Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

FONDAMENTO. Il primo libro di Filosofia, della conoscenza, la comprensione, e tutto quanto.

1 Commento

Abstract: foundation-theory. Let’s dissolve the opposites finite/infinity into a simple, let’s build the complexity of the world from a simple, let’s conclude the complexity of the world in a simple.

Keywords: foundation, philosophy.

Introduzione

Tre sono gli oggetti che accompagnano il nostro cammino: infinito, Niente, Tutto. Dalla loro definizione costruiamo una Teoria del fondamento che scioglie gli opposti finito/infinito in un semplice.

Sì giunti, introduciamo la storia del fondamento, la sua influenza sulle culture del mondo. Seguono alcune questioni strettamente correlate a esso, per poi aprirci agli scenari della causa e del paradigma, controllori del caos, i quali dal fondamento ci portano a Gaia. Il saggio prosegue ricamando istruzioni sul suo cammino, al fine di costruire la complessità del mondo dal semplice e riportare la complessità del mondo al semplice. Esattamente, l’iter è questo:

Cammino del fondamento

      • Sciogliamo gli opposti finito/infinito in un semplice e ne osserviamo l’intorno;
      • Costruiamo la complessità del mondo da un semplice;
      • Concludiamo la complessità del mondo in un semplice.

Questo percorso a tre tappe dovrebbe garantire la stabilità del Sistema fondamento. È diviso in sezioni atte a rilevare le differenti aree attraversate dalla presente comunicazione sul fondamento. L’opera, per la natura anteriore del suo oggetto, è sostanzialmente priva di riferimenti bibliografici, in compenso ha una bibliografia di incantevoli luoghi dove potete non trovarci. Come segue.

Tre oggetti

∞. Infinito

L’infinito non ha né inizio né fine. Un qualcosa che non ha inizio, un qualcosa che non ha fine:

  • Che cosa non ha inizio? Il Niente assolutamente non ha inizio perché se iniziasse sarebbe qualcosa. Ivi perdendo la sua definizione di Niente assoluto: non è vero che era Niente perché è iniziato;
  • Che cosa non ha fine? Il Tutto assolutamente non ha fine perché se finisse finirebbe in qualcosa oltre sé, e limitarsi in niente è non limitarsi. Ivi perdendo la sua definizione di Tutto assoluto: non è vero che era Tutto perché aveva altro oltre sé.

L’infinito è assieme senza inizio Niente e senza fine Tutto.

0. Niente

Il Niente in assoluto non esiste, e non si può essere Niente perché non esiste, e non si può divenire, iniziare o finire, in Niente perché non esiste come oggetto di divenire. Altrimenti detto:

Discorso ontologico sul Niente
N=N → N=¬è → N¬è | ¬∃N
In assoluto essere Niente (N=N) è non essere (=¬è), poiché il Niente in assoluto non è (N¬è), tale che (|), il Niente in assoluto non esiste (¬∃N).

Forme di ontologia elementare
A=A → A
A=¬A → ¬A
A=B → AB
A=¬B → A¬B

Connessione ontologica elementare neutra
Attribuiamo alla copula “è”, legame fra due termine, matematicamente “=”, valore neutro, privo di significato lessicale, che non altera il valore dei termini che relaziona, compendiandoli in uno. Esempio: Socrate è filosofo = Socrate filosofo; Niente è non è = Niente non è.

Scompare la domanda leibniziana-heideggeriana del “perché qualcosa piuttosto che nulla?” Infatti: affinché ad accadere non sia il Niente, che non può accadere perché non esiste, allora qualcosa. Così necessariamente qualcosa piuttosto che Niente.

Col termine “qualcosa” possiamo indicare qualunque accadere, come per esempio il bruco che ho davanti, oppure il nulleggiare fisico (attività fisica tendente a Niente) del vuoto quantistico che accade governato da severe leggi al suo interno e che quindi è qualcosa e non Niente, oppure il nulleggiare psichico (attività psichica tendente a Niente) dell’angoscia heideggeriana per la morte, sino a un nulla che, in quanto dato e accadente, è qualcosa e non Niente, oppure il nulleggiare matematico (attività numerica tendente al Niente) dei numeri infinitesimi x per i quali x<1/n e x≠0, oppure il nulleggiare meditativo (attività contemplativa tendente al Niente) che gioisce nell’esperienza infinita di identificazione con l’intero, oppure l’immaginazione di un brucaliffo nella mia mente. In generale:

Se accade non è Niente.

E se qualcosa allora Tutto.

1. Tutto

Il Tutto in assoluto è la determinazione di ogni cosa, perfettamente determinato, finito. Il quale, potendosi limitare solo in Niente, non si limita. Così il Tutto è assieme finito e infinito; ovvero:

  • Finitamente determinato perché si pone in forza del limite che lo determina, ma a noi infinitamente indeterminabile nella sua totalità perché tale limite non ha fine, si sposta sempre più in là;
  • Finitamente differenziato perché non è ciò che non è, e infinitamente indifferenziato perché non esiste ciò che non è;
  • Finitamente condizionato da sé e infinitamente incondizionato da oltre sé, quindi sciolto da ogni condizione oltre sé, non relativo ad altro da sé, absolutus, l’incondizionato condizione di ogni cosa.

Nel caso finito parliamo di Tutto come semplice intero, di spinoziana unità fondamentale. Nel caso infinito parliamo di Tutto come totalità infinita di parti, di leibniziana pluralità fondamentale.

Fondamento

2. Discorso sul fondamento

Il Tutto è perfettamente determinato e finito in rapporto a se stesso ed è imperfettamente indeterminato e infinito in rapporto a Niente. Così il Tutto è finito e infinito sotto rapporti diversi:

  • Il Tutto è finito nel rapporto intensionale con sé, poiché determinazione perfetta d’ogni cosa;
  • Il Tutto è infinito nel rapporto estensionale con nient’altro, poiché oltre sé Niente lo limita.

E questa è la condicione senza cui l’infinito non sarebbe, Niente e Tutto. E siccome il Niente non esiste allora il Tutto da solo è contemporaneamente finito e infinito. Ripeto: l’infinito è assieme Niente e Tutto, e non esistendo il Niente, il Tutto è assieme finito e infinito, necessariamente (3), senza contraddirsi (4).

3. Il Tutto è assieme finito e infinito necessariamente

Cinque passaggi per giungere al fondamento:

  1. Il Tutto è finito per sua perfezione, poiché ogni determinazione;
  2. Il Niente non esiste, poiché nessuna determinazione;
  3. Il Tutto può limitarsi solo nel Niente, poiché oltre sé nulla;
  4. Limitarsi in Niente è non limitarsi, poiché non esiste;
  5. La finita perfezione del Tutto a sé, limitandosi nel Niente, è nel contempo infinita oltre sé: finito in rapporto a sé e infinito in rapporto a nient’altro oltre sé. E non esistendo Niente oltre sé, allora il Tutto da solo è necessariamente finito e infinito.

Lo scioglimento degli opposti finito-infinito in uno.

4. Il Tutto è assieme finito e infinito senza contraddirsi

Cinque brevi introduzioni alla coerenza del fondamento.

Rapporti
Il Tutto è finito in rapporto a sé e infinito in rapporto oltre sé. Dove per logica si parla di rapporti diversi e, in quanto diversi, come tali devono essere considerati, così come non è contraddittorio che la stessa mela piaccia a Ipazia e non ad Arendt, perché piace e non piace sotto rapporti diversi, sotto il rapporto con Ipazia e sotto il rapporto con Arendt, ma mai – dice Aristotele – piace e non piace sotto lo stesso rapporto.

