Il futurismo è stato con molta probabilità il movimento letterario, artistico e culturale[2] più importante e significativo che l’Italia ha prodotto nell’intero Novecento. Il futurismo non è stato un movimento d’avanguardia circoscritto soltanto all’ambito letterario, ma con una quantità smisurata di manifesti, appelli e conferenze, ha proposto nuove e mai esplorate strade per tutte le arti, ha avuto una chiara posizione politica[3], ha cercato di stabilire una sua morale e un nuovo senso del vivere. Tra i manifesti futuristi più significativi, dov’è proprio stabilito cosa vuol dire essere futurista, vi è quello di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato su «Le Figaro» nel 1909. Di seguito riportiamo alcune delle parti salienti del testo:
«Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io – sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture.
Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che si agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive lanciate a folle corsa…
Allora, col volto coperto dalla buona melma delle officine – impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti – noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra.
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