> di Sandro Vero
Etologia Cognitiva è un lavoro percorso da una forte tensione culturale: la sua tesi fondamentale è quella che gli animali hanno una mente, non sono cioè organismi vitali mossi da semplici automatismi funzionali ma soggetti che possiedono la disponibilità di piani, procedure, gerarchie sia nel processamento delle informazioni che nella messa in atto dei comportamenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi. L’Autore, Roberto Marchesini, è insieme filosofo ed etologo e ciò si apprezza nel taglio epistemologico del libro, che alterna il ricorso alle concrete indicazioni empiriche derivanti dal lavoro di osservatore alle puntualizzazioni teoriche e metateoriche del pensatore. I concetti sui quali è imbastito il lungo processo dimostrativo dell’esistenza di una cognizione animale sono troppi per essere analizzati in una recensione, si impone dunque una sorta di estrapolazione di quelli che riteniamo essere fondamentali e più ricorrenti: l’antitesi fra associazionismo (comportamentismo) e cognitivismo, la motivazione, la soggettività.
L’inconsistenza (in senso logico) e l’insostenibilità del paradigma associativo – che pretenderebbe di ridurre a sequele puntiformi, unidirezionali, lineari di eventi-stimolo ed eventi-risposta la complessa vicenda dei comportamenti adattivi degli animali al loro contesto abitativo – sono evidenziate da un costante ricorso ad una sorta di reductio ad absurdum: l’Autore spinge quel paradigma verso le evidenze empiriche e ne mostra l’inadeguatezza non solo rispetto al dato osservativo più crudo, ma anche rispetto alla cornice interpretativa da lui considerata irrinunciabile, quella darwiniana (o, più generalmente, evoluzionistica).
Parlare di associazionismo vuole dire parlare di comportamentismo, che secondo l’Autore non solo non dà conto delle dimensioni più complesse dell’azione di un animale nel suo contesto ma che in rapporto a quelle più elementari fornisce uno schema esplicativo funzionale solo se integrato nel modello più comprensivo della cognizione.
L’approccio cognitivo è il solo in grado di garantire la rappresentazione del carattere sistematico del comportamento animale, della sua “soggettività” – ovvero del suo essere titolare del repertorio di opzioni disponibili, variamente combinabili in modo creativo in rapporto alle richieste del contesto ambientale – che si declina non tanto nella forma coscienziale consegnataci dalla tradizione filosofica quanto nella maniera operativa descritta dalla psicologia.
A proposito della filosofia, l’Autore spende molte pagine per un riferimento critico a quello che appare come il modello che più di altri ha condizionato la possibilità di una concezione corretta e adeguata del mondo animale: il modello cartesiano. Secondo l’Autore, la considerazione dell’animale come macchina – governata da meccanismi, automatismi, catene causali ora di natura casuale ora invece di natura assolutamente deterministica – ha potentemente informato la cultura occidentale e la sua visione del rapporto che l’umano intrattiene con il mondo animale.
La motivazione è l’altro cardine cui fa perno il discorso sulla mente animale. Il carattere proattivo del comportamento rimanda anch’esso alla soggettività, che secondo l’Autore può essere «paragonata a un’onda che si alza dal mare piatto dell’organismo e introduce una direzionalità, una proiezione verso qualcosa». La spinta a intraprendere una ricerca nel mondo – la ricerca di ciò che gli serve per placarsi, per soddisfare qualunque bisogno – è data dalla motivazione, la cui energia si configura in un desiderio, il quale ultimo dà forma a ciò che l’animale persegue, caratterizzando i suoi desiderata come «il frutto di una particolare verbalità copulativa». Su questo punto del percorso si innesta un altro concetto frequentemente utilizzato dall’Autore, quello di “proposizionalità” del comportamento animale, vale a dire la sua natura composizionale, “sintattica”, «non riducibile a un innesco reflessogeno di ordine associativo».
L’Autore predilige uno stile in cui la ridondanza – che a volte può assumere le parvenze della ripetizione – ha un ruolo costruttivo. In realtà, la modalità argomentativa che pervade il testo utilizza un percorso accerchiante, con i concetti – specie quelli centrali – raggiunti da prospettive anche solo leggermente diverse che concorrono, tutte insieme, a un’apprensione degli stessi concetti sempre più radicata nel lettore.
La scrittura si fa, in alcuni passaggi, immaginifica, sfrutta il potere illuminante delle metafore – anche letterarie – e si apre alle innumerevoli suggestioni rese possibili dagli strumenti multidisciplinari che l’Autore possiede.
Sullo sfondo di un’opera dedicata alla mente animale, quasi a voler significare l’indissolubilità della loro relazione, è costantemente segnalata la necessità di pensare all’uomo e all’animale più nel loro comune destino che nelle strade separate che la loro evoluzione ha intrapreso. Ciò rende irrinunciabile un vincolo etico per il lettore più appassionato: non si può parlare degli animali senza parlare anche dell’uomo.
Roberto Marchesini è considerato uno dei massimi esponenti mondiali della zooantropologia, disciplina che si prefigge lo scopo di studiare la relazione uomo-animale da una prospettiva non antropocentrica. In tale ambito, ha promosso progetti di zooantropologia applicata finanziati dal Ministero della Salute italiano ed è stato coordinatore di numerosi gruppi di ricerca che hanno approfondito il valore relazionale e dialogico degli animali nella nostra società. Docente universitario dai primi anni Duemila, ha tenuto corsi di zooantropologia, di scienze comportamentali, di etologia cognitiva e di bioetica animale in numerosi atenei italiani e in molti istituti pubblici e privati. http://www.marchesinietologia.it/
Roberto Marchesini, Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale, ed. Apeiron, 2018.