Identità
Il rapporto del Tutto a sé, (i) si riferisce alla propria identità, identico a sé, senza differenze, rimanendo Tutto; (ii) si poggia su un singolo termine T, ripetuto più volte T=T o anche infinite volte …T=T=T…, dove ciascuno è lo stesso, senza dualità, rimanendo Tutto; (iii) senza reale unificazione in uno perché già lo stesso, riducendosi alla sintesi di un solo componente, il Tutto; (iv) dice che T è T ossia è.

Differenza
Il rapporto del Tutto oltre sé, (i) si riferisce a nient’altro, differente da Niente, senza differenze, rimanendo Tutto; (ii) si poggia su un singolo termine T, perché non esiste ciò che non è ¬∃N, dove di ciascuno resta uno, senza dualità, rimanendo Tutto; (iii) senza reale unificazione in uno perché il Niente non esiste, riducendosi alla sintesi di un solo componente, il Tutto; (iv) dice che N è N ossia non è.

Identità e Differenza
Vi è un luogo, ai limiti dell’esistenza, in cui l’identità non si rapporta ad altro da sé perché l’altro da sé non esiste, dove ad accadere è uno nell’immediato rapporto a se stesso e a nient’altro, senza differenze, senza dualità.

Connessione ontologica elementare
Il nesso (=) del rapporto del Tutto a sé (T=T) è il Tutto medesimo. Esemplifichiamo: si prenda il Tutto ontologicamente come ogni cosa che è, da cui l’identità  “essere=essere” che corrisponde a “essere è essere” ossia “è è è” quindi “è”. Quivi si ha un semplice  “è” senza struttura intrinseca, e una complessa struttura estrinseca “è è è” che finisce nel semplice “è è è → è”. In tale “è è è” non si rileva distanza e differenza fra i relazionati e la relazione, né qual è il relazionato e quale la relazione “…è è è è…” in un’infinita serie di rimandi “è” di cui si conosce però l’ultimo e che si contraggono in uno indifferentemente. Stiamo parlando del punto limite in cui la relazione non separa gli oggetti relati perché è essa stessa tali oggetti, stiamo parlando di un oggetto “è” il cui essere è al contempo nesso relazionale.

Il nostro convenuto è l’unità dell’identità come uniformità, sciogliendo in uno i termini dell’equazione e loro relazione.

Per quanto conclusa nel punto di fusione col fondamento, questa ontologia vuolsi irreggimentata su un saggio dedicato (o rimandata al Mio, Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, 2016, Cap. 3).  L’introduzione viene sospesa.

5. Forme

Le forme generali del fondamento:

Premessa maggiore
¬∃N → n Se non esiste Niente allora qualcosa n;
n → T Se esiste qualcosa n allora Tutto;
∃T → ¬∃N Se esiste Tutto allora non esiste Niente.
Premessa minore
¬N = ¬d Niente è nessuna determinazione ¬d, quindi non è;
T = dn   Tutto è la determinazione d di ogni cosa n,  quindi è, perfettamente definito, finito;
Tdn  → T=1 Se Tutto determina ogni cosa allora è 1 perché fosse 2 ognuno sarebbe il limite dell’altro;
Lim ∞
T→N
Il limite di Tutto che tende a Niente è infinito.
Conclusione
T = 1∧∞
T = 1
Limite T = ∞
Il Tutto è finito e infinito
finito in rapporto a sé
infinito in rapporto a nient’altro che sé.

6. Semplicità

In questo ciclo, poco importa da dove partiate per spiegare ragionevolmente il fondamento, che sia qualcosa, Niente, Tutto, infinito. Non importa neppure quale linguaggio usiate o le intenzioni, affettività e immagini con cui lo affrontate. Ciò che prima importa è che da qualunque posto e per qualunque soggetto, sulla strada del rigore al fondamento, ci si imbatte sempre e inesorabilmente in tre oggetti: l’infinito con la sua relazione; il Niente con la sua inesistenza; il Tutto col suo essere. E inesorabilmente, a ben vedere, di essi alla fine ne rimane solo uno, perché il Niente non esiste e perché il Tutto fa da sé finito infinito e nient’altro oltre sé, perché il Niente sparisce e l’infinito è la relazione del Tutto a sé e a nient’altro che sé.

Ciò che ci è rimasto dei tre oggetti 01∞ è solo e semplicemente il semplice 1: la trinità del fondamento.

 

Questioni intorno al fondamento

7. Storia introduttiva al fondamento

Meglio sarebbe non proseguire oltre, senza aver prima riconosciuto le sopradette parole: e toccarle con ragione, visione, sensazione. L’importanza di tale monito è presto detta:

Nel momento del suo passaggio dalla forma del mito alla forma della razionalità, qualunque cultura umana, da ovunque arrivasse, si è diradata, consciamente o inconsciamente, dal seguente problema:

Prima domanda sul fondamento
Come fa una cosa a essere nel contempo finita e infinita senza contraddirsi?

Dimostriamo il diradarsi di ogni cultura da tale domanda fondamentale, distinguendo le varie culture dai modi in cui le rispondono:

i. La domanda ha senso e posso spiegarlo
Filosofia totale, capace di sciogliere gli opposti in uno;
ii. La domanda ha senso ma non posso spiegarlo
Filosofia orientale, incapace di sciogliere gli opposti in uno, il quale è convenuto fuori dalla portata del linguaggio;
iii. La domanda è parzialmente sensata, l’aspetto spiegabile è finito
Filosofia occidentale realista, marcata da almeno qualcuno di questi aspetti: la realtà degli universali, l’immobilità, la perfezione, la determinazione, l’assoluto, l’eterno, l’oggetto, l’in sé, l’irrelato;
iv. La domanda è parzialmente sensata, l’aspetto spiegabile è infinito
Filosofia occidentale idealista, marcata da almeno qualcuno di questi aspetti: la realtà dei particolari, il divenire, l’imperfezione, la probabilità, il relativo, l’effimero, il soggetto, il fenomeno, la relazione;
v. La domanda non ha senso
Filosofia occidentale nichilista, conviene all’insensatezza della domanda, quindi al non senso della cosa;
vi. La domanda non ha senso e posso spiegarlo
Filosofia scettica, mira all’impossibilità di rispondere alla domanda, quindi a sollevare dubbi e sospendere giudizi sulla cosa.

Con tale elenco non si nega la possibilità e la diffusa esistenza di pensieri ibridi che intrecciano caratteri di una o l’altra sopra filosofia, ma sempre in risposta, conscia o inconscia, esplicita o implicita, alla detta domanda fondamentale. In una visione più stringente, categorizzando diversamente, leggiamo le sopraculture come segue: il pensiero umano fra, chi il non senso della cosa, chi un suo vago senso, chi l’infinita relazione. E poi noi, filosofia totale che scioglie il fondamento con operazioni mentali controllabili: “Confronta esclusivamente il capitolo tre. Seguirebbero innumerevoli domande, ma in quel piccolo frangente unicum della storia umana, necessariamente e senza contraddizione, finito e infinito si sciolgono in un semplice”. Ne seguirebbe la drastica consapevolezza che questo è l’inizio della filosofia e della cultura, mentre il resto, finché qua è vero, si confonde in un volgo di proto-cultura e tentativi di pensare. Sarebbe pertanto opportuno soffermarsi sulle sopraparole, prima di proseguire, rompendole, torcendole, ricomponendole, perché è qui che si scioglie il fondamento e, per antonomasia, per essere fondamento, esso deve rispondere a questa richiesta:

Requisito fondamentale
Solo diversamente da così si cade in contraddizione, mentre così è l’innegabile che può essere detto senza contraddirsi, e che nessun dire ragionevole e rigoroso può contraddire senza contraddirsi, e che nessun fare può falsificare ma solo confermare, fuori dalla portata di ogni ragionevole e rigorosa negazione perché tutte le assorbe, evidenza sopra ogni sensato dubbio e sopra cui costruire una visione veritiera del mondo giacché ogni cosa gli si deve.

