Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Il diario di Nina Lugovskaja

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Nel 1933, mentre la dittatura staliniana è nel suo periodo più buio e feroce, preoccupandosi al contempo di diffondere all’Estero l’immagine di una Russia fiorente e felice, una ragazzina russa di quindici anni, Nina Lugovskaja, inizia la stesura del suo diario. Da esso, emerge tutt’altra immagine di quell’enorme Paese in quegli anni e di ciò che sta attraversando la sua capitale, Mosca. In questa città, le perquisizioni della polizia sono giornaliere, la gente muore letteralmente di fame ed è proibito pronunciare parole di dissenso contro il regime.

Il diario è una esplorazione sulle emozioni private della ragazza e su quelle pubbliche, in quanto, come dice la filosofa statunitense Martha Nussbaum, che da sempre si occupa delle “emozioni politiche”: «le emozioni delle persone reagiscono alle istituzioni nelle quali esse vivono» (M. Nussbaum, La monarchia della paura, Il Mulino, Bologna 2020, pag. 143).

Nina è una ragazza moscovita molto intelligente e sveglia, fragile ed emotiva. Ella soffre molto per un leggero strabismo che la fa sentire mostruosa e ne ostacola le relazioni con gli altri. Il suo sguardo estremamente lucido ed il suo altissimo senso dell’onestà la portano ad analizzare con straordinaria chiarezza e precisione il mondo cupo e soffocante in cui si trova immersa e la sua vita interiore, di cui registra in uno sforzo quasi crudele i moltissimi momenti di sconforto, rabbia, delusione, amarezza e depressione. Il suo stile è sorprendentemente maturo e le parti forse più riuscite sono quelle in cui la vena letteraria della giovane si esprime nelle descrizioni di paesaggi, stagioni ed atmosfere, così vivide che sembra di vederle.

Nina osserva con curiosità la vita delle sue due sorelle Lyalya e Zhenya, che ritiene essere molto più interessante della sua, ama in segreto, coltiva l’ambizione di diventare scrittrice e soffre molto per l’assenza di suo padre, che vede raramente e di nascosto, in quanto esule per motivi politici, ricercato e più volte arrestato dalla polizia russa. La ragazza è una appassionata lettrice di grandi romanzi russi ed ama andare a teatro.

La scoperta di questo diario è stata una specie di “miracolo archivistico”. Negli anni Novanta, esso è stato infatti rinvenuto quasi per caso negli archivi del KGB. A trovarlo è stata una storica dell’Associazione Memorial di Mosca, Irina Osipova, la quale stava raccogliendo delle testimonianze sulle repressioni politiche e sui reclusi nelle prigioni staliniane.

Come Anna Frank in Germania, Nina Lugovskaja è testimone involontaria della storia, e, come Anna, Nina non ha alcuna colpa. Sicuramente, la situazione vissuta da Anna Frank è più disperata, perché come sottolinea la scrittrice Ljudmila Ulickaja, Anna “è già in trappola, già condannata, e la forza dei suoi diari sta proprio nel fatto che noi, lettori, lo capiamo, anche se lei non ha ancora abbandonato la speranza di sopravvivere” (Cit. in Elena Kostioukovitch, Un ritrovamento archeologico: la voce adolescente di denuncia, in Nina Lugovskaja, Il diario di Nina, trad. it. e note di Elena Dundovich, cura e postfazione di Elena Kostioukovitch, Frassinelli, Milano 2006, p. 478).

Nina vive con disagio la mancanza del padre – “un nemico del popolo”, che ne segnerà la sorte -, per la fatica di portare avanti la famiglia della madre, una educatrice professionale, e, soprattutto, per il senso di oppressione che vive a scuola, dove tutto la annoia e dove si sente un’estranea. Il diario, allora, diviene l’unico modo per sfogarsi ed il suo unico confidente. Al diario Nina, che soffriva di depressione e che si sentiva “mostruosa” per un lieve strabismo, poi corretto con un intervento chirurgico, confida le sue fantasie suicide, alternate da momenti in cui ribadisce la sua voglia di vivere.

La vita mi ha guardato in faccia con occhi poco allegri, esosi. Essa è avara e priva di allegria. La mamma è sfinita, malata e sempre indaffarata. Non abbiamo soldi, c’è miseria. Il mio mondo interiore, i miei ideali sono ancora più miseri. A scuola sono presa come in un vortice e non penso, ma a casa… la monotonia e l’inattività portano con sé pensieri cupi che mi tormentano senza sosta. E non ho nessuno scopo. Tutto è sgradevole e odioso. Io voglio vivere, voglio divertirmi senza pensare troppo. I libri non mi appassionano più. Leggo un po’, e di nuovo… comincio a riflettere e a sentirmi infelice. Forse, per uscire dalla mia infelicità, un giorno, chissà quando, mi metterò a bere…

(Il diario di Nina, Mondolibri, Milano 2005, pag. 168)

Il diario è pieno zeppo di brani in cui Nina svaluta se stessa, dichiara il proprio disagio esistenziale, si definisce brutta e dimostra pochissima autostima.

