> di Luca Ormelli
Insito nella rappresentazione è irriducibile l’errore: ogni rappresentazione è, invero, un essere-in-vece-di, un costituire relazione. Pure ciascuna relazione in sé non è altro che l’attuarsi d’una assenza di autonomia, una costante manifestazione di insufficienza, di mancanza. Il dolore pertanto scaturisce, prorompe dall’inestinguibile sentimento di privazione, di frammentazione dell’unità originaria [dolere origina dal latino dolere da riferirsi alla radice dar=dal, dol spezzare, scindere ravvisabile anche nel sanscrito darati e dalati scoppiare, lacerare, fendersi e nel greco dero scorticare] che si vuole ognora sanata in una nuova unità. Senza avvedersi l’uomo che è proprio nella volontà di unire ciò che il dio ha diviso che alberga il dolore. E dunque volere la lacerazione, aspirare alla scissione, protendersi alla totalità conoscendo irraggiungibile – perduta – ogni unità.