Analizziamo l’ivi requisito, le cui regole ci permettono di riconoscere il fondamento, non perché stanno al di sopra di esso che al di sopra non ha altro, ma perché da esso, dalla suprema regola, si danno. Per spiegare la detta gerarchia, corrompiamo Platone: ”se Dio è regolato dal bene, allora il Bene è Dio, ma se è Dio a regolare il bene allora Dio è Dio”. Sappiamo per certo che tutte le dottrine e pensieri che ci hanno preceduto cadono in contraddizione, e per tale è vero che “diversamente da così si cade in contraddizione”. Sappiamo anche che di esso qui abbiamo parlato senza contraddirci, e per tale è vero che “può essere detto senza contraddirsi”. Oltretutto non abbiamo trovato ragioni che provando a negarlo non si fossero negate a loro volta: come quelli che attribuiscono al Niente assoluto un qualche valore o al Tutto assoluto nessun valore così dovendo anzitutto rincorrere la loro contraddizione prima di pensare a noi; o come quelli che a fondamento pongono la relazione come non fosse l’attività di qualcosa e quindi l’attività di Niente di cui avranno da rincorrere la contraddizione prima di pensare a noi; o ancora chi, paradigmatico, nega ciò che appare o ciò da cui appare, il divenire o l’immobile, dovendo rincorrere ben altre contraddizioni mondane prima di venire a noi. Pertanto è vero che qui ci poniamo “fuori dalla portata di ogni ragionevole e rigorosa negazione” conosciuta finora; finendo fra le “evidenze sopra ogni sensato dubbio”. Detto in altri termini: meglio soffermarsi, prima di proseguire.

8. Religione

È noto come tutte le religioni, appena si intessono nel bagliore della razionalità, affettando l’aurea della fede con la luce della ragione al fine di esplorare l’esistenza di Dio, o di altre realtà trascendenti, per capire il mondo… Come Kierkegaard e Tillich ebbene qui, nella luce della ragione, presto le religioni si scontrano su grandi conflitti riconducibili alla domanda fondamentale. Ad esempio l’alterco fra onniscienza e libero arbitrio, dove l’onniscienza ruota attorno al finito Tutto mentre il libero arbitrio ruota attorno all’infinito Tutto. Ad esempio i rapporti fra paradisi imperituri e terre di passaggio.

Possiamo pertanto indicare il fondamento anche come parola di aiuto alla comprensione religiosa, in generale come manuale base per la conoscenza e comprensione di qualunque cosa.

9. Opposti

Tutto ha come opposto Niente il quale non esiste e per la cui inesistenza si conserva l’unicità del Tutto.

Assioma della coppia esistenziale

xy  ∃a={x,y}
Per ogni coppia x,y esiste il loro insieme a.

x∃y  →  a={x,y}
Se esistono x,y allora il loro insieme a è elencato.

x¬∃y  →   a={x}  →   x 
Se y non esiste allora il loro insieme a è un singoletto {x}, cioè esiste solo x.

¬∃x¬∃y  →  Ø={}
Se non esistono sia x che y allora il loro insieme a è vuoto Ø.

Descrizione:
L’assioma della coppia esistenziale estende l’assioma della coppia perché mostra il tipo di insieme derivato dalla coppia x,y relativamente al valore esistenziale di ogni elemento della coppia, in un discorso intuitivo e naturale. Per esempio: “per ogni coppia Zermello-Fraenkel, se esistono sia Zermello che Fraenkel allora l’insieme degli stessi, ma se non esiste Zermello allora solo Fraenkel, e se non esiste neanche Fraenkel allora il contesto del nostro discorso è vuoto”. Per cui:

Assioma esistenziale degli insiemi

a={¬∃x} → Ø={}
Se non esiste niente in a allora l’insieme a è vuoto;

a={∃x} → a={x}
Se esiste qualcosa in a allora l’insieme a non è vuoto.

Se Tutto formalmente ha il suo opposto, benché inesistente tanto da restare solo, allora ogni cosa ha il suo opposto: l’odio esiste perché esiste l’amore; la notte è per il giorno; fame c’è se c’è sazietà. Ripeto: l’infinito è assieme Niente e Tutto, e questa è la condicione senza cui l’infinito non sarebbe: i poli opposti. Così gli opposti Niente e Tutto si sciolgono in infinito, finché non esiste Niente, e finché non esiste Niente gli opposti finito/infinito si sciolgono in uno.

10. Natura

Tutto ha una doppia natura, finita e infinita. Se Tutto ha una doppia natura, benché convenuta in una, allora ogni cosa ha una doppia natura, determinabile o indeterminabile, particella od onda, sì o non-sì, a seconda dei rapporti in cui intercorre.

Assioma della doppia natura condizionale


x
= {  1
¬1

x può assumere il valore 1 per date condizioni specifiche e può assumere il valore ¬1 per altre.

La doppia natura si e non-sì della cosa non è una differenziazione intrinseca che la oppone a se stessa, ma è la differenza dei suoi diversi modi di rapportarsi, il suo comportamento, la differenza estrinseca che la oppone ad altro. Per esempio: essere finito per sé ma darsi infinito per nient’altro; dire sì o dire non-sì; andare o non andare; darsi determinata come particella o probabile come onda.

Il darsi 1 o ¬1 di x è dunque i suoi diversi modi di potersi rapportare, la sua doppia natura in rapporto a sé e all’altro da sé, il suo potersi dare 1 o in altro modo diverso da 1 cioè ¬1, secondo ciò che è e non è.

11. Rapporti

Tutto ha rapporto intensionale con sé ed estensionale con nient’altro. Se Tutto sta in un doppio rapporto, pur da solo, allora ogni cosa sta in un doppio rapporto, con sé e con l’altro da sé. 

Assioma dei rapporti R esistenziali

x  x=xx≠¬x
Per ogni x, il suo rapporto di identità a sé x, ciò che è, e il suo rapporto di differenza con l’altro ¬x, ciò che non è.

∃¬x  →  xRy
Se esiste l’altro, allora il Rapporto di x con l’altro ¬x è con qualcosa y.

¬∃¬x  →  xRN
Se non esiste l’altro, allora il Rapporto di x con l’altro ¬x è con Niente.

Sospendiamoci! C’è un meccanismo che si sta ripetendo evidente da due capitoli fa. Marchiamolo: la forma e sintattica del fondamento fondano ogni forma e sintattica mondana. Fra fondamento e mondo cambia la materia e semantica contenute in esse: il primo è Tutto, il secondo è qualcosa, il primo, sostanza aristotelica di ogni cosa, è incorruttibile in quanto ogni corruzione, il secondo, l’esser-ci heideggeriano nel mondo, è corruttibile in virtù di ciò che gli manca. Quivi il fondamento assume un doppio rapporto: tetico, poiché fondamento che pone i fondati, confermando la nostra Teoria; ablativo, poiché toglie la pretesa ai fondati di valere come assolutamente indipendenti, autonomi e autosufficienti, confermando la nostra esperienza.

12. Mancanza

L’imperfezione è una mancanza e la più grande imperfezione è quella del Tutto in quanto mancante del Niente che non potrà mai avere perché non esiste. Eppur, l’imperfezione per la mancanza del Niente, in virtù dell’inesistenza del Niente, conserva l’assoluta perfezione del Tutto. Infatti:

Al Tutto manca Niente all’infinito, autosufficiente.

13. Causa

Il moto è il passaggio da una posizione a un’altra, dove l’altra manca alla prima che verso tale mancanza si muove. Diciamo: il Tutto si muove infinitamente verso la sua mancanza Niente, quindi si muove infinitamente verso se stesso, perché oltre sé nulla, immobile. Ossia l’infinito divenire della totalità su tutte le posizioni, l’infinito attuale, si concentra nell’eterna immobilità del Tutto sull’intera posizione, il finito assoluto:

Il permanere immobile sull’intera posizione è immediatamente il divenire infinito su tutte le posizioni.

