«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot
L’uomo esiste. Questo è un dato di fatto indiscutibile. Ciascuno di noi sente di esistere in un luogo e in un tempo. Ciascuno ha dunque la percezione chiara e distinta del proprio sé, ne ha coscienza. L’auto-consapevolezza è un sorta di postulato che domina tutta la nostra esistenza fin dal momento della nascita e nel corso dell’intera vita. Siamo posti e collocati nella grammatica del mondo reale fin dal principio come esseri capaci di leggerne i segreti più profondi perché dotati del fondamentale potere della percezione e del pensiero del proprio sé, potere che si erge come un a priori dogmatico e inconfutabile.
La società modernizzata fino allo stadio dello spettacolare integrato è contraddistinta dall’effetto combinato di cinque caratteristiche principali che sono: il continuo rinnovamento tecnologico; la fusione economico-statale; il segreto generalizzato; il falso indiscutibile; un eterno presente.
[G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo]
I.
Il libro di Federico Sollazzo, Totalitarismo, democrazia, etica pubblica[1] oltre ad essere ben argomentato e ben scritto, ha il merito di riportare la nostra attenzione su temi che senza nessun timore possiamo definire essenziali. Il libro si propone di affrontare argomenti complessi e densi dal punto di vista umano ed ermeneutico ed è diviso in tre grandi sezioni: Filosofia Morale, Filosofia Politica ed Etica. Il testo [costruito come un percorso in cui la storicità degli eventi segna il susseguirsi delle argomentazioni] pre-pone il fenomeno del totalitarismo come elemento di partenza e punto d’irradiazione per sviluppare tutte le argomentazioni successive. Riteniamo sia dunque metodologicamente corretto, partire proprio dall’analisi di Sollazzo su quest’argomento per sviluppare poi le nostre argomentazioni critiche. Il libro si apre con quest’affermazione:
«Il crollo dei regimi totalitari non ha certo segnato il superamento della problematica del controllo totale sugli individui, del dominio, ma un mutamento della forma e dei modi di attuazione dello stesso, un suo perfezionamento. Queste dinamiche rendono necessario il ricorso a un nuovo strumento concettuale, del quale fondamentali riferimenti, fra gli altri, sono i termini “sistema” e “Impero”» [2].
Così inizia un articolo pubblicato sul supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore del 02/12/2012, intitolato “Dialogo e improvvisazione. L’incertezza non è per caso”.
In realtà non è un vero e proprio articolo ma un “dialogo scritto” tra Matteo Motterlini e Carlo Rovelli, nel solco di una ben consolidata tradizione platonica.
Siamo irrazionali…perché siamo soggetti a quello che in psicologia è conosciuto come biascognitivo ovvero a errori di valutazione dettati da diversi fattori.
Uno di questi è quello evidenziato all’inizio del dialogo: tentiamo a sopravvalutare eventi positivi e a sottovalutare eventi negativi, soprattutto se ci riguardano personalmente.
Di conseguenza, siamo più propensi a sottoporci a un’operazione con una probabilità di sopravvivenza dell’80%, mentre, se la prospettiva è proposta con un rischio di morte del 20%, tendiamo a rifiutarla, nonostante la probabilità dell’evento chiaramente non sia cambiata.
Siamo irrazionali…ma la nostra razionalità permette, “sfiorando il paradosso”, l’investigazione di questa stessa irrazionalità.