Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Donald Trump e Patrick Bateman

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di Riccardo Mazzeo*

Oltre alle cose costose da esibire, ciò che sta più a cuore a questo gruppo di “spensierati” amici, il cui divertimento preferito è far sventolare una banconota davanti a un mendicante per poi rimettersela nel portafoglio, è il ristorante in cui ceneranno e la capacità di prenotare un tavolo. Le loro compagne, il loro lavoro, qualunque altro pensiero viene azzerato rispetto a questo: “Quando arriviamo al Pastels sto per scoppiare in lacrime tanto sono sicuro che non troveremo posto e invece il tavolo è ottimo, e il sollievo è come un maremoto che mi sommerge come un’ondata gigantesca” (B.E. Ellis, American Psycho, 1991, tr. it. American Psycho, Bompiani, Milano 1991; Einaudi, Torino 2001, pag. 47). McDermott, che si è assicurato il tavolo, suscita l’invidia degli altri, ma forse anche per questo motivo, quando continua a insistere che si ordini anche una pizza al dentice, Bateman sbotta: “- Nessuno vuole la pizza al dentice, cazzo! La pizza dev’essere ben lievitata e appena croccante e ricoperta di mozzarella! Qui la mozzarella praticamente non c’è, cazzo, e quel pezzo di merda dello chef cuoce troppo tutto quanto! La pizza viene fuori bruciacchiata e secca!” (Ivi, pag. 56).

McDermott si offende. Come ha potuto parlar male della pizza del Pastels? E anche se Bateman alle sue lamentele con Van Patten ha voglia di sgozzarlo con il coltello a serramanico che tiene nella tasca interna “della giacca Valentino”, McDermott avrà la sua rivincita grazie a un personaggio di questo romanzo, pubblicato nel 1991, il cui nome continua a comparire nella narrazione perché è l’idolo di Patrick Bateman e che nel frattempo è diventato presidente degli Stati Uniti d’America: Donald Trump. McDermott infatti tiene il broncio a Bateman finché un giorno gli porta la fotocopia di un articolo sottolineato in rosso in cui Trump afferma che quella è la miglior pizza di Manhattan. Di fronte a un fatto così straordinario, Bateman non può che capitolare: – Senti, se la pizza del Pastels va bene a Donny, – comincio a dire, odiando di ammettere la cosa di fronte a McDermott, tanto che poi sospiro, con un tono quasi inintelligibile, – va bene anche a me” (Ivi, pag. 130). E succede qualcosa di analogo quando Bateman, che odia la musica dal vivo, resta disgustato dalla musica degli U2 ma solo fino a quando il suo amico Carruthers afferma che Donald Trump ne va pazzo (Ivi, pag. 172) – basterà questo a parlare sempre con ammirazione di Bono in futuro. Ora, lasciando da parte le descrizioni vomitevoli e insopportabili delle torture e delle carneficine del protagonista del romanzo, non si può negare che questo “vampiro” presenti molti aspetti in comune con Donald Trump, che era così ossessionato dal desiderio di mostrare “superfici” spettacolari al punto di farsi costruire un chopper d’oro, bagni d’oro, e di esibire mogli sempre più giovani e appariscenti intercambiabili, appunto, come le immagini che assistevano la masturbazione di Bateman o le fantasie del Narratore della Recherche). Benché Trump abbia continuato a farsi partorire dei figli da queste mogli, non sembra granché interessato al loro futuro – che, lo voglia o no, fa parte del futuro di tutti i figli e di tutti i nipoti e pronipoti di un mondo il cui destino non sembra importare più a quasi nessuno. Torna alla mente la decisione del boss Keyser Söze, nel film del 1994 interpretato da Kevin Spacey I soliti sospetti, di uccidere i membri residui della propria famiglia per estirpare alla radice qualunque punto di vulnerabilità rispetto ai suoi nemici: se esiste da solo nessuno potrà ricattarlo o fargli pressioni, sarà totalmente libero di agire. Mutatis mutandis, l’idea di Donald Trump di considerare il suo Paese un’estensione di se stesso e di volere la sua “grande” America isolata e svuotata di qualunque “corpo estraneo” – non solo i possibili terroristi ma anche i neri, gli ispanici, con le donne ridotte allo stato di sollazzatrici o puericultrici, fa tremare i polsi non tanto per il delirio di un potente psicopatico quanto per l’acquiescenza e addirittura per la grata ammirazione delle sue vittime, i cittadini statunitensi che lo sostengono compreso il gigante Clint Eastwood, così come aveva sconvolto i più sani di mente fra noi italiani quando Berlusconi – peraltro meno aggressivo, semplicemente un personaggio politico che anteponeva platealmente i propri interessi e il proprio godimento a qualunque altra necessità della nazione – prese e mantenne il potere per un ventennio. Al pari di Berlusconi Trump da tempo fa lauti affari con Vladimir Putin e, pur di contrastare la rivale democratica Hillary Clinton, si è servito con ogni verosimiglianza di hacker russi per screditarla. Ma, come ripeto, lo sconcerto non viene suscitato tanto da un marpione che non si farebbe scrupolo di vendere sua madre per conseguire un risultato, quanto dalla supinità ingenua di chi entra con entusiasmo nelle sue fauci.