Di riflesso, l’infinito potenziale di qualcosa si manifesta nel suo finito relativo; con questa differenza specifica: l’infinito attuale è l’infinito in atto su tutte le potenze; l’infinito potenziale è l’infinito in progressione o regressione sulle infinite potenze. Habemus immobilitatem:

L’immobilità assoluta non è assenza di moto ma divenire infinito su tutte le posizioni, senza altro dove andare.

In generale, il divenire è un’attività, il restare è un fatto. In particolare, spuntando sulle Riflessioni teoretiche di Aldo Stella: Qualcosa si dice fatto nella misura in cui è ciò che è soggetto a determinazione, si dice attività nella misura in cui è la condizione che determina.

Si evince che il divenire infinito, cioè l’attività infinita, causa il fatto Tutto, ovvero causa se stessa finché il divenire totale, cioè l’attività del Tutto, in rapporto a sé e a nient’altro, causa il fatto infinito attuale. Habemus causam sui:

Se ogni cosa è causata allora, per regressus in infinitum, vi è una causa infinita che è causa di sé.

A questo punto, se l’attività infinita sulle infinite posizioni e il restare finito sull’intera posizione, si sciolgono immediatamente in uno, allora vi è un limite in cui in uno si sciolgono moto e posizione:

Lo stare su una posizione è l’attività di stare su quella posizione.

Donde, intuati in Heisemberg, traspira un’interconnessione inscindibile tra posizione e moto:

  • La posizione misura lo stare di x. Questa misura determina l’attività di quello stare, ovvero influenza la quantità intrinseca di moto di x;
  • Il moto misura l’attività di x. Questa misura determina la posizione di quell’attività, ovvero influenza la posizione intrinseca di x.

Ciò significa heisembergianamente che non possiamo conoscere completamente la posizione di x perché è intrinsecamente mossa in virtù dell’attività di quello stare. E non possiamo conoscere completamente il moto di x perché è intrinsecamente posizionato in virtù delle diverse posizioni di quell’attività.

A fuoco il problema della conoscenza per cause: solo un moto di conoscenza infinito può determinare completamente la posizione dacché la posizione completa è tutto il moto. Allora il limite della nostra conoscenza è che ci resta inesauribile nella sua completezza cioè limitata concettualmente a qualche aspetto, o intuitivamente all’intero, ma mai completamente esauribile per ogni aspetto.

14. Paradigma

Vediamo nel dettaglio il sopra limite conoscitivo, al fine di trarre un paradigma dalla natura fondamentale, cioè una teoria della conoscenza del mondo che abbia a presupposto il fondamento.

Il limite sta per l’adiacenza a un’altra regione spaziotemporale. Così, limitarsi in nessuna altra regione spaziotemporale è non limitarsi, è essere tutto lo spazio e tutto il tempo, quindi immobilità. Ci appare la seguente visione fisica:

Fisica del fondamento

Spazio × Tempo = Immobilità
Spazio / Tempo = Velocità

Proviamo a rappresentare la detta visione in un grafico cartesiano o in una griglia galileiana ampliati al sistema metrico quadrimensionale di Minkowsky:

  • Lo spazio S è la sensibile estensione, dall’asse dell’ascisse x all’asse delle ordinate y all’asse dell’ordinato z, tra figure, relazioni, corpi, campi, movimenti, dinamiche, energie e tra quanto di figurabile c’è, res extensa;
  • Il tempo T è il sovrasensibile ordine dello spazio, l’immediata ragione del configurarsi spaziale, l’asse dell’ordine T, sincronizzante e interconnettente tutto lo spazio, res ratio.

In breve, fisicamente, il tempo è l’ordine, lo spazio è l’ordinato. In senso filosofico e paradigmatico, il tempo invisibile coincide con la sovrasensibile ragione in sé delle cose o noumeno, lo spazio visibile coincide con il sensibile manifestarsi delle cose o fenomeno.

Tale rapporto fisico fra tempo e spazio è di seguito esprimibile, dove la sensibile estensione dello spazio S dipende dal sovrasensibile ordine del tempo T:

Funzione fisica di configurazione spaziale dal tempo
f(T)=S  ∧ (x, y, z, t)
Il tempo è la sovrasensibile ragione del sensibile configurarsi spaziale, in un unico spaziotempo.

Si implica che la griglia naturale di Galileo, il grafico coordinato di Cartesio, la metrica quadrimensionale di Minkowsky e quanti altri metodi conoscitivi, rappresentano anzitutto il modo di rappresentare dell’osservatore, il kantiano a priori spaziotemporale organizzato nell’osservatore, fra:

  • Spazio fisico figurante, res extensa, nell’asse spazio proprio x,y,z dello spazio S;
  • Tempo psichico configurante, res cogitans,nell’asse tempo proprio t del tempo T (il tempo proprio, nella relatività di Einstein, si riferisce al tempo misurato da un orologio in movimento rispetto a un osservatore inerziale).

Cioè, i vari modi di rappresentare e i vari metodi conoscitivi sono ripartizioni proprie di alcuni aspetti dell’intera estensione spaziale e dell’intero ordine temporale, sono le nostre strutture foucaultiane (linguistiche, culturali, psicologiche) e kuhniane (sociali, scientifiche) in evoluzioni diltheyiane (storiche), con cui comprendiamo il mondo, sennonché, in certi casi, sono verità di alcuni aspetti della totalità. In altri termini: la grandezza fisica della misura influenza il misurato, adeguandosi reciprocamente, tanto da spiegarsi veri per certi tipi di relazione. Ad esempio: la legge del moto uniformemente accelerato si adegua alla metaforica caduta di una mela sulla testa di Newton e non direttamente al suo sapore, vincolata alla natura particolare del fenomeno. Ad esempio: la legge del fondamento è circoscritta alla fondazione di ogni cosa e quindi è universalmente applicabile alla loro spiegazione; tuttavia risulta un po’ lungi applicarla all’aereo di carta che sto facendo volare per la stanza, perché richiederebbe lunghe e articolate catene descrittive per raggiungere la pertinenza al particolare (in confronto a una teoria sul volo), vincolata alla natura universale della Teoria.   

Dalle visioni di Einstein e Newton, prendiamo visione: ogni n consta del proprio spaziotempo con cui distorce relativamente a sé lo spaziotempo circostante, lungo l’asse infinita delle evoluzioni spaziali e dello scorrere temporale, in un quadro assoluto di intero spaziotempo.

15. Leggi

Legiferiamo quanto sin qui successo, coniugando sapientemente il finito e immobile Parmenide, l’infinito Melisso di Samo, il diveniente Eraclito, l’uno Plotino e l’eterno Severino:

Legge sull’unità
È uno, finito e infinito. Perché se fossero due o più, ogni altro priverebbe il Tutto del suo titolo.

Legge sull’immobilità
È immobile. Perché, in quanto finito, se dovesse cambiare ci sarebbe altro oltre sé, e perché, in quanto infinito, può evolversi solo a sé per ragion d’essere il minimo il massimo ogni intermedio.

Legge sull’eternità
È eterno. Perché, in quanto finito, se dovesse passare ci sarebbe altro oltre sé, e perché, in quanto infinito, deve ripetersi continuamente per ragion d’essere il passato il presente il futuro.

Vien da sé che se non è Tutto, non potendo essere Niente, allora abbiamo da congiungere che è qualcosa che scorre nel veemente fiume eracliteo dello spazio e del tempo, divenendo nell’eternità delle infinite possibilità di tipo del proprio essere.

