Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


2 commenti

Gramsci e Marinetti: un confronto tra due pensieri

Il futurismo è stato con molta probabilità il movimento letterario, artistico e culturale[2] più importante e significativo che l’Italia ha prodotto nell’intero Novecento. Il futurismo non è stato un movimento d’avanguardia circoscritto soltanto all’ambito letterario, ma con una quantità smisurata di manifesti, appelli e conferenze, ha proposto nuove e mai esplorate strade per tutte le arti, ha avuto una chiara posizione politica[3], ha cercato di stabilire una sua morale e un nuovo senso del vivere. Tra i manifesti futuristi più significativi, dov’è proprio stabilito cosa vuol dire essere futurista, vi è quello di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato su «Le Figaro» nel 1909. Di seguito riportiamo alcune delle parti salienti del testo:

«Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io – sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture.
Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che si agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive lanciate a folle corsa…
Allora, col volto coperto dalla buona melma delle officine – impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti – noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra.

Continua a leggere


Lascia un commento

 Giuseppe Parini e le influenze filosofiche di Pope

Quale rapporto ebbe Giuseppe Parini con la felicità e soprattutto scrisse mai su tale tema? Parini non dedicò mai un’opera specifica a tale tema, né a tale argomento dedicò uno spazio programmatico. Nonostante questo quella della felicità è una tematica che attraversa tutta l’opera pariniana. Per comprendere il perché di tale trattazione è opportuno contestualizzare l’Intellettuale. L’Europa occidentale del Settecento ereditò dai secoli precedenti una lunga speculazione, ormai scevra dalle sole Sacre Scritture, sulla felicità terrena, ma anche sul dolore e il piacere. Dall’altra parte visse la temperie illuministica tutta concentrata sulla contrapposizione tra ragione e passione in una dialettica derivante dall’opposizione tra ragione e natura. Le riflessioni di alcuni intellettuali italiani, Verri su tutti, hanno portato all’assorbimento del concetto di felicità in quello di piacere (P. Verri, Discorso sull’indole del piacere e del dolore, a cura di S. Contarini, Roma, Carocci, “001, p. 135; N. Valeri, Pietro Verri, Firenze, F. Le Monnier, 1969, p. 23). Dunque, si sviluppa un pensiero critico nei confronti del piacere che va direttamente a condannare anche la ricerca della felicità con una conseguente esaltazione della sofferenza tanto cara al romanticismo.

Continua a leggere


1 Commento

Un rapporto controverso: Gramsci e Marinetti

Il futurismo è stato con molta probabilità il movimento letterario, artistico e culturale[2] più importante e significativo che l’Italia ha prodotto nell’intero Novecento. Il futurismo non è stato un movimento d’avanguardia circoscritto soltanto all’ambito letterario, ma con una quantità smisurata di manifesti, appelli e conferenze, ha proposto nuove e mai esplorate strade per tutte le arti, ha avuto una chiara posizione politica[3], ha cercato di stabilire una sua morale e un nuovo senso del vivere. Tra i manifesti futuristi più significativi, dov’è proprio stabilito cosa vuol dire essere futurista, vi è quello di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato su «Le Figaro» nel 1909.

Continua a leggere