
La più ampia e nota riflessione sull’essenza della tecnica è senza dubbio stata offerta da Martin Heidegger in La questione della tecnica del 1953. Sulla scia di quel saggio, molti filosofi, nella seconda metà del Novecento, hanno approfondito quasi esclusivamente i rilievi critici mossi da Heidegger nei confronti del fenomeno tecnico, lasciandone sullo sfondo le aperture e le potenzialità benefiche. Nel nuovo Millennio poi la riflessione metafisica sulla tecnica è stata quasi sopraffatta dalla considerazione etica della tecnologia, nelle varie declinazioni di tecno-etica, bioetica, info-etica, etica della comunicazione, ecc.
Adesso Il Teleios. O i sette pregiudizi della tecnologia di Andrea Vaccaro e Marco Staffolani sembra gettare un ponte sopra questi settant’anni e ricollegarsi all’originaria fonte heideggeriana. Gli interrogativi con cui si apre il libro sono emblematici: “Fin dove è giunta la riflessione sull’essenza della tecnologia? È opportuno porsi l’interrogativo sull’essenza della tecnologia oppure è sufficiente concentrarsi sulla già molto dibattuta tecnoetica?” (p. 7). La seconda domanda è decisamente retorica: per gli autori, la considerazione tecno-etica, seppur rilevante, non solo non è sufficiente ma rischia addirittura di mettere in ombra ciò che è più importante in quanto, per l’appunto, essenziale.
In linea con Heidegger, Il Teleios sottolinea che occorre guardare all’essenza della tecnica, piuttosto che al fenomeno tecnico, un’essenza che, ovviamente, non è qualcosa di tecnico. Ancora in linea con Heidegger, Il Teleios sostiene che la tecnica è un modo del disvelamento dell’Essere, nonché un modo del disvelamento dell’essente la cui essenza sta proprio nell’appartenere all’Essere. A questo punto del processo elaborativo però le strade tra Heidegger e Il Teleios si ramificano, senza entrare tuttavia minimamente in contrasto. Come afferma chiaramente M. Viscomi nella sua recensione alla Nuova edizione di La questione della tecnica, “la tecnica può essere, contemporaneamente, sia un modo del disvelamento della verità dell’Essere, sia il totale annichilimento del senso che l’Essere stesso è in quanto Verità”. Heidegger dedica principalmente la sua analisi a seguire il modo in cui, nella nostra cultura occidentale, la tecnica sia diventata pro-vocazione, richiesta, pretesa, controllo, manipolazione, insomma prima funzionalismo e poi nichilismo. E lo fa in maniera magistrale. Il Teleios, invece, prende l’altra strada del bivio additato da Heidegger: quella che mostra come un altro modo di incontro con la tecnica è possibile; quella che conduce al senso nascosto della tecnica, che al contempo si mostra e si ritrae; quella, insomma, che crea la condizione propedeutica al disvelmento. Un disvelamento che è evento epifanico e teologico in senso forte.
Imboccare, davanti al bivio, questo secondo sentiero non è molto semplice, perché la massa spinge e quasi trascina lungo la prima via e ci sono pure potenti forze che vogliono convogliarci di là. Queste forze hanno la forma di “pregiudizi” e Il Teleios ha come sottotitolo proprio O i sette pregiudizi sulla tecnologia: pregiudizi da analizzare e superare per poter cogliere la vera essenza della tecnica.
Il primo pregiudizio affrontatoè totalmente heideggeriano. Si tratta del principo di neutralità della tecnica, che Il Teleios comprime nell’abusata e icastica formula: “la tecnologia non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa”. Heidegger da parte sua, nel testo citato, aveva insegnato che la rappresentazione della tecnica come qualcosa di neutrale, “che oggi si tende ad accettare con particolare favore, ci rende completamente ciechi di fronte all’essenza della tecnica” (La questione della tecnica, p. 32). Il Teleios è ancora più sprezzante: “La negazione di un’essenza per la tecnologia è il pregiudizio più frequente, grave e irritante. E quando colui che lo pronuncia ha il volto soddisfatto di chi crede di esprimere un significato offende la propria e l’altrui intelligenza. Non lasciamoci trascinare dalle parole, capiamo che il luogo comune del ‘dipende dall’uso che se ne fa’ è un’etichetta incollabile su ogni vasetto dello scaffale, indistintamente, senza contribuire minimamente a indicare cosa contiene” (Il Teleios, p. 26). Di ogni oggetto e di ogni realtà si può fare un uso buono e un uso cattivo, ma questo non ne tange l’essenza. Anche Dio che è per definizione il Sommo Bene, notano gli autori, può essere oggettivato e usato per fini impropri, ma se compio un atto terroristico inneggiando al Suo Santo Nome, se indìco crociate o sante Inquisizioni, se muovo il popolo sotto l’insegna del Gott mit uns (Dio è con noi e contro gli altri), “ne va davvero dell’essenza di Dio?” (ibid.). La neutralità e la strumentalità della tecnica, il suo dipendere “dall’uso che se ne fa”, insomma, è solo un modo per nasconderne la vera essenza e condurre all’oblio dell’Essere.