Principio

16. Manuale base di codesta filosofia

Abbiamo sinora trattato la domanda fondamentale, o prima domanda sul fondamento: “come può una cosa essere nel contempo finita e infinita senza contraddirsi?” dove si sciolgono gli opposti Niente/Tutto in infinito e dove si sciolgono gli opposti finito/infinito in uno. Successivamente, del fondamento, abbiamo raccontato la storia, la fede e, accompagnati dal suono del pifferaio magico della matematica, le opposizioni e la natura, i rapporti e le mancanze, sino ad attraversare alcuni dei più importanti feudi principeschi del Regno del fondamento: il principato della causa, del paradigma, delle leggi; i quali performano l’atmosfera di Gaia. Lo scioglimento della domanda fondamentale, cioè il fondamento, è ciò che chiamo Manuale base di codesta filosofia, il resto ne è un primo racconto.

Spostiamo ora la nostra attenzione all’inizio e alla fine del mondo. Partiamo dal principio.

17. Principio

Il fondamento, in quanto determinazione di ogni cosa, è il principio dei fondati. Come tale, sotto tale rapporto, principio e fondamento possono fungere da sinonimi.

Il principio ha una doppia natura:

  • È principio determinato in quanto primo elemento;
  • È principio determinante in quanto ordine dei secondi. 

Come primo elemento, il principio è pre-determinato da sé e da nient’altro. Come ordine primo, il principio pre-determina ogni cosa. Come tale, in quanto pre-determinante, il principio resta intaccabile dalla serie che apre o dalle disposizioni che ordina; pur vincolandosi a esse.

18. Immanenza

Il principio fondante, come inizio, come primo, è 1 ed è ciò che determina qualunque cosa n all’infinito (Es. 2=1+1; 3=1+1+1). Esso è pertanto costante universale e pertanto è proprietà intaccabile di checché sia, almeno finché il fondamento come principio è inteso sul piano immanente:

Logica immanente del fondamento
1(n)
Il fondamento come principio è proprietà intaccabile delle cose.

Logicamente 1(n) significa n ha proprietà 1.

Creazione

19. All’inizio del mondo

Di grancassa, dai discorsi sul principio, con fumante colpo di pistola hegeliano, sciorina la:

Seconda domanda sul fondamento
Come può da un semplice darsi il mondo, uno dare origine a molti, alla complessità?

Entriamo nel mondo.

20. Moltiplicazione del mondo dal fondamento

Vediamo un meccanismo di creazione del mondo da uno. Si prenda il noto caso di reductio ad absurdum, dimostrazioni “per assurdo” sorte nell’antica Grecia e conservate in ambito matematico, per cui: “se tutto è possibile allora niente è impossibile, dunque è impossibile che qualcosa sia impossibile, ma se è impossibile che qualcosa sia impossibile allora qualcosa è impossibile. Ma questa è una contraddizione, quindi non tutto è possibile”.

Ora si estenda la detta reduction a qualunque semantica: se tutto è x allora niente è ¬x, quindi non tutto è x imperciocché niente è ¬x.

In ultimo si contragga la detta reduction alla semantica del fondamento sino al suo limite: se tutto è Tutto allora niente è Niente, dunque è impossibile che qualcosa sia Niente, ma se è impossibile che qualcosa sia Niente allora qualcosa è impossibile, quindi non tutto è Tutto imperciocché qualcosa è impossibile, ma se impossibile è Niente, e Niente non esiste, allora, per principio di identità, Tutto è Tutto anche se non tutto è Tutto dacché Niente non lo è. Dove distinguiamo il tutto e niente relativi dal Tutto e Niente assoluti.

È in tal guisa che da uno ho visto moltiplicarsi la complessità del mondo, o principio di moltiplicazione del mondo dal fondamento:

Se Tutto è Tutto allora Niente è Niente, e non potendo esserci Niente perché non esiste, allora infinite possibilità.

Siffatto è l’orizzonte: Tutto circondato da Niente? Se il Niente non può accadere allora il Tutto si espande all’infinito fino a occupare ogni posto in cui il Niente può accadere, quindi il Niente non accade da nessuna parte perché il Tutto accade dappertutto.

21. Apparizione del mondo dal fondamento

Vediamo un meccanismo di apparizione del mondo da uno. Si prenda il concetto di sovrapposizione, in cui il soggetto fa collassare la funzione d’onda delle infinite possibilità della totalità in una data determinazione mondana.

Non ci riferiamo al concetto di sovrapposizione classico, stratificato, risalente almeno ad Aristotele, per il quale si parla di mescolanza fra diversi: “se si mette uno sopra l’altro bianco/nero si ottiene un determinato grigio, relativamente alle quantità di bianco e di nero e alle altre circostanze incidenti”. Ciò a cui ci riferiamo è invece il concetto di sovrapposizione moderno, concentrato, richiamante la fisica quantistica, per il quale si parla di uno stesso stato occupato da diversi: “se si sovrappongono nello stesso stato gli opposti bianco/nero si ottiene l’intera gamma di grigi intercorrente dal bianco al nero, l’intero campo di possibilità in cui si può trovare il colore bianconero”. Un caso fisico di sovrapposizione (concentrata) è la nota sovrapposizione quantistica, per la quale una particella si dice posizionata contemporaneamente su tutte le sue possibilità, “sia viva che morta assieme”, finché la relazione dell’osservatore non l’attualizza in una delle sue possibilità. A livello mentale esperiamo e avanziamo la legge psicologica del moltiplicato, per la quale, dalla sovrapposizione su due stati mentali opposti (Es. Odi et amo, Catullo) si moltiplicano i contrasti fra gli stessi, in una sorta di caos mentale, ossimori e altre confusioni, sino, in taluni casi, all’incepparsi e al bloccarsi psichico (Es. Diavolo che sei, che tu sei bella come un angelo, Leopardi).

Siffatto è l’orizzonte: il Tutto occupa l’intero spaziotempo, e non esistendo altro spazio e altro tempo, allora è lo stesso spazio e lo stesso tempo, lo stesso stato, in cui non esiste Niente. Tutto e Niente stanno sovrapposti, come opposti assoluti dissolti in uno, da cui si moltiplicano le infinite possibilità intermedie del mondo.

È in tal guisa che da uno ho visto apparire la complessità del mondo, o principio di apparizione del mondo dal fondamento:

La sovrapposizione fra Niente e Tutto moltiplica le infinite possibilità mondane fra di essi, cioè le infinite possibilità del Tutto ché il Niente non esiste.

Da fierezza illusi del Niente essere: il Tutto si moltiplica da sé, autosufficiente cfr. Cap. 20. S’implica che la costruzione mondana del soggetto non crea originariamente il mondo, bensì lo fa apparire, collassando in uno dei mondi possibili del Tutto, costruendo-accendendo uno o l’altro mondo fra le infinite possibilità. Questo qualcosa acceso-costruito è il mondo attualizzato fra le infinite possibilità della totalità. Ovvero: mentre il Tutto è le infinite possibilità della totalità, di queste infinite possibilità il soggetto ne costruisce-accende qualcuna, secondo ciò che è, fra le husserliane intenzioni della propria coscienza, le fisiche e marxiste economie della propria materia e quelle di darwiniana vita, le proprie nietzschiane arti di dionisiaco caos, le proprie misure d’apollineo ordine, e la mortariana sapienza del proprio cuore. Sicché egocentricamente: il mondo attuale è il risultato fra osservatore e osservato; il mondo possibile è l’intera gamma delle infinite possibilità risultanti dal Tutto. Mentre teocentricamente: il mondo attuale del Tutto collassa eterno e immobile su tutte le infinite possibilità simultaneamente; il mondo attuale dei soggetti e degli oggetti collassa in alcune possibilità della totalità relativamente anche alle loro capacità fisiche e psichiche.

Fine

22. Alla fine del mondo

Generata la complessità del mondo da hegeliana coscienza felice, ci sommuove ora la:

Terza domanda sul fondamento
Come può tutta la complessità del mondo finire nel semplice?

