Per Massimo Cacciari, il Nomos Basileus è ciò che sta “all’origine”, non nel senso inteso dai giuristi romani della potissima pars che prende il sopravvento sulle altre, bensì nel senso dell’ordine cosmico istituito da una donazione iniziale spontanea e gratuita. Nomos Basileus è ciò che i greci chiamavano anche agaton (e che i cristiani – come sempre traducendo e tradendo al contempo – chiamano “il Bene”), ciò il cui dono è sempre “eccedente” (ne è simbolo infatti il Sole, che instancabilmente diffonde i suoi raggi); perciò il Nomos Basileus è sempre arbor inversa, albero rovesciato: esso affonda cioè le sue radici nel cielo degli dei, non nella terra degli uomini. Legge superiore e non scritta deve ispirare ogni legge scritta dall’uomo: una legge umana che negasse o anche solo ignorasse quest’ordine primo sarebbe disastrosa per gli uomini. Non si persegue la giustizia assecondando le ragioni del gruppo più forte e numeroso, ma seguendo l’ordine intrinseco delle cose.
Professor Cacciari, Nomos Basileus vs. diritto positivo: la modernità considera la tradizione un residuo d’altri tempi. Si può vivere di solo progresso?
Dipende da ciò che si intende per progresso. Progresso può anche voler dire affrontare temi come quello che abbiamo trattato oggi, ma soprattutto ha a che fare con la giustizia o meglio con l’ingiustizia che spesso viene commessa e sostenuta proprio in nome del progresso e della democrazia. Si dimentica troppo facilmente che il progresso non è il mero aumento del PIL.
C’è ancora spazio per Antigone nelle odierne democrazie rappresentative occidentali? Che valore hanno qui la singola volontà, il singolo esempio, il singolo voto?
Antigone rappresenta l’istanza di un nomos che è superiore, che eccede quello della città. Antigone è una di quelle figure cui dobbiamo continuamente richiamarci, perché non è con il voto che si stabilisce ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Il voto dà semplicemente una sistemazione provvisoria alla città, non “fa” la giustizia. Fare la giustizia è un altro paio di maniche.
“Distinguere senza separare” è uno dei suoi moniti più frequenti. In che modo possono oggi convivere politica e religione, fuori da ogni prevaricazione e da ogni assimilazione?
Basta che ognuna riconosca il proprio limite e la propria ragione d’essere. La dimensione religiosa deve tenere bene a mente che il suo regno non è di questo mondo, e che dunque non può regnare in questo mondo. Allo stesso modo, chi governa deve aver sempre presente che esiste una dimensione trascendente, ulteriore a quella politica. Solo a partire dal riconoscimento e dal rispetto dei reciproci ambiti può esservi dialogo. Chi ritiene di aver ragione non può dialogare con chi ha torto (secondo lui). Se io ritengo di possedere una potenza illimitata, non potrò accordarmi con la potenza degli altri.
(Caserta, 9 ottobre 2009, incontro sul tema “Nomos Basileus: la legge sovrana”)
10 dicembre 2017 alle 14:03
grato e felice certo la ricerca del senso richieda attenzioni