Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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La figura del filosofo nel Teeteto

> di Marilisa Lasorsa*

La figura del filosofo, nel Teeteto [1] viene tratteggiata più volte da Platone, quasi come un filo rosso che accompagna tutto il dialogo, un riferimento costante nelle parole di Socrate: in apertura, per esempio, nel prologo, Euclide e Terpsione ricordando il giovane Teeteto, morto prematuramente in battaglia, individuano in lui delle qualità particolari che rendono la sua una vera “natura filosofica” [2], tanto che «era proprio destinato a diventare un uomo di chiara fama, se fosse giunto ad età matura» [3].

Socrate delinea poi un tratto fondamentale del vero filosofo: il vero filosofo non deve «riempire i suoi discepoli, come fossero dei vasi vuoti», con le proprie dottrine, ma deve agire come una levatrice, deve saper riconoscere un’anima in travaglio, deve saper aiutare questa a tirar fuori le idee di cui è gravida e deve, infine, essere in grado di riconoscere se questo è stato un vero parto oppure un aborto [4]. È il tema della maieutica socratica, che riguarda, certo, la figura del filosofo, anzi ne costituisce una parte considerevole, ma non è su questo che vorrei soffermarmi in quest’occasione.
Vorrei, invece, prendere in esame il vero e proprio “Intermezzo sul filosofo” [5], in cui Socrate ed il geometra Teodoro – senza dimenticare che all’ascolto c’è, un po’ confuso e forse anche turbato, dai discorsi e dall’interrogazione serrata a cui Socrate lo sta sottoponendo da un bel po’, il giovane e provetto allievo di Teodoro, Teeteto – si soffermano sulla figura del filosofo.

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