Usciamo dal mondo, dal lato opposto da cui siamo entrati, torniamo al fondamento.

23. Determinazione

Vediamo anzitutto il risultato finale dell’ivi costruzione mondana, ove il Tutto, come totalità di ogni cosa, è sintesi finale di ogni determinazione, quindi composto, insieme di tutto, finendo per venir determinato dalla totalità delle sue parti, a loro volta determinate dal principio:

  • Ogni distinta parte determina il Tutto secondo ciò che la parte stessa è, senza poterlo mai esaurire completamente;
  • La determinazione di ogni distinta parte si dà sia in vista di una prospettiva soggettiva di relazione fra le parti, sia oggettivamente in ragione del Tutto;
  • La verità del Tutto garantisce la verità della parte, riempiendone le mancanze, senza venirne alterato giacché già tutte le possibili verità soggettive;
  • Il semplice inizio del fondamento, cioè il principio, è intaccabile e per tale indeterminabile. Invece il composto finale del fondamento, cioè la fine, consto di infinite sintesi e analisi, benché inalterabile, preserva la conoscibilità delle cose.

24. Fine

Il fondamento, in quanto insieme di ogni cosa, è la fine dei fondati. Come tale, sotto tale rapporto, fine e fondamento possono fungere da sinonimi.

La fine ha una doppia natura:

  • È fine determinata in quanto ultimo elemento;
  • È fine determinante in quanto ordine ultimo a cui ci si vincola.

Come ultimo elemento, la fine è pre-determinata da ciò che la precede. Come ordine ultimo, la fine post-determina a sé ogni precedente. Come tale, in quanto post-determinante, la fine è il vincolo della serie e degli ordini che la precedono.

25. Trascendenza

La fine fondante, in quanto insieme di tutto, è 1 ed è ciò che vincola a sé qualunque suo precedente n. È vincolo finale di tutto, almeno finché il fondamento come fine è inteso sul piano trascendentale:

Matematica trascendente del fondamento
1={n}
Il fondamento come fine è l’insieme delle cose.

Matematicamente 1={n} significa che 1 è l’insieme di n.

Principio & Fine

26. Principio e Fine

L’inizio è vincolato alle sue conseguenze, la fine è pre-determinata dai suoi precedenti, così dipendendo entrambi dal relativo a cui si legano. Il principio primo è, in conclusione, post-determinato dalla fine ultima. La fine ultima è, originariamente, pre-determinata dal principio primo. Così entrambi, inizio primo e fine ultima, per qualunque catena relativa, coincidono nello stesso 1, è 1, sì dipendendo solo da sé e da nient’altro:

Il fondamento è l’inizio e la fine, conseguentemente, svincolato da altro oltre sé.

Ove inizio e fine del fondamento si invertono costantemente l’un l’altra, secondo la seguente forma di conciliazione:

Principio di Immanenza/Trascendenza
1(n)  ↔ 1={n}
Se n ha la proprietà 1, logicamente 1(n), allora 1 è l’insieme di n, matematicamente 1={n}.
Esempio: se Socrate ha la proprietà di essere uomo, allora uomo è l’insieme di Socrate.

È in tal guisa che formalmente ho visto tutta la complessità del mondo n coincidere in ultimo col semplice 1. Entriamo nel dettaglio.

Logica

27. Universali e Particolari

Generalizziamo il sopra principio di immanenza/trascendenza: x(y)↔x={y}.

Quando diciamo che il soggetto y ha la proprietà x di essere furioso, diciamo che in lui c’è furia. Quando diciamo che vede rosso, diciamo che in lui percepisce rosso. Quando diciamo che ha due mani, diciamo che in lui ci sono due mani. In tutti i casi:

  • Se la proprietà x è assunta come insieme formale, allora matematicamente il soggetto y appartiene all’insieme di ciò che ha la sua stessa proprietà x ossia x={y}, allora logicamente il soggetto y predica la sua proprietà x ossia x(y);
  • Se il soggetto y è assunto come insieme materiale, allora matematicamente la proprietà x appartiene all’insieme di ciò di cui è la proprietà ossia y={x}, allora logicamente la proprietà x predica il suo soggetto y ossia y(x).

Per esempio, se Socrate y ha cuore x, allora formalmente appartiene all’insieme delle cose con cuore x={y} e ha la proprietà di avere un cuore x(y), allora materialmente è l’insieme del suo organo cuore y={x} e il suo cuore lo predica come suo soggetto y(x). Ossia:

Principio degli insiemi formali-materiali

Sia y il soggetto, x la proprietà, d l’atto di determinazione:

Insieme formale
xdy  →  x={y}↔x(y)  
Si ha un insieme formale quando xdy la proprietà determina l’insieme del soggetto x={y} e il soggetto la predica come sua proprietà x(y);

Insieme materiale
ydx  →  y={x}↔y(x)
Si ha un insieme materiale quando ydx il soggetto determina l’insieme della proprietà y={x} e la proprietà lo predica come suo soggetto y(x).

In una formula:

Per ogni x(y)↔x={y}, se la proprietà p è assunta come insieme formale allora p=x, se invece è il soggetto s a essere assunto come insieme materiale allora s=x.

In particolare, spuntando su Il primo libro di filosofia teoretica di Rossella Fabbrichesi, vediamo la portata degli insieme formali e materiali nell’arco del pensiero umano:

  • Dalla parte dell’insieme formale pendono le filosofie dai tratti realisti che assumono la realtà ontologica degli universali, quali Platone (gli universali sono le idee, perfette, eterne, reali, separate dal sensibile), Aristotele (gli universali non sussistono senza i particolari), Guglielmo Champeaux (il primato ontologico è degli universali), Tommaso d’Acquino (gli universali esistono nelle cose come loro forma essenziale), Duns Scoto (la realtà di una natura comune universalizzata nel concetto), Cartesio (idee innate), Leibniz (characteristica universalis), Hegel (il massimamente concreto), Russel (reali non solo gli universali ma anche le relazioni);
  • Dalla parte degli elementi materiali pendono le filosofie con tratti nominalisti che assumono  la realtà non-ontologica degli universali, quali Roscellino (gli universali non hanno alcuna valenza ontologica), Guglielmo di Ockham (gli universali sono termini del linguaggio, la realtà è costituita solo da particolari), gli empiristi britannici (la realtà è costituita solo da particolari), Wittgenstein (l’universale indica solo una somiglianza di famiglia), Quine (gli unici universali reali sono le classi).

Ma non poche altre correnti pendettero fra i detti tratti realisti e nominalisti, come il concettualismo di Abelardo (gli universali sono parole dotate di significato), la teoria dei tropi  di Williams e Campbell (realtà ontologiche che sostituiscono gli universali e i particolari), l’universale-particolare di Sartre (l’universale è il senso che un singolo individuo esprime e imprime nella storia deviandola) o Whitehead (universale ripensato a partire dalla relatività del particolare). Il tutto in ordine alle tre questioni di Porfirio: Gli universali sono costruzioni mentali o sussistono di per sé? Sono corporei o incorporei? Sono nelle cose sensibili o separati da essi?

Il nostro convenuto è una logicamatematica x(y)↔x={y} capace di cavalcare insiemi e predicati indipendentemente se assunti come materiali, formali o in sinolo.

Matematica

28. Insiemi e Predicati  

Vi è un lembo matematico che orbita attorno alla sopra questione logica degli universali e particolari: se inizio 1(n) e fine 1={n} coincidono, allora, insieme, 1={1(n)}, sinteticamente 1={n}, analiticamente 1={1}. Vale a dire:

Ogni insieme consistente appartiene a se stesso.

Dimostriamolo: anzitutto irreggimentiamo due tipi di insiemi, con o senza un primo elemento della serie, ricordando la differenza fra insiemi materiali, formali o in sinolo (cap. 27); dopodiché assiomatizziamo l’irreggimento.