Ad esempio, ella scrive:

Ma cos’è questo destino subdolo? Non mi ha dato niente: né il fisico, né le capacità, né il talento, però l’amor proprio quello sì, e anche l’orgoglio e l’ambizione. Questa è una crudeltà. Per di più sono una donna dalla testa ai piedi. Privare una donna della bellezza è una beffa… (Il diario di Nina, pag. 284).

I primi batticuori, l’interesse per i ragazzi sono dettagliatamente descritti. Il suo bisogno d’amore è fortissimo:

Ho voglia di un amico e, lo riconosco, di un amico-uomo. Ho voglia semplicemente di amore, per non essere così eternamente sola.

In qualche modo bisogna colmare il vuoto della mia vita e io, probabilmente, mi sposerò presto, infischiandomene di tutti gli aspetti spiacevoli che una moglie deve affrontare, pur di avere dei figli, pur di avere la possibilità di amare qualcuno, di accarezzare qualcuno- (Il diario di Nina, pp. 293-294)

Voglio l’amore, voglio annullarmi in questo sentimento, dissolvere il mio io, dimenticarmi di me stessa, smettere di analizzare per percepire solo amore e serenità beata. Ma l’amore non c’è. Mi tormenta un’oscura inquietudine che a volte diventa così prepotente- (Il diario di Nina, pag. 296).

C’è una repulsione fortissima per la scuola, che Nina considera un ambiente noioso, nel quale non c’è alcuno spazio per un pensiero critico ed in cui il conformismo dilaga. Ogni volta che può, la ragazza si sottrae a giorni di lezione. E sorprende anche il giudizio tagliente sui suoi insegnanti:

Perché questa singolare lotta e inimicizia fra l’amministrazione scolastica e gli studenti? Perché molestiamo i professori facendo loro scherzi di cattivo gusto, perché non convivere amichevolmente, aiutandoci l’un ‘altro?

Bisogna abbattere qualcosa, quella barriera che divide gli studenti dagli insegnanti: il problema deve essere posto in un altro modo. I professori proibiscono sempre qualcosa agli studenti, fanno cose spiacevoli, osservazioni, e questo è esasperante. Non ci sono le condizioni per poter sviluppare i lati positivi del loro carattere. Prevalgono i loro istinti peggiori, che li privano di qualunque gioia nel rapporto spirituale. Non è strano che il mondo sia fondato sull’inimicizia, o questa è una legge della natura (Il diario di Nina, pag. 283-284),

Tra le pagine più sorprendenti del diario ci sono quelle in cui Nina descrive con precisione gli esercizi commerciali riservati alle élites sovietiche (pp. 82-83) e anche quelle in cui ella parla della carestia in Ucraina:

Strane cose accadono in Russia. Fame, cannibalismo… La gente che arriva dalla provincia racconta molti fatti. Narrano che non fanno in tempo a raccogliere i cadaveri nelle strade, che le città di provincia sono piene di affamati, di contadini laceri. Ovunque orribili ruberie e banditismo.

E l’Ucraina? La fertile, vasta Ucraina… Che cosa ne è stato? Nessuno la riconosce più. È steppa morta e silenziosa. Non si vedono più l’alta segale dorata né il frumento setoso, non ondeggiano più al vento le loro spighe pensanti. La steppa è ricoperta di erbacce. Non esistono più i grandi e allegri villaggi ucraini né le loro bianche casette, non si odono più le squillanti canzoni ucraine. Qua e là s’intravedono villaggi morti, vuoti. Tutti gli uomini sono scappati (Il diario di Nina, pp. 85-86).

Vi è l’amarezza per il triste destino che è toccato al popolo russo:

No, i russi non possono conquistare la libertà e non possono neppure vivere in libertà. Dai tempi in cui gli slavi hanno chiamato i variaghi a governarli si trovano sotto il potere di qualcuno. E saranno sempre sotto un giogo. Tocca essere d’accordo con le parole di Turgenev secondo cui «al popolo russo la libertà è necessaria meno di qualunque altra cosa». Non è necessaria perché esso non è in grado di difenderla (Il diario di Nina, pag. 67).

La terza parte e ultima del diario di Nina è dedicata quasi esclusivamente alle sue vicende personali. La ragazza smette di scrivere di politica e di eventi pubblici ed afferma di voler guardare solo avanti a se. Queste pagine sono attraversate da un oscuro presagio, destinato presto a realizzarsi. Il 4 gennaio 1937 la polizia segreta fa irruzione nell’appartamento dei Lugovskoy e sequestra il diario di Nina. Per lei, per le sue sorelle e per sua madre si spalancano le porte del gulag.