Innanzitutto le vittime partono dal presupposto, sbagliato e antitetico a quello di un Bateman totalmente disincantato, che se una persona è bella, ricca ed elegante non possa che essere buona. Una ragazza incontra Bateman in un locale e, impressionata dalla sua avvenenza, gli chiede se sia un modello o un attore. Lui risponde: “Mi occupo di, oh, omicidi ed esecuzioni, più che altro”. Lei gli chiede se gli piaccia e quando lui annuisce gli dice: “Be’, non conosco molti ragazzi che occupandosi di topicidi e disinfestazioni siano davvero soddisfatti” (Ivi, pag. 246). Ha un correttore di classe automatico che traspone quanto sarebbe inaccettabile e impensabile in un assunto in qualche modo assennato. E Bateman sentenzia: “Questi non sono tempi adatti agli innocenti” (Ivi, pag. 460).
A confermare la propensione dei nostri contemporanei a prediligere il ruolo di vittime volontarie, nel 2014 è stato pubblicato un libro di Jon Ronson, il famoso autore de L’uomo che fissa le capre (trasposto anche per il cinema nel film omonimo interpretato da George Clooney), dal titolo Psicopatici al potere (J. Ronson, The Psycopath Test. A Journey Through the Madness Industry, Riverhead Books, London 2011, tr. it. Psicopatici al potere. Viaggio nel cuore oscuro dell’ambizione, Codice, Torino 2012). Ronson spiega l’attrazione esercitata dagli psicopatici che, animati dal desiderio di piacere, sono al tempo stesso del tutto privi di empatia e seducono con l’eloquio, le manie di grandezza, le capacità manipolatorie, l’irresponsabilità, la creatività criminale. Alcuni finiscono all’ergastolo. Gli altri, nelle cabine di comando di Paesi, multinazionali, agenzie di rating. Del resto, anche Luigi Zoja, che presta grande attenzione a distinguere la psicopatia dalla paranoia, afferma chiaramente: “scatenando impulsi aggressivi nella massa, la paranoia favorisce gli psicopatici, e spesso li seleziona, affidando loro ruoli di potere” (L. Zoja, Paranoia, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pag. 372).

[Tratto dal saggio in volume Esistenze rammendate di Riccardo Mazzeo, Mimesis, Milano-Udine 2019, pagg. 50-52].

*Riccardo Mazzeo, nato nel 1955, esperto del pensiero di Zygmunt Bauman, con il quale ha scritto saggi tradotti in molte lingue (tra cui Conversazioni sull’educazione ed Elogio della letteratura, edito da Einaudi), nonché due libri sul suo pensiero, Zygmunt Bauman (Feltrinelli) e Bauman e Maggie. Il pensatore e la cagnolina venuti dall’est (Curcu&Genovese). Ha pubblicato inoltre: Il musulmano e l’agnostico (con Tariq Ramadan), Il vento e il vortice. Utopie, distopie, storia e limiti dell’immaginazione (con Agnes Heller). Nella collana “Pratiche dialogiche”, che dirige per l’editore PensaMultimedia, nella quale figurano tra gli altri i nomi di Zygmunt Bauman e Miguel Benasayag, ha pubblicato: Tra Aiace e Rihanna. Frammenti di maschile e femminile nella letteratura e nella pop culture; Dialogo cinema e letteratura (con Nina Harriet Saarinen); Educazione e identità culturale (con Agostino Portera).

One thought on “Donald Trump e Patrick Bateman

  1. Sotto il prisma filosofico, in quanto rappresentanti della società americana, non solo Donald Trump ma anche Kamala Harris, sono due facce della stessa medaglia. L’essenza della crisi odierna, di proporzioni gigantesche, è che la Verità sotto forma di Logos, da cui l’Occidente ha scoperto la sua straordinaria potenza, non esiste. Prevalgono le verità di ciascuno con un carattere relativo. È come dire che i sofisti hanno trionfato su Socrate. Molti filosofi famosi nel mondo sostengono da tempo l’idea che l’esistenza umana precede l’essenza. La tragedia più grande è l’autonomia del Tempo. La morte bussa alla porta quando prevale il tempo autonomo con l’orologio elettronico spaventosamente preciso. Desideri, pensieri, diritti senza limitazione giocano sempre nel loro tempo incontrollato. È possibile che i politici non giochino su questo, soprattutto quelli paladini della laicità?

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