Logica e ontologia: la via heideggeriana.
Il nome di Martin Heidegger è uno di quelli più famosi della storia della filosofia occidentale e tra coloro che maggiormente ne hanno influenzato lo sviluppo successivo, almeno negli ultimi due secoli.
Tuttavia, non è necessario stendere un elogio nei confronti dell’autore di Sein und Zeit, e nemmeno lo farò; piuttosto, svolgerò delle considerazioni non elogiative nei confronti di una riflessione marginale che il filosofo tedesco ha svolto intorno alla logica. Sì, perché Heidegger si è anche occupato di logica, sebbene a partire dalla sua caratteristica prospettiva per metà ontologica e per metà fenomenologica.
Vi faremo, pertanto, riferimento nei termini di una logica ontologica o metafisica.
Si tratta, a tutti gli effetti, di uno sviluppo del tutto estraneo, allora, alla direzione di sviluppo formale della stessa, e ciò, a mio sommesso parere, marca la profonda distanza di Heidegger dal cosiddetto filone analitico; nello stesso tempo, però, questo discorso così eterogeneo ha un suo pregio, ovvero illuminare il nesso tra la logica e l’ontologia e tra Heidegger e il razionalismo moderno, Cartesio e Leibniz su tutti.
Non si tratterà, com’è ben evidente sin da subito, di concordare o dissentire sulla bontà dei pensieri heideggeriani, ma di illuminare la riflessione heideggeriana intorno a logica e ontologia.
Non è esattamente un compito teoretico, e nemmeno un compito formale; al più, trattasi di un vago procedere razionale, davvero poco appetibile per il mio palato ma egualmente degno di nota.
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