28.1. Insiemi ben ordinati

Si dicono insiemi ben ordinati se hanno un primo elemento della serie. In questo caso, il valore dell’insieme x si ritrova fra i suoi elementi y sia in veste di primo elemento della serie xn={x, …,} sia in veste di predicato dei suoi elementi xn={x(y)}:

  • Se 1 è l’insieme degli n, allora n deve avere la proprietà 1, dimodoché  il valore dell’insieme 1 si ritrovi dentro sé sia come primo elemento 1 della serie e sia come predicato costitutivo 1(n) di tutta la serie

1n={1, 1+1, 1+1+1, …, n+1};

  • Se Ø è l’insieme vuoto, allora ogni suo elemento y ha predicato vuoto Ø(y) cioè non è ¬∃y, dimodoché il valore dell’insieme vuoto si ritrovi dentro di sé in quanto vuoto

Ø={};

  • Se Gir è l’insieme dei suoni che iniziano con gir, allora ha come primo elemento gir da cui tutti i suoni che iniziano con gir

Girn={gir, giro, giravolta, …, gir+n};

  • Se Io sono l’universo psicofisico di me allora dentro me ci deve essere un io (N.B. L’esempio potrebbe apparire controverso laddove non si considerasse l’io come origine della coscienza, o altri dubbi legati agli insiemi materiali)

Ion={io, sono felice, sono triste, …, io+n}.

28.2. Insiemi non ben ordinati

Si dicono insiemi non ben ordinati se non hanno un primo elemento della serie. In questo caso, il valore dell’insieme x si ritrova fra i suoi elementi y in veste di predicato dei suoi elementi xn={x(y)}:

  • Se il Giallo è l’insieme degli oggetti gialli, allora gli elementi del suo insieme devono avere la proprietà giallo, dimodoché il valore dell’insieme giallo si ritrovi fra i suoi elementi

Giallon={giallo(banana), giallo(limone), …, giallo(n)};

  • Se la Mano è l’insieme degli oggetti con la mano, allora gli elementi del suo insieme devono avere l’ordine mano, dimodoché l’ordine dell’insieme mano si ritrovi fra i suoi elementi

Manon={mano(uomo), mano(scimpanzé), …, mano(n)};

  • Se il Contenitore barattolo è l’insieme dell’elemento zucchero che contiene, allora, per principio di indeterminazione di Heisenberg, la misura di grandezza dell’insieme x influenza l’elemento n, ossia l’elemento n deve portare dentro sé contaminazioni dell’insieme x, dimodoché l’insieme si ritrovi fra i suoi elementi, tanto da poter anche, in taluni casi, sentire il sapore del barattolo nello zucchero che contiene

Contenitore={contenitore(contenuto)};

  • Se il Linguaggio L è l’insieme delle parole p, allora le parole p devono avere proprietà di linguaggio l, dimodoché il linguaggio si ritrovi nelle parole, tale da poter distinguere suoni che hanno proprietà di linguaggio da quelli che non le hanno

L={l(p)}.

28.3. Assioma fondante

Sintetizziamo il sopra irreggimento nel seguente principio logicomatematico:

Matematica x={y}


x
(y)↔x={y}  →   x={x(y)}
{ xx  →  x
yx  →   x={y}

Logica x(y)


x
(y)↔x={y}  →  x(x={y})
{ xx  →  x
xy  →   x(y)

Da cui il seguente assioma di regolarità di tutti gli insiemi, o anche detto:

Assioma di fondazione insiemistica

Se x è l’insieme di y, allora y appartiene-∈ a x tale che y e x hanno elementi comuni. Per cui è possibile avere contemporaneamente yx e x∈y sotto due distinti rapporti di appartenenza ∈:

• Appartenenza matematico-insiemistica x={y} → y∈x;

• Appartenenza logico-predicativa x(y) → xy.

Per cui:

Assioma di appartenenza ∈

yx ⊆ x={y}  ∧  xy ⊆ x(y)  ∧  x={y}↔x(y)
→   yxxy

Se ora indichiamo a={x, y} allora l’assioma di fondazione insiemistica ci dice che non esiste alcun elemento z di a che non abbia elementi in comune con a. Ciò significa che si può avere matematicamente ya per a=x per x={y}, e si può avere logicamente xa per a=y per x(y). Nel dettaglio:

  • Matematicamente partiamo dall’insieme x={x, y} definito per proprietà P={x(y)}, in cui cioè gli elementi {x, y} dell’insieme x si rappresentano nella forma {x(y)}, tale che {x, y} è sottoinsieme di {x(y)} nell’inclusione {x, y}⊆{x(y)}. Il risultato è x={x(y)} cioè x={y};
  • Logicamente partiamo dall’insieme y={x, y} definito per insieme Set-logico-invertito, in cui cioè gli elementi {x, y} dell’insieme y si rappresentano invertendo l’insieme con gli elementi x={y}, tale che {x, y} è sottoinsieme di x={y} nell’inclusione {x, y}⊆x={y}. Il risultato è x={y}.

Di seguito le proprietà dell’assioma di fondazione insiemistica. La prima proprietà è ripresa dagli iperinsiemi di Azcel, la seconda è stata invertita dalla proprietà di regolarità del sistema assiomatico ZFC di Zermello e Fraenkel:

Proprietà di fondazione x={y}
… ∈ yn+1ynyn1 ∈ … ∈ y1x
Un insieme x è ben fondato se fra i suoi elementi y esiste una successione di appartenenza ∈-discendente in esso x.

Proprietà di regolarità x={y}
x∩y=x
Un insieme x è regolare se ogni suo elemento y è congiunto a esso x

In generale, prendendo x={y} si può giungere all’insieme xx che è ciò che è richiesto dall’assioma di fondazione insiemistica. Con le conseguenti risposte:

Assioma di singoletto a sé
x={x}  →   x 
Per qualunque insieme x con elemento singoletto {x}, allora x. Ovvero il risultato estensionale di x={x} è x.

Assioma di costruzione insiemistica del singoletto a sé
x={x}
Il numero degli elementi {x} per la costruzione insiemistica dell’insieme x, è 1, in causa sui. Ovvero l’operazione intensionale di x={x} è {x}.

Assioma di confronto singoletti a sé
x={x} ∧ y={y}  →   x ∧  y.

Talché, il risultato dell’inclusione infinita ricorsiva per insiemi che appartengono a se stessi, sfocia in una tautologia:

Assioma di consistenza insiemistica
X={A | A ∈ A}
L’insieme di tutti gli insiemi che appartengono a se stessi appartiene a se stesso solo se appartiene a se stesso.

28.4. Critica matematica

Corroboriamo i sopra assiomi tramite dimostrazione per assurdo. Modifichiamo il nostro assioma di fondazione insiemistica e diciamo che se x è l’insieme di y allora x e y non hanno elementi in comune.

Subito tale modifica porta alla contraddizione per insiemi che appartengono a se stessi e più in là, per inclusione infinita ricorsiva, sfocia nella contraddizione del paradosso di Russell: l’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso solo se non appartiene a se stesso. Il che dimostra assurda tale modifica, perché porta a contraddizioni e paradossi, sotto almeno tre aspetti:

  • La modifica non può dirsi Assioma di fondazione insiemistica, poiché non è in grado di regolare gli insiemi che appartengono a se stessi, i quali invece esistono e sorreggono la consistenza del mondo, come per esempio l’insieme giallo che contiene elementi gialli, il barattolo che contiene lo zucchero e gli iperinsiemi di Azcel;
  • La modifica nega all’infinito la consistenza dell’insieme di tutti gli insiemi e nega all’infinito la consistenza degli elementi dell’insieme di tutti gli insiemi, conseguentemente fa crollare l’intero impianto della Teoria degli insiemi, la quale, come gli epicicli tolemaici, deve ricorrere a ipotesi ad hoc per sostenersi, la classe propria russelliana;
  • La modifica, appartenente all’assiomatizzazione ZFC (Zermello e Fraenkel), risulta quantomeno contraddittoria. Per tale dovrebbe retrocedere ad Assioma di inconsistenza insiemistica o Assiomatizzazione di insiemi non ben fondati, capace di catturare insiemi che non hanno elementi di sé al proprio interno, come i paradossi (Es. L’insieme “Dice il cretese Epimenide: tutti i cretesi sono bugiardi” non ha elementi di sé in grado di soddisfarlo, cioè non è vero sia affermandolo che negandolo), le contraddizioni (che sono diverse dalle sovrapposizioni) e altre faccende.