Un altro pregiudizio che Il Teleios affronta e che Heidegger per motivi cronologici non poteva presumere riguarda i toni apocalittici che colorano ogni discorso attuale sull’Intelligenza Artificiale. Gli anni de La questione della tecnica sono grosso modo quelli in cui il visionario Alan Turing proponeva il suo famoso test, scommettendo contro tutti sul fatto che nell’arco di mezzo secolo il computer avrebbe raggiunto l’equivalenza umana. Oggi non si dibatte più su quando i computer sconfiggeranno gli esseri umani nel gioco degli scacchi o in altre competizioni che coinvolgono l’intelligenza; oggi si sparge a piene mani il timore che l’Intelligenza Artificiale (che seppur artificiale sempre intelligenza rimane) sopraffarrà il genere umano e ci metterà in grossi guai. “È la tipica visione della romanzistica e cinematografia americana. I robot, divenuti molto più intelligenti di noi, ci metteranno in gabbia e in esposizione, come abbiamo fatto noi con gli animali nello zoo; ci faranno diventare una specie in estinzione, come abbiamo fatto noi con le balene e i bisonti. Questo spettacolare luogo comune è basato su un’incomprensione di fondo: se gli esseri umani hanno messo in gabbia gli animali o li hanno portati all’estinzione non è stato in virtù dell’intelligenza, ma, esattamente al contrario, per la nostra scarsità di intelligenza. L’intelligenza non porta a fare simili cose” (p. 42 ). Il Teleios si scaglia con veemenza contro questo pregiudizio che sfiducia al contempo l’intelligenza e l’essere umano. Sottolinea come il solo congetturare che un’intelligenza superiore si comporti con violenza è segno di un’intelligenza ben ristretta; rimarca che il concetto di esseri super-intelligenti schiavisti è una contradictio in terminis e che l’espressione ‘intelligenza violenta’ è un ossimoro; annota che irrealistico non è il film con i robot super-intelligenti, ma quello in cui i robot super-intelligenti intendono sottomettere gli umani.
Il Teleios scorre altri pregiudizi e luoghi comuni: la tecnologia invade le nostre vite, ci fa perdere il contatto con la natura e distrugge l’ambiente; l’essere umano è un apprendista stregone che ‘gioca a fare Dio’ con il potente mezzo tecnologico; l’arroganza prometeica porterà alla catastrofe; la tecnologia ci ruba il lavoro…
Di questo accanimento talvolta controintuitivo e paradossale Il Teleios non solo affronta il contenuto, ma cerca di individuare pure il motivo, rinvenendone l’origine al tempo della Rivoluzione industriale quando non ci si potè non interrogare sulla causa della miseria diffusa, dello sfruttamento consequenziale, delle sperequazioni e delle ingiustizie sociali sempre più mastodontiche: “la colpa di questa sciagura è forse dei governanti di allora che non seppero gestire il fenomeno nuovo, mediare tra le classi sociali e organizzare la società in modo da evitare l’orribile scempio? La colpa è dei capitalisti insaziabili, persi nel vortice della competizione, premurosi più verso i denari che le persone? Assolutamente no! La colpa fu delle macchine! Come se fossero state le macchine a decidere gli stipendi da corrispondere, gli orari massacranti da osservare, gli ambienti inqualificabili in cui lavorare e respirare. Allora nacque anche il luddismo, movimento violento contro i macchinari delle fabbriche, e quanto fu conveniente, per alcuni, che lo scontento fosse incanalato verso questo bersaglio! Meglio che uno solo (la macchina) subisca, anziché un intero popolo (di governanti e accumulatori di denaro). Sempre il solito discorso del capro espiatorio”. E se questo fu l’inizio, l’acme della dinamica lo abbiamo con la narrazione “dell’atto più atroce della storia umana”: il lancio della bomba atomica su Hiroshima che devastò non solo militari e civili indistintamente, ma anche le generazioni future. Anche in questo caso, per l’opinione comune, non è tanto da guardare con orrore chi dette l’ordine di lanciare la bomba o chi la lanciò, ma la tecnologia, che è il vero mostro che distrugge il mondo. Non sembra senza significato, alla luce delle argomentazioni de Il Teleios, che proprio i leader extra-miliardari del settore tecnologico come ad esempio Elon Musk, Sam Altman o Steve Wozniak s’impegnino nel fomentare il terrorismo psicologico sul futuro dell’IA incanalando le angoscia e la rabbia della difficile situazione verso questo fantomatico spauracchio.
E forse è per lo stesso motivo che la filosofia del Novecento sia stata portata a seguire, dinanzi al bivio raffigurato da Heidegger, la via della techne depauperante e annichilente.
Il Teleios, al contrario, intraprende decisamente l’altra direzione, quella della tecnica “evocatrice di dèi” secondo l’espressione di L. Siniscalco nell’Introduzione a E. Niekisch, Ernst Jünger. Abisso, decisione, rivoluzione (p. 19).
Non sembra un caso che quando Heidegger tratteggia quest’altra modalità d’incontro con la tecnica usi i termini techne e poiesis e che ne Il Teleios proprio techne è l’espressione preferita per riferirsi al fenomeno tecnologico e la stessa parola teleios sia la contrazione di telepoiesis, l’opera del portare a compimento e perfezione. Teleios, per molti padri della Chiesa, era l’attributo peculiare dello Spirito santo nel condurre a realizzazione l’opera di Creazione avviata dal Padre: chiamare la tecnologia con l’attributo di teleios è quanto di più evocatrice del divino si sia sinora udito.
Bibliografia
Martin Heidegger, La questione della tecnica, Ed. goWare, Firenze 2017.
L. Siniscalco, Introduzione a E. Niekisch, Ernst Jünger. Abisso, decisione, rivoluzione, Bietti, Milano 2021.
M. Viscomi recensione a Martin Heidegger, La questione della tecnica, Ed. goWare, Firenze 2017 (qui)
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A. Vaccaro-M.Staffolani, Il Teleios. O i sette pregiudizi della tecnologia, Le Lettere, Firenze 2023, pp. 88, euro 12.