Gli agenti della polizia sovietica sottolinearono le diverse parti del diario in cui Nina parla delle disperate condizioni di vita del popolo russo e del suo personale odio per i bolscevichi. Questi passi saranno poi usati dal potere stalinista per arrestare Nina insieme alle sue due sorelle e a sua madre e condannarle a cinque anni di prigionia e lavori forzati nei campi di prigionia di Kolyma nell’Artico sovietico. Nel 1942 è rilasciata ma costretta ad altri sette anni di esilio in una zona remota di Kolyma. È proprio nel 1942, a Magadan, in Siberia, che incontra il suo futuro marito, Viktor Templin, un pittore condannato a quattro anni di lavori forzati per le “tendenze moderniste” della sua arte. Inizia a dipingere e cerca di inserirsi nella società sovietica.

La madre e le sorelle di Nina sopravvissero a Kolyma. Sua madre Ljubov morì nel 1949 e suo padre Sergei nel 1950.

Nel 1959 Nina si trasferisce con suo marito Viktor a Vladimir, dove resta fino alla morte.

Nel 1977 diventa membro della prestigiosa Unione degli Artisti, espone i suoi lavori in varie mostre e lavora come scenografa in vari teatri ed in quello di Magadan conosce il pittore Vasili Shukhayev, di cui si considera sua allieva.

Lavora come scenografa insieme a suo marito Viktor in vari teatri di provincia e la coppia riscuote anche un certo successo.

Nina ci ha raccontato della sua adolescenza tormentata, crudelmente interrotta nella transizione verso l’età adulta. Ci ha parlato di sogni infranti e di un desiderio di normalità spezzato dalla brutalità del potere. Nina non potrà andare all’Università, come avrebbe desiderato. Sappiamo pochissimo della sua prigionia, se non che, vista la sua giovanissima età, tutte le altre detenute si prendevano cura di lei nel periodo trascorso nel carcere di Butyrskaja (la “Butyrka”) di Mosca, dove già era stato rinchiuso suo padre (La toccante testimonianza è di Evgenija Ginzburg in Krutoj maršrut (Viaggio nella vertigine)). Sottoposta a crudeli e prolungate torture, tra cui quella che privava del sonno i detenuti, Nina confessò crimini che non aveva mai commesso, sottoscrivendo la propria condanna.

Dopo il gulag, è vissuta quasi mezzo secolo, rinunciando a dedicarsi alla scrittura e svolgendo il suo lavoro di artista. I suoi amici di Vladimir non sapevano nulla del suo passato e la ricordavano come una persona riservata e gentile.

Nina muore nel 1993 all’età di 74 anni, dopo avere assistito al crollo dell’Unione Sovietica due anni prima. È sepolta nel cimitero di Ulybyshevo vicino a suo marito Viktor.

Nel 2008 i suoi diari sono stati esposti al Museo della Letteratura di Mosca in una mostra dal titolo “Le tre vite di Nina Lugovskaja”: prima scolara, poi deportata ed infine, dopo gli anni del lager, artista.

Riferimenti

I Want to Live: The Diary of a Young Girl in Stalin’s Russia, Nina Lugovskaja. Houghton Mifflin Harcourt, 2006.

Il diario di Nina, Nina Lugovskaja, Edizioni Frassinelli, Milano 2004

www.lrb.co.uk/the-paper/v26/n09/sheila-fitzpatrick/pessimism-and-boys

https://1972.substack.com/p/nel-diario-di-nina-lugovskaya-lesatta

www.publishersweekly.com/9780618605750

www.theguardian.com/books/2006/aug/06/historybooks.features

http://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n22/05_22__maggio2013-Cicognini.pdf

Questo articolo apparirà in francese sulla rivista La Vie culturelle en 19** (https://vieculturelle19.wordpress.com)

Autore: Lucia Gangale

Lucia Gangale, native of Benevento, is a journalist, blogger, essayist and professor of History, Philosophy and Human Sciences. PhD in Philosophy, with a thesis on Martha Nussbaum discussed in France. In addition to books of history and sociology he wrote stories and poems. He is dedicated to photography and director of short films. It 'an expert in communication techniques and tourism marketing. She is the editor in chief of the six-monthly cultural publication “Reportages Storia & Società”, founded in January 2003. https://www.bookelis.com/auteur/gangale-lucia/29762 Journaliste, blogger, essayiste et professeure d’histoire, de philosophie et de sciences humaines. Docteur en philosophie, avec une thèse sur Martha Nussbaum soutenue en France. En plus des livres d’histoire et de sociologie, elle a écrit des histoires et des poèmes. Elle se consacre à la photographie et réalisateur de courts métrages. C’est une experte des techniques de communication et du marketing touristique. En janvier 2003, elle a fondé le magazine semi-annuel “Reportages”. Elle collabore sur des portails de philosophie et est “brain” de “AgoraVox”, www.agoravox.fr. Son blog est: luciagangale.blogspot.com

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