28.5. Conclusione matematica

Per quanto conclusa nel punto di fusione col fondamento, questa assiomatizzazione vuolsi irreggimentata su un saggio matematico. Il lembo viene sospeso.

Ritorno al fondamento

29. Convergenza all’infinito

Abbiamo sinora visto come inizio e fine coincidono formalmente e matematicamente, ma non abbiamo ancora visto l’effettività di tale coincidenza; compito di questo capitolo.

Per la legge dei grandi numeri, un evento probabile (Es. La probabilità di ottenere 6 dal lancio di un dado a 6 facce) aumenta la sua probabilità di accadere all’aumentare dei suoi tentativi, fino a essere probabilmente certo quando il numero di tentativi tende all’infinito. Estendiamo tal legge da “tendenza all’infinito” (infinito potenziale) a “infinito” (infinito attuale): se qualcosa ha probabilità per quanto arbitrariamente piccola di accadere allora all’infinito (con un numero di tentativi infinito) accade necessariamente. Vibriamo codesta probabilità su toni assoluti: all’infinito accadono contemporaneamente tutte le possibilità. E se una particella di Orione ha anche una seppur residua probabilità di arrivare sul punto in cui ora orbita la Terra, allora all’infinito sul quel punto si sovrappongono la Terra, quella particella e ogni altra possibilità che all’infinito lì può passare; e all’infinito lì passa qualunque possibilità, sovrapponendosi, tale che all’infinito ogni punto del sistema sia identico all’altro e che immediatamente tutta la complessità del mondo-cerchio si sciolga in un semplice e indifferenziato punto.

In termini generalissimi rappresentiamo il detto sistema tramite uno spaziotempo campionario Ω formato da infiniti punti in cui ogni punto p corrisponde a uno stato del sistema, e dove ogni generico sottoinsieme A di Ω, incluso in esso A⊆Ω, rappresenta una sua distinta possibilità. L’insieme completo di questi sottoinsiemi è F=2Ω e rappresenta tutte le possibilità del sistema. Ora, con appropriate specifiche a margine, applichiamo a ogni punto p di Ω un movimento sufficiente ad attraversare tutte le possibilità in F, dimodoché la misura di probabilità P di F assegni a ogni punto p valore certo 1. Segue che ogni punto p converge all’infinito come identico a ogni altro punto p=p=p…=p cioè è lo stesso p. Per cui l’intero sistema Ω si riduce allo stesso punto di convergenza p.

Specifiche a margine della convergenza all’infinito

La convergenza all’infinito, indica che ogni distinto punto del sistema converge all’infinito diventando identico a ogni altro punto, così comprimendosi in uno. Tale moto di convergenza va specificato in termini sia materiali che formali. A livello introduttivo:

      • Nel moto materiale sono i punti p che si spostano attraverso le possibilità tramite operatori di trasformazione Oi che agiscono sui punti p in modo che, a ogni passo i, il punto si sposti in una diversa possibilità (sottoinsieme); per cui pi+1 = Oi+1(pi) dove pi+1 rappresenta la posizione del punto pi dopo la trasformazione Oi+1 e così via. Quivi si ha il cambiamento della materia nei suoi vari spostamenti di posizione;
      • Nel moto formale sono le possibilità (sottoinsiemi) che si spostano attraverso i punti p. Tale spostamento di possibilità è rappresentato da Ai che è la possibilità al passo i, in modo che pAi è la possibilità Ai su uno specifico punto p del sistema. Quivi si ha il mantenimento della forma nei suoi vari spostamenti di posizione.

Mi sembra: il moto materiale meglio rappresenta il movimento concreto dei corpi nel sistema, come le trasformazioni cinetiche o termodinamiche; il moto formale meglio rappresenta i cambiamenti astratti di configurazione del sistema, come le trasformazioni geometriche o probabilistiche. Vien da sé che gli ordini di trasformazione Oi e gli spostamenti di possibilità Ai si spiegano sotto svariati ambiti (Es. Teorie matematiche, fisiche, probabilistiche, dinamiche, cognitiviste, sociali, artificiali etc) e per tale sospendiamo questa nota a margine.

    È in tal guisa che ho visto concludersi tutta la complessità del mondo in un  semplice.

    30. Sistema

    Una identità 1, nessuna differenza 0, infinita relazione ∞. Questi sono gli oggetti strutturanti il sistema assoluto, elementi fra loro univocamente vincolati e ciascuno identico a sé medesimo. In ordine a tale sistema triadico si pone la verità assoluta, stabile, sciolta in uno.

    Identità, differenze, relazioni; sono invece gli elementi che strutturano qualsivoglia sistema relativo, in ordine del quale si pone la verità relativa, instabile, disparata fra le parti.

    Per essere più esatti, nel passaggio dall’intero Tutto all’infinita totalità delle parti, si migra dal sistema triadico del Tutto al sistema quadratico delle parti, dove l’aggiunta del quarto elemento introduce caos nel sistema relativo. Il quarto elemento quivi introducentesi, questo qualcosa, è l’uguaglianza, posta fra identità e differenza, la quale postula oggetti che hanno risultato uguale pur differenziandosi nella costituzione (Es. 2+3=6-1) e che quindi non sono assolutamente identici e neppure assolutamente differenti, ma galleggiano in un limbo relativo fra identità e differenza: l’uguaglianza (Cfr. Mio, Senso e Significato. Teoria del riferimento linguistico, Cap. 8).

    Conclusione

    31. Didattica

    Fondamento: “Manuale base di Filosofia, della conoscenza, la comprensione, e tutto quanto”. Se questo vi è sopravvenuto, la didattica segue:

    • La didattica elementare del fondamento è puntata al capitolo 3, dove si sciolgono i nodi della mente, l’universo, la vita, che è nova cultura;
    • La didattica epistemologica del fondamento si trova ai capitoli 2, 4, 5, 6, dove la difficoltà varia, che sono altri innumerevoli modi di dirlo;
    • La didattica ontologica degli oggetti fondanti si trova ai capitoli ∞, 0, 1, dove ci si prepara al fondamento, che sono ciò che chiude l’orizzonte del nostro mondo.  

    È presso i detti capitoli (∞, 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6) che giace il fondamento. Il proseguo ne è un primo racconto.

    32. Domande & Risposte

    Per trattare il fondamento, abbiamo risposto alle seguenti tre interrogazioni:

    • Come fa una cosa a essere nel contempo finita e infinita senza contraddirsi?
    • Come può da un semplice darsi il mondo, uno dare origine a molti, alla complessità?
    • Come può tutta la complessità del mondo finire nel semplice?

    Alla prima domanda abbiamo risposto soffiando sopra oltre 3000 anni di filosofia ed è ciò che ci parla del fondamento. Alla seconda domanda abbiamo risposto attraversando assurdità e sovrapposizioni ed è ciò che ci parla del caos del mondo. Alla terza domanda abbiamo risposto coniando matematiche e probabilità ed è ciò che ci riporta alla pace, ordine. A livello di risposta globale, invece, è stato processato un salto del sistema umano, sollevato dal punto d’appoggio del fondamento.

    33. Conclusione

    È l’inizio.


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