> di Daniele Baron
Il libro monografico, da poco pubblicato, che Paolo Calabrò dedica al pensatore austriaco e prete cattolico Ivan Illich, Ivan Illich. Il mondo a misura d’uomo, Pazzini Editore, 2018 Villa Verucchio (RN), è un’agile introduzione al suo pensiero che si segnala per un grande pregio: quello di riuscire a dare un quadro complessivo e equilibrato della sua opera.
Data l’attenzione di Illich al particolare, ai temi concreti, trattati con uno stile unico, che mescola sociologia, linguistica e filosofia, c’è il rischio di perdere di vista l’insieme dell’affresco; data l’efficacia della sua corrosiva pars destruens, un lettore disattento potrebbe non cogliere l’importanza delle sue concrete proposte.
Ecco perché l’opera di Calabrò è preziosa: non è solo un utile riassunto di ciò che Illich ha detto nelle sue pubblicazioni, ma, in primo luogo, è un punto di raccordo che permette di fare emergere dalle tematiche particolari una posizione generale coerente e articolata e, in secondo luogo, mostra come Illich non abbia mai smesso di contrapporre nuovi ideali agli idoli che intende abbattere.
Il libro si compone di tre capitoli: il primo (“I presupposti”) essenzialmente introduttivo dà un quadro generale del suo pensiero; il secondo (“La critica”) si sofferma sugli argomenti particolari da lui approfonditi nel tempo nelle varie opere pubblicate; il terzo, infine, già dal titolo “La proposta” ci fa intuire come s’incentri sulla pars construens.
Vista nel suo complesso l’opera di Ivan Illich è radicale e provocatoria: si caratterizza, infatti, come una critica quasi senza appello della società contemporanea e per un’originale capacità di scavare sotto la superficie delle cose. Le sue prese di posizione stupiscono perché in netto contrasto con l’ideologia dominante largamente accettata del nostro tempo; Illich spiazza l’uomo contemporaneo confrontandosi con temi concreti e urgenti, spesso riguardanti la vita quotidiana, quali le istituzioni scolastiche, quelle mediche, il sistema dei trasporti, ecc. Il suo pensiero è applicato alla vita di tutti i giorni e si concretizza nell’apertura rivoluzionaria di nuove possibilità sotto la superficie di ciò che si ritiene, a torto, definitivo e necessario: questo spiega il successo che sempre ha arriso alle sue opere, rendendolo un pensatore attuale.
Il leitmotiv dell’intera produzione di Illich può essere individuato nel suo atteggiamento anarchico di critica radicale nei confronti delle istituzioni della nostra società: non per partito preso, ma in virtù di un ragionamento ben preciso e argomentato.
«Con le sue analisi puntuali Illich mostra, a suon di statistiche, calcoli e bibliografie sterminate, che ogni miglioramento generato dalle istituzioni – oltre una certa soglia di funzionamento, di diffusione, di produzione – non è mai tale per tutti (non sarebbe possibile), ma solo per una minoranza ristretta, e che il bilancio complessivo, comprendente tanto i miglioramenti per i pochi quanto i peggioramenti per i più, è sempre nettamente negativo» (p. 8).
Ciò significa che qualunque iniziativa da parte della società, pur nascendo dalla necessità di soddisfare un bisogno legittimo, diventa alla lunga controproducente e contro produttiva, vale a dire rischia di condurre all’effetto contrario rispetto allo scopo per cui è stata progettata. Esiste perciò per Illich, tanto nel mondo naturale, quanto in quello sociale, una giusta misura, una «quantità intrinseca» (p. 11), una vera e propria soglia che non deve essere superata affinché tutto funzioni per il meglio. Non si tratta di una presa di posizione morale: i limiti di cui parla non vanno imposti in ossequio a ideali superiori, ma sono intrinseci alla realtà.
La società contemporanea, invece, con la riduzione della scienza a industria, con la squalificazione di ogni altro tipo di sapere rispetto a quello tecnico-scientifico, con l’esaltazione in ogni campo dei cosiddetti “esperti”, ai suoi occhi è caratterizza proprio per un superamento continuo di quella giusta misura. Le nostre principali istituzioni hanno ribaltato la finalità per le quali sono nate.
Come nota giustamente Calabrò il concetto di misura, intesa come armonia di tutto ciò che è, è antichissimo ed è stato valorizzato da molti pensatori sia in Occidente che in Oriente. Ciò non significa che Illich voglia ritornare indietro, a un passato dorato, che voglia assumere un atteggiamento passatista o antiscientifico.
«Non si tratta di abbracciare un particolare credo religioso, né di negare (o di frenare) i progressi che l’umanità è riuscita a conseguire. Soprattutto, non si tratta di assumere atteggiamenti antiscientifici. Si tratta, proprio all’opposto, di non costruire un nuovo vitello d’oro – la scienza, il capitalismo, la democrazia… – cui sacrificare tutta la nostra esistenza» (p. 16).
Ecco perciò che «il fine ultimo, insomma, non è il progresso, sia esso scientifico, economico, eccetera, ma l’uomo» (p. 17).
In ogni ambito, perciò, del sapere e della prassi, occorre trovare il limite che l’età contemporanea ha tragicamente smarrito, caratterizzandosi come l’epoca che vuole crescere all’infinito, essere senza limiti.
Di estremo interesse e molto esemplificativo è il paragrafo che Calabrò dedica a quella che Illich definisce la “povertà moderna” (Cfr. pp. 23-29), perché rende chiaro in che modo e in quale misura l’uomo e la società contemporanea si allontanano da quello che secondo il pensatore austriaco è l’ideale della vita in comune. Evocando il concetto di povertà subito ci vengono alla mente l’indigenza, l’esproprio, la schiavitù; in ogni epoca l’umanità ha dovuto sopportare e far fronte a queste piaghe. Negli ultimi anni, tuttavia, lo sviluppo industriale e l’istituzionalizzazione ad esso correlata hanno affiancato alla povertà classica dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo la povertà moderna: «la perdita della libertà, l’assoggettamento dell’uomo al sistema industrial-istituzionale in tutti i modi che questo richiede. Tale nuovo tipo di povertà non si manifesta infatti nella perdita di reddito o di proprietà materiali, ma essenzialmente in perdita di autonomia, nella misura in cui è la società a stabilire come si dovrebbe essere e vivere» (p. 27).
Come detto, il pensiero di Illich non è fatto solo di critica ma anche di proposte concrete alternative per uno sviluppo differente rispetto a quello che ci sta conducendo verso orizzonti distopici e tristi.
È possibile una società diversa, un mondo a misura d’uomo?
Illich risponde affermativamente a questa domanda introducendo il concetto di convivialità.
«Il mondo conviviale che immagina è un luogo in cui ciascuno ha a disposizione lo spazio per esprimere e realizzare se stesso, e la possibilità di dare il proprio contributo al mondo, a misura della propria personale ispirazione» (p. 68).
Una società più giusta si può formare e realizzare solo mediante uno sviluppo armonico che non superi la misura, che sia rispettoso del limite insito in ogni ambito. Può darsi che il prezzo da pagare per questo cambiamento radicale sia una minore abbondanza materiale, ma per Illich si tratta senz’altro di una scelta da compiere al fine di assicurare pace e maggiore libertà per tutti.
Paolo Calabrò, Ivan Illich. Il mondo a misura d’uomo, Pazzini Editore, 2018 Villa Verucchio (RN), pp. 108, € 10,00