si deve memorizzare. Bisogna partire dai fiori e dagli ortaggi che fin dall’infanzia ci sono noti e ne conosciamo il nome e le caratteristiche, ma già raggrupparli per famiglie richiede l’uso di molte delle nostre facoltà. Lo studio deve essere attivo, la mente deve essere ben congiunta con gli organi corporei, si devono usare i piedi per camminare e raggiungere le piante da osservare, le mani devono essere allenate nella tenera età a quella presa di precisione che permette di compiere operazioni delicate quali il distacco di una corolla o la separazione di minuscoli stami.

Visto che l’uomo ha cinque sensi è bene usarli tutti, anche se la vista in questo scritto ha un ruolo predominante. L’unico che sembra essere lasciato da parte è l’udito, la natura vegetale è di per sé silenziosa come silenziosi sono gli erbari che Rousseau produce in prima persona e insegna alla cugina come realizzare.

Assente nello scritto la dimensione utilitaristica, le colture agrarie ed anche gli stessi fiori quando sono selezionati per l’artificiosità dei giardini si allontanano dalla purezza originaria della natura. Rivolgendosi all’interlocutrice definisce la botanica «studio di pura curiosità, che non ha altra utilità reale di quella che può concludere un essere pensante e sensibile dall’osservazione della natura, e dalle meraviglie dell’universo».

*Raffaele Pisani nasce a Verona nel 1950. Laurea in filosofia e in pedagogia perfezionamento in didattica della filosofia; triennio di teologia presso lo Studio teologico San Zeno di Verona. Ha insegnato filosofia e storia al liceo fino al 2015.
Pubblicazioni cartacee: rif. Arch. Bibliogr. Veronese; Pubblicazioni su riviste on line.
Temi: Storia contemporanea, religiosità popolare; nel campo filosofico qualche scritto su Pascal, sull’esistenzialismo francese, sul personalismo cristiano e sul rosminianesimo.

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